Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 18 - 30 marzo 1898

250 RIVISTA POPOLARE~DIPOLITICALETTERE ~ SCIENZESOCIALI raccomandandogli un servitore che aveva già avuto egli stesso in casa sua: « È un po' ruvido, ma buon diavolo. Animale della mia spede ; però mutatismutandis, essendo io un po' più bello » (lvi, l. 143) - « Ci vuol altro - gli dice ancora - che mandar qui dei fichi inzuccherati, tanto più che le donne dicono che non sono per me. Aspetto i tuoi ordini ».· Passando poi a discorrere dei disegni politici di lui e de' suoi, gli scrive: « Voi avete il vizio di pensar più ai zolfanelli che alle legna e in Napoli avevate appunto un mazzo di zolfanelli sopra un monte di sassi » (Ivi, II, 338 sg.). Altra volta, intrattenendolo dei Napoleonidi, ha questa sortita: « Quello scimunito di quel nipote ha buggerato lo zio per tre secoli » (Ivi, II, 14). Altrove, gli regala una similitudine, bizzarra, se si vuole, ma efficace : « Dar terre incolte a poveri soldati che non hanno capitali da fare un buon impianto, è come dar delle bottiglie senza vino ». (Ivi, li, 261) ( l ). Pure in una lettera al Bertani si trova la nota sentenza: « Mazzini inciampò nel verbo confederare ». (Ivi, Il, 354). Spiranti tenerezza d'affetto, e conditi d'umor gaio e vivace sono a volte a volte gli scritti alla moglie. Uno di essi comincia con questa confessione : « La tua lettera m'ha fatto piangere, » ( 2) e altre due, da Parigi, finiscono cosi : « Addio, più car .1 di tutto. » « Addio, mia cara: non mi son mai sentito cosi solo al mondp « (Ivi, I, zoo, 192). Ma, pure da Parigi, scrive a lei, che talvolta scherzosamente chiama « la mia padrona » (Ivi, II, 35 7): « Tu ti dai troppa pena per la mia toilette. Osservai l'altro giorno che fui l'unico uomo sui boulevards che portasse guanti» (Ivi, I, 195), - « Prépare-toi donc à passer !es Alpes et a arriver en France, femme d'un écrivain français. » (3) E altra volta: « Entra Ferrari, vuol andare a pranzo, fa un gran baccano, si sdraia sul sofà, fà l'infelice perché non finisco subito. Il continuare dunque ancora questa lettera sino alla fine della pagina é la più gran prova d'amore ch'io ti possa dare, perchè i metafisici sono imperiosi e assoluti. » E il « metafisico» scrive sotto: « Ne croyez pas un mot de ce que vous dit Cattaneo : un écrit à sa dame est un devoir sacré - F errari » (Ivi, I, 197). Questo era l'amico del suo cuore, e le lettere dirette a lui sono fra le più gustose della raccolta. Dopo avergli dichiarato che non vuol saperne d'andare al Parlamento, aggiunge: « il mio parlamento lo tengo meglio in casa » (Ivi, II, 240 ), e invitandolo ad andarlo a trovare a Lugano, gli assicura « un pranzo da 50 soldi svizzeri dalla signora Peppina in compagnia d'un paio di milionari » (Ivi, II, 18) Lo stesso si dica della corrispondenza con Enrico Cernuschi e con Gustavo Modena. Al primo scrive tra l'altro: « L'Italia si é innamorata dell'unità, perché crede sia la forza. E se sull'unità si sente crocifissa, si rassegna, (1) La similitudine ritorna, quasi colle stesse parole, in una lettera scritta pochi giorni dopo a Francesco Crispi : « Dar terra senza capitali è come dar bottiglie senza vino » (lvi, Il, 263). (2) lvi, I, 202. In una commovente lettera alle signore Bisi, confessa egualmente: « Scrivo piangendo» (lvi, II, 181). (3) lvi, I, 202 (Aveva allora appunto terminato di scrivere in francese la Storia 'Della l11s11rre;Jo11e di M ila110 ccc. (Noi ci serviremo avanti , per le citazioni, cieli' edizione milanese del 1884). perchè crede che il martirio la condurrà in paradiso » (Ivi, II, 2 1); e gli propone di scrivere un capitolo delle sue Memorie da intitolarsi : Cernuschie O' Donne/I,ossia i ragnateli(Ivi, lf, 19). Il secondo s'era rivolto a lui, perché l'aiutasse a smaltire le azioni di certo prestito, chiamandolo « Ili chioccia che ha covato tutti i Milanesi giovani e buoni. » E il Cattaneo di ripicco: « I Milanesi, massime se denarosi, sono tanto miei pulcini, quanto sono tuoi sudditi. Non ho mai avuto nel mio pollaio se non ova destinate a bersi fresche. Ben piuttosto vi dirò, che al primo levar del sole tutta la mia nidiata é corsa a razzolare sul letamaio del re. » (Ivi, II, 26). E più avanti, sullo stesso tono: « I Piemontesi vivono nel regno delle invenzioni. Non voglio dire èhe abbiano inventata la polvere, nè l'insalata. Ma hanno inventato il re magnanimo, e la lega dei principi italiani » Lo informa poi d'aver subìto a Lugano la visita d'un regio intendente: ccdopo d'avermi rimirato e fattomi parlare, mi confessò che si era figurato un muso più dnro; e quasi mi disse che io non gli pareva io ; » e gli racconta ancora che, quando si trovava a Milano, andava a mangiare « al bettolina di Porta Nuova; » ma che, quando seppe che il cuoco era novarese e fusionario, le sue minestre gli parevano attossicate. ccFusionario », s'intende. sta per ccfusionista, » e non é questo l'unico bisticcio .di cui si compiaccia il Cattaneo. In un'altra lettera dice: « Possiamo restare immutabili, ma non possiamo restar muti» (Ivi, II, 70). Modello di stile agro-dolce è quella diretta a G. A. P.1pa (Ivi, I, 173), che nel suo giornale lo aveva qualificato « esimio scrittore, ma uomo senza carattere ,, li Cattaneo, mosso da ccquella natural tenerezza che ognuno ha dei propri difetti, » gli propone di fare questo erratacorrige: « Carlo Cattaneo, mediocre scrittore e carattere ostinato » (alludendo alla pertinacia con cui s'era due volte opposto a che si facesse l'armistizio coll'Austria), e si firma: « D.r Carlo Cattaneo già membro del Consiglio di guerra e ora officiale di pace. » Al D.r Pietre l\i[aestri, che gli manda un articolo buono, ma troppo breve, risponde: « Lo specifico é ottimo, ma la dose é scarsa » (Ivi, li, 188); e a Mauro Macchi, per calmarne gli spiriti bellicosi : « V ·è poco a sperare dalle polemiche. Ogni opinione deve accontentarsi di cacciare il suo asino " (Ivi, II, 95). Spesso la sentenza è arguta insieme e profonda,co;ne questa che scrive ad Angelo Brofferio: « Il portafoglio dell'istruzione dovrebbe per necessità esser dato a chi avesse muso militare e fegato civico" (Ivi, II, 186); e quest'altra a Francesco Restelli: « Sapete ... : perchè gli Italiani non sono soldati? Egli é per la stessa ragione che voi non siete un prete. Non sono soldati: fateli soldati, e saranno » (Ivi, II, 2 ). S'aggiungano le seguenti: « I veri capitani... .. nascono come i grandi poeti e le ballerine " - « La libertà non deve piovere dai santi del cielo, ma scaturisce dalle viscere dei popoli » (Ivi, II, 3, 4 3). Consiglia al Piemonte di imitare l'Alfieri : gettar in aria la sua parrucca; chiama « dormitorio » la tipografia Ciani; e parlando di Bianchi-Giovini e del suo partito: « lo hanno trattato come uno di quei guatteri da rinforzo, che li osti congedano il giorno che la fiera é finita ,, (Ivi, Ii, 69, 14, 5 1).

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