Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 13 - 15 gennaio 1898

RIVIST-PAOPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI Direttore : Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARLAMENTO 1TALIA: anno lire &; semestre lire 8 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato : Cent. 20. Anno lii. - N.13 A66onamentopanale Roma15Gennaiot898 SOMMARIO LA Rrv!sTA - La grande battaglia del lavoro. AcHil.LE LoRIA - La questione sociale innanzi agli statistici parigini. ADOLFOWAGNER- Socialismo, democrazia-sociale e riformismo. FRANCESCODE LUCA- Per l'organizzazione dei socialisti siciliani. GIOVANNISARAGAT- Dignità magistrale. Sperimentalismo sociale. Varietà. Rivista delle Riviste. Recensioni. ABBONAMENTO CUMULATIVO Italia del Popolo giornale quotidiano repubblicano di Milano (abbonamento annuo ordinario L.15) e RivistaPopolare (abbonamento annuo ordinario L. 5): LIRE DICIOTTO anzichè Venti. quanto costerebbero gli abbonamenti dei due giornali presi separatamente. Lagranbdaettadgellilavoro Tardammo ad occuparci del grande sciopero dei me,canici inglesi perchè speravamo annunziarne la fine vittoriosa. Invece la grande battaglia del lavoro è ricominciata più aspra che mai e minaccia di sorpassare per la durata, e per le conseguenze materiali e morali tutti gli altri scioperi celebri; - tra i quali per la importanza, e perchè relativamente recenti, ricordiamo quelli dei contadini sotto la guida di Giuseppe Arch, dei tessitori del Lancashire, degli operai dei Doch di Londra nel 1889 e quello dei minatori del Nonhumberland nel 1892. I padroni che fan capo alla Employeers' Federation e i minatori ed affini della Amalgama/ed engineers' Society hanno mantenuto rispettivamente le loro decisioni e nonostante l'amichevole intromissione del Ministero del Commercio non fu possibile la conciliazione perchè i padroni non vogliono concedere le olla ore, sulle quali hanno insistito i meccanici. Le perdite materiali dalla parte dei padroni sono colossali: si tratta di molte centinaia di milioni di lire e quello che più preoccupa tutti è lo sviamento d, Ile commissioni che favorisce quella concorrenza straniera - tedesca in genere - che ha allarmato tanto alcuni inglesi: il Williams, tra i più noti, col suo opuscolo: Made in Germany. Ma, relativamente, sono sempre maggiori le perdite ddl' Amalgamated, che uscirà da questo sciopero stremata di forze avendo consumato in esso gli otto milioni circa Ji lire che aveva nella sua cassa. I padroni, nonostante le ingenti perdite rimarranno sempre milionari; ma i meccanici, che rappresentavano una delle più forti e ben organizzate Trade Unions Jell' Inghiterra, provata in tanti altri scioperi, dai qu:ili usci vittoriosa ___:m_emorabile quello del 1872 che assicurò la giornata di nove ore -- avranno bisogno di molti anni per rifare il capitale, che è andato sperperato in questa occasione. Data perciò la sproporlione nella lotta delle forze dei combattenti susci~a uno schietto entusiasmo il contegno dei meccanici, che dopo sei mesi di sofferenze, di ozio forzato, di privazioni di ogni genere, quasi alla un,mimità decisero di resistere: e di continuare nello sciopero. La giornata di otto ore, che determinò lo sciopero presente, vale davvero la pena di tanta ostinazione dal!' una parte e dall'altra? Nessuno lo pensa. I padroni inglesi sanno, che con poco loro nocumento potrebbero concedere la giornata di otto ore. Questa concessione è s_tata già fatta da molti di loro prima che la Federazione guidata dall'odioso colonnello Dyer avesse decisa la resistenza ad oltranza ed il lock-out generale nell'intento di tagliare i viveri agli avversari: lock-out, che cacciando dal lavoro gli operai che non erano in isciopero, è stata inumana, ed ha cominciato a disporre la pubblica opinione contro i padroni. In realtà le o/to ore non ! ono che un pretesto. I padroni vogliono fiaccare il tradeunionismo, che ha servito poderosamente a rialzare i diritti dei la-

242 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI voratori, a diminuirne la giornata di lavoro, ed assicurare il famoso picketi11g (1), a rialzarne le condizioni politiche, morali e intellettuali. Vogliono distruggere queste poderose organizzazioni di lavoratori, che rappresentano la spinta continua e vigorosa verso la legislazionesociale, il cui ultimo acl, del luglio I 896, secondo il Lavollée asserve l'industria allo Stato; vogliono annientare queste storiche associazioni dell'J nghilterra, che non si limitano · più ai miglioramenti dei propri membri, ma che si ritengono nel diritto d'indagare come vengono ripartiti i profitti di cui essi sono pt incipali fattori; vogliono infine, ridotto ali' impotenza il tradeunionismo perchè mentre in Europa si pensò che le Trade Unions costituiscono l'antidoto del socialismo - e in nome di questa credenza testè Lujo Brentano ha rivolto un caloroso appello ai padroni scongiurandoli a cedere per non togliere al mondo civile le speranza e l'esempio d' istituzioni che possono migliorare le sorti degli operai sottraendole nello stesso tempo alle pericolose illusioni delle nuove dottrine - i padroni, invece, hanno acql!istato la convinzione che lo spirito nuovo si è infiltrato nel loro seno e che anche senza il pericolo del Nuovo Unionismo - risorto dopo la catastrofe dell'owenismo - il vecchio unionismo lentamente, ma fatalmenu, condurrà alla tras!.:,rmazione di tutta l'organizazione politico-sociale Jell'Inghiherra, e avvicinerà ognora più il giorno in cui la somma delle cose passerà dalle mani dell'aristocrazia e del capitalismo in quelle del grandemal lavato, come vieni! chiamato il popolo. Questo obbiettivo assai più importante, che non sia quello della giornata di otto ore spiega la resistenza dei padroni, che altrimenti sembrerebbe follia. I lavoratori sin dallo sciopero dei cavatori di pietra di lord Penrhins compresero quali fossero le mire dei padroni, quantunque questi negassero ufficialmente per bocca del colonnello Dyer di voler menomamente attentare alla esistenza delle Trade Unions. Ma le imprudenti dichiarazioni di un industriale, eh' è uno dei pezzi grossi della Federazione dei Padroni - del Siemen, che nella libera Inghilterra vorrebbe introdurre IP. brutalità militaresche della sua patria primitiva, la Prussia - hanno fatto cadere le maschere. Queste dichiarazioni hanno confermato ciò che nei comizi e nei giornali che sostengono la causa dd lavoratori - principalmente nel Daily Chroniche, nel The labour leader, nella fustice etc. - era stato (1) Il pickeling viene quasi espl'citamente riconosciuto colla legge del 1875 e consiste uel diritto degli operai di picc/Jettare le fabbriche nelle quali è stato proclamato lo sciopero per impedire che altri operai 110n wzionisti - i disprezzati black legs - vadano a prendere il posto dei compagni, che hanno abbandonato il lavoro. più volte affermato lasciando increduli molti che non credevano possibile che si volessero fare scomparire quelle Trade U11iù11s, che rappresentano una delle secolari istituzioni dell'Inghilterra, ammirate dagli scrittori appartenenti alle scuole più svariate - dal Brentano al Conte di Parigi, dai Webb al Booth ecc. ecc. - ed invidiate dagli statisti del continente, che videro sempre in esse delle miracolose valyole di sicurezza. Nella grandezza, e si può meglio dire, nella mostruosità dell'obbiettivo, che si prefiggono i padroni nella lotta presente, sta pure la ragione della resistenza dei meccanici, ed anche la loro forza e la probabilità del trionfo finale. Esaurite le loro risorse essi dovrebbero rendersi a discrezione, ma_se resistono ancora ed hanno speranza, e quasi certezza, di viecere egli è appunto perchè rese palesi le intenzioni dei padroni essi possono contare non solo sulla solidarieta dd propri compagni di lavoro, ma anche sulla immancabile reazione che l'esorbitanza delle pretese padronali produrrà in tutte le classi sociali : reazione, che in un paese in cui la grande e vera sovrana è la pubblica opinione, rappresenta la prima condizione per la vittoria. Della solidarietà dei lavoratori si hanno già avuto importanti segni sin dagli inizi della lotta nelle oblazioni e nei prestiti per milioni di lire che hanno fatto e che ora promettono con maggiore entusiasmo le piccoli: e le grandi Trade Unions. Questa solid.1rietà tra lavoratori per la prima volta ba oltrepassato la Manica ed ha eliminato da un lato ogni tenutivo di concorrenza del lavoro - che non mancò in altri scioperi inglesi - e dall'altro ha fatto inviare parecchie centinaia di migliaia di lire in soccorso agli scioperanti oltre che dal!' Australia e delle altre colonie inglesi, da tutti gli Scati del Continente. Fra questi ultimi la Germania tiene il primo posto; ma meritano una speciale menzione gli operai di Pietroburgo, che hanno mandato il loro obolo, e Li sottoscrizione aperta ddl' Avanti che in questa terra ddla miseria ha dato parecchie migliaia di lire raccolte, e col forte contributo della vigorosa e relativamente ricca Lega dei ferrovieri, e con quello modesto dei poverissimi contadini di Piana di Greci. È da notarsi che questo ~pirito di solidarietà veramente internazionale è la prima volta, almeno in proporzioni considerevoli, che si manifesta. Iohn Burns, nel fare la storia del celebre sciopero dei 'Docliers, con amarezza conf, ssava nella Societé Nouvelle di Bruxelles, che nessun soccorso allora era venuto dal crntinente. Ma se le manifestazioni Jella solidarietà internazionale hanno un alro significato morale e mostrano che la cosdenza dei lavoratori ~i sveglia dappertutto

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI '!43 e che v' è anche da sperare meglio per l'avvenire, queste manifestazioni sulla soluzione del conflitto presente non possono esercitare influenza rimarchevole. Hanno imponanz.t maggiore le decis:oni ultime delle Trode Unions in favore dell'assistenza da prestare ai meccanici in isciopero e l'ha mass:ma la reazione nella pubblica opinione, i cm segni non mancarono sin da principio, ma che si può prevedere che andranno continuamente crescendo in numero e valore. E non è piccolo indizio quello di deputati conservatori, che si sono dichiarati in favore dei meccanici ed anche di gros~i capitalisti che hanno mandato soccorsi considerevoli - notevoli,simo il prestito di parecchi milioni di lire fatto ali' Amalgamated, proprio da un grande costruttore di navi, che ha sposato la causa dei lavoratori contro i padroni e concesso già le otto ore. Non è la prima volta che la pubblica opinione inglese, contraddicendo la rigidezza teorica del de• terminismo economico e della lotta di classe, è venuta in aiuto degli operai in isciopero. È celebre lo slancio e l'entusiasmo di cui dettero prova il cardinale Manning, tanti altri alti prelati, uomini politici di ogni partito, e sinanco gli usurai di Londra nel 1889 nel correre in soccorso dei dockers. Allora, però, il sentimento ebbe la parte principale, perchè il cuore di tutti si commosse alla rivelazione della inenarrabile miseria dei carnai laboureres e degli operai dei doch. Questa influenza del sentimentalismo doveva mancare ad..:sso perchè i meccanici, e dal punto di vista dei sabri e da quello della giornata del lavoro, stJ.va110abb.1stanza bene, e rappresentavano davv.:ro l'aristocrazia del lavoro, che non poteva destare la compassione nei cuori pietosi. Ed a questa mancanza di influenza sentimentale forse si deve il rifiuto del Principe di Galles, di lord Salisbury, di Gladstone, -dell'arcivescovo di Canterbury ecc. ad intervenire, qualora non si vo• glia spiegare coll'esatta percezione dell'obbiettivo della lotta e quindi colla intenzione di assist..:re i padroni contro il Tradeunionismo. Comunque sia la pubblica opinione, che si forma e si consolida in Inghilterra al di fuori e spesso contro i pezzi grossi della politica, della Chiesa e del C1pitalismo, si è chiarita in favore dei meccanici eJ ha detc:rminato prima l'offerta di mediazione del 'Board of Trade, e condurrà poi alla vittoria definitiva gli scioperanti. La pubblica opinione, la grande sovrana, 111 fatto ciò, non per sentimentalira, ma perchè decisa a so• stenere le tradizionali associazioni operaie benemerite e per avere educato i lavoratori alle lotte replicate e legali; educazione che ha risparmiato alla nazione le convulsioni sanguinose della Francia. Con questo intervento la pubblica opinione avverte che l'Inghilterra è decisa a continuare quella ev0luzione politica e sociale, che deve condurre al trionfo completo della vera democrazia. Così i padroni, che volevano sbarazzarsi della influenza, minacciosa per la loro posiziùne economica e politica, del Trade Unionismo riusciranno a conseguire resultati notevolissimi perfettamente antagonis!ici a quelli da loro sperati, e colla loro lotta hanno mostrato la necessità per la esistenza delle associazioni operaie della loro più intima uninione, della loro federazione: l'esempio dei padroni federati e solidali tra loro impone la solidarietà a tutti gli operai ; perciò nel Congresso ultimo di Birmingham si votò per quell.1 Federazione de?la Trade Unions e per quelle Unioni di mestieri diyersi, che fu il sogno di Owen e del Nuovo Unionismo l'ella sua prima fase - 1834-1842 - I padroni si allarmarono del progresso del Socialismo nelle Trade Unions e non contenti della reazione individualista che si era constatata nei loro congressi di Cardiff e di Edimburgo avrebbero voluto assestargli un colpo mortale, e invece essi sono riusciti ad accelerarne la marcia, perchè Io · sciopero attuale si è svolto a benefizio dei campioni del Socialismo - Tom Mann, Ben Tillet, Keir Hardie, Iohn Burns, Pete Curran etc. - t delle loro dottr:ne: e gli operai hanno potuto convincersi in questa occasione che i criteri ristretti ed esclusivamente economici prima prevalenti nelle Unioni non bastano piu contro l'organizzazione potente e prepotente dei capitalisti. I padroni, infine, avrebbero voluto opporre una diga all'azione ddlo Stato, che colla sua 11::gislazionesociale aveva tolto loro l'antica libertà del male - la libertà di far degenerare fisicamente, moralmente e intellettualmente gli schiavi dell'industria - e invece la vedranno allargata e rinforzata a tutto loro danno. I lavoratori e le Trade Unions, che ne furono la minoranza organizzata cosciente, che contano le grandi vittorie legislative, le grandi riforme del 1824-2 51 del 1867, del 1875, del 1896 si preparano a combattere per conseguirne un'altra, che si è chiarita indispensabile. C' è infatti un ConciliationAct, che autorizza la mediazione dello Stato nei conflitti tra lavoro e capitale; ma non ha carattere coercitivo e il m.tl volere di una delle parti - e in questo caso del capitale - rende nulla la sua azione. Si domanda gia, e si avra prossimamente, una modi. ficazione del Conciliation Aci, che renda Io Stato arbitro nei conflitti tra operai e padroni e costringa gli uni e gli altri ad eseguir~ i suoi giudicati. E l'Inghilterra sa già ciò che deve fare, perchè una sua colonia, l.t Nuova Zelanda, le presenta il mo- <lello di una legge siffatta. Quale importanza avrà dunque q•1estanuova esplicazione della legislaziont: socille non si può dire in poche parole; ma è sicurn che essa sara una

RIVISSTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI vera e propria rivoluzione. E i lavoratori inglesi la faranno pienamente, anche se lotta suprema del momento dovessero - quodDens avertat ! - rimanere soccombenti. Essi c011tano anche delle disfatte nella loro storia, dalle quali si son sempre rilevati con nuovo vigore e con ideali piu alti. Aspettiamo fiduciosi la vittoria dei lavoratori in questa grande battaglia che si combatte in Inghilterra e nell'attesa segnaliamo agli italiani l'attitudine . del governo inglese e dei combattenti. Degli esempi che ci vengouo di là della Manica hanno tutti da apprendere qualche cosa: i nostri lavoratori, i nostri socialisti, i nostri industriali e soprattutto il nostro governo, che sempre e in ogni luogo crede essere suo dovere mostrarsi governo oppressore, governo iniquissimo di classe, che getta in uno dei piatti dalla bilancia, i suoi birri, i suoi giudici, i suci soldati e i suoi cannoni in favore dei forti contro i deboli. E ricordino i lavoratori italiani che se vogliono assurgere alla dignità di uomini e di cittadini devono ar sì che il governo non possa impunemente tr;\.t· t.irli da schiavi. LA RIVISTA. Il libro sul SOCIALISMO (seconda edizione rivista e cGrretta) del nostro Direttore Dr. Napoleone Colajanni, che sarà dato in dono agli abbonati in regola coi pagamenti a tutto il 1898, verrà spedito ai medesimi entro. il mese di aprile prossimo, non entro il mese di gennaio come fu stampato nell'ultimo numero. Gli abbonati ci scusino per l'errore derivato unicamente da un malinteso del s,,ttoscritto incaricato della compilazione del giornale. ..ArturoCatelani. LA QUESTIONE SOCIALE INNANZI AGLI STATISTICI PARIGINI Anche coloro, i quali traggono tutte le loro nozioni di economia politica da quanto ne scrivono i giornali quotidiani, sanno benissimo che la Francia è sempre stata ed è tuttora la cittadella inespugnabile dell'ottimismo economico e che i sociologi di quella nazione non si i tancano Jal dipingere coi piu ridenti colori le condizioni dell'odierna società. Negli ultimi tempi, è ben vero, una corrente alquanto diversa si è manifestata in alcune università francesi ; e grazie all'energica iniziativa del Gide - l'eloquente professore della Facoltà di Montpellier - si è venuta form1ndo una scuola di scienziati severi, i quali agli stereotipati panegirici delle istituzioni vigenti surrogano la indagine profonda eJ accurata delle leggi sociaìi. Tuttavia questa nuova scuola, che è gii fiorente nelle città di provincia, non è riuscira finora a penetrare nella luminosa metropoli, la quale rimane a tutt'oggi incontestato dominio degli economisti- del vecchio stampo. In verità si capisce che fra gli splendori della città ammaliatrice l'ottimismo economico debba trovare un terreno assai propizio. Come, infatti, pensare alle miserie umane, come sospettarne pur l'esistenza, innanzi allo spettacolo delle allegre cantatrici degli ..Ambasciatori, ed ai raffinati banchetti dei boulevards, di mezzo alle meraviglie del ]ardin des Plantes e fra le delizie dei Campi Elisi? - In un simile ambiente, ognuno lo intende, si potrà discorrere leggiadramente sulle questioni sociali, ma una critica della societa potrà ben difficilmente allignare; ed è quindi perfettamente spiegabile se gli Ateniesi della Senna si adagiano sul morbido guanciale delle apologie economiche e si lasciano cullar dolcemente dalle arcadiche nenie di quegli esimj citaredi, che si appellano Block e Levasseur, De Molinari e Leroy Beaulieu. Però .:oche dell'ottimismo economico, come dei narcotici d'ogni maniera, conviene usare con parsimonia; <lacchè l'abuso di quelli trae con sè gravi pericoli, dei quali è un esempio l'episodio, che stiamo per narrare. In una bella sera di Luglio del 1896, il sig. Alfredo Neymarck, pubblicista ben noto pei suoi numerosi studi statistici e finanziari, partecipava al banchetto mensile, che la Società parigina di statisticJ imbandisce a sè stessa nel• l'elegantissimo Hotel des sociétessavantes. II pranzo succulento, i molteplici e generosi vini, e tutta quella festa di colori, di fiori, di luce che forma cosi gradevole cornice ai banchetti aristocratici, aveano disposto il pensatore ad u_na infinita benevolenza verso le cose di quaggiù e steso un velo misto di rosa e di azzurro sulla sua retina intellettuale. Nell'estasi dei sensi, ei vedeva le disuguaglianze sociali perequate, ogni miseria dileguata, ogni dissidio umano miracolosamente composto e le serie st.:tistiche piu disarmoniche divenivano di improvviso, nella mente dello studioso inebriato, l'espressione delle più serene armonie. Un tale stato d'animo, co:;ì invidiabile e raro, è per forza propria espansivo, onde ad un certo puntO il valentucmo non potè più trattenersi, e dovè comun icare ai commensali e colleghi la sua gaudente visione. Il risultato di tale comunicazione trovasi consegnato nel ]ottrnal de la 8ocietéde Statistiquede Paris, 1896, pag. 2 52 e segg.; ed è veramente una lettura gradevole e ricreativa, che dovrebbe raccomandarsi a tutti gli ipocondriaci, come un eccellente ed economico succedaneo del cloruro d'oro. Infatti le cifre, che il dotto pubblicista fa danzare sotto i nostri sguar,ii, ci raccontano tutta un.i storia

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI di giust1Z1a e di progresso perequat.,re. Le cifre del 11 ,ad accrescere i salari è gia molto problematico, od debito publico ci dimostrano come esso vada ogni è vero solo entro limiti assai circoscritti; poichè dì più democratizzandosi; altrettanto ci insegna la gran parte del capitale bancario va ad alimentare stati5tica della ripartizione delle azioni della Banca la speculazione, e rimane perciò completamente Ji Francia e del Credito fondiario francese. Per ciò sottratto alle classi lavoratrici. Ma che poi il debito che riguarda le azioni ferroviarie, noi troviamo che publico influisca in una misura qualsiasi ad elevare il numero dei più modesti portatori di que' titoli i salari, è tesi che può affermarsi soltanto da chi è raddoppiato dal '60 al '9 5. Frattanto s'accrescono si trovi in condizioni di imperfetto equilibrio meni depositi delle Casse di Risparmio, ed anzi ecced,m tale. D'altra parte, le cifre addotte dal Neymarck del triplo le somme depositate alla Banca di Francia per dimostrare quanta parte del prodotto venga e nei grandi stabilimenti di credito. Nè soltanto si assegnata al lavoro, quanta al capitale, non provano democratizza il capitale, ma il reddi~o, <lacchè il assolutamente nulla, poichè tralasciano un elemento saggio dell'interesse va scemando, rr. entre il salario essenzialissimo - il numero degli operai ,impiegati. si eleva. L'interesse del capitale, che oscillava fra E in verd che m'importa di sapere quanta parte il 5 e il 6 010 nel 1850, è ora inferiore al 3 010; del prodotto vada a costituire i salari, quando non mentre il salario d<!gli operai, in Francia, è ere- so fra quante persone questi salari si ripartiscano, sciuto, dal principio del secolo, del 50, 60, 75 010. e quale è dunque la mercede, che a ciascun operaio Nelle grandi imprese minerarie di Anzin, Lens, è devoluta? - Ma non basta, prosegue il signor Lievio, Courriéres, le somme pagate in salari ai Coste. Se è incontestabile che i salari son cresciuti minatori ammontano a quattro volte i dividendi negli ultimi tempi, è pur vero che va ogni degli azionisti. Co5i enorme elevazione delle mer- giorno ingrossandosi l'armata di riserva industriale, cedi, cosi vibrata discesa dei profitti, conchiude lo e che sempre più si fanno frequenti i giorni di scio• statistico, è il risultato necessario dell'energico au- pero forzato, i quali divorano tutto il guadagno della mento del capitale; ed invero, mano a mano che cresciuta mercede. Infine, anche le cifre accatastate venivan creandosi nuovi valori mobiliari e nuovi dal Neymarck per documentare la discesa nel saggio titoli di rendita, noi vedevamo crescere i salari e dell'interesse non sono opportunamente disposte, scemare i profitti. Nulla perciò di più empio ed nè vagliate al cimento di una critica rigorosa; la insensato che le avversioni de' socialisti contro il quale dimostra che tale discesa è ben minore di capitale e contro l'odierno ordinamento della so- quella, che lo statistico annunzia e proclama. cietà, che l'esame dei fatti dimostra essere essen- Esaminando a sua volta le statistiche, ed in ispecie zialmente democratico e tendente per proprio im- quelle dell'industria carbonifera, le quali consentono pulso ad una eguaglianza livellatrice. rilievi più particolareggiati ed esatti, il Coste riesce Il brillante discorso :;i chiuse - appena è d'uopo al seguente risultato. Ponendo eguali a 100, rispetsoggiungerlo - fra gli applaus: de' commensali, tivamente, il salario ed il prodotto netto del capicui una descrizione di simil fatta doveva riuscire tale nel periodo 1851-1860 si ha: .tssai piacevole e digesti va. Ma quando, sbolliti i Periodo - Salario del lavoro = Prodotto netto del capitale fumi del convito, i rilievi dello statistico vennero 1851-60 100 100 esaminati a mente fredda, non fu difficile anche ai 1861-70 1 r 7 115 più indulgenti di scorgere le gravissime contraddi- 1871-80 148 217 zioni, onde essi eran viziati. E se la maggior parte 1881-90 161 236 di quei dotti, timorosi d'ogni accenno che potesse Dunque negli ultimi 30-40 anni, mentre il salario pur remotamente dar esca alle rivendicazioni socia- cresceva nel rapporto 100: 161, il profitto cresceva liste, seppero tenersi prudentemente in silenzio, non nel rapporto 100 : 2 3 6; e ciò conferma quanto già riuscì invece a frenarsi il sig. Adolfo Coste, il il De Molinari a·,eva asserito, in uno de' suoi luquale rispose alle osservazioni del Neymark, nella cidi intervalli - « che le classi superiori e medie, seduta del 18 Novembre, con una interessante Me le quali traggono i loro profitti dall'impiego dei moria, Les beneficescomparés du travail et du capitai loro capitali mobili ed immobili, si sono arricchite dans l' accroissementde la ricbesse dep11is50 ans. Il in una proporzione più forte che non la classe, la Coste non ebbe moltl difficoltà a dissipare il sogno quale vive esclusivamente del prodotto del suo ladi una notte d'e5tate del suo amabile collega ed aro- voro. » Qual<! la cagione di questo fatto? La causa, vesciare il fragile edificio numerico che questi aveva risponde Coste, è in quei 20 miliardi di valori costruito. - Già si intende tosto che la tesi del stranieri, che noi possediamo nei nostri portafogli Neymarck, che la causa della elevazione delle mer- e che son venuti ad accrescere i rtdditi dei nostri cedi sia riposta nell'aumento dei titoli di debito capitali, senza esercitare che una influenza indiretta pubblico, o delle azioni bancarie, è dc:! tlltt0 priva sui redditi del lavoro; la causa è in quei 28 midi base. Infatti, che il capitale bancario influisca liardi di fondi pubblici che ingrossano le nostre

9146 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI fortune private, senza dar vita ad industrie veramente proJuttive. Perciò, a riparare alla crescente disuguaglianza dei redditi, v'ha un metodo solo : ridonare i .:apitali alle imprese feconde e trattenerli in patria mercè una più sapieme organizzazion·e del credito (I). Si comprende lo scompiglio, che affermazioni così categoriche dovevan destare fra i ben pasciuti statistici parigini, avvezzi a veder rallegrati i loro simposi da esilaranti diagrammi, garbatamente confezionati a glorificazione delle armonie sociali. Ma al senso di stupore e di sgomento, che al primo istante invase quei dotti, seguì ben tosto un sentimento di rivolta contro il malcauto collega, che era venuto cosi importunamente a recare in piazza tante cose, che non è prudente, nè educato di dire ad alta voce. E fu una' levata di scudi, una insurrezione in massa di codesti statistici, già in tante controversie discordi, ma ora unanimi nello smentire e soffocare le dispiacenti rivelazioni. Nella seduta del 17 Marzo dello scorso anno i signori Juglar, Fournier de Flaix, Levasseur, Neymarck, Cheysson, hanno successivamente sparato contro il compagno d'arme dimostrando, o credendo dimostrare, la vanità delle sue conclusioni; e quasi ciò non bastasse nella seduta del 19 Maggio il Juglar ritornava alla carica, traendo dagli incrementi dei consumi argomento a dimostrare il miglioramento progressivo nella condizione delle classi lavoratrici, ed opponendo trion • falmente questi risultati alle cifre dal Coste additate. In breve la Società di via Danton, fin qui tanto silenziosa e pacifica, è stata assalita, dopo le rivelazioni del Coste, da un così persistente tremito convulsivo, che lo stesso provocator del subbuglio, quasi preso da rimorso, si è risolto infine a calmare la crisi nervosa dei suoi colleghi, mescendo qualche cucchiaiata di camomilla all'alcool un pò troppo irritante delle sue dimostrazioni (2). Non è del resto per intrattenerci di questi pettegolezzi più o meno piccanti, che noi abbiamo ricordata la discussione della società parigina; ma perchè la controversia ci sembra un .assai ragguardevole segnc dd tempi, che non sarebbe lecito lasciar passare inosservato. Ecco infatti che nella gioconda capitale dell'ottimismo economico, in cui i dogmatici della scienza seguitano a ripetere le vecchie frottole di Say e Bastiat, le cifre, queste cifre che i teorici riuscivano finora a tor- (1) Per quanto io mi accordi coll'autore nel riconoscerele maleficheinfluenzedel capitale improduttivo, non arriverei, com'egli fa, a ravvisare in quel càpitale il solocolpevoledella scarsaelevazionede' salari nell'età nostra. È questa, ad ogni modo, una questionemolto complessa, a cui recherà nuova luce l'opera magistrale,che ì'egregio prof. Cammillo Supino publicherà fra breve sul rilevantissimoargomento. (2) Veggasila lettera del Coste, pubblicatanel Joumal de /a $oti,te d, Statisti~ue. Luglio 1897. cere forzatamente ai loro apologetici scopi, giungono infine, durante un giorno, durante un'ora, a divincolarsi dalle tiranniche strette e si affacciano alla ribalta, discinte, nella !ore spettrale orridezza, mute ed implacabili accusatrici della società contemporanea. Ed attorno alle cifre si affollano le rivelazioni sinistre e le affermazioni demolitrici. Imperocchè di fronte agli economisti, i quali seguitano a considerare tutto il capitale come produttivo e speso a domanda di operai, le cifre rivelano l'esistenza di un immenso capitale improduttivo, totalmente precluso ai larnratori; in faccia agli economisti, i quali persistono ad attribuire l'ecc.esso di popolazione alla procreazione sfrenata, le cifre narran gli orrori della armata di riserva industriale; 111e:1tre l'econombta ci annunzia il milJennio della perequazione progressiva delle fortune, le cifre rivelano invece la loro divergenza ogni di più vibrata. Il coltrone a fiorami, che gli economisti delle accademie eran venuti intessendo, ha cosi ·sofferto uno strappo, pel quale si può intravvedere il baratro della società, i suoi incommensurabili orrori. Pel momento, è giusto riconoscerlo, non si tratta che di uuo strappo; ma chi può accertarr. ch'esso non abbia ad allargarsi, fino a ridurre ad un informe brandello la scienza incipriata e ritinta della Sor• bona e dell' Istitut()? ACHILLE LoRJA. Socialismo, ~emocrazia-sociale erif rmism (Continuazione e fine - Vedi Num. prec.) V. Ma, per certo, non solamente ci6, che pure dal lato dei principii è il piu importante, ci separa dalla Democrazia sociale, ma. anche qualche altra cosa non è meno decisiva per decidere intorno a tale questione. lo voglio rilevare solamente i punti principali e discuterli qui. Noi siamo separati dal socialismo democratico anche per la su1 concezione internazionale dei rapporti economici e sociali di contro alla nostra concezione nazionale; dalla sua poca stima e dalla molta nostra del fattore politico na,ionale, nella sua decisiva importanza anche per la vita economica, come per tutta la vita del popolo; dalla sua inclinazione alla forma repubblicana dello Stato, dalla nostra convinzione a mantenerci saldi alla forma monarchica, a noi tramandata, conservata e raffermata dalla storia; dalla sua tendenza irreligiosa ed anticristiana e dal nostro perseverare nel cristianesimo; dal suo antistorico radicalismo che emerge dappertutto a dispetto della sua teoria evolutiva, e dalla tendenza nostra non a restar fermi, ma a procedere innanzi, beochè sulla base dell'ordinamento storico della nostra vita economica: in una parola• dalla sua tendenza rivoluzionaria e dalla nostra tendenza riformistica. Il socialismo democratico si è sempre piu separato dal terreno nazionale. La sua parola è - Interz.ionalismo:

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI !47 « Proletari di tutti i paesi unitevi! » Di sicuro nell'età del commercio, come l' ha definita una frase imperiale, è cosa che si spiega da sè una certa nazionalità. Ma è una , conclusione falsa, tanto dal punto di vista logico, quanto da quello sterico e pra:ico, volerne deJurre che il momento naz'onale debba cedere su tutta la linea e debba esser superato dappertutto. La nazione e l' economia nazionale, appaiono dovunque, anche nel rapido sviluppo del presente, siccome fondamenta durature e necessuie. Solamente sulla loro base è possibile un sano dispiegamento delle forze economiche. Dovremmo diòconoscerlo noi tedeschi, questo dJvreste disconoscerlo voi della riva sinistra del Reno? Darci di bel !::Uovo a fantasticherie cosmopolitiche, quando la nostra storia ci ha inferto delle lezioni cosi amare? Voi del Palatinato, voi della manca riva del Reno, non dovreste sapere che cosa significa mantenere alto l' elemento nazionale? La democrazia sociale açcusa quelli che afl"t-rmano ciò di sciovinismo. Io penso che noi tedeschi siamo fra i popoli d'Europa quelli che meno possono esserne accusati. Sicuro, noi abbiamo avuto sempre troppo poco sentimento nazionale. Su questo argomento noi possiamo fermare la nostra attenzione sui francesi. Essi hanno alto sentimento nazionale. Anche il socialista francese è sovrattutto francese. Di ciò dovrebbero saper trarre ammaestramenti anche i socialisti democratici tedeschi, se essi volessero essere innanzi tutto tedeschi e sentire da tedeschi. Accennando al lato nazio:iale del dissidio, si accenna anche ad un altro punto, a quello del governo 11a1,_ionale. Pure in questo riguardo la democrazia sociale è unilaterale e giudka unilateralmente, ed a me la sua condotta appare affatto incomprensibile anche dal punto di vista economico. Ammettiamo che noi ci decidessimo a disarmare, o che soltanto diminuissimo in considerevole guisa i nostri armamenti militari. A chi gioverebbe mai questa nostra condotta se non che ai nostri nemici ad occidente ed oriente? Come mai sarebbe assicurata la nostra indipendenza, in generale, e quir.di anche la indipendenza economica? Noi dovremo finire per conoscere una buona volta la storia ed imparare qualche cosa per la nostra condotta politico-pratica! Finalmente, dopo lunghe lotte per l'unità politica, noi siamo riusciti a tener lungi dalla terra tedesca i suoi nemici, per lunga pezza. Noi cosi ci siamo assicurata la prima condizione della vita politica: la indipendenza dagli stranieri delle nostre barriere nazionali. Ma non abbiamo con ciò adempiuto alla condizione prima per un prospero svi• luppo economico? Non si ha forse di ciò una prova nel grandioso sviluppo, quasi senza esempio, che l' economia tedes:a ha mostrata in quest'ultima generazione? E ad un tale sviluppo non hanno partecipate anche le classi inferiori, le cosidette classi lavoratrici, migliorando la propria posizione? Potremmo noi immaginare occupazioni rimunerative per le nostre classi lavoratrici, misure riformatrici delle loro condizioni, come la protezione operaia, le assicurazioni operaie etc., senza che prima fosse assicurata il indipendenza nazionale, e senza un forte potere politico? Qualunque miglioramento dello stato delle classi inferiori presuppone una forte economia nazionale, e questa alla sua volta presuppone una protezione sufficiente che si ha per mezzo della forza politica, quindi per mezzo della flotta e dcli' esercito, per mezzo di saldi armamenti militari. Ma per ottenere questa forza militare è necessario spendere considerevoli mezzi, e certamente non è cosa popolare richiederli, ma necessaria tanto nell'interesse della nazione çhe della sua vita economica. Da quando i tedeschi sono entra ti nella storia, si son battuti con grande valore, ma solo a malincuore ed in modo del tutto insufficiente essi hanno in pace sopportato i sacrificii ed adempiuto alle promesse che assicurano in guerra il successo, e ciò dai tempi d' Arminio sino a poco addietro. Cosi, in parte si spiega la nostra dolorosa storia politica. Noi dobbiamo esser grati allo stato prussiano di averci mostrato come si debba prepararsi in precedenza, durante la pace, per le guerre sempre possibili, e che i sacrificii così incontrati ottengono sempre rimunerazione. Per certo, dal dì della fondazione del!' impero tedesco, ed ancor oggi, e per uno spazio di tempo ancora lungo e la cui fine non può prevedersi, si son dovuti incontrare dei grandi sacrificii per garantire la nostra nazione, il ·nostro stato, la nostra economia. Abbiamo forse colpa noi tedeschi che l' Europa sia armata sino ai denti, anche durante la pace? Alcune persone, e più spesso anche i socialisti-democratici dicono: se noi nel r87 I non avessimo tolto ai francesi l' Alsasia e la Lorena, il conflitto franco-tedesco non sarebbe così aspro, e sarebbe possibile, ciò che tutti desiderano, di disarmare. Davvero! Chi parla cosi non conosce i francesi ! Se essi ancora fossero in possesso di Metz e Strasburgo, il pericolo di un conflitto armato fra i due popoli sarebbe assai maggiore. Non ci illudiamo su di ciò - ( e questo io voglio rilevarlo qui da voi, sulla riva sinistra del Reno, che fu francese per tanto tempo); - il programma degli sciovinisti francesi per una prossima guerra, non si arresta al ricupero dell' Alsazia e la Lorena, ma di tutta la riva sinistra del Reno. Per grazia di Dio noi siamo ora garantiti dalla fame di terra dei francesi come non eravamo garantiti qualche secolo addietro. ( r) E da ciò l'economia tedesca vi trae eminenti vantaggi. E se queste misure di garanzia ci impongono pesi di uomini, danaro: queste sono spese inevitabili imposte alla nostra economia, spese della stessa specie di quelle imposte ad altre nazioni, situate in ri \"a al mare o in una rete di riviere, per argini e dighe. Che cosa si direbbe in Olanda di uomini politici i quali predicassero: non sprecate tanto denaro per argini e dighe, poichè, per certo, le alte maree non ci minacciano ad ogni momento! Al contrario, presso di noi si acclama ai socialisti-democ:·atici e ad altri oratori, i quali domandano che le nostre spese per la flotta e per l' esercito, che sono i nostri • argini e dighe » vengano ridotti. Che pazzi! Ma vi è un altra ragione che ci separa dalla Democrazia sociale. Nei suoi fini ultimi questa è repubblicana (I) Anche qui il traduttore fa le sue riserve. Il programma sciovinistico della riconquista di tutta la riva manca del Reno, fu il programma dei napoleonidi, ma la FrJncia vi rinunziò agevolmente con la loro caduta. Vi è ora in Francia un movimento per limitare la reva11che alla Lorena. Qualche deputato francese ha riconosciuto in pieno Parlamento l' origine e la natura tedesca dell' Alsuia.

H8 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI e noi, dati i rapporti dominanti in Germania, siamo monarchici. Io aggiungo che, in generale, la quistione di monarchia o repubblica non possa essere risoluta teoricamente in modo incondizionato. Esse ·sono istituzioni umane e vi si alternano la luce e le ombre. Certo esistono miserabili monarchie, pessime dinastie, ed ottime repubbliche. In questo caso la rivoluzione non si ricava da un giudizio teorico di pregio o di mar:canz a di valore; ma dallo stato effettivo delle cose, e perciò dallo sviluppo storico effettivo. Sarebbe folle imporre alla Svizzera una monarchia. Ma quando si pensa alla Francia, è poi difficile dire se colà le cose vadano meglio o. so_ . lamente altrettanto bene quanto vanno nella monarchia ben governata dell'Europa. Quando un paese come, ad esempio, la Prussia, ha avuto per tre secoli una dinastia ed una monarchia, che le ha dato per principi uo· mini come Federico il Grande e Guglielmo I, ben può il suo popolo esser grato a Dio per una tale monarchia e dinastia, Anche altre dinastie tedesche, come la vostra casa dei Wittelsbacb, possono mostrare uomini virtuosi, che si son resi utili al popolo ed allo Stato. E quindi pure dal punto di vista politico noi dobbiamo forse più vantare la dinastia tedesca che le nostre stirpi, e noi possiamo imparare da essa come si debba e possa su· bordinare i proprii privati intere'ssi a quelli più generosi ed elevati. Umanamente e storicamente non era affatto una facile cosa che dinastie cosi antiche ed eminenti come i Wittelsbacher, i Ziihringer, i Wettiner etc., si annullassero da se stesse, e nel!' interesse del popolo tedesco, si sottomettessero agli Hohenzollern. Per tal fatto i principi tedeschi son divenuti modello ai loro popoli ed alle loro stirpi. Sarebbe desiderabile che i popoli ad essi soggetti vincessero i proprii antagonismi, il loro particolarisRilo, le loro piccole antipatie, così come i loro principi stpp@ro vincere il loro orgoglio principesco. Con pieno convincimento noi ci opponiamo alla Democrazia sociale, in nome della forma monarchica del nostro Stato, che è la forma storica dello Stato tedesco. Non meno che per ciò, noi siamo divisi dalla Demo• crazia sociale per la concez.,ionre ligiosa. Io non vado tant'oltre da negare alla democrazia sociale ogni coscienza religiosa, ed anche cristiana, Vi sono in essa certamente dei buoni cristiani, della confessione cattolica evangelica. Anche in questo campo n® bisogna generalizzare alcuni fatti in contrasto alla nostra affermazione ed alcuni modi di dire spacconeschi. Ma pure sussiste e vi ha una certa contraddizione nella Democrazia sociale la quale contraddizione emerge dal contrasto fra le parole « la religione è cosa privata » gli e attacchi virulenti ed acri contro la religione, la chiesa, i credenti, gli ecclesiastici, i «preti; » assalti che possono diventare pericolosi alla vita del popolo. Ma noi non abbiamo ancora veduto alcun popolo che si sia spogliato della sua coscienza e fede religiosa, senzà pregiudicare il proprio sviluppo e la propria civiltà. Dolorosamente noi già abbiamo in Germania un grave conflitto fra due forme della confessione cristiana e brutte conseguenze si sono avute da questa discordia. Di comune è restato alle due grandi frazioni del popolo tedesco, la evangelica e la çattolica, un profondo sentitnento religioso-cristiano, un senso della colpa e del peccato, un sentimento che al disopra di noi ci stia Uno che diriga la nostra storia ed innanzi al quale noi siamo responsabili delle nostre azioni. Non è tanto folle quanto sciagurato avve!4 sare questo sentimento religioso? Di schernirlo e di deriderlo? Di denotare tutti i suoi partigiani per degli sciocchi o degli ipocriti? Da che mai questa inimicizia della Democrazia sociale contro tutto ciò che riguarda la religione e la chiesa, il cristianesimo e la fede? Certo nem· meno nella chiesa tutto va al miglior modo. Anche qui si scorgono colpe di origine umana (r); qualche volta la chiesa ba inclinato troppo dalla parte dei potenti, dei benestanti, ma giammai essa si è regolata così come per principio, e si è sforzata sempre di riformarsi, di purificarsi e Ji accogliere nel suo grembo gli affaticati e gli oppressi. Un'altra cosa ancora ci separa ·dalla Democrazia sociale: il mantenerci noi saldi nell'ordinamento storico del nostro paese anche sul terreno economico, la repulsione di ogni pensiero di una brusca separazione da quest'ordine di cose, l'aderire al principio del riformismo, il condannare il principio rivoluzionario. Anche noi vogliamo progredire, vogliamo trasformare e rivoluzionare anche noi, in quanto ciò sia possibile e necessario, ma noi non vogliamo distruggere e sovvertire per edificare da capo, come su di una tabula rasa, e riteniamo ciò affatto irragionevole. Perchè ? Innanzi tutto perchè noi non ci abbandoniamo alle illusioni sulla mutabilità della natura umana, delle quali già parlai. VI. Rappresentando la riforma sociale e non la rivoluzione sociale, noi pigliamo certamente posizione contro i nemici comuni di ogni movimento sociale contemporaneo, qui e là, accanto e d'accordo con i socialisti democratici, dovunque noi vediamo essere il diritto da questo lato anzichè dall'altro. lo voglio quindi occuparmi qui solamente di una quistione: come cioè noi desideriamo veder trattato il cosiddetto popolo basso, e specialmente le cosiddette classi lavoratrici, dal punto di vista economicopolitico; anzi in qual modo noi riteniamo necessario che ciò sia, secondo i rapporti di tutta la vita popolare e specialmente quelli tedeschi. Noi abbiamo in Germania, da più di un secolo e mezzo, efficacemente applicato il principio dell'obbligo scolastico generale, ed abbiamo raggiunto una coltura generale . popolare quale non videro mai nè altri popoli, nè altri tempi. Un tale popolo, anche nei suoi strati inferiori, nçlle cosiddette classi lavoratrici, non può più essere considerato come minorenne ed incapace di vivere indipendente. Vi sono stati tempi in cui i rapporti fra lavoranti ed imprenditori, nell'agricoltura e nelle miniere ed anche nei mestieri industriali, sono stati accordati in • modo patriarcale ed ogni cosa è andata bene. L'uomo moderno, e quindi anche il lavoratore, è indipendente, e deve essere trattato come tale. È solo per eccezione che anche oggi nei distretti iudustriali a forme patriarcali vi sia da fare qualche cosa. Inoltre noi tedeschi abbiamo per la prima volta nei nuovi tempi applicato seriamente il principio dell'obbligo (1) Ma la chiesa è di origine « divina ». (N. d, T),

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 219 militare per tutti. Ognuno deve servire la patria : il figlio del lavoratore come il figlio del principe. Tutti sono eguali, sotto questo rapporto. Dove al popolo venga imposto un cosi grande dovere è legittimo che il popolo richieda che ognuno venga consider:ito come un membro eguale di un gran tutto. Infine noi abbiamo anche il suffragio universale politico. Anche da questo diritto discende la conseguenza che si debbano considerare come esseri indipendenti i figli del popolo. Certo esistono differenze di cultura e di ricchezza, ma là 'dove tutti hanno gli stessi doveri tutti debbono esser trattati come eguali. Se vuolsi chiamar questo il « tratto democratico » dei tempi io non ho da opporre niente. Un tale tratto è il risultato di tutto il nostro sviluppo storico. Ma appunto per la trattazione della Questioneoperaia discendono da tutto ciò impertanti conseguenze. Si sente spesso denotare la quistione operaia come la quistione sociale vera e propria. Questo significa concepire troppo strettamente la quistione sociale. Le cosiddette classi operaie son pur sempre una parte, per quanto la maggiore, del nostro popolo, ed i loro interessi non sono gli interessi del popolo sic et sempliciler. Come qualunque altro interesse di classe essi possono essere presi in considerazione solo in quanto lo permettano i superiori interessi del popolo tutto. Ma in tempi cosi ricchi di rivoluzioni tecniche progressive, di movimento di nuove fonti di pubblica ricchezza, è possibile e perciò, necessario, di sollevare sempre più le _cbssi lavoratrici nella loro condizione materiale, assicurando ad esse il loro reddito, e migliorando tutta la sfera della loro vita morale ed intellettuale, poichè a ciò è interessato tutto il popolo. Questo deve essere duuque il principale compito della riforma sociale. Certo un tale elevamento delle classi inferiori tocca gli interessi delle superiori, provoca spostamenti nelle condizioni economiche e soc ali dell'oggi, e perciò conflitti di interessi. I miglioramenti di maggior interesse per gli operai, aumento di salarii, diminuzione del tempo di lavoro, possono qua e là esser congiunti con accrescimenti della capacità di lavoro e della prestazione d'opra. In questi casi gl' interessi dei lavoratori non si appongono a quelli degli imprenditori e capitalisti. Ma in molti casi, e forse nella maggioranza di essi, gli aumenti del salario e le riduzioni dell'ore di lavoro si at• tuano a svantaggio degli imprenditori e possidenti, riducendosi i guadagni, ed accrescendosi il prezzo di alcuni prodotti di consumo delle classi superiori. Qui si hanno notevoli conflitti di interesse fra le diverse classi. Nella lotta per il salario essi si manifestano nel modo più aspro, ma si rivelano anche altrimenti. lo ricordo che la maggior riforma attuata da noi in favore delle classi lavoratrici, l'assicurazione degli operai, mostra sempre più l'esistenza di questo conflitto. Con questa misura noi abbiamo ottenuto un miglioramento delle condizioni economiche delle classi lavoratrici ed una garentia della loro sorte, sinora sconosciuto. A noi tedeschi spettò l'onore di essere i pionieri di questo movimento innanzi a tutto il mondo. Ma essendo imposta la spesa dell'assicurazione ali' imprenditore, si è caricata questa classe a favore dei lavoratori ; per la quale non sorgono lamenti in quelle industrie che, come l'agricoltura, lavo-• rano in congiunture sfavorevoli. Chi questa cosa non voleva e si mostrò favorevole all'assicurazione obbligatoria, non ha certamente saputo ciò che voleva. Poichè un tale effetto era da prevedersi. È l'istesso dell'altra grande misura di riforma : della legislazione protettrice dei lavoratori. Anche questa doveva per diretto cd indiretto agire a svantaggio degli imprenditori e possidenti. In tale stato di cose deve richiedersi all' intelligenza ed alla ricchezza che al presente, nell'interesse dei lavoratori, si adattino a tali effetti senza mormorare. Sono spostamenti questi, nella rispettiva posizione economica delle classi, divenuti necessari per tutto lo sviluppo moderno delle cose. L'istesso sia della posizione dei possidenti alla quistionc infine più importante di tutte del miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici, della quistione del sabrio e della durata quotidiana del lavoro. Un' intervento immediato dello Stato e della legislazione nella quistione del salario è quasi impossibile, ed è limitatamente possibile nella quistione della durata del lavoro, finchè noi ci manterremo saldi all'organizzazione attuale dell'economia privata. Oppure si incontrerebbero tante difficoltà ed ostacoli, anche in conseguenza degli ulteriori interventi nella vita economica del paese che da tale misura discenderebbero, che noi dovremmo guardarcene, anche se fosse possibile. Ma resta ancora una cosa a fare perchè i lavoratori siano posti in grado di migliorare la loro condizio,,e per ciò che riguarda il salario ed il tempo di lavoro: essi debbono avere il più pieno diriuo di coalizione e quello di unirsi in sodalizi corporativistici, perchè cosi possano divenire, nella stipulazione del « libero contratto di lavoro » di fronte agi' imprenditore, una parte egualmente forte. È una necessaria conseguenza dell'ordinamento « libero » della nostra economia il concedere tale diritto, ed è nell' istesso tempo una esigenza della giustizia e della equità. Solo quando possederanno questo diritto, i lavoratori saranno in grado di regolare sul mercato del lavoro la loro offerta, in proporzione dei propri interessi. Che posizione intanto si piglia di fronte al diritto di coalizione ed alle organizzazioni corporativistiche ? Non tanto i governi, quanto una gran parte degli imprenditori vi sono nemici. E la « pubblica opinione » si lascia trascinare nel!' istesso senso. lo me ne son potuto accorgere da poco, allorchè nel!' inverno scorso tenni in Bochum un discorso al congresso dei minatori cristiani, al quale conve1Jncro i lavoratori delle due confessioni, a tendenze patriottiche, cristiane cd antisocialistiche. Avendo io in quel discorso parlato in favore del diritto di coalizione e di organizzazione corporativistica, mi tirai addosso gli attacchi rabbiosi della stampa che difende gli interessi capitalistici, e fra gl' industriali del Reno ci fu chi domandò che io fossi disciplinarmente perseguitato e punito. Da tali fatti si scorge quanto possa essere accecata la pubblica opinione (I) e come essa possa essere sviata da una stampa tendenziosa. Naturalmente se quel diritto venisse concesso, i lavoratori dovrebbero farne un uso razionale e moderato. Ma se in tempi di ottime congiunture, quando salgono dividendi e profitti, i lavora- ( 1) Delle classi capitalistiche ! - (N, d. 'J{_.)

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