RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI ITAUA: anno lire Il; semestre lire 8 - ESTERO: anno lire 7 j semestre lire 4. Un numero separato Oent. 20. Anno lii. - N. 9. Abbonamentoporla/e Roma 15 Novembrie897 Sommarlo. Lo Zonco - La verità sulla Triplice Alleanza. Dr. N. CoLAJANNI- La bandiera di Cavallotti. Id. - Per la lettera del Prof. Pantaleoni. LA R1v1sTA - Henry George. ADOLFOZERBOGLIO- Contro il domicilio coatto. Dott. CLEMENTEGRIMALDI- Per la crisi agraria. Prof. Lu1G1 CREDARO- Per la causa dei Sordomuti. Sperimentalismo Sociale. Rivista delle Riviste. Recensioni. '-~ Lav~rsituàlTlari~lAicll~ anza Per molti anni la democrazia italiana è stata sulla breccia a combattere la politica estera seguita dai ministri della monarchia sabauda senza altro appoggio, se non quello platonico, e poco efficace sulle masse popolari, che gli veniva da pochi moderati, specialmente lombardi - tra i quali emergevano a giusto titolo i !:enatori Jacini e Alfieri di Sostegno. La democrazia dalla sua campagna raccolse larga messe di calunnie volgari; il meno che si disse e si scrisse contro di e~sa si fu ch'era nemica della patria e forse venduta alla Francia. L'accusa scellerata, intanto, partivasi da uomini che non avevano mai fatto una politica veramente italiana e si erano mostrati servili sempre: ora verso l'Impero Francese, ora verso i due Imperi centrali. La democrazia a buon diritto potè rispondere ai suoi accusatori, che-essi avevano tradito i supremi interessi economici e politici del paese per odio verso la libertà. I fatti e le rivelazioni che si sono succeduti in quindici anni di alleanza coll'Impero Austro-Ungarico e colla Germania hanno dato ragione ai suoi avversari; tale alleanza, in un paese incolto e incosciente come il nostro cominciò a divenire impopolare quando le conseguenze economiche della medesima, per lucri cessanti e per danni emergenti, furono intensamente sentite. Un articolo della Nuova Antologia del 16 Ottobre è il colpo di grazia assestato in pieno petto alla Triplice, che potrà ancora essere rinnovata' ma che finirà col trascinare nella perdizione coloro che compiranno tale atto impolitico ed antinazionale. Il nome dell'autore dell'articolo: La politica estera dell'Italia e l'Alleanza (7anco-russa, Alfredo Frassati, non è quello, per quanto rispettabile, che dà la misura della sua importanza; nè questa cresce di molto pel fatto che esso ha visto la luce in una rivista diretta da un membro dell'ultimo ministero Crispi. La grande impressione destata nel mondo politico, l'ira che ha suscitato nella stampa tedesca (1) ed Austro-Ungarica, l' interessé sulla discussione della politica estera italiana, che ha svegliato in Italia, in Francia e in Inghilterra si spiegano agevolmente conoscendo che i giudizi del Frassati non sono veramente suoi, ma appartengono al Conte Di Robilant che fu per tanti anni ambasciatore del regno d'Italia a Vienna e ministro degli esteri rinnovatore della Triplice nel suo secondo periodo. Di fronte a tale uomo nessuno oserà dire che egli combatte la Triplice per odio alla monarchia e per poco amore di patria! Occasione al Frassati di scrivere gli venne dalla comunicazione fattagli delle bozze di stampa di un libro del Chiala ( La triplice e la duplice alleanza), che contiene lettere del Di Robilante copie di documenti diplomatici importantissimi. Vale la pena di riassumere il suddetto articolo, che segnalaigià nel numero precedente della Rivista. .. Il Frassati comincia dal constatare la grande importanza dell'alleanza Franco-Russa, che sposta il centro di gravità della politica europea, paralizza e toglie valore alla Triplice e prepara a scadenza, più o meno breve, una grande conflagrazione tra (i) Una nota diversa nella stampa tedesca l' ba portata la Leipziger Neusten Nachrichten, ispirata da Bismark, eh' è tutto latte e miele per l' Italia. Confessa anzi che il Principe di Bismark volle sempre che alle medesima si lasciasse piena libertà di commisurare le spese militari colle sue condizioni economiche.
!62 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCfENZESOCIALI Francia e Russia da un lato, Austria e Germania dall'altro. La costituzione della Duplice se ha ferito i due imperatori centrali, non ha toccato menomamente l' Italia, eh' è tornata un el~mento importantissimo nell'equilibrio europeo, perchè in caw di guerra potrà far pendere la bilancia da un lato o dall'altro, e la cui alleanza, perciò, oggi è ricercata ed apprezzata più che pel passato, quando Austria e Germania ritenendosi abba~tanza forti per accoppare la Francia isolata, ci cons·deravano e trattavano come una quantità trascurabile. Il primo periodo della Triplice fu utile all'Italia, perchè la Francia ci minacciava collo spettro della questione romana; maggiormente, però. giovò alla ,Germania che dopo il 1871 sentivasi odiata e insidiata da tutti. Ma anche in questa prima fase, in cui potè esser.-:i utile, perchè ci fece prendere nella dovuta considerazione di grande potenza colla quale si dovevano fare i conti, ci ferì a sangue il contegno dell' Aust1·ia. Questa non solo ci umiliò negandoci la restituzione della visita in Roma; « ma « non voleva nemmeno accettare la clausola della « scamrievole gua1'entigia territoriale, che acc~ttò « rnlo quando si convenne, che non solo il trattato, « ma l'esistenza stessa del trattato doveva rimanere « segreta ! » Queste sono parole testuali del ·Frassati; ed è suo il punto esclamativo, che indica quanto burbanzosamente ci trattò sempre l' Imperatore d'Austria. É chiaro che i ministri del1' impero austriaco ci consideravano come si considera l'autre, la mantenuta, che si gode durante la notte, ma con cui si ha vergogna di confessare la relazione alla luce del giorno .... Tanta vergognosa umiliazione inflissero i servili ministri all'Italia! (1). Continua il Frassati: era conveniente per l'Italia di rinnovare la Triplice nel 1887? Il pericolo clericale non aveva più l'importanza di una volta ; non poteva, almeno, essere adoperato dai nemici esterni. Nel mantenere o nel modificare l'equilibrio nel Mediterraneo la 1'riplice non ci aveva giovato e non poteva giovarci perchè di esso non si occupava l'Alleanza; dunque la Triplice c'imponeva molti obblighi e ci era causa di danni senza procurarci alcun vantaggio. Era questo precisamente il pensiero di Robilant ministro per gli Esteri nel 1887 e lo manifestò in modo reci,o e dignitoso al conte De Lauoay nostro (J) Altre recentissime rivelazioni che un uomo autorevole ba pubblicato sull'l 1'ribuna aggravano la responsabilità dei governanti. Risulta dalle medesime che fu imposto da B'smark il viaggio dei Reali a Vienna, pur rnpendo che 'l'Imperatora d'Austria non avrebbe restituita la visita a Roma. Il nostr, alleato fu leale; i sovrani.... contarono sulla su'¼cavalleria! A tanta umiliazione tutti quanti si rassegnarono perchè credettero imminente una guerra colla Francia. ambasciatora a Berlino (dove faceva e fece sempre la figura di staffiere di corte e non di diplomatico), che lo sollecitava a rinnovarla ed a procurarsi un convegno con Bismark. Robilant fieramente dichiarn: « la triplice TALE E QU.\LE M~ T,A RINKOYERÒ MAI ». Egli non era affatto soddisfatto del contegno della Germania e considerava le assicurazioni sue come una vera canzonatura (ses assurances de bien vouloir sont un peu de l' eau bénite de Cour); e conchiu_deva che l'Italia « era stanca di « questa alleanza infeconda e che sarebbe sem- « pre improduttiva per essa ». La rinnovazione della Triplice, adunque, fu un grave error!l nel 1887; l'errore fu maggiore quando venne rinnovata nel 1891 per la seconda volta; peggio ancora se alla sua scadenza nel 1904 la si volesse continuare per un quarto periodo. Austria e Germania che si sentono minacciate hanno tutto l'interesse di continuarla; non ne ha alcuno invece l'Italia, che dovrebbe seguitare a raccoglierne disillusioni, danni e umiliazioni - e che abbiano interesse a continuarla le nostre alleate lo dice chiaramente il viaggio di Goluchowsky a Monza. D'ovremmo rimanere isolati ? Così non pensava il Di Robilant, che volle stringere accordi coll' Inghilterra e che li annodò infatti. Ciò afferma il Frassati; ma lo smentiscono autorevoli giornali inglesi, ed ai giornali inglesi è venuto a dare ragione l'on. Marchese Cappelli, che fu segretario del Di Robilant e che nella lettera al direttore della Nuova Antologia ( l O Novembre) dichiara non esservi stato che uu·entente cordiale. L'unione tra l'Italia e l'Inghilterra tanto indicata nel 1887, conclude il Fras 0 ati, s'impone adesso dopo la proclamazione dell'alleanza franco-russa. Questa seconda e nuova duplice rimarrebbe l'arbitra vera dell'equilibrio europeo. * * * Farò breviss:mo commento all'articolo del Frassati. Se il R. Fisco di Roma prepotentement-3 non aves$e sequestrato il Numero 5 del 3° anno della Rivista Popolare i suoi lettori saprebbero che gli apprezzamenti del suo Direttore On. Colajanni collimano perfettamente con quelli del Frassati sul valore e sul significato dell'Alleanza Franco-Russa. In quanto alla Triplice ed alla convenienza di rinnovarla alla sua scadenza non e' è il menomo disaccordo tra lo scrittore della Nuova Antologia e ciò che sempre è stato rnstenuto qui e in tutti i giornali democratici d'Italia. Ho da fare delle riserve sull'alleanza inglese. Questa sorgerà $p0ntanea in certe emergenze e quando i comuni ioteressi correranno qualche periccdo; ma non mi pare che tale alleanza sia da consigliare come sistema assoluto per la nostra po-
RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI 163 litica. Essa servirebbe, non a mantenere l' equilibrio nel Mediterraneo, ma a consolidarvi la preponderanza dell'Inghiltera a danno delle nazioni, che dovrebbero esercitarvi naturale e legittima influenza; a danno, cioè, dell'Italia, della Francia e della Spagna. Pare a me che il Frassati avrebbe potuto insistere nel lumeggiare il cinismo e la tristizia di Bismark - che appaiono evidenti dalle rivelazioni della Tribuna - e la slealtà della Germa· nia, che crearono Tunisi, ma si rifiutarono sempre ad aiutare i nostri governanti nelle loro rivendicazioni contro la Francia; avrebbe dovuto del pari ricordare che i precedenti autorizzano a sospettare che, mutatis matandis, lo stesso trattamento potremmo ricevere dall'Inghilterra. L'Inghilterra c' incoraggiò ad andare a cere ire le chiavi del Mediterraneo nel mare Rosso - ed è grande fortuna, aggiunge il Frassati, se non vi abbiamo perduto le chiavi di casa -; ma non dovevasi dimenticare che l'Inghilterra sul continente nero verso di noi si chiarì nemica anzichè amica. Il passato non deve ammonirci sulla sorte che ci toccherebbe nell'avvenire? Del resto in Inghilterra, dove il regime parlamentare è cosa vera e non volgare mistificazione come in Italia, i trattati a lunga scarlenza e impegnativi per la politica continentale non godono sim• patia nella pubblica opinione; ed è follia sperare che uno se ne possa conchiudere tra le due Corti da dovere rimanere segreto e sottratto alrapprovazione del Parlamenlo. In Inghilterra la monarchia politicamente è zero; in Italia ... E colla diverdità della posizione che la monarchia occupa iu Italia e in Inghilterra mi permetto domandare al Frassati, senza attenderne risposta: come va che Mmcini che non aveva simpatie per la Triplice, come non ne sentivano Di Robilant, Crispi e Di Rudinì - i quali tutti più o meno la giudicarono disastrosa - essi intanto la subirono e la rinnovarono? Quale forza misteriosa s'impose al Robilant e gli fece ringoiare il suo jamais? Il Frassati volge cortese rimprovero a coloro che ingiustamente, a suo tempo, accusarono il Di Ro bilant di servilismo verso la Germania, e nella lettera . diretta dal Ministro al De Launay scorge la smentita solenne all'accusa. Sia. Di Robilant non fu l'umile servitore della Germania; ma non fu fiero oppositore verso chi gl' impose di rinnovare un alleanza che egli giudicava infeconda, improduttiva, pessima. E per l'Italia il servilismo verso la forza misteriosa indigena, nelle conseguenze, equivale ·perfettamente a ·quello verso la Germania. I quindici giorni passati avrebbero potuto diminuire l'interesse sulle rivelazioni del Frassati; ma a restituirglielo _intero- oltre un affannosa lettera del Chiala, che dopo avere scagliata la pietra si è spaventato chA sia andata a colpire un bersaglio sacro - sono venuti una lettera dell'on. Crispi al Times ed un suo articolo sulla Duplice e Triplice nella Nineteenth Century, la citata lettera del1' on. Cappelli alla Nuova Antologia e le rivfllazioni dalla Tribuna. In quanto all'epistola dell'on. Cappelli non si tratta che di un pietoso tentativo di riabilitare la Triplice, ma in quella lettera egli non adduce un solo fatto che possa modificare il severo giudizio del Di Robilant e si limita ad interpretare a modo suo il pensiero chiaro e limpido del superiore, quasi fosse oscuro come il dantesco Pape Satan Aleppe. Nulla di nuovo da parte sua ci rivela l'on. Crispi. Nel Times protesta contro l'attribuitagli opinione che avrebbe voluto lasciar cadere la Tri • plice. Sapevamcelo ! Intanto chi non lo conosce intimamente tale opinione può benissimo attribuirgliela, perchè egli quando non era ministro, pel passato, giudicò sempre severamente l' alleanza dell'Italia coi due Imperi centrali; se ora muta linguaggio è segno, che non spera più ingannare nessuno e dispera di riafferrare il potere. Meno male. Ciò che dice sulla Duplice e sulla Triplice nella rivista inglese è piuttosto banale: qualunque frequentatore di farmacia potrebbe mostrare competeoza uguale alla sua nel trattare di politica estera. Ma non manca la nota sua - tutta sua. Come nella lettera al Times la megalomania appare schiettamente quando si degna di dare 30 punti in condotta a lord Salisbury perchè si era mostrato suo accorto cooperatore; così il cinismo politico si rivela altrettanto chiaro nell'articolo nel parlare del diritto che aveva la Germania sull' Alsazia-Lorena e che fece valere nel 1871. Il diritto del resto venne consolidato da venticinque anni di dominio.. A tale stregua i cinquant'anni di dominio dell'Austi-ia sarebbero stati bastevoli a consolidare i suoi diritti sulla Venezia. Non parliamo di quelli del Papa suRoma: sarebbero stati consolidati da molti secoli e di fronte al diritto pubblico dell' on. Crispi i clericali non avrebbero torto considerandoci come usurpatori. · L'ex Presidente del Consiglio, preannunzia una guerra non lontana - è c'è da temere che qui non si sbagli - e conchiude da par suo, romanamente: caveant consules ! Sicuro: i governanti dovrebb(lrOprovvedere; dovrebbero ricordar~i che la loro politica mette in pericolo la patria. Qualcuno, poi, dovrebbe ricordare che la politica estera dinastica degli Stuarts li fece cacciare dal!' Inghilterra. Si sa che certe situazioni storiche si ripetono .... LO ZOTICO. N. B. L'iunico nostro e collaboratore Giuseppe Paratore sludiosissimo della Germania ha raccolto alcuni giudizi
RIYISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI veramente tipici sulle cose nostre, che sono 11tati emessi dai nostri cari alleati. Per caso ne venimmo a conoscenzae ne riproduciamo alcuni, che sono il migliore e più eloquente commento all'articolo dello Zotico ed una risposta perentoria agli amici della Triplice. È noto che la Franfurter Zeitung sia stata la prima a scagliarsi contro l'Italia all'indomanidell'articolo del Frassati proclamando finito il nostro prestigio militare dopo Adua e riconoscendo che le nostre condizionieconomiche ci al!ontanavano dalla Triplice. Mentre Re Umberto andava ad Homburg la bismarkiana . Zukunft di Berlino scriveva: La Ti-iplice non fu creata « per l'eternità; fu e resta il risultato di un bisogno mo. « mentaneo. Oggi è una larva. Per l'italiano il tedesco è « uno straniero, l' austriacu un odioso nemico; l'odio ita- « liano contro gli austriaci non si spegnerà mai, come « non si spegnerà quello dei magiari e degli czechi con- « tro i tedeschi. Vorremmo pro« prio che la Triplice « scendesse in <'ampo per rndere lo czeco combattere « contro un Russo, per vedere un italiano affratellarsi « sul medesimo campo con un austriaco.... » La Zukunft era s•ata giusta e veritiera nei suoi ?P· prezzamenti. Venne il Dr. Meyer - un deputato del Reichstag - e nel Deutsche Blatter, e nella Zukunft ad un tempo con un suo articolo rincarò la dose. Dopo aver provato che l'Italia è una nazione passiva; che la rottura colla Francia le era stata fatale; che l'aumento d' imp@rtazione e di esportazione tedesca non compensa la diminuzione francese conchiude con queste frasi che certamente saranno trovate insolenti dagli amici della Triplice: « Che cosa ci fa l'Italia nella Triplice 1 É una velleità in- « giustificabile.Non reca nessun contributo alle alleate, « non fa che uccidersi più presto ! ... » Finisce notando che le estremità del grosso mostro - l'Europa - sono morte o presso a morire; e queste estremità sono la Turchia, la Grecia, l'Italia e la Spagna. Possono immaginare i lettori della Rivista la indignazione d.eìnostri triplicisti se un francese, non in una importante Rivista come la Zukunft, ma in un giornale boulevardie1· avesse paragonato l'Italia alla Turchia 1 E non insistiamo più oltre su questi giudizi tedeschi, non riprodotti da alcun altro giornale perché. noo ce n' è proprio bisogno. LA RIVISTA. LA BANDIERA DI CAVALLOTTI .1JdEttore Sacchi. Alla vigilia della riapertura dei battenti di Montecitorio e nel momento, in cui il peggiore dei trasformi ,mi è sotto incubazione, e germogliante dalle impure sorgenti della paura. dello scetticismo e della corruzione, mi pare che nou debba riuscire inutile un po' di discussione a base di sincerità tra persone, che a Montecitorio si troveranno sugli stessi banchi. Mi rivolgo a te, o caro Sacchi, perchè son certo che appartieni alla falange non numerosa di coloro che l'opera propria non consacrano alle cospirazioni e alle insidie parlamrntari intese ad abbattere e modificard un ministero per arraffare un brandello di 1otere e senza preoccupazione alcuna della urgente necessità di sostituire non uomini sol.auto ma idee e metodi di governo nuovi a quelli, cbe sinora hanno fatto si misera prova ; e mi rivolgo a te, ancora, per l'amicizia personale antica che ci lega e che in parte è anche politica. Tu ed io, infatti, abbiamo comune la fede immutabile di Alberto Marionellasovranitànazionale, le cui conseguenze ed applicazioni illustrò bellamente nella Lega della democrazia colle sue br:llanti polemiche cun i vari rappresentanti dei partiti monarchici italiani. E c'è altra, tassativa indicazione che m'induce arivolgermi aie. Tu nel discorso breve, ma che voleva essere pratico e gravido di buoni risultati politici, che pronunziasti il 17 Giugno scorso credesti lanciare un appello, che dovrebbe servire di addentellato a futurn e più proficue lotte parlamentari. Ed ora, in questi tempi di profondo perturbamento morale e politico, parmi necessario esaminare la realizzabilità dell'idea. nell'appello contenuto affinchè non si abbiano a deplorare nuovi equivoci, nuove confusioni e nuovi disinganni a detrimento degli interessi vitali del nostro disgraziato paese. Dopo avere constatato eh~ la nostra vita politica è grama assai, sotto tutti gli aspetti, tu allora conchiudevi: < Si costituisca un partito di Governo che innalzi < per bandiera In, difesa degli umili, dei poveri, la « difesa deg:i interessati che sono sempre oppressi; < sorga un uomo che si metta a capo di un tale par- < tito e lasciata ogni illusione di alleanze con altri « partiti, sorgi tu 011,vallotti e sventola la bandiera < di queste nuove battaglie. (Movimenti in senso di- « verso). Ad ogni modo, sia egli o un altro che in- < tenda questa necessità, certo è che non vi sarà mai < fiducia verso il Parlamento, fin che si crederà che < Govèrno e maggioranze parlamentari sono non ad < altro destinati, che a tenere alti gl' interessi del!e < classi favorita, a dif,mdere quello, che ho già detto < e ripetuto, conchiudendo, altro non essere che in- « dirizzo di Governo conservatore. (Benissimo l Bravo! all'estrema sinistra) ». Potrei dimostrarti che sbagli affermando essere conservatore l'indirizzo del governo da alcuni anni in quà; e tu stesso ficcando lo viso al fondo, penetrando al di là della superficie, converrai che gli uom:ni nelle cui mani è passato da tempo, - sempre in malo modo - il potere sono i più incoscienti ed efficaci ed instancabili demolitori che la storia possa ricordare. Se mai potrebbero chiamarsi reazionari altrettanto incoscienti. Guarda un po' ai conservatori inglesi e saprai onestamente dirmi se ben mi appongo nel dissentire da te. Sia quel che si voglia l' indiriizo del governo: conservator·e, demolitore o reazionario tu vorresti mutarlo e invochi un nuovo programma ed un degno suo vessillifero: Oavallotti. Spero che vorrai
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZE"SOCIALI 165 concedermi essere in. me, per lo meno altrettanto vivo quanto in. te l'affetto per Felice Cavallotti; ora l'affetto che per lui nutriamo deve incl.urci ad esaminare serenamente la sua posizione attuale, esame che non deve mirare ad esaltare o a diminuire un individuo, ma a valutarne l'efficienza politica: qual' è e quale potrebbe essere nel P.irlamento e nel paese. Questo esame devo farlo precedere da una dichiarazione, che potrà dispiacere ai miei carissimi amici politici, che potrà prestarsi ad interpretazioni erronee - come or è più di un anno si prestò l'ipotesi - inverificabile - dello avvento della Estrema sinistra al potere sotto la Monarchia. Conscio di ciò la faccio, perchè es% potrà servire a farli apprezzare con tutta equanimità quanto sarò per dire sulle illusioni, che nutri rivolgendoti a Cavallotti, alt' homo novus, affiochè sventoli la nuova bandiera - che sarebbe però quella vecchia ed onorata della democrazia. La dichiarazione è la seguente: avrei preferito che non fosse avvenuta la costituzione del gruppo par-lamentare repubblicano e che l'estrema sinistra avesse continuato, come pel passato, a combattere le sue battaglie unita nella tattica parlamentare non ostante le sue varie tendenze, che - salvo poche eccezioni - più che diversità sostanziali rappresentano sfumature di un medesimo concetto fondamentale: quello della Sovranità nazionale, come risultò ali' evidenza dall' amichevole discussione nella Sala Rossa ali' indomani delle ultime elezioni generali. Avrei preferito, del resto, che fosse rimasta immutata l'antica Estrema, perchè a me sembra - e posso sbagliare - che in tale modo più rapidamente ci saremmo avvicinati alla realizzazione dell'ideale di coloro che promossero la costituzione del gruppo repubblicano parlamentare. Avvenuto il distacco, per un complesso di circostanze che non occorre ora discutere, e che in parte si connettono con un movimento in senso analogo accentuatosi nel corpo elettorale, ciascuno ha dovuto prendere il posto, che le proprie convinzioni gli assegnavano. Qual' è la posizione di Cavallotti nella Camera? quale nel paese ? a che cosa poti-à riuscire la sua inesauribile energia? realizz_eràl'ipotesi-da me dichiarata inverificabile - di condurre l' Estrema a bandiera spiegata, con tutto il suo bagaglio di tendenze e di riforme al potere sotto la monarchia, come tu speri ed auguri ? Quando tu il 17 Giugno nominasti Cavallotti come vessillifero del nuovo indirizzo di governo, tra i deputati avvenne un movimento in senso diverso· Così dice il resoconto ufficiale, e tu sai che cosa indica tale frase. La verità è questa ed è amara. Da ogni parte della Camera quando parla Cavallotti si affollano i deputati per ascoltare ed ammirare l' 01·atore; forse nessuno, pensa che dietro l' eloquente poeta possa esservi il futuro Ministro. E ciò non perchè gli neghino il talento superiore e le attitudini necessarie; ma per un mon.do di ragioni morali o immorali se meglio ti piace, che non posso adesso sottoporre ad an.alisi minuta e che derivano dalle qualità dell'uomo, dall'azione spiegata in venti anni di vita parlamentare, dalle sue stesse più innegabili benemerenze. La verità è che a Montecitorio attorno a Cavallotti e' è una triste fioritura di odì, di paure, di invidie in. tutti i settori - non escluso quello del1' Estrema. Sono anche convin.to che se domani - ipotesi davvero strana, quasi pazzesca - quella stessa forza misteriosa e innominabile che ha spesso imposto i ministeri non sorgenti dalla situazione parlamentare, e eh' è stata sempre ubbidita, insediasse Cavallotti sul banco dei Ministri, noi assisteremmo ad una incredibile ribellione. Tu potrai soggiungere : la bandiera Cavallotti dovrà sventolarla nel paese, che in una futura o in successive elezioni dovrebbe dargli la base parlamentare, che attualmente gli manca. Permettimi, che ti sollevi una pregiudiziale. Nel discorso del 17 Giugno scultoriamente tu dicesti : « Nel concetto delle masse popolari distinzioni fra « gli uomini ed i partiti politici non si fanno, ma si « considera il Parlamento ed il Governo non altro < che istituzioni chiamate ad opprimere le masse po- « polari. :> Il perchè di questo severo giudizio del Paese contro il Parlamento e contro il governo qui, nella Camera e altrove più volte esposi ; oggi è stato nettamente formulato da un sincero amico della :Monarchia : dal nostro ottimo amico personale Leopoldo Franchetti ; e se tu avessi dimenticato il processo che condl.l,'!seil popolo italiano a tanto scetticismo ed a tanta diffidenza, ti manderei alla lettura del suo articolo nell' ultimo numero della Nuova Antologia. In tali condizioni psicologiche del paese credi tu possibile che si possa intraprendere una fruttuosa campagna in nome di un partito parlamentare? Nulla ti dice il fatto che dovunque non prevale l'intrigo, la corru~ione, la frode e la violenza; dovunque non parlano gli affetti personali e le tradizioni, vengono fuori trionfanti dalle urne candidati schiettamente repubblicani o socialisti, wlo perchè rispecchian.o la diffidenza generale, che e' è nel paese contro i partiti parlamentari di governo ? Supponiamo, pure, che la bandiera che dovrebbe sollevare Oavallotti possa operare un miracolo - e sarebbe miracolo il mutamento rapido delle con-
166 RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI dizioni psicologiche e politiche delle ma;se. Perché il miracolo fosse possibile sarebbe neceisario che ogni equivoco fosse dileguato sul significato, che dovrebbe avere dinanzi alle masse quella bandiera ; nessuno dovrebbe sospettare che tra le sue pieghe si nascondesse qualche aspirazione poco parlamentare. Ora tu stesso - te ne ricordi? - passeggiando nella grande piazza del Plebiscito in Napoli mi confessavi, addolorandotene, che attorno a Cavallotti ci sia un'atmosfera ·di sospetti: sospetti nelle sfere .governative ; sospetti e diffidenze nelle sfere popolari ; sospetti e diffidenze in queste ultime, che tacciono soltanto quando Cavallotti sventola la bandiera della libertà o della morale senza accenno o preoccupazione o aspirazione al governo: accenno, preoccupazione o aspirazione eh' egli mai manifestò e che solo gli amici troppo zelanti gli attribuiscono. - Dato un siffatto ambiente non ci ha chi non vegga che un' intrapresa politica, quale tu la vagheggi colle migliori intenzioni di questo mondo, sarebbe destinata a fallire miseramente. Giova aggiungere che le relazioni di Cavallotti col Secolo, cui la democrazia tanto deve - checch.è ne pensino alcuni intransigenti - servono a rendere più fitta l'atmosfera dell'equivoco. É nel Secolo del 18 settembre scorso a proposito delle voci di crisi che si leggono affettuosi rimproveri a Cavallotti per le illusioni che conserva ancora e si conclude : « Che Giolitti e che Zanardelli ! Meglio « Crispi. Sarebbe un modo di affrettare l' avve- « nire. » Concederai che l'avvenire, cui qui si allude, non sia quello verso il quale dovrebbesi marciare sotto la bandiera del bardo di Cortoleona. Facciamo un altro passo su quella che a me sembra la via dell' inverosimile ed ammettiamo che Cavallotti prenda una netta decisione e quale tu la desideri. Non sarebbero aumentate le probabilità del successo per la causa che egli prenderebbe in mano. Si comprendono le lotte elettorali con alti intendimenti di rinnovazione dove non ci sono ostacoli estrinseci e forze superiori, più o meno intangibili, che paralizzano le forze dei combattenti. In Inghilterra, ad esempio, non ci sono prefetti, non sottoprefetti, non questori, non delegati, non intendenti di finanza, non provveditori agli studi ; non un meccanismo poderoso in continua attività ; non una rete fittissima d' istituzioni tutte intese a soddisfare la vanità, le concupiscenze, gl'interessi, legittimi e illegittimi, che pullulano nelle masse. E per riuscire a siffatta condizione di èose, in Inghilterra, tu lo sai, .occorsero due rivoluzioni; delle quali una terminò colla cacciata in esilio di Giacomo II0 e un'altra facendo rotolare dal patibolo la testa di Carlo 1°. In Italia invece sono vive ed efficacissime le forze superiori e la rete delle istituzioni, che chiamerò perturbatrici della coscienza popolare sono maneggiate da coloro, che sono e saranno nemici irreconciliabili di Cavallotti. Se il paese nella sua grande maggioranza fosse colto, cosciente e sopratutto attivo si potrebbe sperare che esso riuscirebbe a rompere le reti ed a mettere a posto le f01·ze superiori senza distrurle. Ma purtroppo, tu sai bene, che le masse versano in deplorevoli condizioni. In piena Camera, dissi altra volta che il paese era peggiore di Crispi e tu ricorderai che qualche comune amico entro l'aula si rammaricò della mia brutale asserzione ; ma nei corridoi nessuno seppe darmi torto. Questa constatazione ultima potrebbe giustificare gli ultra-pessimisti, che disperano e si sottraggono dalla lotta., e i pratici, che si acconciano a vivere, ed anche a prosperare, nel brago. Non appartengo nè agli uni, nè agli altri e penso che combattendo ed educando sempre, l'ambiente si modificherà in meglio, e si potrà prepc1.rarloa quegli eventi che il tempo, gli errori a le colpe degli uomini vanno maturando. Parmi altresì che in quest'opera di educazione e di preparazione, date le diffidenze e i sospetti che destano gli aspiranti al pote, e, si possano ottenere risultati tanto più sicuri e maggiori, quanto più noto e indiscutibile è il disinteresse, almeno immediato, di coloro, che vi si consacrano. E qui mi arresto, non perchè non avessi altre considerazioni da sottoporti, ma perchè temo, continuando, di annoiare te e di stuzzicare il Fisco permaloso di Ro.na; e a questo proposito nella tua lealtà devi riconoscere che in ogni polemica su certe quistioni politiche ai repubblicani viene fatta una po~izione d'inferiorità. Essi, se non vogliono vedere sequestrati i loro scritti, e perciò soppressa ogni discussione, devono tacere gran· parte di ciò, che potrebbero dire, e il poco che dicono lo devono esporre con perifrasi e con locuzioni oscure e con caute reticenze, il cui senso spesso sfugge alla comune dei lettori. Conchiudo, augurandomi con te, che Cavallotti si decida : o a sollevare la bandiera chE;t:ui vorresti porgli in mano ; o a romperla apertamente coi propositi che, gli uni per denigrarlo, gli altri perchè sperano buoni risultati dalla loro realizzazione, gli affibbiano e dai quali, io credo che sia alieno. Faccio l'augurio perchè se anche la decisione sua d0vesse essere nel senso del primo termine del dilemma il paese avrebbe da guadagnarci sempre : o il tentativo approderebbe e tutti - me compreso - si rallegrerebbero di vedere ar,·i vare al governo un uomo i cui precedenti offrirebbero la migliore garanzia di moralità, cl i patriottismo e d'intelligenza; o fallirebbe e si avrebbe un'ultima delusione riso-
lUVISTA POPOLAH.EDI POLITICALETTEllE E SCIEJ\ZESOCIALI 167 lutiva. In questo secondo caso son sicuro che molti attualmen 1 e incerti vel'rebbero ad ingeos,are le fila del p:i.rtito repubblicano. L'amico Franchetti spiegando il suo passaggio dal Ministerialz'smo ali' Opposizione ha ceeduto di avere staffilato con simpatica impertinenza un uomo e combattuto un ministero; ma quando egli esclama: « non invano sono trascorsi trentasei anni di « governo di clientele; la nazione è matura per « approfittare dell'amara esperienza » a me pare che il suo colpo sia andato al di là del segno. Egli confida nella costituzione di un partito radicale conservatore, che dovrebbe far capo forse a lui; tu speri nella formazione di un partilo radicale progressista guidato da Cavallotti. A me pare, invece, poggiandomi sulle confessioni tue e di Franchetti che dopo l'amara esperienza di trentasei anni la nazione sia matura per qualche cosa di radicale, ma che non sia nè il partito progressista, nè quello conservatore. La nazione li ha visti entrambi alla prova. Dott. N. C0LAJANNI. La lettera del Prof. Pantaleoni pubblicata nel numero precedente della Rivisl:a ha avnto nella stampa liberale italiana l'accoglienza che si meritava per la nobiltà e sincerità dei propositi manifestativi. C'è stata un eccezione e confesso che mi è riuscita delle più dolorose. Nel Don ChiscioUe il Samceno, cli ordinario tanto cauto ed esatto, ha fatto segno l'amico carissimo e veramente illustre ad apprezzamenti ingiusti, cbc hanno provocato una risposta opportuna del Prof. De Viti Dc i\'larco (//vanti, '.0 3 I7). Qualche cosa sento il dovere di aggiungere anche io a ciò che il De Viti ha detto sulla parte rappresentata dal Pantaleoni nella denunzia delle ruberie (\ella Banca Romana, ed è questo: Nel breve periodo corso clal20 Dicembre 1892 al 19 Genn11io ,1893 - giorno in cui avvenne l' arresto ciel Tanlongo - quando era incerto ancora l'esito delle rivelazioni, e quando io in Parlamento e nel giornali agli stipendi della Banca Romana ero fatto segno alle calunnie più infami e alle minaccie più ridicole, il Pantaleoni al ministro cbe gli ricordava esservi un Codice Penale che assicurava la prigione ai clilfamatori rispose fìeramrnte: « Se avete mandato « al. Senato il laclro cbc io accuso, è logico, in ltalia, < che vogliate manclarc in prigione l'accusatore ». Dopo il 19 Gennaio ,1893, quando molti, senza ragione alcuna, volevano avere la loro parte di merito nella pubblicazione Clelia relazione Alvisi, il Panta leoni con una modestia rara, anzi eccezionalissima al giorno cl'oggi, non si fece mai bello clcll'opcra sua. Dovetti Lrasgreclirc le vive raccornanclazioni Jattcmi narrando in Bcmclte e J>arlarnc11/o la partr principalissilna (la lui rappresentata in tutto quel pcrioclo cli aspre battaglie parlamentari e giornalistiche, che fruttarono a lui ed a mà inimicizie irreconciliabili ccl amarezze indicibili. Il Saraceno, con cvi(lentc ingiustizia, ha voluto altenua1·e i meriti scientifici del Panta leoni, e me ne dispiace per la sua meritata fama cli uomo colto e studioso. Può essere vero cbe i libri e le pubblicazioni del secondo non abbiano sollevato rumore tra gli incompetenti; ed a questo riSL1ltatocertamente ha contrilmito l'indole dell'autore che rifugge dalla rèclame volgare e spesso non gratuita, ma il mondo scientifico vero lo tenne sempre in grandissimo conto. A provare l' esattezza di questo giudizio se non bastassero i risultati del concorso per la cattedra cli Economia politica nella maggiore università del regno d' Italia, soccorrerebbe il fatto che il governo del Cantone di Ginevra ha creduto di ~ dover derogare alla regola e cli fargli eccezionali condizioni pur cliaverlo in quella libera Università. i.Hadove l'errore del Saraceno è più evidente è nel ritenere, che il Pantaleoni abbia abbandonato l'Italia, perchè stanco di lottare concludendo che il caso suo costituisce la prova della swrsa e fiaccafibramorale tra noi, mentre presso allri popoli sono numerosie splendidii comballenl'di elleidee,ed operauosante conquiste di cose buone e belle. Si, amico Saraceno, pur troppo è vero che in Italia è scarsa e fiacca la filJra morale nei combattenti; ma hai avuto torto nell' applica re tale verità a i.Uaffeo Pantaleoni ecl io sono convinto che Lumale giudicasti perchè non leggesti la sua lettera, ma ti lasciasti suggestionare tlall'crronro apprezzamento enunciato clai carissimi amici dcli' Italia cielPopolo cli i\lilnno. Leggila e ti convincerai che il Pantalconi non scappa dall'Italia per non combattere, ma se ne va pcrchè crccle che in Italia non possa ulillncntc combattere, e va a prendere posto di ballaglia clovcegli pensa che possa riuscire pit'Lproficua alla patria l'opera sua. Egli non è stanco; tutt'altro - e lo mostrerà. Sono di avviso che pel paese nostro sarebbe stato più utile che il Pantaleoni rimanesse tra noi e la lettera da lui inclirizzatami prova che non esitai a manifestargli, con parole calde cliaffetto, il mio pensiero. Egli, invece, 1u di diverso parere ; ma son sicuro che non tarderà a darmi ragione ; e quando ì\Iaffco Pantaleoni sarà ritornato in Italia, avremo riacquistalo un comballente forte, dotto e leale per la conquista di cose buone e belle. Or. NAl)OLEO~J,;COLAJ.\K~I. HENR Y G-EORG-E La Rivista Popolare mancherebbe al suo dovere se non comacrasse una pagioa all'uomo che è caduto combattendo sul terreno politico sociale e amministrivo in New-Yor·k forse alla vigilia del proprio trionfo. 11 telegrafo come annunziò la morte di Henry
.J.68 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI George del pari ci ha fatto sapere che i suoi funerali dettero luogo ad una manifestazione quale non si era vista più dopo le esequie del generale Grant. Henry George, però non era stato il vincitore delle grandi battaglie - famosa quella di Richmond - contro i secessionisti, che salvarono l'unità della repubblica delle stelle; nè era stato per due volte Presidente della Repubblica come Grant; la grandiosità. della manifestazione in suo favore, quindi, ha qualche cosa in sè che induce a meditare sulle cause che la determinarono e che quasi incoraggia a sperare nella maturità dei tempi per la realizzazione di quelli ideali, incarnati nella .persona del George. Henry George non fu generale vittorioso non fu capo di un grande Stato - le due posizioni ufficiali che impongono di ordinario rispetto e ammirazione alle masse - egli fu appe~a candidato alla presidenza della repubblica ed al posto di sindaco di New-York, posto d' impo1·tanzapolitica enorme; è morto negli ultimi momenti della lotta per ot tenere questa carica, a causa del grandi~simo lavoro cui era andato incontro. Henry George 'era uno scrittore socialista; ma di natura tale che la sua propaganda assunse quasi il carattere di un apostolato religioso. Ciò spiega la sua popolarità straordinaria e la commozione dell'America del Nord e di buona parte dell'Europa all'annunzio della sua morte. Di George si hanno, oltre numero,i articoli di giornali e riviste, tre libri: Progresso e povertà, Problemi sociali e La lettera a Leone XIII sulla Enciclica DE COKJHTION~:OPlFlCl,;.\[. Progresso e povertà fu l'opera che gli assicurò di un tratto la celebrità, Non c'intratterremo ad esporre le dottrine e il mezzo - l'imposta unica - per realizzarle, che egli espose in questa ricerca intorno alle cause delle cJ,epressionindustriali e dell'accrescimento della miseria col crescere della ricchezw perchè di esse più volte venne fatto cenno in questa stessa rivista e tutti i giornali politici d'Italia in occasione della morte del ioro autore s'intrattennero; ricorderemo soltanto che di Progresso e povertà si sono vendute molte milioni di copie uell' America del Nord; se ne fe. cero tre edizioni - di 60 mila, di 40 mila e di 18 mila copie per una - in Inghilterra; e si fecero traduzioni in tutte le lingue. Per comprendere l'azione esercitata da questo libro bisogna leggel'e ciò che i coniugi Webb hanno scritto sul nuovo indirizzo socialistico delle Trade Unions, che in grandissima parte attribuiscono al fascino del libro di George. Tutti gli economisti, più o meno ortodossi, sentirono il bisogno di combattere la sua teoria ed in Italia Achille Loria nell'ultima sua pubblicazione - La proprietà fondiaria e la quistione sociale - e il MosèDari nella Prefazione alla traduzione dei Problemi sociali ne hanno fatto una critica perspicace, sebbene da un punto di vista diverso. I Problemi sociali non ebbero la stessa fortuna di Progresso e povertà sebbene contengano gli stessi pregi e gli stessi difetti; notiamo che vi predomina un soverchio pessimismo sulle condizioni degli Stati Uniti, che viene smentito dai fatti e dalle statistiche più accurate. La lettera a Leone XIII è quale poteva scriverla un vero cristiano imbevuto sino alle ciglia dello spirito animatore della religione di Gesù di Nazareth e che si sdegna delle mezze misure, dei tentennamenti, degli opportunismi del suo preteso rappresentante in terra. In tutti gli scritti del George c' è qualche cosa d'ideale e di mistico, che riesce a penetrare il cuore delle masse, anche quando non ne illumina la mente. Di Progresso e povertà Henry George scrive: e qualunque sia il suo destino esso mrà « letto da qualcuno che nel fondo del suo cuore « ha impresso l'emblema di una crociata. La ve- « rità, che io vi dico tr.overà amici che lavora• « ranno, soffriranno e se oécorre moriranno per · «essa». Egli era un credente in un avvenire migliore, un innamorato di ogni cosa buona e giusta, un censore delle nequizie sociali che aspirava a vedere « la città di Dio sulla terra colle sue mura « di diaspro e le sue porte di perle». In Henry George c'era qualche cosa che ricordava la fede e lo stile di Giuseppe Mazzini, verso il quale il primo manifestò più vvlte la propria ammirazione nei Problemi sociali. Di lui ricordiamo, infine, che fu tra i pochi nord-americani popolarissimi, che abbiano soste-. nuto il libero scambio nei giornali e nei libri; e che gl' intolleranti e fanatici M~rxisti lo trattarono non solo con supremo disprezzo, ma qualche volta lo considerarono come un rinnegato. E dire che la causa del socialismo gli deve tanto ! LA RlVlSTA. Contro il domiccioliaotto Per quanto si esamini, il progetto di legge sul domicilio coatto, già approvato dal Senato, e presentato dall'onorevole di Huclinì alla Camera elettiva, ponendosi da un punto di vista il più conservatore, senza nessun preconcetto (li censura, non si può a meno di rimanere impressionati dalla grettezza di spirito e cli coltura, e dalla negazione di ogni senso di civiltà e di progresso, che il progetto medesimo rivela. E' strano davvero che un istituto come il domicilio coatto, contro il quale si sono scagliali uomini di tutti i partiti, di tutte le scuole gittrictiche, personaggi politici, e pubblici funzionari, gente pratica e teorici, e
RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI !6!)' che fu ripetutamente dichiarato d' indole eccezionale, e fu coronato da enorme insuccesso, sussista nientemeno che da oltre trent'anni e invece di venire soppresso si tentl ravvivarlo con una legge nuova cd una più estesa applicazione. Voler conservare a di· spetto dell'esperienza un istituto così incivile è davvero documento insuperabile della pochezza intellettuale e morale dei nostri governanti, intesi, non a seguire !'esigenze e il moto dei tempi, sia pure nell'orbita delle tenclenze sociali più temperate, ma ad accontentare la parte meno intelligente e colta delle nostre classi dirigenti. Un'analisi un po' minuta del progetto in questione mostra invero, quanto Io stesso non soltanto tr·asudi rcazio11c da ogni poro, ma al)bia fra gli altri il difetto peggiore delle cose cattive, quello ossia, di non possedere neppure l'attitudine cli raggiungere il tristo scopo cui mirano. li progetto tende sovratutto a combattere Io s,·olgcrsi elci partili avanzali, e principalmente del socia• lismo, ma qualoi'a anche s_i indirizzasse 1micamente contro i clelinquenti comuni, si dovrebbe del pari osteggiarlo, per la facilità che contiene di generare molto male e pochissimo bene. Clii scrive non Ila svenevolezze morbose pei criminali, qualunque sia il sentimento di dolore che prova dinanzi alla sventura dell'uomo trascinato, per prevalente tendenza organica o pressura di circostanze e d'ambiente al delitto, e crede che la società debba energicamente difendersi clai malfattori, ma nello stesso tempo è d'avviso che è pcrver·sa ogni misura penale che non corrispondendo alla funzione della pena, ha in sè, per la natura sua, il pericolo permanente di favorire gli arbitri degli incaricali cli eseguirla, e la persecuzione degli innocenti. Il domicilio coatto quale durò sin quà non ha provveduto ad assicurare la società contro i suoi elementi peggiori ed invece di compiere opera cli moralità e d'emenda ha, con sacrificio notevole del pubblico erario, aumentato o creato la malvagità degli assegnati. La commissione speciale, nominata dal min:istro dell'Interno nell'Apl'ilc -1895, con incarico di prendere in esame i provvecli1ncuti in vigore riguardandi il domicilio coatto e proporre le modificazioni che reputasse necessarie, riassume nelle seguenti, le osservazioni fatte dal funzionario della S. P. manclato dal l\linistro dcli' Interno a verificare in clic modo la isti• tuzione del domicilio coatto praticamente applic.ivasi. 1.. 0 « Assoluta insufficenza dei locali destinati a clormi!ori dei condannati; sicchè si doveva permettere che essi, accompagnati talvolta dalle loro donne, prendessero alloggio nelle case prirntc clegli isolani, con quanto scapito clella morale è superfluo dire; 2.0 La immondezza e la non facile sorveglianza dei locali stessi; sicchè quali turpi mercati vi si consumassero è facile immaginare; 3.° Confusione nelle medesime Colonie di domiciliali coatti appartenenti a diverse provincie, a diverse età, a diverse condizioni sociali a diverse categorie penali; siccliè è naturale che fermentando tutti que• sti clementi cli corruzione, vi si creasse un ambiente così ammorbato, da rendere impossibile, non già la emenda, ma la non completa putrefazione del corpo e clello spirito di quei condannali; 4.0 Ozio quasi assoluto, essendo eviclente che i più clei domiciliati coatti non sanno, nè vogliono lavorare, e quand'anche lo avessero saputo e voluto non tl'O• vavano vera e proficua occupazione nelle isole dove erano confinati; sicchè dovevano necessariamente attecchire tra essi i giuochi d'azzardo, le usure, i so• prusi, la camorra, 11 hencficio dei piLt poveri ed a snapito dei meno tristi. I quali supplicavano talvolta di essere chiusi in carcere per isfuggire alle severe punizioni delle sétte imperanti; come gli audaci e camorristi si facevano trasferire, quando l'ambienteda sfruttare non era proporzionato alle loro voglie; 5.0 Difetto assoluto di illsciplina, mancanclo i mezzi opportuni per attuarla, anche nella più piccola parte• sicchè le piLt gravi infrazioni restavano ignorate o im~ punite, e la delinquenza prendeva proporzioni talvolta assai gravi, malgrado il buon volere e lo zelo delle Autorità locali destinate all'amministrazione della giustizia. Nè giova mettere in rilievo quanto uno stato di cose così anormale ecl i contatti continui con elementi così corrotti dovesse nuocere alla disciplina degli agenti destinati alla sorveglianza dei coatti » (l). Chi brami erudirsi sui disastrosi effetti del domicilio coatto non ha elle da leggere la monografia della Jcssic W. Mario - Il sistema penitenziario e il domicilio coatto in Italia - pubblicata nei numeri 1. 0 Luglio e 16 Settembre -1896, e -16 Aprile, 1. 0 Agosto e -l O Settembre 1807, cl ella Nuova /lnlologia. Dalle pagine della !Ilario, coll'appoggio cli osservazioni personali, e di relazioni clei direttori delle colonie adibite pci coatti, si apprendono notizie addirittura raccapriccianti, e non vi è contribuente italiano che possa esimersi dal provare ira e dolore veclenclo di avere concorso col pagamento d' imposte e di tasse, a mantenere delle scuole superiori cl'immoralità, innalzate - crùdele ironia - al fine cli debellare il delitto e correggere il delinquente. Le querele per il mal esito del domicilio coatto non sono di data recente ma vanno parallele alla adozione e conservazione del deplorevole istituto. Ciò è opportuno che si avverta acl illustrazione della sapienza dei nostri uomini cli stalo da trent'anni acl oggi. • La esauriente requisitoria sperimentale e razionale che Luigi LL1cchinipronunciò contro il domicilio coatto nella Relazione al 2.° Cong. giuridico, internazionale in Torino (2), nell'anno ,1881 è tutta impregnata ciel pessimo risultato che l'istituto in discussione aveva sino ad allora avuto. La persuasione - diceva nel 1881 il Luccllini - che il domicilio coatto non rechi sollievo alla criminalità e non giovi al mantenimento clell'orcline, entrò nell'animo degli uomini più competenti in materia e che, per ragioni di studio, di ufficio, attendono più cli appresso agli istituti preventivi e repressivi (3). Un clirettorc di Colonia penale dei coatti, dopo aver posti in cviclenza gli effetti dell'istituto, per la famiglia inopinatamente abbandonata osserva : « Non credo esagerare, se con criterio generale, affermo che i figli degli attuali coatti rappresentano nel maggior numero, i futuri elci ncruenti .... Distaccando il coatto dalla famiglia non solo si crea a quest'tùtima uno stato cli cose funestissimo, che ridondano in danno della Società, ma si rinuncia al più potente mezzo morale, che è energico freno e dall'uso del quale si può sperare il completo ravve• dimento ciel traviato » (4). L'onorevole Villa in un discorso ai suoi elettori clel i2 Dicembre 1.870, affermava elle il domicilio forzato non fa che costringere acl un ozio obbligatorio, in contraclizione al fine della legge, raccogliendo insieme una vera putrec\ine materiale e morale. JI progetto dell'onorevole Ruclinì, mi si può però, a questo punto, obbiettare, importa una modificazione essenziale al domicilio coatto quale fu fino ad adesso organizzato, e coll'assegnazione del coatto in un Connmc, in uno stabilimento di lavoro, in patria ocl all'Eritrea nonchè colla concessa emjgrazione all'estero in taluni casi, evita le cause del pervertimento con• (1) Rivista di discipline carcerarie. Anno XXII. Fascicolo 1. p. 48-49. (2) 1881. Tip. Eredi Botta. Gli istituti di polizia pre• 1:entiva in Italia. p. 63 e seg. (3) Loc. cit. p. 64. (4) Id. Id.
• 170 RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI secutivo all'attuale sistema di relegazione in poche isole. Il Lucchini, nella citata relazione, analizza il sistema dell'assegnazione in differenti Comuni, già messa innanzi prima del -i88l e scrive: « Pur lodanclo la sollecitudine governativa intesa a togliere al domicilio coatto uno dei tanti inconvenienti cui da luogo, crediamo fermamente che il rimedio sarebbe ancor peggiore del male e renderebbe il provvedimento più assurdo ed eventualmente anche più dannoso di quello che esso ora si presenti. Infatti, se da un Iato sal'ebbe tolto il vizio di agglomerar gente presumibilmente dedita al mal fare ed il pericolo di più agevoli consociazioni criminose, dall'altro Iato non si farebbe elle provocare una maggior diffusione degli elementi ritenuti nocivi o resi tali dall'odiosa ed improvvida misura, mandati ad infettare tutte le coutrnde ciel H.egno, mentre od il confinamento seguirebbe in lontane provincie e la difficoltà cli troval'c lavoro per mancanza di conoscenza degli usi locali e clelle persone si combinerebbe con le maggiori opportunità a delinquere, od il confìnamento si eseguirebbe nella stessa provincia e l'agevolezza di mantenere le relazioni cogli antichi camerati e di rannodarne nuove si combinerebbe colla maggior diffidenza dei terrazzani, più facilmente informati sulle qualità morali dei novelli ospiti. « Inoltre, come notava un periodico, competente in materia, se ora la vigilanza non è soddisfacente, avendoli riuniti in poche isole, essa diverrebbe problematica cruando venissero disseminati sul coutinenté' e affidali alle scarse e poco numerose stazioni dei carabinieri già sopracarichc di altre incombenze e cli fronte alle difficoltà topografìche rurali » (1). Poichè la bontà delle istituzioni e delle rilorme non si dedLtce daila bontà cll'csse dimostrano astrattamente considerate, ma da quella che esse possono spiC'ga,·c nei fatti, non bisogna dimenticare, che se il nuovo progetto cli lcg·gc dispone, fra l'altrn, l'assegnazione del coatto vizioso e poltrone allo stabilimrnto di lavoro coll'obbligo della segregazione notturna, una simile clisposizione è destinata per un pezzo a rimanere lcltera morta, deficienti come si è nel nostro paese di lavoro pei carcerati e cli celle. Circa ali' emigrazione facoltativa, di cui all'articolo 16, del progetto, mentre costituirà per quelli che se ne serviranno o potranno servire una pena gravissima e contribuirà ad impoverire la patria nostra, di molti dei migliori suoi figli, chi sa, d'altro canto, se non troverà ostacolo nei governi stranieri non sempre pronti a ricevere gli individui rcpudiati da un altro stato. Il domicilio coatto, nemmeno coi rammendi proposti dall'onorevole Rudinì, si manifesta dunque idoneo a tutelare la .società dai delinquenti, ed essendo di notevole aggravio fìnanziario, inclina piuttosto a rendere meno agevole la persecuzione della criminalità fomentandone taluna delle cause. Innanzi di enumerare e di illustrare tutti gli altri torti che rimpetto alla civiltà, ha questo istituto, vano in confronto di quelli che sono suoi obbietti confessabili, poichè secondo si è asserito e si dimostrerà, fra gli obbietti non confessabili, Ila quello - e ci sembra principale - cli partire in guerra contro i partiti avanzati, col socialismo a capo-fila, per l'ordine e la logica del mio scritto, dirò quì dcli' inutilità maggiore, che il torvo istituto ha in paragone dell'accennato suo obbietto politico. l\on è mestieri d'una conoscenza profonda della storia e specie di quella del clirilto penale, per sapere che le pene riuscirono raramente a vincere un vizio ed un costume e in specie fallirono se dirette a combattere un'attività inspirantesi ad una forte fede radicata in un grande bisogno. L'umanità si è sbizzarrita ad inventare le pene più (1) Loc. cii. pag. 66. feroci, ma l'uomo lla resistito anche quando l'azione minacciata e colpita non determinava in lui un piacere preponderante. La psicologia della pena ci porge una chiara e convlnccnte ragione del fatto. Tanto più la resistenza è stata maggiore e si è avverata la sconfitta finale della pena, quanto il motivo dell'atto era esteso ccl intenso e l'atto medesimo era, non anomalia individuale o ribellione isolata, ma ii prodotto spontaneo delle condizioni materiali e morali dell'epoca. L'onorevole Jludinì potrà pensare ciò che vuole del socialismo come quadro dell'avvenire e come critica dottrinaria elci fenomeni sociali e potrà, a norma elci suggerimenti ciel suo ingegno, della sua coltura, del suo carattere, della sua cduc.izionc, o degli interessi propri e dei. suoi rappresentali, reputai' conveniente di opporsi al movimento socialista, ma non potrà negare che il socialismo è l'espressione d'una infinita quantità cli esigenze insaziate dello spirito e del corpo, d'un malessere pro!ondo dell'organismo sociale, d'Lma rivolta a palesi ingiustiz_ie quotidiane, e riflette la necessità che un gran cambiamento nei rapporti interumani si compia. Che forza, sia pure minuscola, porterà contro il socialismo, così concepito nella sua verità, un provvedimento di polizia? La pena, ci ammaestra Romagnosi, ·deve valere qnale contro-spinta alla spinta elle determina l'uomo a preparare il maleficio. Dove esiste la proporzione fra l'incalzare delle cause onde nasce il socialismo e la controspinta del clomicilio coatto? Se i motivi sociali del socialismo, saranno tanto più gaglial'di elci llomicilio coatto e il socialismo farà il suo corso, i socialisti individualmente considerati non si asterranno dalla loro altivilà, per 1111 complesso di ragioni imparateci ciano studio della psicologia clell'apostolo e ciel - così eletto - clelinqucntc politico. La pc1·sccuzione, che appare più specialmente tale, quando, come nel nostro. caso non si ammanta nemmeno dei paludamenti cleUalegge comune, acuisce di frequenti, più elle non spenga, la passione politica cd è esca e non lreno a I delitto. Il progetto cli legge, che effettuato non sarà capace di raggiungere nè lo scopo buono nè lo scopo cattivo, sarà cespite invece delle più gravi lesioni alla libertà di tutti i cittadini, olfenclerà per i criteri che lo informano le conquiste più belle del dirilto, presterà il llestro alla clisparità di trattamento dei colpevoli, alla prepotenza ccl al sorpn1so, umiliel'à e clestituirà di prestigio la polizia, fornirà il pretesto di attacclli continui al governo da parte dei suoi oppositori. La commissione speciale, del 1895 che llo già ricordato proponeva che si desse al domicilio coatto il carattere vero e proprio di pena, quale in pratica, come scriveva la commissione stessa, ha realmente assunto. L'onorevole Rudini, invece nella relazione che fa precedere al progetto di legge, dice che vuole sia tolta al domicilio coatto « il carattere di pena, perchè colui al quale il clomicilio coatto, viene inflitto, non è accusato e giudicato per Lma tassativa disposizione di legge.» Sia che La si chiami pena, sia che non la si chiami, il domicilio coatto è, nei fatti, non solo una pena, ma una pena grave e le disquisizioni in proposito, sono le più bizantine. i\la se è una pena, perchè privare colui il quale vi può essere sottomesso di tutte quelle guarentigie che si sono ritenute necessarie aflincilè non altri elle il colpevole venga punito? Perchè si sott1·ac l'imputato alla pubblicità del giudizio; lo si fa giudicare non dai magistrati, ma da commissari straordinari; e si esclude l'intervento cl'un di tensore?
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