Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 15 - 15 febbraio 1898

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIBNZESOCIALI infortuni in esse sono moltissimi, e questo era gi:I.stato scontato coll'aumento dei salari. Se ora si aggiungeva il grave aumento dei premi di assicoraziom,,non si sarebbe potuto andare avanti. - Ma il Chamberlainrispondeva che secondo i calcoli fatti dal Governo, l'aumento dei premi sarebbe stato di uno per cento sui salari, e questo aumento era assai inferiore alle consueteoscillazionidei prezzi del carbone, che l'industria aveva semprepotuto sostenere. E finalmente concludevache un'industria la quale non avesse potuto io Inghilterra sopportarel'aumento di uno per cento sui salari, per compiere ciò che veniva ritenuto da tutti un'atto di giustizia e un dovere dell'industriale, era meglio che non esistesse. PASQUALE V1L1.ARI - (dalla Nuovn A11tologin - Anno33°, fase. 627 - 1° febbr.'98). Intorno alprocesso Z la Pnrigi, ro. S' incontrano nei dintorni del Palazzo di Giustizia degli individui a gruppetti e anche i~olati, placidi in vista, che se ne vanno innanzi e indietro cantarellando: compue::;Zola. Ora è venuto di moda cantarlo sull'aria del Q11a11t' è bello Nicolà. Povera, nostra vecchia canzone napoletana, che fine miseranda! Fra quei cantori che nei momenti più calmi, tra le due e le quattro, par che si esercitino a conspuer a mezza voce per la prossima uscita, ce n' è di pagati: cinque lire secondo alcuni, cinque lire e la colazione secondo altri. È un bel salario, o lavoratori d'Italia! Ma il grossù della folla che s'assiepa alle cicque per la fine dell'udienza è pt:ggio che pagata ; essa è vergognosamente in buona fede. E s'intende quando si assista 2i quotidiani assalti di cocesta foll;i in cui l'avvocato fraternizza col cocchiere per gridar canaglia e morte allo Zola, e· lo vuol buttare nella Senna, s'intende, dico, quel signore che ieri nei corridoi si avvicinò a capo scoperto all'accmato e gli disse semplicemente: -- Signor Zo!a, voi siete sublime. Iersera l'udienza si prolungava, e la folla s'impazientiva, fuori. Dalla sala delle Assise si udivano le grida confuse che poi d nnnero canto spiegato: la Marsigliese! Nell'aula cominciava a far buio; parlava Trarieux, l'ex-ministro della giustizia. Osservavo i giurati. La sorte ha escluso dal giurì di Emilio Zob ogni elemento iPtellettuale. Tutti questi cittadini giurati escono dalla classe dei commercianti; grmse faccie di marchand de vin (personaggio politico importante, peraltro, il 111arcba11d de vin in tempo di dezioni) si tendevano \·erso il t<'ste-arringatore nello sforrn di seguire l'argomen• tazione. Poveri giurati. Avevano sentito un'ora innanzi le deposizioni di due o tre generali affermanti, di loro occulta scienza, la colpevolezza di Dreyfus ; ora sentivano un ex-ministro della Giu st1z1a e senatore affermarne l'innocenza; il rispetto che per l'autorità, che è profondo in ogni francese, passava Cl'rto un atroce quarto d'ora di dubbi nella loro coscienza mal desta di lettori del Pelit ]011rnal. Crederanno all'ex-ministro della guerra Mercier o all'ex-ministro della giustizia Trarieux? Quanto a prove non è da parlarne; 11 presidente esclude tutto ciò che si riferisce a Dreyfus, e i generali venuti a deporre dietro intimazione della Corte - ed è parsa un'audacia ! - se ne vendicano col segreto professionale, con la ragione di stato e perfino col segreto famigliare! Dalla parte di Zola - qualcuno aveva creduto fino a questi ultimi giorni a non si sa quale rivelazione improvvisa, quale parola decisiva. Per molti, il modo come s'è formata la convinzione di Zola e de' suoi amici, è rimasto un mistero; orbene, questa convinzione s'è formata su quei fatti, su quegli indizi che tutti conoscono, poichè da tre mesi corrono i giornali. La convinzione passionale di Zola è tutta :n quel ]' acmse, nel quale la po• tenza costruttiva dello scrittore guidata e illuminata all'improvviso da un ~enso come di veggente ha coordinato quegli indizi in un terribile atto di accusa. Il processo doveva esserne la documentazione innanzi ai giurati; ma tutto era già detto. Ed è curioso lo spettacolo di tant:i gente che al finire di ogni testimonianza si mette a gridare: - E nulla ancora! cose dette e ridette ! la prova, dateci la prova. Oh coscienze serene, incallite nel rispetto della cosa giudicata dai soldati a porte chiuse, la prova per gli amici di Dreyfus è in quello che vi ha lasci,,to impassibili, quando fu detto; per le coscienze non parteggianti, ma di pelle delicata, quello non è cerco ancor., la prova, ma è quanto basta a imporre la revisione. Chi non ha sentito subito, irresistibilmente, questa necessità civile, non la sentirà al processo. Ma appunto il non avere la maggioranza dei francesi sentita cotesta necessiti pare a noi la cosa più grave in tutta questa faccenda. Questa ostinazione che essi hanno messo a non vedere, a non sentire; e a ricercare le ragioni di un bisogno di giustizia in sentimenti tutti ignobili o lontani dalla pura idea di giustizia, è addirittura un indizio di disfacimento morale. Hanno seguitato per tre mesi a sballottarsi le ingiurie di razza e di religione oltre a quelle ddb venalità; seguitano ancora; oggi un 6 iornale intimava all'an. Labari (un nome italiano ahimè!) di smentire, se lo può, ch'egli ha per moglie una israeli1a inglese e ha un parente in

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