Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 10 - 30 novembre 1897

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Hl!) br", prosa, versi, romanzo, poema, si copra di venerauda polvere negli scaffali rlei librai. Perché il pubblico non legge 1 - Che libri devo !Agge~e 1 - vi si dice. Non certamPnte tutti quelli che si pubblir,ano ! Chi vi aiuterà nella scelta 1 I giornali 1 Lq recensioni 1 Ma si sa quanto valore e~se abbiano, come siano fatte, e spesso da chi. La recensione og-gi non è una forma di 1·éclame? Non viene essa infatti fati.a per uso e consumo dell'editore? - li pubblico non ba tutti i torti. Le conseguenze di questo stato di cose sono: i prosatori che poca attitudine han pel teatro ricorrono, in fine, non vedendo letti i loro libri, al dramma, alla commedia; - a teatro non è difficile - per molte ragioni - avere un successo; - il teatro è accessibile a molti; - il romanzo è ucciso dal teatro. Ma, per il gran numero di drammaturghi e comediografi-occasion~li. anche il teatro verrà ad ammalarsi, se non sarà addirittura portato su vie false. Quindi un rimedio serio e logico sarebbe quello che ristabilirebbe l'equilibrio tra le due forme d'arte, eviterebbe il soverchio affollarsi del pubblico e degli autori attorno al carro di Tespi. In altri termini trovare una istituzione c'>e mettesse a contatto pubblico ed autori, una costituzione che garantisse i lettori, che legge per essi. Un salone letterario, dove si riunissero ogni tanto signore e signori, per leggere o sentir leggere; per chiacchierare su avvenimenti letterari, in una parola, per stare al corrente delle nuove pubblicazioni, per poter scegliere i propri libri, sarebbe atto allo scopo. Ed è appunto con queste parole che l'illustre critico, romanziere Hermann Bahr inaugura il Salone letterario di Vienna. (Die Zeit. i3 ~ovembre 97. S. Lublinski: L'opera d'arte di Teod.Mommsen.T. Mommsen non è un politico nè un pubblicista. La grande popolarità della sua « Storia di Roma » va ricercata nelle qualità estetiche della medesima. T. Mommsen non poteva tl non doveva che limitarsi alla repubblica, come quella che piil si prestava per un'opera, la quale più che storica fosse artistica. I suoi canoni estetici si possono riassumere in questa divisa, che ispira tutta l'opera: « Semplicità, sen,::a pas•· aione, senza clecorazione ». Così tutti gli episodi raccon• tatici dal buon Livio, pasto dei retori, non sono nemmeno sfiorati, e Catone stesso, l'ultimo repubblicano, il suicida d'Utica, tragica figura, non è che un Don Chisciotte e un pazzo. Semplicità! Pompeo è un gran noioso. Quanta simpatia non sente il grande storico per le figure secondarie, prive d'ogni teatralità i Teodoro Mommsen non afferma certo con iebuhr, che Alessandro il Grande fu un eroe dalle frasi ostentate: no! egli conosce la grandezza storica e poetica del re de' Macedoni, solamente ... preferisce Cesare. Cesare! Ecco tutta la poesia di Mommsen. Ma se ad un letterato è possibile trascurar la morale della persona trattata, ad uno storico non è permesso tacere sulla morale - sulla religione - d'un pop1Jlo. Ebbene - cosa sovrumana - Mommsen ha scoperto la poesia della morale. Gli Dei di Roma non erano altro che allegorie, intimamente connesse - per lo più - collo spirito speculativo e materialistico del popolo. Per un romano tutto, tutto si riduceva ad un contratto. Do ut des. Chi in una religione simile poteva scoprir poesia 1 Perché poesia c'è, di sicuro. Anche in una cambiale, anche in un contratto può esserci quella pa~sione tremante, che fa sperare, tremare, disperare, urlare chi la scrive. chi la firma! Appunto codesto è il merito di Mommsen. Spesso retico e l'estetico si con• fondono, qualche altra volta s'urtano, si combattono. Solo parlando di Cesare la poesia sorge in tutta la sua grandezza, in tuUa la sua ispirazione. Cesare, il dominator degli uomini, il divino Giulio, il romano, il romano Cesare ! E quanta poesia non spira tutta l'epoca. Col sesto secolo rosso a sangue, tramonta il sole, mentre un nnnor d'armi s'ode lontano. Ed allora una grande melanconia prende l'Autore, quella melanconia che prende sentendo avvicinar la notte, ma non la notte che preludia il giorno, una notte eterna, eterna: guerre civili, impero, barbari. Così finisce l'opera di Mommsen. Il quarto volume uscirà più tardi - si dissP. Son passati qu~rant'anni e niente. Certo l'epoca imperiale offre un considerevole numero di problemi storici e sociali. ma, è poi questa la ragione della non pubblicazione? Momm,en non può darci quel volume: il poeta non ha che vedere <'O! periodo alessandrino. I~venuto fuori il quinto volume che parla d'Augusto fino a Diocleziano: gli ultimi avvenimenti della repubblfoa sono appena accen• nati: di Cesare niente. Con la battaglia di Tapso Cesare finisce per Mommsen. La drammatica battaglia di Munda, la uccisione in Senato, « Tu quoque Brute » - non importano. Fino alla battaglia di Tapso Cesare fu l' ultimo repubblicano, dopo, il primo monarca: lo storic-.odella re• pubblica non ba più niente a che fare con lui! Oggi appunto - 30 novembre - Mommsen compie il suo SOmo anno. Suo padre fu un predicatore, uno di quei teologi dommatici che perdono, col tempo, lo spirito di critica, un mistico prorondo. L'opera del figlio non può cooside• rarsi come una reazione 1 Teodoro Moramsen è come Bi• smarck e come Treitschke un prudente tory. Ed i romani, con le loro debolezze, r.on le loro grandezze, erano un popolo di liberi e seri tories (Neue deutsche Rundschau. Novembre Q7). J. Stadling: Andréee il suo pallone. Il governo Norvegiano ba già mandata una spedizione alla ricerca di Andrée, l'intrepido aereonauta partito pel Polo Nord in pallone il 10 luglio; l'articolo di J. Stadling, il quale era presente alla partenza di Andrée e potè fare un gran numero di fotografie del pallone nei diversi momenti, è assai importante, sopratutto perchè dà una spiegazione confortante della mancanza di notizie. Lo scrittore narra, fra l'altro; quando fu liberato, malgrado il suo peso di circa cinque tonnellate, il gigantesco pallone si alzò maestosamente al• l'altezza di circa seicento piedi; poscia ridiscese immediatamente tanto da sfiorard con la navicella la superficie delle acque. Questa depressione fu, senza dubbio prodotta dalla grande resistenza delle tre grandi gomene di guida ciascuna delle quali misurava non meno di novecento piedi. Tolte le gomene il pallone si alzò nuovamente e continuò a navigare rapidamente fino a perdita di vista. Prima della partenza parlammo con Andrée delle probabilità del viaggio ed io gli dissi : - Che cosa fareste se il pallone scoppiasse 1 - Saremmo annegati o schiacciati, rispose Andrée. - Supponiamo che discendiate sui ghiacciai molto lontano nelle desolate regioni polari, che farete allora i - Faremo il nostro meglio per tracciarci una via di ritorno fin dove potremo arrivare. In questi ultimi anni noi abbiamo pensato, lavorato e calcolato preparando la spedizione, cosi che si può dire che noi abbiamo mentalmente vissute tutte le possibilità. Ora non desidsriamo che partire, e terminare la cosa in uoa maniera o nell'altra. - Quando possiamo sperare di aver vostre notizie 1 - Al minimo fra non meno di tre mesi; ma un anno e forse due passeranno prima che possiate sapere qualche cosa, e un giorno sarete forse assai sorpresi ricevendo notizie del nostro arrivo in qualche luogo. E se ciò non avverrà, se mai più avrete nostre notizie, altri seguiranno la nostra iniziativa, finché le ignote regioni del nord non siano state scoperte. (Century. Novembre).

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