IUVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEI\E E SCIENZESOCIALI 125 negozianti, e scrccnli e incluslriali a 1·isenlirsiper que sto repentino ristagno clella vita sociale, veclrete se allora il Govemo continuerà a fare il sorcio». J,a proposta piazzata cosi nettamenle, non sarà attuata solo perchè non clrlla legalità cli que ta loro passiva azione i capitalisti si preoccupano, ma del piccolo clanno eme1·genteeia una temporanea sospensione cli lavoro; ma se non l'attuano essi, la ,,a attuanclo lentamente il Governo il quale così continuando sgretola a poco a poco le sue basi, ro,-inanclo la piccola e la grande proprietà, il commercio minuto e quello cli speculazione, e marciando con alla testa i clrappelli cli armati, all'annientamento cli tm popolo. CAESAR. CRONACA AZZURRA I DUE UMBERTI" (La notte del 17 Dicembre 1883 in Roma). La notte è fredda e buia; ma lo splendore che fa difetto alle stelle, sovrabbonda nei mille becchetti fiammeggianti di gaz; il calore che manca all'aria eccede nelle stufe infuocate dei palazzi signorili. Dall'alto di una finestra il mio sguardo corre sull'eterna città circonfusa di luce, per !'ampie strade immerse in una semi-oscurità nei quartieri deserti. Laggiù, verso gli 01-ti di Cesare, delle vampe ora rosse, come aurora boreale, ora rnrdi come bagliori di smeraldi, salgono, quasi sprigionandosi dai sotterranei d'una fata, a circondare di spruzzi fantastici l'ampia mole del Colosseo e la torre del Campidoglio, mentre, ai riflessi d'una luce incerta, sventola sugli spaldi del Quirinale la bandiera con lo scudo sabaudo, e l'orologio di an Pietro batte la sua monotona cadenza come il non possumus dei suoi abitatori. Questo spettacolo m'assorbe: mi sembra di veder rivivere sotto i miei occhi secoli di splendori e di miserie. Rifaccio con la mente la via del passato e penso che a piedi di quella torre s' è assiso, per cinque secoli, il genio della libertà. Parmi di rivedere il Campidoglio in fiamme, e fra i chiarori sinistri di quel!' incendio, il profilo della grande morente, sformato dagli spasimi dell'agonia. Veggo la sua culla tramutata in pira, divenirne la tomba; e sulla pietra funeraria, rigida, immobile, la figura di Catone, mentre gli echi lon- • Questo primo Ca;>ilolo con cui ,·rnnc iniziata e poi pr<Jsegu·ta nel 1881 - sul Fascio dl'lla Democra:;;ia - la Cronar:a A:;;..:urr-a, fu scritto e pubblicato in occasione della venula ia Roma ti: Federico Guglielmo, allora Principe ereditario dell'Impero germanico. N. d. R. tani ripetono ancora il grido di Spartaco e la profezia dei Gracchi. Poi nella mente agitata si affacciano le ultime disperate lotte dei superstiti - una democrazia turbolenta e corrotta da quelle stesse leggi agrarie che dianzi avrebbero potuto salvare la libertà e che ora son fatte arma di despotismo: - e più giù ancora Bisanzio, il Basso Impero, i Barbari, il Patto di Carlomagno, la lotta secolare tra il Papato e l'Impero: - e in questa lotta terribile, ostinata, il grido dei Comuni repubblicani che chima a raccolta i disper~i, guida i naufraghi fra le reliquie dell'antica coltura italica, e li sospinge alla conquista di nuovi e più alti ideali. Ecco il mille. " .... I rintocchi della campana funebre, che chiamava il genere umano a cospargersi di cenere la testa per la prossima fine del mondo, si sono lentamente acquetati. Il milfonnio - apoteosi della miseria popolare - non era stato che un immenso strumento di rapina e di servaggio in mano del clero, cumulante tesori sflpra tesori quasichè dovesse galoppare verso il paradiso portando attaccati i beni terrestri ai sandali celesti. Perocchè mentre· le popolazioni atterrite disdegnano gli averi, i frati - che commentano dai pergami la terribile profezia dell'Apocalisse - si fanno fare donazione di quegli averi, con attirogati per mano di notaro, da servire probabilmente per le questioni che potranno insorgere dopo distrutto il mondo. La paura invade anche i castelli dei baroni laici i cui servi vagano liberc:1mentefacendo atti di pietà, laddove quelli soggetti alle signorie Yescovili son tenuti fermi al giogo. Ond' è che mentre più tardi queste turbe vaganti, rassicurate e strette dalle necessità della vita, lungi dal tornare agli abbandonati castelli, formano altrettanti nuclei di liberi comuni, o si agglomerano attorno a quelli già esistenti, le sole signorie a tipo monacale fioriscono sul Mille. E tale fu quella, che noi Yediamo, per la prima volta nel 1003, discendere in Italia attraverso le aspre giogaglie della Savoia, per venire a montare la guardia in Pavia e nelle pianure di Roncaglia, alla tenda imperiale di Corrado il Salico. " .... Nutricata nelle chiese e nei monasteri, fra i miracoli e le reliquie, le origini della dinastia sabauda si perdono in quel fermento di duchi, di conti e di baroni che pullularono, sul ceppo corrotto dell'impero di Carlomagno, fra lo strepito dei cilizii flagellanti i magri fianchi dei popoli incretiniti dai terrori del millennio.
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