RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DBPUTATO AL PARLAMENTO Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITAUA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4, Un numero separato : Cent. 20. Anno lii. - N.17 A66onamento pHtal• Roma15Marzot898 SOMMARIO: Dr. NAPOLEONECOLAJANN: IFelice Cav21lotti. - A. C. : Note biografiche di Felice Cavalletti. - La Stampa e Felice Cavallotti. - MARIOMAZZOLANI: precursori dello Zola. - P. SANSò: Per la Sardegna. - X: L'Antisemitismo in Francia (Ire interviste co11'Dmmont, Norda11 e Zola) - 'l{_ivistadelle 'l{_iviste. -· 'l{_ecmsioni. FELICE CAVALLOTTI · Appena terminata una farsa insipiJa, alla quale, con tutti gli artificii e le suggestioni possibili, s1 cercò di fare partecipare il popolo, è avvenuta una tragedia terribile, la quale ha provato anche ai più iu..:reduli, con chi veramente palpiti il cuore Jdla nazione. Di Cavallotti non mi regge l'animo di dire, e lascio che altri, qui stesso, raccolga le note più salienti ddla nobile esistenza, faccia la cronaca dell' ayvenimento luttuoso che ha privaw l'Italia di una delle sue forze più vive e più pure. In altro numero m' i•1tratterrò dell'ultima fase della sua vita politi- r ca, pubblicando una lunga lettera, nella quali.! egli mi spitga\·a con affetto grandi;simo di amico, con conoscenza profonda di uomini e di cose, con rettitudine insuperabile d'intendi• menti e di aspirazioni la via luminosa che intendeva percorrere. Quali sentimenti inspirasse l'uomo e l'opera sua, lascerò che lo dicano due giornali, che dissentivano da lui politicamente, ma che lo .:onobbero e lo compresero, e quei sentimenti seppero rendere con efficacia, che io non saprei raggiungere. Né mi permetterò commenti sul significato meravigliosamente chiaro deila commozione, che destò negli Italiani la scomparsa del!' atJeta parlamentare, il quale avea votato tutto sé stesso, affrontando pericoli, amarezze, calunnie, al trionfo della quisliont morale. Dissero taluni disonesti, fianch..:ggiati da molti imbecilli, che il paese di quistionemorale non voleva più saperne, e n'era: affaticato, Il popolo, guidato dall'istinto, che conduce a sai - vezza anche nei mo - menti più pericolosi, lu risposto ai tristi, che interpetrando in tal guisa le sue intenzioni, essi, lo calunniavano. Contro questa stolta interpretazione il popolo - il popolo vero in tutte le sue gradazioni - ha rrotestato dappertutto onorando
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI la memoria di Cavallotti con la solennità solo ai grandi concessa e con cosl unanime spontaneità ed espansione, che, nemmeno in questa Italia immemore e flaccida, sara oggi lecito ai più arditi faccendieri bestemmiare in nome suo contro la giustizia e contro la moralità. Chi ha accompagnato, come me: la salma di Cavallotti, sa che in ogni stazione, da Roma a Milano. dalla folla commossa e indignata questi due gridi si ripetevano : Abbasso i ladri! Abbasso il duello I Il popolo valuta sempre equamente l'abnegazione degli eletti che :il suo bene consacrano il fiore delle loro energie e sar.no per esso votarsi al sacrificio di ogni tornaconto, come giusto giudizio fà dei prudenti che rinsaviscono invecchiando. Certo se Cavallotti non sr fosse lasciato trascinare dalla generosità di martire che gli fece dare tutto sè stesso alla lotta per la rettitudine e per la moralità, fuori delle quali non v' è salvezza pei destini di un popolo, a quest'ora non sarebbe morto, e il commendatore Carducci, che commemorandolo in Senato deplorava che egli a questa nobilissima battaglia si fosse consacrato, potrebbe ancora desiderare invano in cuor suo di vederselo un giorno compagno' su di una comoda poltrona di Palazzo Madama, a guardare con lui, tollerando in.fulgente, certe piccole miserie della vita. Ma no, egli pensava ancora,. come Enotrio, che ..... non per questo dal fatai di Quarto lido, il naviglio dei Mille salpò, e a lui come a tutti gl' indulgenti faceva sentire viva e continua quella rampogna che gli è valsa la solenne glorificazione popolare della sua memoria immortale, Mentre scrivo ignoro quale sarà il verdetto del Comitato dei cinque. Forse vi prevarranno i sentimenti di pietà verso un vecchio sull'orlo della tomba; forse si subiranno certe pressioni dall'alto; forse vinceranno i criteri e i meschini interessi dei gruppetti parlamentari; e potrà anche darsi, che i Cinque si preoccupino più del fondamento giuridico delle prove anzichè della convinzione morale che essi avranno potuto acquistare nel corso delle indagini e delle loro discussioni. Ma contro questo qualsiasi verdetto, prima ancora della sua pubblicazione, c e già stata una sentenza inappellabile: il popolo ha detto che Cavallotti era un eroe delle lotte civili e non un calunniatore. A questo proposito mi piace ricordare un tratto che si riferisce all'ultima sua lotta e che serve a mettere in evidenza - contro la opinione, che taluni vorr~bbero accreditare - tutta la sua generosità e la sua ingenuità Appena iniziata la campagna tlettorale del 1895, molti gli domandarono, schiarimenti sulle accuse vaghe e indeterminate, che aveva lanciato contro Crispi. Agli intimissimi egli non esitò a so~ministrare elementi più che solidi ed esaurienti, ma li pregò caldamente, di non farli palesi. Egli, che ricordava l'amicizia affettuosa che lo aveva legato a Crispi, s' ìlludeva che questi si sarebbe ritirato spontaneamente, o che sarebbe stato 'mandato via da chi aveva il potere di cacciarlo dal ministero. In questa soluzione, contro l'avviso dei suoi amici, confidò pienamente sino al giorno della riunione della Camt:ra dei Deputati e della riunione della maggioranza nelle sale della Cor.sulta. Fu allora çhe Fanfulla scrisse alcune parole al suo indiriz:r.o, che suonavano oltraggio per lui. L'on. Garavetti ed io avevamo appena terminato, al lume delle lampade elettriche di Piazza Monte· citorio, la lettura dell'antico giornale della Corte, quando ci venne incontro l'amico dilettissimo. Addolorati dello strazio che si faceva del nome suo, gli ponemmo il Fanjulla sotto gli occhi. Egli lesse e senza aggiungere parola, muto e concitato tornò a casa sua, si chiuse neIla stanza e non ne uscì per parecchi giorni di seguito, intento al lavoro, che per poco non l'uccise, di riordinamento e di esposizione della lettera agli onesti. Alcuni credettero quella lettera' premeditata e scritta da tempo; ma altra è la verità. Egli senti sino all'ultimo vivissima ripugnanza ad inferire un colpo terribile a Crispi e vi si decise soltanto quando vide mes,o in dubbio l'onor suo. Fu un atto di legittima difesa. Nient'altro. Una parola sul duello. La protesta contro questo avanzo scellerato della barbarie è stata universale, e la tragica fine di Cavallotti servirà a renderlo sempre più odioso. Cavallotti, che fo davvero modello di virtù pubbliche e private, ebbe questo solo torto : di aver fatto molti duelli, di averli, anzi, cercati. Dell'ultimo si è detto che lo volle lui. Nelle ap• parenze ciò è vero ; ma bisogna fare qualche distinzione. Cavallotti fatto segno ad ogni sorta di attacchi e di calunnie, Cavallotti che aveva una reputazione assodata di uomo coraggiosissimo sul terreno, e che in un paese ignorante e pieno di pregiudizì aveva tratto giovamento da una tale fama, comprese che se dinanzi ad uno spadaccino assai più giovane ed esperto di lui, avesse evitato il duello, anc.he per legittimi ed onorevoli - onorevoli in senso cavalleresco - motivi, sarebbe stato fatto segno ai vituperii di tutti gli Scarfoglio, di tutti i Macola e di tutti i putridi lanzichenecchi della banda crispina. Se la Gazzetta di Venezia, contro ogni regola e consuetudine di cavalleria, seguitava a punzecchiarlo mentre pendeva la vertenza, figuriamoci quello che avrebbe scritto a vertenza pacificamente terminata!
RIVISTA POPOLAREDI POUTICA LETTEREE SCIENZESOCIALI Le continue provocazioni, le quali sotto una forma o sotto un'altra, si rinnovavano, anche dopo le inevitabili confessioni di aver asserito il falso, mostravano ali' evidenza che si voleva venire come svolgimento di un programma, ad ogni costo al due:Jo o a poter proclamare spavaldamente che il cavaliere della moralità aveva avuto paura. Cavallotti vedeva giusto; e chiunque conosce il velenoso linguaggio di certi abietti avventurieri, non potrà negare che i suoi nemici avrebbero cercato - e in parte sarebbero riusciti - di trarre partito da una soluzione pacifica della qu:ile si sarebbe detto e scritto : il Baiardo ha finalmente trovato l'uomo, che l'ha messo a posto! La visione chiara di tutto questo che ~arebbe avvenuto indusse Cavalloni, osser·vatore scrupoloso di regole c:ivalleresche, specialmente quando si trattava di difendere l'onore e la vita di coloro che a I ui si affidavano, a sorpassare sulla condotta della Gazzetta di Venezia, ch'erasi messa fuori delle cosidette regole cavaller<:sche e che dava non solo il diritto ma il dovere di rifiutarle ogni soddisfazione. Ecco tutto. E Cavallotti, toccato sulla sua generosita di cavaliere con apparemi atteggiamenti da vittima, non vide, o non volle vedere, cl~e HI quella generosità di cavaliere si faceva assegnamento per trascinarlo ad un nuovo fatto che concorresse all'attuazione di quel tale programma. Si ripete che in ogni duello c' è un assassinio legale. Ma affinchè l'assassinio in duello riesca meno odioso è necessario che tra i combattenti vi sia una certa parità di condizioni, parita che mancava assolutamente in quest'ultimo caso, nel quale non una era in favore dell'ucciso; tutte in favore <lel1' uccisore. Cavallotti era impetuoso e caldo come le sue convinzioni - Macola freddo, come chi non ha alcuna fede; Cavallotti inespertv nel maneggio delle armi, non ostante i suoi numerosi duelli - Macola espertissimo, non ostante la sciabolata presa da Bissolati; Cavallotti di piccola statura - Ma cola di altezza piu che vantaggiosa ; Cavallotti semicieco e che tante volte aveva mostrato di non saper scorgere dov'era la punta dell'arma dell'avversario - Macola nelle ordinarie condizioni d: vista ; Cavallotti inoltrato negli anni e che aveva perduto perciò tutta l'agilità <lei suoi movimenti - Macola sicuro della elasticità dei muscoli che potevano dargli i suoi venti anni di meno ........ Una sola di queste condizioni avrebbe reso impari il duello; tutte riunite danno il carattere di odiosissimo as assinio legale all'uccisione di Felice Cavallotti ....... Quali le conseguenze politiche della scomparsa dall'arena parlamentare del fortissimo atleta? Disparati i giudizii e diverse le previsioni. Ho sentito alcuni monarchici onesti rimpiangere amaramente la morte di Cavallotti come la distruzione di una grande e benefica valvola di sicurezza. Questi tali credono sinceramente che il bardo di Corteolona, in momenti di pericoli per la monarchia, si sarebbe adattato a farla da Odiloo Barrot fortunato. Essi sono in c:rrore e grossolano. Cavallotti, lealissimo uomo anzitutto, non avrebbe mai rappn:sentato la parte di Ruiz Zorilla nel senso volgare che si attribuisce - e ingiustamente - al repubblicano spagnuolo: questo è sicuro. Ma è altrettanto sicuro, che egli non avrebbe assu to mai la parte sciocca di Odilloo Barrot : conosceva troppo la storia e sapeva che i tentativi di salvataggio iu orticulomortis fallis·cono sempre. Se Cavallotti ass;;nse atteggiamento soverchiamente legalitario, oiò fece esclusivamente perchè diffidava dalla energia del popolo ; se lo avesse visto levarsi fiero e risoluto, anzichè sviarne l'azione per salvare istituzioni, che non rispondono più ai tempi dappertutto e non risposero mai alle speciali condizioni d'Italia, egli si sarebbe messo alla testa del popolo, per affrettarne la ,aduta. Chi diversamente pensa di lui, non lo conosceva. Lo affermo senza timore di smentita. Ma non tutti giudicano come questi conservatori onesti; che rimpiangono la scomparsa dell'uomo e del politico; altri, e non sono pochi - sarebbe sciocchezza e ipocrisi:i negarlo - sono festanti per la 010rte di chi, giustamente, ritennero loro implacabile nemi.:o. Alla Corte di Messalina la gioia è irrefrenabile e irrefrenata; i ladri, i reazionari, i putridi, i vili dì ogni risma, non sanno nascondere l'immensa loro soddisfazione. Essi si credono liberati, e quel che sentono racchiudono in una esclamazione eloquentissima : Finalmente! Scomparso Cavallotti essi credono ch1: sia arrivata l'ora definitiva della loro liberazione; ed a pieni polmoni respirano e ripetono stringendosi, la mano, sorridendo e ammiccando: FinalmenteI Oh ! gli stolti, e gli abbietti! Se le soni degli avvenimenti dipendessero dalla vità di un uomo, certamente non sarebbero mai mancati i Macola che avrebbero spento con un assassinio più o meno legale gli apostoli del bene. Ma per fortuna dell'umanità le cause giuste trionfano, - non ostante i ricorsi reazionari, non ostante le soste dolorose - anche quando scompaiono i loro piu valorosi propugnatori. Per convincersene, questi stolti ed abbietti, esultanti per l'esito fatale del duello Cavallotti-Macola, non avrebbero che da pensare ai risultati di due altri duelli-liberazione. Girardio ammazza in duello Armaod Carrel il grande nemico della corrotta monarchia orleanista; ma questa non sopravvive al suo implacabile avversario.
R.MSTA POPOLAR.EDI POLITICALETTER~E SCIENZESOCIALI Rakowirz ammazza in duello Ferdinando Lassalle, il primo apostolo del Socialismo in Germania; ma la sua propaganda socialista diviene gigantesca dopo la sua morte. Agli stolti, agli abbietti che fanno festa perchè credono di poter continuare impunemente la loro ignominiosa gazzarra di furti, di corruzione, e di vilta, la storia severa risponde : respicefinem ! Dr. NAPOLEONE COLAJANNJ. La vita di Felice Cavallotti, dalla prima età fino alla morte, fu uua continua battaglia. E non è una frase retorica questa, ma è l'espressione vera e sintetica di tutta l'esistenza del Bardo e Baiardo che un ferro omicida, in una forma legalizzata da un barbaro pregiudizio medioevale, sopprimeva per ben più alti e nobili combattimenti civili. Nato a Milano il 6 novembre 1842 da una famiglia di origine veneta - il cognome di Cavallotti era iscritto nel Libro d'oro ed i suoi antenati possedevano case e gondole nel fa. moso Arzanà de' Veneziani - Carlo Felice Emanuele - evidentemente i genitori dovevano avere ddle debolezze pei sabaudi ! - a nove anni, quando generalmente si pensa a tutt'altro, era già un entusiasta delle poesie patriottiche elettrizzanti di Berchet, di Nicolini, di Mameli e di Rossetti, le quali recitava a memoria con grande scandalo dei «ben pensanti» che frequentavano casa sua. A 16 anni, mentre la Lombardia era ancora sotto la dominazione austriaca, lo si vedeva" capitanare, al Ginnasio, nientemeno che una dimostrazione contro un professore tedesco : roba, per quei tempi, addirittura da capestro I Appassionatissimo alla lettura, nella quale egli preferiva consàcrare le ore che aveva libere dalla scuola, egli fu un vero divoratore di tutti i libri che poteva aver tra le mani - romanzi, poemi, storie, trattati scientifici - un YCro assetato ddla cultura più varia e interessante. Non ridano i moderni superuomini, ma - come scrisse Carlo Romussi nella prefazione al voi urne VI! delle Opere complete di Cavallotti - « fra tante congerie ch'egli divorava « ed assimilava prediligeva il Cuerùi Meschi110 » . . . . « Quel « romanzo cavalleresco, ingenuo e generoso, nel quale l'eroe « prende la difesa del debole e dell'oppresso senza nemmeno « conoscerlo, senza guardare alla /orza ed al numero di chi « sta contro, persuaso, la forza risiedere nella bontà della causa; « che dopo aver combattuto e vinto, dopo aver consolato e « liberato, sen va via, senza chiedere nulla, senza neppure aspet- • tare ringraziamenti, si scolpi non per niente nella giovinetta « fantasia del poeta », Senza il Guerin Meschino - diceva un giorno a Romussi che gli fu sempre più che amico, fratello - non mi sarei preso probabilmente tanti grattacapi ! Dedito sovrattutto agli studi classici, aiutato nei medesimi dal padre che tra l'altro era un distinto filologo, scriveva - sette anni prima di Sadowa e dieci prima di Sédan -, un non disprezzabile opuscolo, Germania e Italia, in cui, diciottenne, profetizzava gli avvenimenti che dovevano poi verificarsi. Ma quelle erano scaramuccie, piccole battaglie che non bastavano alla sua grande vitalità, e quando in mezzo ai giovani corse fulminea la notizia che Garibaldi si era deciso a partire per la Sicilia, Felice Cavalletti fattesi prestare da un compagno di scuola cinque misere lire - « e fu quella (scrisse poi in risposta ad un giornale monarchico suo detrattore di Piacenza) la prima volta che speculai sull'amicizia: » - e coll'unico bagaglio di un paio di calze, s'arruolò volontario. Riuscitogli vano, perchè troppo giovane, di partire da Quarto colla prima spedizione dei Mille, non si arrc;tò per questo, e valendosi abilmente di un congedo militare di un suo cugino, riusci ad essere ammesso tra i volontari della seconda spedizione Medici che parti da Genova il 6 giugno del 1860. Nella 11 Prefazione delle sue OpereComplete, Felice Cavalletti, scherzosamente, rammenta soltanto un suo inno pei volontari che destò entusiasmo tra i garibaldini, ma Gregorio Oddo, uno storico di quella epopea, fa qualche cosa di più, perchè ricorda con grande onore Cavalletti combattente da vecchio soldato a Milazzo, ove gli cadde vicino il prode maggiore Filippo Migliavacca comandante dei volontari milanesi, e nota pure alla battaglia del Volturno, Cavallotti in prima linea, e tra i più valorosi. Presentato a Napoli aJ Alessandro Dumas (padre) che abitava in una splendida villa sul mare, a Castel dell' Ovo, il grande romanziere nutrì subito una grande simpatia pel giovine volontario, così intelligente e valoroso, e lo volle con sè a lavorare nella redazione dell' Indipendmte, Ma altri doveri sacrosanti chiamavano Cavallotti a Milano, ove il vecchio padre non poteva col suo piccolo stipendio di impiegato a 2400, con moglie e tre figli, tirare avanti la barca, e Cavallotti, finita la guerra, dovè a forza partire. Una nuova battaglia, e nella sua forma più cruda e antipatica l'attendeva: la battaglia per la vita ! Il periodo Jal 6o al 73 fu per Cavalletti d'un attività febbrile, prodigiosa, di un lavoro continuo, senza requie, solo interrotto, come da una festa, dalla campagna del '66, nella quale, di nuovo con Garibaldi, vide a Vezze morire al suo fianco l'eroico maggiore Castellini. Iscritto come studente nell' Università di Pavia, ove però, per potere strappare la vita per sé e pei suoi con altri lavori, si recava soltanto ogni due mesi per la firma di frequenza; collaboratore, prima dell' U11itàItaliana di Maurizio Quadrio, poi nella Li11ce, nel Campidoglio, nel Fttggilozio (sotto l'anagramma di Fabio Altoncelli), nel Lombardo, nella Gaz.z.ettadi Milano di Raffaele Sonzogno, e finalmente, anima e corpo, nel Gaz.z.etlinoRosa diretto dal carissimo amico Bizzoni, (e poi nella Ragio11e che fu l'ultimo giornale nel quale professionalmente lavorò), Cavalloni dimostrò d'aver proprio una tempra di acciaio per tutte le possibili battaglie. E battaglie sante furono le sue contro tutte le camorre senza guardare in faccia a nessuno, se forti, potenti e tanto meno se prepotenti, flagellando senza falsa pietà l'alta canaglia, e anche molto più in su, venisse quel che ne volesse venire. E i tempi eran borgiani davvero anche allora, perchè la Regia, l'affare Lobbia, le famose vendite dei beni demaniali, le operazioni pel corso forzoso, le alienazioni dei beni ecclesiastici, i furti • negli Economati generali, le profanazioni dei beni delle Opere Pie, deliziavano il nostro Paese anche sotto il governo di Destra che aveva già regalato Fantina, Aspromonte, Custoza, Lissa e Mentana, Ci volevano i bottoni di fuoco per tentare almeno d'impedire la cancrena, e le poesie che Felice Cavallotti pubblicò in quelli anni - noteYoli: le .Auguste 'N,oz.ze (24 aprile 1868), Il 'Di delloStatuto (6 giugno 1868), Menta11a (2 novembre 1868), Mo11tie Tog11etli (6 .:!ecembre 186SJ, La Cuccia Reale (per le s:ragi di S. Rossore), il Parto e l'A11111istia (ottobre 1869) La distrib11zio11d&ei premi ( 28 agosto 1870) Per la f11dlazio11edi 'Barsa11ti (29 agosto 1870) _ quelle poesie bisognerebbe Yenissero lette dai giovani della presente generazione, e in specialmodo venissero lette e rilette, e ben stampate nella me• moria, le note storiche illustrative del Poeta (nonchè un suo ottimo libro sulla Spedizionedel 1867 11ell'Agro'1{_0111a110\ perchè quelle letture illuminerebbere molte menti che sono al buio di tante cose delle qu11i non si fà nemmeno un cenno alla lontana nei libri di storia, ad 11mm dtlphiui, che fanno testo di vangelo nelle scuole d'Italia. Il volume di quelle Po~sie edite a Milano nel 1873 - dopo
RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI s' intende, la relativa assoluzione che a Felice Cavalletti procurò l'edizione del '69 - quel volume certo non è facile pescarlo, perchè o esa11rito fatto esaurire, ma nelle biblioteche, rovistando, con un po' dì pazienza, qualche copia si deve trov3r sicuramente. Forse chi leggerà quel libro potrà trovare in quanto alla forma - a sentire i competenti e anche lo stesso autore - parecchie cose a ridire; ma nelle prefazioni del 1869 e del 1873 si trova pure la risposta preventiva di Felice Cavalletti agli antipatici pedanti. Nella prefazione all'edizione del 1869 si legge: " Negletti e disadorni, come mi vennero la prima volta, e « quali l'animo me li dettò, quasi improvvisati alcuni, li ri- « presento alla luce. Mi ero detto che la veste non era delle « più pulite, che bisognava rimetterli a nuovo, e che v'era « ancora da lavorarci intorno. Ma accintomi, per disgravio di « coscienza all'opera, dovetti smettere, essendomi accorto di " mancare affatto della pazienza e delle doti indispensabili a « questo lavoro di ripulitura ....... E poi mi affretto subito « a farne ammcuda, dichiarando che accetto di subirne le con- « seguenze ....... e su ciò che gli Aristarchi diranno, m' im- « pegno di non trovare a ridire . . . . . . . . . . . . . . . ... « Se ho peccato in faccia al Fisco non ho peccato in faccia « alla storia ». E nella prefazione del 187 3 : « Molto avrei potuto mutare per renderle accette ali' Arte. « A che prò? « Col Fisco, tanto e tanto, per quanto cercassi di farmelo « amico, non ci siamo trovati mai troppo d'accordo, quanto « all'Arte .... dicono che in giornata la non ami che il vero; « non se n'avrà a male se ho strappato qualche brandello alla « sua veste per non mandar nuda del tutto la verità ..... " E così povere e neglette n'andrete infra le genti, canzoni « della mia giovinezza, figlie predilette della mia giovinezza. « Alta la fronte però: nè vi prenda vergogna della veste in- « colta, ingioconda, e non dei ruvidi ricordi; e non di acco- " glienze sdegnose; alta la fronte, però che voi nasceste a com- " battere non a rallegrare incliti ozi, nè a dare spettacoli di « plastiche eleganze alle noie sapienti delle scuole ...... . « Nè d'altronde allo scrittore militante, all'artista che serve, « lottando, un' idea, dispero che qualcosa si voglia concedere, « più che al tranquillo poeta spaziante a cavallo delle nuvole « nei limpidi cieli dell'Arte per l'Arte. E questo q11alcosadi « più, senza aspettare il pecmesso (sotto la mia responsabilid, « già s'intende) qualche volta nei miei versi me lo son preso « pensando che la poesia popolare, la poesia civile, abbia ob- « blighi che la poesia aulica, accademica non ha; e che tra « le due forme, di cui l'una appaia più elegante e tornita, « l'altra esprima e renda più intera, piti netta,più efficacel'idea, « ella dovrebbe lasciare agli accademici la prima, e scegliere « quella che si imprime più addentro nella mente e vada più « dritto al cuore ddle moltitudini "· E terminava : " Repubblicano del verso mi son fatta un'arma, e servendo « alla verità, ho inteso servire in pari tempo alla mia f~de. « Lascio ad altre Muse argomenti più classici e sereni ; can- " tori deÙe delizie presenti non mancano, e gli armenti di « Arcadia son già al completo "· . * * Ma se le poesie entusiasmarono i repubblicani e tutti gli uomini di coscienza e di cuore, non furono dello stesso parere i magistrati, i militari, i muletti della stampa destra d'allora, e, naturalmente, per Cavallotti e pel suo inseparabile Bizzoni fu una grandine continua di processi e duelli, notevole, tra gli ultimi, quello che ebbero quando sfidarono t11tti gli ufficiali del Reggimento Ussari di Piacenza che avevano insultato Giuseppe Garibaldi. La morte del fratello Giuseppe caduto alla battaglia di Digione il 21 gennaio 1871, fu, per Cavalletti che lo adorava. uno dei più grandi dolori della vita e « Rotta e fioca la nota del canto « Sulle memori carte posò ». Ma fu un attimo, perchè subito si rialzava più forte di prima, e il Teatro doventava un suo nuovo campo di battaglia. Il primo trionfo fu al « Re Vecchio » di Milano coi Pezzenti, Seguì l'anno dopo il Guido che furoreggiò a Ferrara; poi l'Agnese che fu rappresentata per la prima volta a Rema. Il 22 maggio 1873 egli scriveva l'Ode a Manzoni, ed il 25 successivo egli pubblicava la seconda edizione delle sue Poesie che si tradusse in un ordine di sequestro pei libri ed in un mandato di cattura per lui. Cavalletti, però, s'era ormai avvezzato a giuocare a mosca ceca colla Pulizia, e, fingendosi in !svizzera, se n'andò invece in una soffitta di una villetta a Meina, dove in quarantacinque giorni scrisse l' .Alcibiade, del quale la settimana innaqzi aveva disegnato lo schema, dopo parecchi mesi di studio. L'Alcibiade, malgrado il parere dei critici e degli stessi artisti che dovevano recitarlo, ebbe un clamorosissimo successo, - il 31 gennaio 1874, al Manzoni aveva 30 chiamate ! - e, ministro Ruggero Bonghi, non certo tenero per Cavalletti, la Commissione Governativa per gli scritti drammatici gli assegnò il primo premio di L. 1000. Fu un inferno! Tutti i critici- dei moderati arrabbiati• -da Yorick (l'avv. Pietro Ferrigni) di Firenze, a Torelli Violler di Milano, si dettero la mano, e apersero una vera crociata contro Felice Cavalletti che, in un brillantissimo e succosissimo opuscolo intitolato Alcibiade, la Critica ed il Secolodi Pericle, tenne testa a tutti, e li costrinse, letteralmente, al silenzio. I Messeni, la Sposa di :Ji(mecle, I' Aulu/aria, la Figlia di Jefte, il Canticodei Cantici, la Luna di miele, la Cura Radicale - tuttora in repertorio e sempre con successo - il Nicarete (che doveva prossimamente rimettere in scena Ettore Novelli), le Rose Bia11c/Je, l' Agatode111011, il PoveroPiero, le Lettered'amore - meno fortunati, ma sempre applauditi - non solo tutti insieme rappresentarono la sua opera drammatica, ma anche la sorgente si può dire unica - perchè le Operecomplete in questo paese di semi-analfabeti gli resero sempre ben poco! - per cui egli potè morir, dopo quasi quarant'anni di lavoro, proprietario d'una piccola villetta a Dagnente, l'unica cosa positiva che lascia al suo Beppino, - e di un reddito per diritti d'autore di appena 6 lire al giorno 1 La letteratura, il teatro erano per Felice Cavallotti un riposo, uno svago, un conforto, come le carezze della vecchia madre per la quale, fino a pochi anni or sono, quando pur troppo gli morì, ebbe, slanci, scrive Romussi, « quasi infantili e commoventi di tenerezza » ; ma la politica sopratutto era quella che l'aveva preso pei capelli. Morto all'improvviso, ai primi dell'agosto 1873, Antonio Billia, l'eloquente e caustico oratore dell'Estrema Sinistra, gli elettori del collegio di Corteolona pensarono subito a Felice Cavalloni. « Gli elettori di Corteolona avranno un deputato muto » disse un giornale milanese appena dette la notizia, ma, poeti si nasce oratori si diventa, Cavalletti che si dipingeva addirittura balbuziente, e al quale si consigliavano « i sassolini di Demostene e le urla sulla riva del sonante mare » diventò invece uno dei più grandi oratori della Camera, che, con un filo di voce, fustigando a destra e sinistra, riuscisse a tenere incatenati, a bocca aperta, ad ascoltarlo, persino i suoi più feroci ed implacabili avversari. Appena fu posta la sua caudidatura tutti si domandarono se egli avrebbe o no giurato, se avrebbe imitato Saffi prima della vendita di Nizza, o Carlo Cattaneo quando s'arrestò sulla soglia di Palazzo Vecchio.
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIBNZE SOCIALI « Cavallotti " - serive sempre Carlo Romussi - «com'è suo « costu:'.nenon rimase lunga pezza in bivio : a lui non restava « che applicare quel motto che ha cento volte ripetuto e che « fu la norma di tutta la sua vita: Italia110prima repubblicano « poi. In questo pensiero e 11101:0 che è come la divisa di Ca- « valloni, e ricorre frequentissimo nei suoi discorsi rispecchia- « vasi intera la coerenza della sua vita politica "· E infatti, a parte il motto più o meno giusto, a parte che si può essere italiani e repubblicani ad un tempo e con molto maggiore utile per la Patria, Cavalloni a quella sua divisa restò fedele. Restò fedele perchè, per quanto, specie in questi ultimi tempi, avesse intorno a sè un'atmosfera di sospetti - « sospetti nelle sfere « governative, sospetti e diffidenze nelle classi popolari; sospetti « e diffidenze che qnest'ultime tacciono soltanto quando Cavai- " lotti sventola la bandiera della libertà o delle morale, senza « accenno, preoccupazione o aspirazione al governo: accenno « preoccupazione, aspirazione, ch'egli mai manifestò e che solo « gli amicitroppozelanti gli attribuiscano (NapoleoneColaja,mi. La bandiera di Cavallotti, 'R..ivistaPopolare Anno I1I N. 9). " - Cavallotti - ,bisogna riconoscerlo pur dissentendo dal suo metodo, dalla sua tattica - fino al giorno che il ferro omicida gli spezzava la vita, non disse verbo che autorizzasse nessuno ad affermare, senza mentire sfacciatamente, ch'egli si fosse convertito alla Monarchia. Egli aveva troppo ingegno per poter aspirare sul serio a diventare un servitore I • ,. ,. L'entrata di Felice Cavallotti alla Camera fu uno scandalo per tutti i bigotti delle Istituzioni. Il giuramento di lui, preceduto da una lettera su tutti i giornali romani che spiega~a i motivi per cui s'era deciso a farlo - nella lettera che scrisse nel 1883 quei motivi li riassunse io 11ove, come le Muse! - quel giuramento fatto nel modo più indifferente del mondo, suscitò un vero pandemonio. Il deputato Lioy voleva ch'egli pubblicamente ritirasse quanto aveva scritto sui giornali pel giuramento, i cori di Destra inferocirono, ma egli chiuse l'incidente coll'ormai famoso: « Coscienze inquiete rispettate « le coscienze tranquille I " e si mise pacificamente a sedere. I duelli vennero poi, e furono due o tre. E tranquillo del fatto suo egli era tanto, che fu il primo a volere che si desse l'autorizz:izione a procedere contro di lni per le scomunicate Poesie. Egli che, come diceva, s'era prefisso di combattere tutti i privilegi « dal basso in su » - parole che gli procurarono un duello con Dario Papa, allora monarchico, con Dario Papa che doveva poi commemorare morto nel 181n, convertito però alla fede repubblicana - dei privilegi non ne volle per sè. Il processo fu fatto, ed egli venne assolto dalla giuria popolare. E inutile, la storia, anche in versi, è sempre storia! Non finirono per questo i sequestri, tanto che egli fu costretto, vedeodo la spudorata persecuzione, a muovere interpellanza al ministero Minghetti-Cantelli-Vigliani, e fu in quel discorso che ricordando le persecuzioni della Restaurazione francese a Béranger concluse : « Son troppo povero poeta, perchè io « meriti l'onore di questo confrouto; ma, se io non sono un « Béranger, bensì voialtri siete i Borboni. » Ci vorrebbe un volume per riassumere la sua opera parlamentare, tutta di pensiero e di azione, da vero tribuno garibaldino! L~ spedizione dei volontari della carità ch'egli capitanò nel 1884 « per rinsaldare- come scrisse nel suo appello - « tra le popolazioni del Nord e del Mezzogiorno i vincoli del « sangue e dell'amore » - e, come scrisse a Romussi, - perchè « - posto che un giorno o l'altro bisogna morir tutti » preferiva « sempre rischidr di fare una bella fine, utile al paese, « che correr rischio invecchiando di metter pancia » quella spedizione non poco l'aiutò a fargli un ambiente simpatico anche in Parlamento. La vita pubblica in Italia dal 73 ad oggi è stata tutta piena di lui, e quando i partiti popolari - perchè egli era ribelle pur troppo ad ogni organizzazione! - credevano d'averlo lontano, o seccato, o indifferente, al momento buono, se lo trovavano invece al fianco per combattere in difesa dei diritti patrii, Jelle sacre libertà, della Giustizia e in questi ultimi tempi contro i simoniaci del potere, ed i ladri del pubblico denaro. Due volte soltanto, per pochi mesi, Cavallotti fu escluso dalla Camera, nel 1882 e nel 1892, ma gli elettori di Piacenza prima - in seguito a rinunzia nobilissima dell'onorevole Tassi che doveva essere il suo ultimo padrino insieme ad Achille Bizzoni - gli elettori di Corteolona, poi, ripararono il disonore che ne a,,rebbe avuto il corpo elettorale italiano. Nel Parlamento egli sostenne delle lotte le più vive e più disparate. I discorsi sull' Elez.io,tisotto la Destra sullo Scioglimento delle società i11temaz.io11alisle, sul Trasformismo, sui Fondi segreti, sul 9,,Cacinatos,ull'Irredenta, per le Spese del viaggio dei reali iti Sicilia, sulla Riforma Elettorale (di cui egli amava chiamarsi, e a ragione, il « ca11 di guardia » ), sull' ludw11ità ai deputati, pei M,mtri eleme11tari, per l' Appa1111aggioal Pri11cipe Tommaso, basterebbero soltanto quelli da soli come monumento all'oratore fortissimo ed affascinante. Ma se in quei discorsi egli si affamò, s'impose, anche agli avversari, che fin dal 1873 avrebbero veduto molto volentieri anticipata la tragedia di Villa Cellere, se col Patto di Roma del 1891 egli mostrò come vedesse bene anche certi particolari del gran quadro dell'avvenire, se nella guerra alla Triplice egli non fu nemmeno addietro ad Imbriani, nella campagna di guerra a fondo ch'egli sostenne contro Crispi e la masnada coalizzata, fu addirittura insuperabile. L'investigazione acutissima paziente, l'analisi severa, le deduzioni limpide chiarissime, l'argomentazione potente che inseguiva il nemico fin nell'ultime trincee, l'eloquenza calda di lirica che infiammando, commovendo dava l'ultimo colpo di grazia, tutto ciò avrebbe rimosso anche dei pezzi di macigno ; ma per Crispi - e non soltanto per lui! - ci volle invece Abba Carima! Il ministero Ricotti-Rudinì che successe a quello di Francesco Crispi ebbe in prin,ipio l'appoggio senza limiti, di Cavallotti, ma quando Cavalloni che la questione morale a.veva preso veramente sul serio, vide invece si finiva con un'opera di salvataggio, tornò nuovamente all'opposizione. Col responso imminente della Commissione dei Cinque, altre battaglie « dal basso in su » egli avrebbe dovuto combattere insieme al gruppo repubblicano - in cui o prima o poi avrebbe dovuto finire per entrare - ma una questione personale ch'egli bbe col deputato Ferruccio Macola, direttore della Gazzetta di Veuezia, questione che era una delle tante diramazioni di quella con Crispi, lo condusse - ahimè ! - ad un duello, che per le condizioni tutte a sfavore di Cavallotti - che l'arma adoprò sempre, in 32 duelli, cavallerescamente, per correggere non per uccidere - e per la freddezza feroce del Macola, il 6 marzo gli faceva incontrare la morte nel modo tragico per cui ancora un brivido corre per quanti s'inchinano reverenti dinanzi all'iogegno, al coraggio, alla virtù e alla bontà. Sì, alla bontà! Perchè Felice Cavallotti non era soltanto uno scrittore, •m oratore, un combattente, ma - come scrive Ga11doli11 che pure, in questi ultimi tempi gli fu avversario nel Secolo XIX: « quell'uomo così formidabilt: nelle sue requisì- « torie, così implacabile verso chi gli pareva compiere il danno « del Paese e offendere la libertà, aveva nell'intimità sentimenti • delicati, teneramente affettuosi. Mai più si sarebbe sospettato, « in certe sfumature di gentile sentimentalità, il bollente par- « lamentare che faceva tremare polsi ai più potenti e audaci « avversari.» Anche a chi non ebbe il gran bene di avvicinarlo, e di godere della sua intima amicizia, quello squisito profumo di bontà emana da tutta l'opera sua. Se nei Discorsi politici, se nei Pez.• z.enti, nel Guido, ncll' Alcibiade, nei Mtsswi si sente tutta l'anima
RIVISTAPOPOLAUEDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI dell'uomo libero, riflesso di un altro secolo, nel Ca11ticodei Car1tici, nella Sposadi Mente/e, nel :Vicarete, nella Figlia di Jefte, e, soprattutto nelle Poesie varie spira tanta bontà, tanto sentimento che non si può a meno di leggere senza sentirsi empire gli occhi di lacrime le parole finali della Prefazione ch'egli Ieee proprio quest'anno pel suo ultimo Libro dei versi: « Chi sa che in giorno più lontano, sfogliando questo libro, ~ qualche pia anima non dica : - To' ! e dicevano ch'era tanto cccattivo ! veramente non si direbbe. La manifestazione di Roma, il giorno dei funerali, è stata di un' imponenza che non si ricorda l'eguale dopo l'apoteosi per la morte di Giuseppe Garibaldi. Durante tutto il lunghissimo percorso era un vero mare di teste, rotto dalla larga corrente del gran corteo. Malgrado che un solo manifesto d'invito, quello ddla Consociazione Repubblicana del Lazio, alla quale avevano fatto centro il Partito socialista e la società popolari di Roma; malgrado vi fossero due sole musiche - la militare alla testa d'un battaglione del 12° Fanteria, e il concerto di Porta Pia che apriva la lunghissima sfilata delle associazioni che segui vano il gruppo dei deputati, dei senatori e delle autorità - ; malgrado che tutti gli ufficii pubblici, le scuole, gli stabilimenti industriali etc. fossero stati tm11ti aperti, il corteo, composto di 4ò,ooo persone, delle quali almeno tre quarti erano sotto le bandiere dei partiti popolari, era qualcosa di non mai visto. Quella lunghissima sfilata di popolo commosso, che, dopo un lungo applauso entusiasta all'inno di Garibaldi con cui fu sJlutato il feretro, ebbe la forza di frenare l'entusiasmo e di procedere in un silenzio solenne rotto soltanto dalle musiche e dal mesto rullo del tamburo imponeva tanto che i giornali reazionari fanatici ne sono ancora terrorizzati, e vanno inventando i circoli anarchici dinamitardi e le bandiere col pugnale. Le corone riempi vano quattro Jandaux ed ogni associazione ne portava una, notevole quella di Cuba repubblicana. Alla stazione parlarono )'on. Mussi per la Camera, l'on. Pilade Mazza per il Sindaco, l'on. Salvatore B,milai per la Consociazione Repubblicana e !'on. Costa e l'avv. Merlino pei socialisti e gli anarchici. Lungo la linea, da Roma a Milano, è stata una dimostrazione continua. A Civitavecchia, Grosseto, Pisa, Viareggio, Spezia, Genova, Voghera, Pavia, a tutte le formate del treno direttissimo il popolo immenso hl salutato la salma del poeta e del combattente. Ma la dimostrazione di Milano è stata appena paragonabile a quella che vi fu pei funerali di Alessandro Manzoni. Tutta Milano, proprio tutta, vi ha preso parte. Contrariamente a Roma tulli gli stabilimenti industriali, le scuole, gli uffici pubblici furono tatti chiudere. Dalle finestre, dai b.lconi gremiti di gente, si getta vano fiori. Le corone di fiori fresche, sul feretro e sui grandi carri Gondrand che venivano dopo, erano innumerevoli. Al Cimitero parlarono il sindaco Vigoni, e a nome di Milano, !'on. Mussi, l'avvocato Romussi, l'oo. Rampoldi e l'on. Caldesi tutti brevi e commoventi. Napoleone Colajanni prese quindi la parola « in preda ad ccuna commozione vivissima - come scrive il 'Do11C/Jisciolle - « che si manifestò nelle frasi vibrate trascinanti il pubblico a « frenetici applausi ». « Non discorsi occorrono su questo feretro, - egli disse _ sul feretro di chi è caduto, vittima nobilissima, dell'avanzo ultimo della scellerata barbarie occorrono fatti, è necessaria la protesta solenne contro questa barbarie, la quale consciamente o incosciamente, si è fatta strumento delle Messaline, che per tortuose vie hanno avuto in mano i destini d' Italia. « Venga da Milano questa protesta; dica Milano: basta I e se l'Italia l'ascolterà quanti vorranno farsi arma della barbarie per ispegnere i rappresentanti del diritto e della giustizia resteranno disarmati I « Non verrei a portare parole su questo teretro, che non ha bisogno di lagrime ma di fatti, se l'affetto che mi legava al grande estinto non mi avesse procur~to l'onore di portarla brevissima in nome di Marsala, in nome della Sicilia e del Mezzogiorno, in nome ddla Estrema Sinistra. « Porto la parola e il saluto riverente di Marsala, d'onde chi vantavasi sopratutto di essere il milite di Garibaldi, cominciò l'ultima sua battaglia contro la corruzione e per la libertà; porto la parola dell'Estrema Sinistra, di cui Cavallotti fu parte grandissima, e valoroso vessillifero ; porto la parola della terra del dolore, dove a centinaia i contadini inermi offrono il petto agli esperimenti delle armi nuove; e in nome di tutto ciò sulla bara, che racchiude il corpo del nostro diletto, vi dico : Cittadini di Milano! Suonate le campane del vostro Duomo e vi risponderanno le campane dei Vespri. E si compiranno gli ideali di giustizia e di libertà di chi da questo feretro s'inspira e consiglia all'azione I» Pei repubblicani Milanesi parlò l'on. Luigi De Andreis. salutato da un fragoroso grido di Viva la repubblica!, e dopo di lui, l'on. Filippo Turati a nome dei socialisti che in una lunghissima colonna di 10,000 avevano preso parte al corteo. L'on. amico no~tro Edoardo Pantano chiuse la serie dei discorsi. « Avrei preferito tacere - disse -. Vi sono ore di dolore ineffabile in cui si sente più il bisogno di piangere che di parlare. Ma quando si è vissuti insieme trent'anni di lotte sui campi di battaglia, al letto della carità, nella stampa, nella tribuna - e in questa lotta ci si è abbeverati agli stessi ideali, ci si è sacrati alla stessa causa - come distaccarsi per sempre dal compagno amato ed adorato senza portare sulla sua bara la suprema testimonianza dell'affetto e della solidarietà ? « Quella bara, è vero, non porterà nella tomba che le sue ceneri. La sua anima resta con noi. Ma una parte dcli' anima nostra, un lembo del nostro cuore lo accompagna nel sepolcro, e qui dinanzi alla sua bara si riaffermano e si santificano i comuni ideali. « Perchè, malgrado le lievi divergenze di metodo in alcune ore della battaglia, l'Estrema Sinistra lo ebbe ognora suo, tutto suo, nell'animo e nel pensiero, nelle tradizioni e nelle aspirazioni per le rivendicazioni supreme delJa libertà e della giustizia ed oggi riaffermando sulla sua salma la propria solidarietà nella stessa bandiera, al paese che commosso ne saluta riverente la bara, dicendoci con mesto, eloquente linguaggio: imitatene l'esempio - noi rispondiamo che l'opera sua di battaglia non resterà interrotta a dispetto di coloro che oggi si allietano di questa chè è sventura nazionale. .e le combatteremo insieme, amico Turati, queste battaglie rivendicatrici, la cui alt.1 idealità si eleva al disopra di ogni distinzione di parte. « E Cavalloni ci aiuterà. Perchè certi uomini sono più formidabili morti che vivi. Le loro tombe diventano are; e nell'ora in cui le nostre campane suoneranno a raccolta nei supremi appelli della patria e della libertà, noi verremo ad affilare le nostre spade sul tuo tumulo o amico Felice. E fra le tempeste della battaglia, in mezzo al grido del combattenti, noi udremo per l'aria le note armoniose di due bardi immortali : le tue e quelle di Goffredo Mameli che ci inciteranno alla pugna e ci condurranno alla vittoria ». Giornata indimenticabile I * ,. ,. J\fa le manifestazioni non si sono limitate solta:ito a Roma a i\lilano e alle stazioni lungo la linea ferroviaria percorsa dal feretro. In ogni città d' ltalia, da Palermo a Napoli - ove ha parlato scultoriamente Giovanni 13ovio - ad Ancona, a Firenze, a Bologna - ove ha parlato Giosuè Carducci, difendendo però il grande statista dai reati ministeriali - fino a Genova, Torino, Pavia, Padova, \'enczia è stata tutta un'apo·
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI teosi che si è pure ripercossa all'Estero, e specialmentein Grecia e in Francia, ove a Parigi 2 50 deputati hanno spedito un indirizzo alla Camera Italiana e il Consiglio Comunale ha battezzato nel nome di Cavalletti una strada principale. Si, contrariamente al parere espresso cinicamente dal deputato Ferruccio Macola in un suo articolo di mesi or sono merita proprio il conto di essere onesti ! A. C. LASTAMEPFAELICEAVALLOTTI Tra i numerosi articoli scritti in questi giorni su Felice Cavallotti - a preferenza di quelli dei giornali più amici - ne scegliamo due ddl' Avanti, socialista, ed uno del Don Chisciotte il più intellettuale tra i giornali nazionali, perchè ci sembra che essi, pur dissentendo in molte cose da lui, rendano il più efficace ed il più degno omaggicf" all'uomo che è stato strappato per sempre alle lotte della vita pubblica italiana. L'Avanti, appena appresa la notizia dell'orrenda tragedia, la sera stessa del fatale 6 marzo scriveva : In questo momento ci è impossibile di esprimere tutto il nostro dolore, tutta la nostra angoscia, che è una parte minima dell'immenso dolore, dell'universale angoscia da c:ui san\ presa l'Italia all'annunzio della tragica uccisione. Di Felice Cavallotti non si può scrivere il solito necrologio. Egli, la vittima del barbaro pregiudizio, è stato troppo parte del nostro cuore e della nostra anima nelle lotte politiche dell'Italia nuova perchè ci riesca a dir qualche cosa che ci associ al lutto nazionale. Ma il nostro smarrimento non c'impedisce di deplorare con tutta la violenza possibile che Felice Cavalloni, la figura piu luminosa e piu disinteressata della democrazia italiana, sia stato trascinato in omaggio al barbarico pregiudizio, nei giri tortuosi di una vertenza suscitata dalla premeditata e maligna menzogni di un corrispondente, e abbia dovuto perdere la sua nobile esistenza per la sciabola . Alle parole che seguivano nell'.Avanti e che hanno procurato al giornale socialista, una tranquilla querela del Macola - ma senza il beneficiodelle prove - sostituiamo dei punti perchè il pensiero della Rivista, lo esprime nettamente il nostro Direttore in questo stesso numero. Il giorno dopo l'Avanti pubblicava il seguente articolo su Felice Cavallotti: Noi salutiamo la sua memoria in nome del partito socialista. Molti, lo sappiamo, troveranno inopportuno che noi in questo momento si faccia suonare il nome del partito. Ma il partito è la· idealità che ci muove e ci scalda, è ciò per cui la vita ci pare degna di essere vissuta e di essere sacrificata. Salutare la memoria di Felice Cavallotti in nome del partito vuol dire salutarlo per quanto abbiamo di piu caro e sacrq, E salutarlo cosi, così esprimere il nostro dolore, é pc:r noi un altissimo dovere. Cavallotti, agli occhi nostri, era tra i pochi che rap• presentassero nella sua maggiore purezza, la tradizione rivoluzionaria italiana. li vigore istintivo del popolo; lo slancio entusiastico delle moltitudini che erano balzate fidenti incontro all'avvenire aperto dalla rivoluzione borghese; la forza del sentimento che opera e si SYolge fuori delle preoccupazioni dei partiti mentre li alimenta e li sospinge ; la energia della ribellione a tutto ciò che è ingiustizia, so. praffazione, viltà; di tutto questo era plasmata e vibrante l'anima di Felice Cavalletti; quest'era che dava un fascino insuperato alla sua parola, che cingeva la sua figura di un'aureola luminosa. Cavallotti non era socialista, non amava dirsi repubblicano. Egli amava dirsi, ed era infatti « garibaldino ». E con ciò intendeva di abbracciare tutte quante le virtualità a cui la rivoluzione borghese aveva aperto o, meglio, aveva promesso di aprirsi libero il campo. Giuseppe Garibaldi era stato infatti la espressione piu alta e sintetica dello spirito rivoluzionario italiano ; e Felice Cavallotti fu, per lunghi anni di lotta, colla parola, colla penna, colla spada, in piazza e in parlamento, il continuatore dell'opera garibaldina. No, questa Italia non era quella sognata dai martiri, dai combattenti, dal grande càpitano ! E le commemorazioni di Garibaldi fatte dal Cavallotti si levavano a dignità di solenni battaglie per l'ideale; e le moltitudini, che pure dal Cavalletti non avevano la formula del rimedio ai loro mali, intuivano la sincerità, sentivano la freschezza del suo sentimento, palpitavano con lui, fremevano alla sua parola evocatrice delle illusioni del periodo rivoluzionario, e seguivano il poeta - poeta nel senso augusto della parola di agitatore ed educatore di coscienze - lo seguivano nei v0li superbi verso l'av-• venire ! Questo spiega perchè oggi la morte sua sia lutto dei socia listi non solo come amici e ammiratori della sua persona, ma anche come uomini di partito. Il partito socialista sa quanto l'opera propria sarebbe feconda e non dolorosa se nel nostro paese si fosse mantenuta viva la fiamma di quella tradizione garibaldina a cui é ripugnante che la patria e la libertà diventino esoso monopolio di pochi, a cui è ripugnante che si sbarrino colla violenza al popolo lavoratore le vie delle conquiste civili. Gli è perciò che il partito socialista ha cinto oggi di gramaglie la sua fiammeggiante bandiera. Cavallotti è caduto; caduto da forte, com'egli forse si augurava, per un atto di generosità delicato. Morte degna della vita. Ma intorno al feretro dei forti, dei lottatori come lui, non è da levare il lamento vano, sl bene il grido virile della battaglia in cui ancora viva e ancora combatta lo spirito dell'estinto. A uua grande eroica battaglia il nostro estinto aveva consacrati gli nltimi anni della sua vita ; alla battaglia contro il dditto trionfante, contro la corruzione invadente, contro gli sfruttatori della rivoluzione italiana, çontro i parassiti della terza Italia.
lii\ IST-\ l'Cll'Ol.,\HI( Ili l'OLJTICA LETTEIIE E SCIEJ\ZJ•: SOCl.-\1.1 Ebbene : il partito socialista non crede di poter dare migliore tributo alla memoria di Felice Cavalletti che promettendo a sè ~tesso di far sua quella battaglia e di consacrarle le sue giovani forze E quanti sono sinceri e intelligenti dei" partiti borghesi pensino, per conto loro, a stornare il triste augurio simboleg-giato dalla morte di Felice Cavalletti. La spada di un conservatore a oltranza lo ha ucciso! badi la borghesia italiana che quella spada non abbia trafitto a morte anche le ultime sue idealità. E il Don C/Jisciotle del 7 marzo : Cavallot{i è mor1o ! Felice Cavalletti è morto. É morto come av.eva vissuto: combattendo per la giustizia e per l'onore. É morto come a\'eva operato, pensato, sperato: da cavaliere. Cavaliere e poeta era per temperamento, negli impeti della fibra gagliarda, nella bontà dell'anima ripiena di delicatezze gentili. E però egli era tra i nostri uomini politici quegli che portava intorno a se più viva la fiamma di un alto ideale, ideale di energia fisica e morale, di giustizia, di fede. Ed era quella la sua forza, la forza che lo rendeva superiore agli altri perchè più amato e conduceva intorno a sè la moltitudine, trascinata principalmente dal cuore : egli credeva. Credeva alla libertà, alla rettitudinr, ali' ingegno, al diritto, alla bontà umana. In questi anni tristi di decadimento aveva lanciato il grido delle rivendicazioni morali che non era sfogo di vendetta contro una persona o contro persone, ma sintesi del suo concepimento della vita pubblica e privata. Perchè qnesfuomo che ha avuto cultura \'era, successi inebrianti guadagnati dal suo ingegno, che nel giornalismo è stato un maestro, che nel Parlamento ha esercitato un'a.ione costante, potente dal primo giorno che vi entrò - quasi trent'anni sono - è vissuto sempre povero. Ed era povero principalmente puchè sentiva che chi ha dai sucoi concittadini un ufficio altissimo, chi può sentire l'ambizione di fare del bene, non ha più il diritto di pensare e di provvedere a sè. La sua occupazione era la patria, per renderla meno infelice e migliore. Però, egli che concepiva così la vita, sentiva spontaneamente la necessità di purificare l'esistenza morale del suo paese. E vi aveva dedicato i migliori anni e la maggior forza della vita. Perchè, Iintracciata comunque, nei giorni lontani t! oscuri, la vita di quel grande lavorat >re che in cinquantacinque anni non ha mai avuto un'ora di riposo, che è passato dal giornalismo al carcere, dal teatro all'esilio, dal Parlamento alle opere più sante di carità, che è stato minaccioso e minacciato, che si è offerto alla morte in trenta duelli, che ha iniziato le polemiche più terribili e sostenuto sereno le diffamazioni più perfide, questo lavoratore inflessibile, che si era non si sa quando accumulata una erudizione formidabile, ch'era divenuto, per volontà sua, a furia di per;everanza, il maggior oratore italiano, che aveva rO\'esciato molti l\lini;teri e non aveva mai voluto appartenere ad alcuno, questo lavoratore così vario, cosi assiduo, pas;ato per tante fortune, ha avuto un solo ~copo, un metodo unico davanti a sè : quello della giustizia con'luistata colla fede, colla ostinazione, col coraggio. Ed era ormai, dopo tanti anni di fatiche, di sofferenze, di nobile e feconda attività giunto al culmine della carriera cui aspirava non per volgarità di ambizione ma per la natura sua, perchè era fatto così. Egli raccoglieva nell'autorità che ornai esercitava indiscussa il premio del lungo lavoro, in cui a\·eva spesa tanta abbondanza di cuore. Noi che l'amavamo, che l'amiamo perchè il ricordo di lui troppo e troppo lungamente avremo presente, sentiamo ancora la sua parola, così vivida e calJa nella espansione dell'entusiasmo, narrarci i disegni maturati, le speranze che era andato tesoreggiando, non per sè, ma per l'Italia. Sono due sere che ci narrava commosso, una gi0rnata trascorsa col figlio suo, il giovanetto cui dedicava affett;, sacrifizi, la più gelosa parte di sè. Ed è morto! Morto, in quella piena maturità dell'ingegno ·e dell'anima, morto quando più sarebbe stata benefica la operosità sua; morto quando l'avvenire sembrava non gli riserbasse più altri fieri, immeritati contrasti. Felice Cavallotti è morto. Con che schianto queste parole che ci pare impossibile di dover scrivere si ripercuoteranno per le terre e per gli animi d'Italia. Tutti noi perdiamo qualche cosa di buono eh' è in noi, ci è portato, schiantato via. Oh doloroso giorno per la patria ! Cavalloni è morto! DoN CmsCIOTTE. I PRECURSORI DELLO ZOLA li caso Zola ha dei precedenti? A. Morandotti, in queste stesse colonne, ha notato con acuttzza e sobrietà le vere e profonde ragioni, che determinarono il contegn~ dd popolo francese nel caso recente. Noi oggi, più modestamente, se non più brevemente, vogliamo indagarne qualcuna fra qudle che determinarono, psicologicamente parlando, il contegno dello Zola. Belacq11a, nella Illuslrazio11eJlal-iana del 30 Gennaio scorso, ha ravvicinato lo Zola al Voltaire citando poche righe dello Stendhal. li Voltaire infatti, sotto il regno di Luigi XV, difese, prima il generale Lally, poi il celebre Calas. Col secondo fu più fortunato che col primo, e ottenne di esso ciò che oggi dicesi la riabilita,ione.... postuma. Ma v' è un esempio più recente, che forse entrò per non poco nel decidere lo Zola a quell'attitudine eroica di fronte al governo del suo paese ; v'è forse un nome, oltre a quello del Voltaire, cui merita di esser ra vvicinato quello dello Zola, senza tema di perdere nel confronto.
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