Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 11 - 15 dicembre 1897

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI 213 voti plurimi dati anzichè alla maggior ricchezza, alla maggior cultura, ed alle funzioni sociali superiori. Come il llLU:-iTSCIILI, che però sta pc,· la rappresentanza degli interessi, anch'egli parte dal principio che l'eguaglianza del sullj'agio, com'è nelle legislazioni odierne, porta alla ;lilt acutn disuguaglianza, in quanto pone le rozze cd incolte moltitudini, solo pcrchè più numerose, al di sopra delle classi colte nel governo della cosa pubblica. E ciò, per esprimerci con una frase del BLUNTSCHLI, è solo l'ingiusta rappresentanza della maggioranza, invece della giusta rappresentanza di tutti. A parte la difficoltà pratica di stabilire un equo conguaglio, il ragionamento forse potrebbe esser giusto· se nelle attuali condizioni sociali, l'eguaglianza di s~1tfragioportasse di conseguenza eguaglianza di influenza nell'amministrazione pubblica. l\lentre questo non è assolutamente. Fino a che duri la dipendenza economica è pura accademia Il dire che i non abl)ienti sopratrarranno nella vita pubblica le classi colte. Chi clispone di potenza economica rillevantC', l)enchè la legge gli conferisca un solo voto, 'f ctfcttivamentc dispone di un numero di voli assai maggiore. E lo stesso clicnsi di• coloro che hanno cultura e capacità intellettuale superiore. Se clunque può sembrare ingiusto elle abbiano la medesima potenza elettorale nominale il bidcilo ed il professore dell'Universitù, sol che si rilletta a quello che realmente è, si vedrà che l'ingiustizia è più apparente che reale. E così il voto plurimo perde la sua giustificazione fondamentale. Pcrchè una volta elle malgrado l' uguaglianza apparente esiste invece una proporzionalità d'influenza, per qual ragione si deve concedere a chi già effettivamente dispone di voto plurale, un volo o due supplementare? Nel pensiero di STu.u.tT M1LL il voto plurimo, doveva esser concesso solo alla maggior capacitù intellettuale: e certo c1ucsta è la conseguenza più logica della premessa fonclamentc. Nel sistema belga ccl in parte anche in quello proposto dal Presidente del Consiglio, il voto plurimo è concesso ai maggiormente censiti. In generale il criterio del censo per il conferimento della capacità elettorale, è scientificamente da respingersi perchè non ha alcun;i base razionale e pcrchè sa troppo di medio-evo. Tullavia alcune legislazioni, come l'inglese e la nostra, lo mantennero, considerando il censo come titolo estrinseco che fa presumere la capacità intellettuale. Allo stato attuale della cultura, cotesta presunzione è per lo meno molto discutibile: nonostante è per il conferimento del diritto. elettorale un fondamento molto più solido di quel che non sia il censo considerato in se stesso. Eppure per sostenere il voto plurimo si ricorre al criterio del censo come titolo che di per se stesso - a parte la presunzione di capacità intellettuale - conferisce il diritto elettorale. Perchè, si dice, il governo della cosa pubblica deve spettare a chi vi contribuis~e in misura maggiore, a chi effettivamente paga I.e imposte. Abbiamo visto che il fondamento di questo concetto è scicntifìcamente insostenibile perchè il censo cli per se stesso non è titolo suOicicnte per conferire la capacità elettorale. l\la v'lla di più. Anzitutto si restringe la funzione governativa a semplice amministrazione elci patrimonio, e si lasciano al di fuori di essa i fini cli civiltà di l)cncssere e perfezionamento cui indul>biamcntc deve inclirizzarsi. E poi: è proprio vero che i poveri non pngano imposte? Basta un occhiata ai bilanci clegli Stati moderni per vedere come le imposte indirclle è più particolarmente (JUelle sul consumo costituiscono il cespite principale d'entrata. Ora è noto come le imposte indirette gravino quasi esclusivamente sui poveri e elle anzi quella sul consumo sia detta a ragione imposta progressiva a rovescio. l\Ia la pluralità del voto urta anche contro un altro principio frondamcntalc delle società moderne. L'ideale dello stato moderno è c1ucllodi un ente superiore agli interessi cd alle lotte delle varie classi socia li che in se fonda e comprencla tutti i bisogni, le aspirazioni, i sentimenti di esse. Le leggi e l'amministrazione non clebbono spiegare la loro azione solo a vantaggio delle classi superiori, ma anche a vantaggio delle inferiori; anzi I' inclirizzo attuale delle iclce è nel St'nso di una maggior tutela di esse. Quale garanzia possono queste avere chè le leggi e l'amministrazione si spieghino non alla tutela degli interessi delle classi dirigenti, ma al benessere grncrale, se non la partecipazione diretta al governo? Oggi questa garanzia manca di fatto anche nei paesi a suffragio universale illimitato ccl assoluto, e causa clclla dipendenza economica: perchè si vuol toglierla anche di dirìtto, e precludere alle classi inferiori la via di acquistare nel governo della cosa pubblica, quell'influenza che loro spetta e che, elevandosi le loro condizioni intellettuali e morali, indubbiamente acquisteranno? Consideriamo ora il voto pi uri mo dnl punto di vista giuridico: L'art. 21 dello Statuto Fonclamcntalc ciel Hegno dice: - tutti i rcgnicoii ..... godono ugualmente i diritti civili e politici.- 'on v'lla dubbio che con questa disposizione si volle esplicitamente conferire a tutti eguaglianza di suffragio. La grande rivoluzione infatti, ai cui principi sono inspirate le carte costituzionali moclerne, aveva fra i suoi canoni indiscussi la eguaglianza di tuttì i cittadini per rispetto ai diritti politici. Qnindi la nuova interpretazione dello Statuto all'art. 24,cui allude il Presidente del Consiglio, per la quale si venisse a dare alla parola ugualmente il significato di indistintamente, invece di quello suo comune di in egual misura, non risponderebbe nè alle ragioni storielle nè allo spirito della legge. Perciò il voto plurimo è manifestamente contrario allo Statuto. Con questo non si vuol dire, che acl esso sia precluso l'adito nel sistema legislativo italiano: giacchè in Italia ove non esiste il potere Costituente può indubbiamente modificarsi la carta costituzionale con uno statutonorma, perchè la carta cosliluzionale, secondo una espressione felice di CAvouR è solo irrevocabile rispetto alla monarchia, ma revocabile dal Re in Parlamento. Solo il folto che con tale riforma si viene a cambiare sostanzialmente uno dei punti principali della carta costituzionale deve far rilletterc a lungo

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