270 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI ferrar l'anima fuggitiva, che essi immaginano in forma di farfalla. Il signor R. Salvado nelle sue Memorie storiche sul 'Australia (1) dice che gli abitanti di quel paese credono che l'anima sia immortale, e che, alla morte di uno di loro, passa nel corpo di un altro, o che rimane lamentevolmente cantando a svolazzar su per gli alberi. « Ho molte volte osservato, aggiunge quel viaggiatore, levarsi, nelle ore notturne, qualche donna australian:l, alla quale da qualche poco era morto alcun suo figliuolo, e mettersi a correre sola nei boschi per avere inteso il melanconico canto cli qualche uccello notturno, che essa credeva infallibilmente l'anima di suo figlio. Lo chiamava a nome, con parole carezzevoli, l'invitava ad andare a casa. Perdendosi in queste pazzie di madre per ore ed ore ~i dilungava di parecchie miglia dalla capanna ». li padre G. B. Clicteur, missionario del Michigam e segretario del vescovo di Cincinnati, scriveva dall'AlberoBistorto a Monsignor E. Fenwick che i selvaggi Ottawas da lui studiati credono che, se non si dèsse da mangiare ai morti, le loro anime diverrebbero magre così da potere essere ridotte in polvere alla menoma scalfittura (2). La credt:nza che l'anima, dopo morte, rimanga in terra è comune in molti popoli selvaggi. li missionario padre Ignazio Chomè scriveva(3) da Tarija, ai 3 ottobre r8 3 s, la notizia seguente, a proposito delle credenze dei Chiriguani del Paraguay: « I Chiriguani credono « ali' immortalità, dell'anima, ma senza sapere ciò che « avviene d'essa dopo morte, immaginandosi che nel- « l'uscire dal corpo, vada errante in fra i rovi dei bo- « schi che sono dintorno alle loro borgate, e vanno ogni « giorno cercandola, finchè si stancano e l'abbandonano». Presso i popoli dell'Asia settentrionale, regna la credenza che le anime di coloro i quali non han ricevuto sepoltura stanno sempre librate nell'aria attorno al loro cadavere abbandonato. Gli Irochesi poi credono che l'anima rimanga per qualche tempo presso al wrpo dal quale è uscita, e pensano che, sino a quando le cerimonie funebri non sieno terminate, dovrà errare miseramente per la terrà (4). Quantunque convinti della immortalità dell'anima, gli Araucani poi, a quel che ne dice il missionario padre Poggi (5), hanno della vita futura le più rozze idee che si possano immaginare. Quei selvaggi non sanno concepire tal vita senza il godimento di quei medesimi piaceri da cui furono allettati qua in terra. Per i Natcher della Luigiana, infatti, il re continua nella sua ultima carica, anche nell'altro mondo, e quanti eran suoi parenti vanno a raggiungerlo, dopo morte, nel sole (6). L'anima, separata dal corpo, possiede, secondo l'opinione di alcuni selvaggi, gli stessi dt:sideri, gli stessi vizi, le stesse passioni avute mentre al corpo era unita. Questa idea è confermata dal missionario, padre Gagniere (7), il quale, parlando dei selvaggi della Nuova Caledonia, dice che, quantunque credano ad una vita futura, « il soggiorno che essi attribuiscono alle anime « dei defunti e la nuova vita che essi fanno condurre a « quelle anime han molta attinenza ai gusti affatto « materiali delle razze primitive u. Data questa grossolana concezione della vita avvenire, è conseguenza legittima per i selvaggi che tutto quel che appartiene a un uomo sia deposto nel suo sepolcro, appena egli muore, perchè possa servirsene nell'altro mondo. Gli abitanti d'Abbeokuta (8) svenano sul sepolcro dei (1) Pag. 228. Napoli 1852. (2) Annali op. cit. 1832. p. 432, (3) Scelta di Lettere Edificanti. Voi. XIV. pag. 250. Milano 1828. (4) L. H. Morgan. Leatue of the Iroquois. p. 174. cit. da Marillier; p. 29. (5) Ree: des voy: au Nord. Voi. V. p. 23. (6) Armali op. cit. Anno 1852; p. 7. (7) Annali op. cit. Anno 1860; p. 438. (8) G. B. Scala- Memorie intorno ad un viaggio in Abbeokuta; Sampierdarena, 1862; p. 175. loro capi quanti più schiavi possono, perchè vadano a servirli nell'altra vita; e gli sacrificano anche molte donne. E naturale: una castità eterna non potrebbe esser gradita i? un paradiso di gente poco platonica quale è la selvaggia. Nè basta : quei poveri africani gettano nella fossa aperta, oltre agli oggetti che i loro capi prediligevano, molti cibi e molte stoffe. L'uso di dare ai morti l'anima delle cose è proprio generale. Gli abitanti ddl' isola di Katia in Oceania, non solamente bruciano, a sacrifizio all'estinto, tutto quello che egh possedeva; ma distruggono le piantagioni da lui fatte, specie le palme di cocco, senza darsi pensiero alcuno dei figli dell'estinto, che, per tale follia, rimangono spesso nella più squallida miseria ( r ). I selvaggi ctell~ nve ~el_fiume. Albani, nel golfo di Udson (2) seppelhscono ms1eme a1 loro morti l'arco, le frecce e la pipa. 1 Sosomj della parte meridionale dell'Oregon, soprannominati anche Serpenti, gettano dentr.:>la piramide t:merana m cui bruciano i cadaveri dei capi, i migliori destieri, nella fede che, di tra le fiamme del rogo, elevandosi le an_imedegli estinti trovino, per esser portati al paese degli spiriti le ombre dei cavalli bruciati. E perche tali ombre prendano subito il craloppo, i guerrieri delle tnbù prtsenti al funerale, alzano spaventevoli urli. Gli stessi Sosomj non bruciano talora il cadavere; ma lo legano, armato come in giorno di battaglia su di un bel cavallo che essi spingono a frecciate a un fiume dove lo sommergono (3). I selvaggi Pottowatomy di America (4) offrono ai loro morti, oltre agli arnesi da caccia, tabacco, zucchero, carne secca e grano. Le anime insomma nell'altro mondo fumano, mangiano, vanno •a cavallo, tirano colpi di freccia e colpi di archibugio, si permettono d'alzar il piede alla danza e di fornicare smanco. E la semplicità dell'anima? Oh, le sonore risate che fece un negro d'Australia quando un amico del Lang (S) voleva spiegargli l'idea dell'anima ! Quelle risate provano che a certe astrattezze la mente umana non perviene che molto tardi. Seguitiamo. Nella storia della prima evoluzione del conct:tto dell'anima non ne abbiamo nemmeno in germe' unito al sogno dell' immortalità, l'idea d'un eterno compenso o d'un eterno castigo conseguentemente d'una vita di prova. Per le razze davvero seivagge il regno dei morti non è ancora diviso in luogo di pena e in luogo di godimento. Tutte le anime buone o cattive, lasciando la terra, si avviano alla stessa isola, alla stessa prateria, alla medesima plaga di cielo. Labe di peccato o vanto di azioni meritorie non possono deviarle dal loro comune destino. Bisocrna che un popolo sia molto innanzi nelle idee di moralità, perchè della delinquenza e della virtù immagini castighi o premi ultramondani. Alla prima concezione d'un paese degli spiriti gli uomini furono guidati dal desiderio di sopravvivere, spaventati dall'idea del nulla eterno, piuttosto che da religioso sentimento di moralità. Nell'inferno dei Taitiani (6), che si chiama Tiahoboo, non ci vanno i maligni, ma i poveri. Quei popoli sono convinti che le azioni della vita non possono avere influenza buona o cattiva sul loro stato futuro; sicchè nel loro paradiso, il Tavirna l'erai, ci mandano i capi e le persone cospicue. Ma non anticipiamo. Delle diverse credenze sul paradiso e sull'inferno parleremo in un altro articolo. Per ora parliamo del paese delle anime. Il J(alunua è il luogo dove gli africani del Kimbumba, a sud-ovest" del continente nero, pensano che si rechino le anime dopo morte. Vi si trova grande abbondanza di (1) An11ali op. cit. Anno 1873; p. 135. (2) A11nali op. cit. Anno 1851; p. 207" (3) Annali op. cit. Anno 1842; p. 46. ,4) .Auuuli op. cit. A uno 1839; p. 486. (5) Op. cit. p. 31. (6) Cook - Round t/,r world, in Voy: di Hawkesworth; voi. 2. p. 2 39· 1 I
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