RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIBNZE SOCIALI « Cavallotti " - serive sempre Carlo Romussi - «com'è suo « costu:'.nenon rimase lunga pezza in bivio : a lui non restava « che applicare quel motto che ha cento volte ripetuto e che « fu la norma di tutta la sua vita: Italia110prima repubblicano « poi. In questo pensiero e 11101:0 che è come la divisa di Ca- « valloni, e ricorre frequentissimo nei suoi discorsi rispecchia- « vasi intera la coerenza della sua vita politica "· E infatti, a parte il motto più o meno giusto, a parte che si può essere italiani e repubblicani ad un tempo e con molto maggiore utile per la Patria, Cavalloni a quella sua divisa restò fedele. Restò fedele perchè, per quanto, specie in questi ultimi tempi, avesse intorno a sè un'atmosfera di sospetti - « sospetti nelle sfere « governative, sospetti e diffidenze nelle classi popolari; sospetti « e diffidenze che qnest'ultime tacciono soltanto quando Cavai- " lotti sventola la bandiera della libertà o delle morale, senza « accenno, preoccupazione o aspirazione al governo: accenno « preoccupazione, aspirazione, ch'egli mai manifestò e che solo « gli amicitroppozelanti gli attribuiscano (NapoleoneColaja,mi. La bandiera di Cavallotti, 'R..ivistaPopolare Anno I1I N. 9). " - Cavallotti - ,bisogna riconoscerlo pur dissentendo dal suo metodo, dalla sua tattica - fino al giorno che il ferro omicida gli spezzava la vita, non disse verbo che autorizzasse nessuno ad affermare, senza mentire sfacciatamente, ch'egli si fosse convertito alla Monarchia. Egli aveva troppo ingegno per poter aspirare sul serio a diventare un servitore I • ,. ,. L'entrata di Felice Cavallotti alla Camera fu uno scandalo per tutti i bigotti delle Istituzioni. Il giuramento di lui, preceduto da una lettera su tutti i giornali romani che spiega~a i motivi per cui s'era deciso a farlo - nella lettera che scrisse nel 1883 quei motivi li riassunse io 11ove, come le Muse! - quel giuramento fatto nel modo più indifferente del mondo, suscitò un vero pandemonio. Il deputato Lioy voleva ch'egli pubblicamente ritirasse quanto aveva scritto sui giornali pel giuramento, i cori di Destra inferocirono, ma egli chiuse l'incidente coll'ormai famoso: « Coscienze inquiete rispettate « le coscienze tranquille I " e si mise pacificamente a sedere. I duelli vennero poi, e furono due o tre. E tranquillo del fatto suo egli era tanto, che fu il primo a volere che si desse l'autorizz:izione a procedere contro di lni per le scomunicate Poesie. Egli che, come diceva, s'era prefisso di combattere tutti i privilegi « dal basso in su » - parole che gli procurarono un duello con Dario Papa, allora monarchico, con Dario Papa che doveva poi commemorare morto nel 181n, convertito però alla fede repubblicana - dei privilegi non ne volle per sè. Il processo fu fatto, ed egli venne assolto dalla giuria popolare. E inutile, la storia, anche in versi, è sempre storia! Non finirono per questo i sequestri, tanto che egli fu costretto, vedeodo la spudorata persecuzione, a muovere interpellanza al ministero Minghetti-Cantelli-Vigliani, e fu in quel discorso che ricordando le persecuzioni della Restaurazione francese a Béranger concluse : « Son troppo povero poeta, perchè io « meriti l'onore di questo confrouto; ma, se io non sono un « Béranger, bensì voialtri siete i Borboni. » Ci vorrebbe un volume per riassumere la sua opera parlamentare, tutta di pensiero e di azione, da vero tribuno garibaldino! L~ spedizione dei volontari della carità ch'egli capitanò nel 1884 « per rinsaldare- come scrisse nel suo appello - « tra le popolazioni del Nord e del Mezzogiorno i vincoli del « sangue e dell'amore » - e, come scrisse a Romussi, - perchè « - posto che un giorno o l'altro bisogna morir tutti » preferiva « sempre rischidr di fare una bella fine, utile al paese, « che correr rischio invecchiando di metter pancia » quella spedizione non poco l'aiutò a fargli un ambiente simpatico anche in Parlamento. La vita pubblica in Italia dal 73 ad oggi è stata tutta piena di lui, e quando i partiti popolari - perchè egli era ribelle pur troppo ad ogni organizzazione! - credevano d'averlo lontano, o seccato, o indifferente, al momento buono, se lo trovavano invece al fianco per combattere in difesa dei diritti patrii, Jelle sacre libertà, della Giustizia e in questi ultimi tempi contro i simoniaci del potere, ed i ladri del pubblico denaro. Due volte soltanto, per pochi mesi, Cavallotti fu escluso dalla Camera, nel 1882 e nel 1892, ma gli elettori di Piacenza prima - in seguito a rinunzia nobilissima dell'onorevole Tassi che doveva essere il suo ultimo padrino insieme ad Achille Bizzoni - gli elettori di Corteolona, poi, ripararono il disonore che ne a,,rebbe avuto il corpo elettorale italiano. Nel Parlamento egli sostenne delle lotte le più vive e più disparate. I discorsi sull' Elez.io,tisotto la Destra sullo Scioglimento delle società i11temaz.io11alisle, sul Trasformismo, sui Fondi segreti, sul 9,,Cacinatos,ull'Irredenta, per le Spese del viaggio dei reali iti Sicilia, sulla Riforma Elettorale (di cui egli amava chiamarsi, e a ragione, il « ca11 di guardia » ), sull' ludw11ità ai deputati, pei M,mtri eleme11tari, per l' Appa1111aggioal Pri11cipe Tommaso, basterebbero soltanto quelli da soli come monumento all'oratore fortissimo ed affascinante. Ma se in quei discorsi egli si affamò, s'impose, anche agli avversari, che fin dal 1873 avrebbero veduto molto volentieri anticipata la tragedia di Villa Cellere, se col Patto di Roma del 1891 egli mostrò come vedesse bene anche certi particolari del gran quadro dell'avvenire, se nella guerra alla Triplice egli non fu nemmeno addietro ad Imbriani, nella campagna di guerra a fondo ch'egli sostenne contro Crispi e la masnada coalizzata, fu addirittura insuperabile. L'investigazione acutissima paziente, l'analisi severa, le deduzioni limpide chiarissime, l'argomentazione potente che inseguiva il nemico fin nell'ultime trincee, l'eloquenza calda di lirica che infiammando, commovendo dava l'ultimo colpo di grazia, tutto ciò avrebbe rimosso anche dei pezzi di macigno ; ma per Crispi - e non soltanto per lui! - ci volle invece Abba Carima! Il ministero Ricotti-Rudinì che successe a quello di Francesco Crispi ebbe in prin,ipio l'appoggio senza limiti, di Cavallotti, ma quando Cavalloni che la questione morale a.veva preso veramente sul serio, vide invece si finiva con un'opera di salvataggio, tornò nuovamente all'opposizione. Col responso imminente della Commissione dei Cinque, altre battaglie « dal basso in su » egli avrebbe dovuto combattere insieme al gruppo repubblicano - in cui o prima o poi avrebbe dovuto finire per entrare - ma una questione personale ch'egli bbe col deputato Ferruccio Macola, direttore della Gazzetta di Veuezia, questione che era una delle tante diramazioni di quella con Crispi, lo condusse - ahimè ! - ad un duello, che per le condizioni tutte a sfavore di Cavallotti - che l'arma adoprò sempre, in 32 duelli, cavallerescamente, per correggere non per uccidere - e per la freddezza feroce del Macola, il 6 marzo gli faceva incontrare la morte nel modo tragico per cui ancora un brivido corre per quanti s'inchinano reverenti dinanzi all'iogegno, al coraggio, alla virtù e alla bontà. Sì, alla bontà! Perchè Felice Cavallotti non era soltanto uno scrittore, •m oratore, un combattente, ma - come scrive Ga11doli11 che pure, in questi ultimi tempi gli fu avversario nel Secolo XIX: « quell'uomo così formidabilt: nelle sue requisì- « torie, così implacabile verso chi gli pareva compiere il danno « del Paese e offendere la libertà, aveva nell'intimità sentimenti • delicati, teneramente affettuosi. Mai più si sarebbe sospettato, « in certe sfumature di gentile sentimentalità, il bollente par- « lamentare che faceva tremare polsi ai più potenti e audaci « avversari.» Anche a chi non ebbe il gran bene di avvicinarlo, e di godere della sua intima amicizia, quello squisito profumo di bontà emana da tutta l'opera sua. Se nei Discorsi politici, se nei Pez.• z.enti, nel Guido, ncll' Alcibiade, nei Mtsswi si sente tutta l'anima
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