Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 16 - 28 febbraio 1898

RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI Bollo che erano serbate al nascituro Istituto di smobilizzazione si aggiungono altre riduzioni nella tassa di circolazione, la facoltà di impirgare la ma5sima parte delle pretese smobilizzazioni in titoli di Stato e buoni del Tesoro convertibili in un credito definitivo verso il Tesoro al 3,50 per ¼, il mantenimento della riserva metallica in effetti esteri che malgrado ogni limitazione può colla scorta di tanti cattivi precedenti temersi che dia luogo alla fuga dei costosi residui del prestito per l'abolizione del corso forzoso, il cui prodotto pas~ò con così cieca correntezza dalle casse dello Stato in quelle delle Banche. Infine l'incredibile concessione di un prolungamento di ro anni della facoltà dell'emissione consentita dalla legge ro agosto 1893, fino al 31 dicembre 1913. Nessuno degli oratori a questo proposito ha avvertito l'enorme differenza delle circostanze che corrono tra le due epoche del rinnuovo cioè e dell'aumento attuale del privilegio Al 1893 non si era ancora tornati al corso forzoso e qualcuno sperava di potere evitarlo. Le azioni costavano tre o quattrocento lire sopra la pari, tanto che vi fu chi propose, e non per facezia, di disporre degli utili resultanti dalla emissione di altre circa 30,000 azioni per migliorare le condizioni della Banca stessa. 'È vero che la triste realtà non tardò a manifestarsi e ben se ne accorsero gli Azionisti che accettarono il cattivo dono, e più di tutti gli Azionisti delle Banche toscane che non si affrettarono a vendere i titoli a, uti in cambio di quelli assai solidi di cui incautamente si lasciarono spogliare. Ma infine la legge del 1893 per quanto cattiva, conteneva delle condizioni che avrebbero potuto darci, o un miglioramento effettivo nella solidità dell'Istituto o la decadenza da un privilegio cosi poco giustificato. Invece oggi che la Banca ci ha costretto a ristabilire il corso forzoso, oggi che alle concessioni deIla legge del 1893 si sono aggiunte quelle dell'on. Sonnino e infine queste dell'on. Luzz1tti, oggi che è sempre più accertato che questo disordine bancario pesa durissimamente su tutto il nostro organismo economico, oggi si trova un Ministro che propone l'aumento d'un termine già abbastanza lungo d'un . privilegio che fu concesso quando il corso forzoso non c'era e tutto era diretto a scongiurarne il ritorno. L'on. Wollemborg citò, bene a proposito la enorme disparità di trattamento tra i due paesi di qua e di là dal Cenisio. Alla Banca di Francia che è la più perfetta antitesi della Banca d'Italia, la cui solidità proverbiale non si smentisce da circa un secolo e attraverso le :iiù terribili vicende, che non ha mai trasgredito le leggi e le buone norme economiche, che ha reso immensi st:rvizì allo Stato e agevolato tutti i progressi economici del Raese, che infine mantiene lo sconto al più basso prezzo d;l mondo, si è concesso appena un quindicennio di pro,oga del privilegio poichè al 3r decembre 1912. la concessione può essere denunziata. Quanto alla Banca t<:desca pure meravigliosamente organizzata può il Governo imperiale riscattarla pagando il premio del ro per 100 sulle Azioni benchè facciano un premio elevatissimo sul mercato. Tra noi invece con 400 milioni d'immobilizzazioni, col portafoglio ridotto a 200 milioni, se:iz'altro correspettivo all'enorme concessioné che la continuazione dei più indebiti sacrific ì, tra cui massimo quello di rincarare anziché diminuire il prezzo del denaro, alla produzione nazionale si osa portare undici anni più in là cotesto privilegio che non può concepirsi che a favore d'Istituti che adempiano ai proprl impegni e il cui credito sia uguale o superiore a quello dello Stato. Tal' è invero quello della Banca di Francia, come luminosamente lo provò nel!' année terrible, come lo prova anche adesso mantenendo lo sconto al di sotto del saggio a cui trova denaro lo Stato. Tra noi invece la Banca pretende impiegare il denaro ad un saggio a cui lo Stato non potrebbe accettarlo. VI. Basterebbe un tal fatto per confermare ancora una volta che nella mente dei nostri uomini di Governo e dei nostri deputati, se la più gran parte di essi può dirsi che abbia un concetto nell'argomento, la Banca è fatta per gli azionisti e noo per il paese. Certo le nostre leggi del 1860 a oggi, prima ebbero per obbiettivo di assicurarci una Banca forte per i lauti dividendi, non gia per l'altezza del credito e per la correttezza dei suoi affari, poi l'unico intento di restaurare un capitale perduto in operazioni inconsulte ed illegittime come quelle della bisca edilizia. A questo proposito avremmo sperato che le inchieste del 1893, e anche i fatti successivi, rendessero impossibili le giustificazioni di cotesti abusi girandone tutta la colpa dagli amministratori al Governo. Ma gli on. Quintieri e Casana, sai vo altri, fecero anche in questa discussione risuonare cotesta nota più che sbag!i.i.ta, e non vi fu chi ricordò loro come il Banco di Napoli resistesse alle pressioni dell'on. Crispi per i salvataggi edilizi, e che se la Banca Nazionale si affrettò a cedere fu perché tra i più potenti dei suoi amministratori figuravano i gros bonnets della speculazione edilizia, un solo dei quali, il Geisser, potè accollarle 28 milioni di coteste folli operazioni. Certo con la tutela così assorbente del Governo, col Direttore Generale sempre dispotico di fronte agli azionisti, ma ridotto nulla più che un capo ufficio di fronte al Ministro del Tesoro, le resistènze possibili fino a 4 o 5 anni fa, oggi noi sarebbero più. Ma possono esserne contenti coloro che attribuiscoono ogni colpa al Governo? Ma a costoro basterà che tutte le cure del Governo sieno oggi rivolte al ricupero del capitale bancario che non seppe sottrarre alla rovina, mentre non cura affatto di assicurare menomamente al paese quei grandi servigì che esso deve attendersi da un Istituto di Emissione. E la prova migliore, ossia, più dolorosa, e lo sconto inchiodato al 5 per 100 pur di mantenere nominalmente poche centinaia di mila lire di più, poichè cosi poco concede l'esile portafoglio, a pro del dividendo supremo desideratum non pure degli azionisti ma del Governo. Però, se io avessi potuto parlare, avrei chiesto al Ministro se crede che un saggio di sconto cosi sproporzionato anche al mercato italiano sia ciò che di meglio possa immaginarsi, anche per l'utile della Banca. Chi non intende infatti che essa così si assicura la permanenza di quella cattiva clientela che dagli impieghi diretti al tempo della speculazione sui valori mobiliari la condusse alle cambiali di pietra, quando a cotesta speculazione successe quella più disastrosa dei valori edilizi? Ma se, nella parte economicamente più vigorosa d'Italia, la Banca è quasi sola a pagare le conseguenze di simili aberrazioni, esse pro-

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