RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTEUE E SCIENZESOCIALI risultato di essa e nel nostro amor di pace, a lanciarci dietro di lui, a noi che abbiamo trovato di cattivo gusto le suè sante indigoazioni e le sue oneste violenze, a noi che ci siamo stancati di guardare pr,ma ch'egli di combattere la sua b1ttaglia, a noi che nel nostro barbarico estetismo abbiamo trovato belli i suoi trentadue duelli senza dirgli mai quel che ora tutti pensano che non aveva il diritto di arrischiare così una vita sacra alla patria, a noi che l'abbiamo lasciato solo nella guerra mossagli dai suoi nemici, e non siamo sorti a far tacere con un grido di indignazione i suoi calunniat0ri, a noi intellettuali, dilettanti, osservatori, analisti, esteti, disdegnosi dell'azione e della politica, assisi in atto indiffer~nte come il saggio epicureo al sommo dello scoglio contro cui si infrangono i flutti della vita, a noi sopratutto è imputabile questa morte. E se, credenti come siamo nel determinismo dei fatti umani e persuasi che non possiamo essere diversi da quello che il clima storico ci ha fatti, non si può parlare in senso proprio di colpa e di rimorso, ognuno di noi dovrebbe sentire una, sia pur quanto vuolsi parziale, responsabilità di 9,uesto lutto d'Italia e il dolore e la vergogoa di essere, sia pure per necessità storica, in tale stato di miseria spirituale da aver incontrato una tal_e responsabilità. Questa responsabilita, questo dolore e questa vergogna coscientemente o no io .stnto pesarmi nddosso da quella sera del 6 marzo. Il giorno prima, come di fr~quente, non avevo letto nessun giornale e non sapevo che la dome- :iica dovesse aver luogo il dudlo, di cui da troppo tempo si parlava. Ero restato in casa tutto il giorno immerso nella lettura di un romanzo: uscii la sera un istante: un amico passandomi vicino di corsa mi disse: Sai ? è morto Cavallotti. - Impossibile. - Sì, oggi in duello. - Impossibile. - E giunto poco fa il telegramma. Corsi a comprare il giornale locale della sera: uscito prima che giungesse la notizia non cooteneva nul:a: è una fiaba, pensai, e me ne andai a letto. Mi destai l'indomani con una domanda: E se fosse vero?; uscii in fretta e corsi a leO'gere i giornali; era vero purtroppo e leggendo la noti:da con mia grande meraviglia piansi e tutto quel giorno e i giorni seguenti mi tenne una commozione indicibile. Ma pe:chè piango, mi chiedevo con la mi:t smania di analisi, e perchc piange il popolo d'Italia? E mi risposi: Io e gli italiani piangiamo per la stessa ragione: senza fede, senza speranze, senza un amore attivo per il bene e la libertà che ci spinga ad agire, noi non possiamo avere a lenire il nostro dolore la fiducia che han gli uomini d'azione nel trionfo del loro ideale oltre il fato incombente a gli individui e contro la avversita del destino: noi piangiamo uno dei pochi che salvasse il nostro onore di italiani e di uomini e forse è morta con esso una qualche disperata speranza che viveva a nostra insaputa nel fondo dell'anima nostra: perciò il nostro dolore è così disperato. - Ma l'accoramento perdurava troppo e troppo intenso perché io che mi conosco potessi a lungo ritenerlo un sentimento a!fatto disinteressato: qualcosa doveva essere in esso riguardante me personalmtnte. Ma come potevo entrarci io? Pure avevo come la coscienza confusa di un male commesso che mi dava un senso vago di malessere ben distinto dal mio dolore. A un tratto una domanda. la domanda scritta in testa a queste pagine, m'attraversò la mente: di chi la colpa? La parola non era d'accordo con le mie idee, ma coi miei sentimenti. E subito la risposta: anch'io ho contribuito alla sua morte; e un nuovo dolore, una vergogna di quel che ero stato ed ero, del mio dilettantismo, del mio scetticismo, della mia indifferenza, della mia ignavia m' invase. Da allora l'aspirazione da tanto tempo nutrita ma invano sì che omai pareva perduta la speranza dell'altezza, l'aspirazione ad uscire da questo stato di letargo, di morte morale e a giungere all'azione e alla vita, mi domina e mi tiene tutto: riusdrò sotto la spinta di questo senso di responsabilita, di questo dolore e di questa vergogna a realizzare la mia aspirazione? lo dovrò la mia rdenzione ,oorale a Felice Cavallotti. - i\lli si perdoni questa effusione personale ..... ma è veramente personale o non è invece qualcosa di simile avvenuto a11che nell( coscienza italiana? Oso sperarlo: essa non può non avere almeno confusamente sentito che la stessa inazione è una complicita passiva ed è più che l'azione dei deplorati e dei reazionari cagione dei mali d'Italia e del lutto presente, poichè è la condizione sine · qua non di questa stessa azione; e l'immenso dolore e la viva agitazione che non accenna a finire contro il duello e contro la corruzione sono forse i segni precursori di un risveglio dtlle coscienze. Non ch'io creda che questo luttuoso avvenimento basti a produrre tale risveglio, che neppure per me individuo oso sperare così subitaneo. No, ben presto forse la coscirnza italiana sembrera ritornata al suo letargo, ma è sperabile non sarà così ; è sperabile che la traccia dei sentimenti che l'hanno attraversata in questi giorni resterà viva in essa e agirà, con le altre forze che il presente clima storico prepara, per affrettare il risveglio futuro, è sperabile che sopratutto noi dalla classe cosidetta dirigente acquisteremo coscienza della nostra rcsponsabilita e del nostro dovere di usc•re dalla torre d'avorio da cui, dilettanti piu o meno indifferenti, guardiamo alle battaglie della vita e gettarci nella mischia e nel limite delle nostre attitudini e delle nostre forze continuare l'opera del Cavallotti, affrettando il momento del risorgimento di tutta la nazione. Così la morte del Cavallotti non sara stata vana, nè l'altrui una vittoria allegra, ma il cavaliere dell'ideale, divenuto dormitantiu.manimornm excu.bitor continuera vivo nelle nostre anime la sua bella battaglia per il progressivo trionfo della virtu, della morale, della libertà, della giustizia. PIETRO FONTANA, A ~ro~o~sitaontro~oso~iolo~ Il sig. Muffang (1) è un seguace del Lapouge e crede di aggiungere alle conclusioni di costui anche alcuni suoi risultati per confermarle. Lapouge distingue in Europa l'Homo Europeus e l'Homo Alpinus ; il primo è alco, biondo, dolicocefalo, il secondo piccolo, bruno, brachicefalo: nel primo trovasi la superiorità politica, economic,1 1 intellettuale, nel secondo, invece, inferiorita. Ora il M uffang crede di ritrovare a Saint-Brieuc fra scolari queste differenze cosi grandi e cosi gravi, e a conferma della dottrina di Lapouge. Si noti anche che il Lapouge, come Ammon in Germania, crede che i dolicocefali biondi siano più numerosi nelle citta, mentre i brachicefali bruni abbondino nelle campagne, perchè i primi sono i più intraprendenti. Anche nel caso di Muffang si afferma e si conferma lo stesso fenomeno. Occupiamoci dei risultati del Muffang a SaintBrieuc : Tav. I. Indici urbani e indici rurali: IO scolari di Liceo e 100 scolari della scuola laica da 1 o a 14 anni, hanno indice cefalico, 82,34, 84,33 in citta. Nei villaggi di Sainte Brieuc, da 4 a 9 chil. di distanza, 98 contadini hanno indice cefalico da 85,07 a 86,21. Il lettore trovera che gli uni e gli altri sono brachicefali con piccole differenze d'indice. Tav. II. Indici cefalici di scolari esterni e interni. La media dei primi è 83101, dei secondi 82,17, (1) H. Muffaug, Etudes d'.A11t/Jropo-sociologiEec. oliers et paysa11sde Saint-'IJrieuc Paris, 1897. Estrait de la "Revue Inter. de Sociologie,,.
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