Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 15 - 15 febbraio 1898

'I RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Ma tali osservazioni non restano senza risposta. E prima di tutto, quanto alla quistione teorica, rispose il Bo:liker, presidente autorevolissimo dell'ufficio d'assicurazione in Germania. « A noi » egli diceva « importa poco l'accusa di socialismo di Stato che è fatt:l alla legge. Le si dia pure il nome che si vuole, Noi sosteniamo solamente che essa è una legge giusta ed utile, E soste• niamo che in un paese veramente civile, la prosperità e la forza delle classi superiori si deve fondare sulla prosperità e sulla forza delle classi inferiori, che questo è il primo dovere dello Stato moderno ». li ministro Chamberlain, nel presentare alla Camera dei Comuni il bili sugl'infortuni, diceva anch'esso, il 3 maggio 1887: « Noi sappiamo bene che esso è esposto a molte critiche, specialmente teoriche; ma ve lo raccomandiamo solo come praticamente utile, pei buoni risultati che ha dati altrove. » Quanto all'accusa d'intervento dello Stato, egli rispondeva ai suoi avversari : « La vostra è ormai una dottrina vecchia e sfatata, respinta da tutta quanta la nostra legislazione nella seconda metà di questo secolo. Voi parlate d'un'lnghilterra che più non esiste, troppo diversa da quella d'oggi. » Ma respinte le accuse teoriche restano pur sempre i fatti, quali risultano dalle accennate statistiche. Se non che tutti sanno come nelle statistiche ogni cosa dipenda dal modo d'interpretarle. Bisogna cominciare dal tener presente che gl'infortuni sono negli ultimi tempi andati aumentando in ogni paese, dove c'è e dove non c'è la nuova legge, come necessaria conseguenza del progresso industriale, dell'uso sempre crescente di macchine sempre più potenti e complicate. Nella quarta sessione del Conseil dtt travail a Bruxelles (1896-97) il consigliere Levie osservava, che quando esso, nel 1873, entrò la prima volta nei tribunali, non si sentiva parlare d'infortuni del lavoro « i quali sono adesso » egli diceva « divenuti uno dei più grossi e continui affari nei tribunali del Belgio » dove non c'è ancora una legge sull'infortunio. - È anzi questo aumento continuo che indusse a riconoscere in Germania ed altrove la necessità di una legge. . Gl'infortuni industriali, pei quali fu pagata l'indennità in Germania, erano da 4, 14 nel 1887, saliti nel 1893 a 6,20 e nel 1894 a 6,43 ; quelli d'essi che furono seguiti da morte, scesero da 0,77 nel 1887 a 0,67 nel 1892, 0,71 nel 1893, a 0,67 net 1884. Quelli seguiti da incapacità totale, permanente, scesero da 0,73 a 0,30, a 0,27 a 0,30. Invece quelli seguiti da incapacita parziale permanente salirono da 2,11 nel 1887, o 3,90 nel 1893, a 4,22 nel 1894. Quelli d'incapacit:i. transitoria salirono da 0,53 nel 1887 a 1,19 nel 1892, e 1,31 nel 1893, a 1,35 nel 1894. Crebbero dunque non poco le denunzie d'infortuni più o meno leggieri ; scemarono invece alquanto (il che non è poco nel crescente progresso dell'industria) i casi gravi di infortunio, seguiti da incapacità permanente o da morte. Nè questo segui solo in Germania, ma anche altrove. E i membri del Parlamento inglese, come il Chamberlain e Sir Charles Dilke, che esaminarono personalmente la questione, dichiararono ai loro colleghi di essersi pienamente convinti di ciò che si affermava dall'Ufficio di assicurazione in Germania. E, del resto, sarebbe egli mai possibile, che se davvero la legge avesse prodotto colà un grande aumento d'infortuni, nessuno se ne avvedesse, nessuno se ne dolesse? - Rimane però la questione dell'aggravio all'industria, e quello anche dell'aumento delle liti. . Non si può invece negare che l'aggravio pecuniario sulla industria esista eJ in larga misura, specialmente se ai milioni che si pagano per gl'infortuni, si u::iiscono quelli per la vecchiaia e per le malattie, ai quali però contribuisce anche l'operaio. Ma quale è stata praticamente la conseguenza di tutto ciò? Che giammai la prosperità industriale della Germania fu così grande come ora. Essa continua a progredire meravigliosamente, e per la prima volta nella storia del mondo minaccia la stessa Inghilterra, la quale è già assai impensierita dal •;edere i prodotti dell'industria tedesca venire a farle in casa propria una concorrenza sempre maggiore. Nella quarta Sezione ( 1896-97) del Consiglio Superiore del lavoro del Belgio, il consigliere Prims diceva: « In dieci anni la Germania ha pagato 193 milioni per le assicurazioni contro gl'infortuni, 100 milioni per la vecchiaia, 757 milioni per le malattie. In tutto 1050 milioni di franchi, dei quali poco meno della metà furono pagati dagli industriali, giacchè per la vecchiaia e le malattie contribuiscono gli operai e lo Stato. Ma che cosa ha fatto in questo mezzo l'industria tedesca? È quella che ha progredito più di tutte. Dal 1871 al I 894 il prodotto delle miniere è salito da 314 a 700 milioni. E così nel resto. Nel 1896 le colonie inglesi comprarono per 88 milioni di marchi di prodotti tededchi. Nel Brasile, Giappone, Stati Uniti, Argentina, Transvaal e Russia i prodotti tedeschi sono spesso preferiti agl'inglesi. » Non occorre del resto insistervi, ne ricorrere ad autorità straniere, quanlo il fatto è assai notorio, pubblicamente riconosciuto dalll stessa stampa inglese. Tutti sannu il rumore che levò recentemente il libro col titolo: :Made in Germany. . Resistevano però generalmente i paesi latini, massime la Francia, e più ancora l'Italia, la quale assai spesso imita la Francia, e, come già dicemmo, ha sempre avuto ripugnanza a tutte quante le leggi sociali. Quelle sugli infortuni è stata perciò lungamente rimandata da Erode a Pilato. Nè c'è da maravigliarsene. Sino dai tempi dell'Impero romano la nostra società si fondò sulla oppressione delle classi povere. La campagna era coltivata da schiavi o coloni che poco ne differivano. Anche l'industria era affidata a schiavi. A tempo delle floride repubbliche medioevali, tutti i contadini restarono esclusi da ogni partecipazione alla vita politica, non ebbero mai la cittadinanza. E sebbene fossero repubbliche affatto industriali e commerciali, pure es~e furono in sostanza sempre governate da un'oligarchia. La moltitudine degli operai, i Ciompi, non pigliarono parte alla vita politica, non ebbero mai la vera e piena cittadinanza, riservata sempre a pochi. Questa anzi é la principale ragione per la quale, una dopo l'altra, videro dal proprio seno sorgere inesorabilmente i tiranni. Erano città dominate da un piccolo numero di liberi cittadini, che opprimevano

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