Rivista popolare di politica lettere e escienze sociali - anno III - n. 7 - 15 ottobre 1897

1.3.6 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTER E ESCIENZESOCIALI di capitale e il lavoratore. In questo saggio e' è l'embrione della sua grande opera: Le origini della proprie/lÌ capitalista con tutte le sue indeterminatezze e con tutti i suoi pregi. Nell'ultima monografia fatta la storia della teoria di George, nei precurs ri e negli epigoni si dà a dimostrare che la na;;ionali;;.::azionedella terra non deve ccinfo.odersi colla sua associazione mista, percbè il socialismo agrario di George sta alla sua teoria come la parte sta a tutto, come la critica parziale e viziata di preferenze ingiustificabili sta alla critica generale ed equanime di tutte le umane sopraffazioni. Il socialismo agrario non è che un indirizzo critico essénzialmente capitalista, l'espressione pratica più clamoro~a della secolare avversione del profitto del capitale contro la rendita fondiaria. Dal Loria, cbe alcuni non vogliono considerar~ quale un socialista, ma che non si può non ritenere come il sostenitore più radicale del materialismo storico, passiamo al suo critico autorevole: a Carlo F. Ferraris. Nel suo libro: Il materialismo storico e lo Stato (Remo Sandron Palermo i897. L. 3) egli se la prende anzitutto con Antonio Labriola le cui attenuazioni dice non essere che sotterfugi per isfuggire alla impotenza della teoria del materialismo storico, del quale 1rova un precursore in Stein. Non nega l'importanza rlel fenomeno economico; ma nega che tutti i fenomeni demografici, intellettuali, religiosi e politici possano ridursi al fenomeno economico. In parie dividia-• mo i suoi apprezzamenti; ma ci sembra che abbia esagerato l'importanza del fattor.i etnico e che in parte gli sia sfuggito il significato giusto della evoluzione politica e finanziaria dell'Inghilterra - ch'egli riassume ammirabilmente - d'accordo con lui nel voler mettere da parte la teleologia a lunghissima scadenza, nel r<spingere il fatalismo storicr, che ci porta al buddismo politi~o; nel!' invocare una savia e continuata azione dello Stato, che giovacdo al presente prepari l'avvenire. Agli operai italiani segnaliamo, infine, questo consiglio del Ferraris, che loro abbiamo dato tante volte: « la classe lavoratrice italiana dei:e fortemente volere per migliorare ». Contro la cri1ica del Ferraris si sono levati molti più o meno autorevoli socialisti ; qui ed ora segnaliamo soltanto due giovani valorosi: Alessandro Gr.,ppali ed E. C. Longobardi, che hanno rilevato con garbo e con diligenza rara parecchie inesattezze ed errori d'interpretazione del- !' illustre professore del!'Ateneo Padovano. La contro critica del Groppali, (a proposito di una recente pubblicazione sul materialismo stoi-ico. Milano, 189i). piccola di mole, ma perspicua, ba tale valore, che di essa due scrittori ad un tempo - il prof. A. Osimo da Venezia e il prof. De Bella dalle Calabrie - ce ne scrissero dicendone molto bene. Nel Prof. Alessandro Chiappelli (Il socialismo ed il pensiero moderno. Firenze. Successori Le l\'Ionnier, L. 4) c'incontriamo in un eleg;,nte e se:eno espositore delle ultime pubblicazioni sul socialismo e della posizione che la teoria socialista ha preso di fronte alle più importanti quistioni con temporanee (pati·iottismo, darvinismo, arte, filosofi.a,pessimismo, morale, religione). È importante questa pubblicazio ne, oltre che ptr le numerose indicazioni bibliogr.ifiche, per• chè è una manifestazione imparziale della scienza officiale che dovrebbe dare da pensare a tutti i Garofali italiani. Pel Chiappelli « il movimento del socialismo moderno non è « un fatto economico, ma un aspetto particolare di un più « largo rinnovamento civile e del rifiorire della idealità». La morale dt-1 sorialismo, inollre, egli ritiene, che sarà giudicata nell'avvenire assai superiore a quella dei suoi avversari. Il Chiappelli non è un socialista, sebbene simpatizzi moltissimo col socialismo; il suo concetto fondamentale della dottrina socialista è stato accettato da F. S. Merlino, che sino a poco tempo fà venne ritenuto un anarchico scapigliato. Così il Chiappelli formula il suo pensiero: « la forza « animatrice del movimento socialistico del nostro tempo « non è, né può essere l'applicazione di una formula scien- « tifica alla vita, ma un sentimento e una coscienza sem- « pre più chiara della dignità umana e una fame e una « sete di giustizia sociali>, che solo un'onda nuova di alte « idealità morali e religiose potrà spingere e dirigere nelle « vie non ingannevoli del bene ». (p. ii3). E il Merlino illustra e allarga siffatto concetto nell'ultimo suo fortunato libro (Pro e contro il socialismo. Milano, Fratelli Treves. i897) e lo fa scaturire dalla coscienza popolare. Si comprende perciò che egli non può andare d'accordo colle pretese scientifiche di Marx e dei marxisti, che sottopone ad acuta disamina. Quanto il Merlino scrive sulla solidarietà; sull'azione coadiuvatrice del cooperativismo e corporativismo; sulle relazioni che formano il sostrato della famiglia, della proprietà e dello Stato; sul graduale perfezionamento dell'organismo sociale; sull'equilibrio tra po• polazione e mezzi di sussistenza sulla base dell'organizzazione sociale che dev'essere sviluppata, accresciuta non distrutta; sul governo diretto e suU'antiparlamentarismo di Sigbele, etc., etc., è davvero degnissimo di attenzione. Se avesse evitate alcune ripetizioni, se avesse omessa la critica di alcune teorie socialiste o l'avesse fatta completa e ~i fosse tenuto lontano, per quanto piil è possibile, dal vago in quanto alla organizzazione sociale futura il Merlino ci avrebbe dato un libro ancora più pregevole. E lo <' molto non ostante la sua avversione verso il socialismo di Stato, la cui giustificazione sta in queste sue stesse pa• role: « le riforme minime propugnate da socialisti e non « socialisti sono più che meri palliativi, sono i germi o « per megliu clire gli elementi del socialismo». (p. 306). Superfluo aggiungere che dell'anarchia non rimangono in quest"ullime pubhlicazioni, che tracce appena percettibili. Cbiudiamo questa non breve rassegna segnalando due libri che ci vengono da due economisti. A. Baldantoni si occupa della Circolazione in Itatia, dei suoi mali e della sua cura (Roma. Tipografia del!' Unione cooperativa. 1897). Non ostante l'intonazione troppo favorevole alla Banca di Italia l'esame della crisi economica nazionale e degli errori dello stato, che si sono ripercossi sulle condizioni delle Banche di emi~sione dobbiamo dichiararti eh' è fatto con competenza e con larghezza di vedute. Attribuendo il corso forzoso del i866 ai soli bisogni della guerra dimentica la relazione Seismi t-Doda di quella commissione d'inchiesta di cui fecero pa1te i migliori statisti del tempo e che fu tanto severa coi governanti di allora, che si lasciarono prendere la mano dalla Banca Nazi~nale. Crediamo che non abbia torto affermando che il risanamento della circolazione bisogna aspettarlo dal tempo e dal rifiorii e della economia nazionale anzichè dalle leggi. Problema pii1 vasto affronta il Prof. Giacomo Luzzatto, cb~ in Credito capitalistico e moneta nazionale (Milano, Hcepli, 1897. L. 3,!:0) sostiene dover andare famrsa l'epoca attuale per il credito sistematico, eh~ il lavoro fa al capitale. Giustissimo. Egli vagheggia una moneta ideale una moneta na::ionale in fondo il biglietto di stato, che dovrebbe fornire l'espressione e la misura adeguata in una economia di popolo del valore dei beni in funzione reciproca e servire al lavoro ed all'economia sociale anzichè al capitale ed ai privati. C'è nel libro un'importante sin• tesi sulle trasformazioni della moneta e qualche accenno alle teorie di Loria, con molta incertezza nelle conseguenze.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==