Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 16 - 28 febbraio 1898

'!04 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI dusse altri resultati nel paese e, cioè: spinse i soldati a frequentare i ricreatori clericali; gli studenti universitari a gridare Viva i! Papa-re I; discreditò il patriottismo; fece venir meno il sentimento unitario; fece proclamare in Parlamento, senza protesta, il fallimento delle istituzioni ..... Ma le istituzioni sono responsabili degli errori e delle colpè degli uomini? Questo risponde !'on. Di Rudini al terribile atto di accusa che la storia, nemesi inesorabile, redige contro i governanti di Italia; e questa risposta merita speciale disamina, che faremo un altra volta. 11/ol/i amici di Firenze ci pregano di pubblicare il discorso pro11uw;;iato nella sede di qnell'Associa::;ione democratica, la sera del 13 Ji'ebbrnio0 commemorando la Repubblica romana del 1849. Siamo dolenti di non poterli conteutm·e per due motivi: 1° pere/tè il discorso non venne raccolto e l'oratore non conserva alcun appunto ; 2° perchè il Fisco di Roma non permetterebbe la pubblicazione di un solo brano del medesimo. LAFAMIENSICILIA L'eco delle fucilate con cui a Modica e Troina è stato risposto dalla forza pubblica al ?rido popolare di pane e lavoro, si è ripercossa dolorosamente, in tutto il paese. Ma per poco che la calma, una calma relativa sussegua e perduri per qualche settimana, il silenzio e l'oblio tarneranno a pesare sulle povere plebi tormentate dalla fame. Il verde primaverile cancellerà le traccie del sangue ,·ersato e qualche ballo di bendìcenza in favore degli orfani delle povere vittime riassumera la previggenza,. la coscienza e la fraternità delle classi dirigenti, vt'rso i diseredati della convivenza sociale. È triste, ma è cosi. Una tabe lenta e crudele logora fibra· a fibra l'organismo del paese. Al disfacimento delle vecchie energie economiche fanno riscontro l'atonia crescente della vita politica, il dissolvimento dei legami morali. Tutto un mondo che tramonta in un occaso le cui nubi, imporporate di lagrime e di sangue, fanno pensare trepidanti al domani. Quale spaventevole delusione! Dopo trentasette anni di vita n:izionale, ec.:o laggiù tutto un popolo, balzno fuori dalla nottt:: del sc:rvaggio con l'anima ebbr:i d' iJe~!i, fremente di vita, che si dibatte nella miseriJ e ncll' impotcn7.:i sotto il lembo più caldo e pii\ puro del cielo d' Italia, in una terra esuberante di latenti energie, dinanzi a una cintura marina che lo invita alla gar.~ feconda degli scambi internazionali. Sono scorsi 37 anni, e il latifondo è ancora laggiù signore ed arbitro della proprietà terriera con le sue tri,ti solitudini e le sue plaghe malariche, mentre una plebe di lavoratori ~i addensa intri5tita nei centri urbani, chiedèndo pane e lavoro. Sono scorsi 37 anni, e là dove la luce dei tempi nuovi avrebbe dovuto irradiare gl' intelletti e le coscienze, l'analfabetismo e l'ignoranza regnano :incora sovrani. Sono scorsi 37 anni e quelle masse popolari che avevano saputo spezzare, come fragile vetro, i ferrei ceppi del Borbone, sono condannate a subire, impotenti, le multiformi catene delle oligarchie locali che le slruttano materialmente e moralmente. Di quando in quando un lampo solca l'orizzonte: poi le tenebre si rifanno più fitte. Chi si occupa e si preoccupa di tutto ciò? Qu:ilche interpellanza in Parlamento, qualche subitaneo provvedimento di governo atto a lenire i bisogni più immediati ed urgenti, qualche articolo di giornale, e nulla più. E quando l'eco delle fucilate sveglia i dormienti, ciascuno pensa a scaricare sugli altri la re~ponsabilità delle colpe comuni, della comune indifferenza. La stampa, l'opinione pubblica che si esalta, si agita dinanzi ad un processo clamoroso d'oltr'Alpe, non ha tempo di studiare, dianalizzare i drammi terribili che si svolgono in casa propria; di fulminare le ingiustizie tremende, gli sfruttamenti quotidiani ehe si perpetrano impunemente sulle nostre classi lavoratrici. Qual meraviglia che in tanta viltà di uomini e di tempi, la fiacchezza del Governo nel provvedere rispecchi quest'ambiente viziato e flacido in cui, come in una morta gora tutto avvizzisce e tutto è miasma? « E pure il mondo si è commosso al duello che in una grande nazione in questi giorni si è combattuto tra la politica e la giustizia. Sono forse le nostre plebi meno infelici del capitano condannato ? A difendere quel capitano si è levato un grande artista, che lo ha strappato ai giudici e lo ha consegnato alla storia; a difendere le plebi, se i vostri provvedimenti saranno pigri, si leveranno esse, e dove le menerà l'ira, ivi sarà tribunale ed espiaz10ne. >> Queste ispirate parole che Giovanni Bovio dirigeva in piena Camera agli uomini del Governo, interpellando sui casi di Sicilia, sono un monito solenne che merita Ji e~ser rivolco ugualmente alla stampa e alle classi dirigenti del nostro paese. On. EDOARDO PANTANO.

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