Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 23 - 15 giugno 1897

RIVISTA POPOLA.REDI POLITICA.LETTERE .E SCIENZESOCIA.LI 457 lo Shakespeare, strumento della necessità sono le umane passioni: un primo atto strappato all'uomo dall'impeto o dal calcoio determina i successivi; ed egli soggiace a un destino a cui egli stesso ha cooperato e che può dirsi una legge psicologica. Così argomenta il Nostro nello scritto Della fatalità considerata come elemento drammatico (II. 278 segg.), che egli suggella, in modo non dissimile d'altri suoi auspicando il sorgere di un « Dramma della Provvidenza .... un dramma che rifletta la coscienza del genere umano >. Nella« dottrinp, del progresso indefinito> (II, 231) di cui Giuseppe Mazzini, come tutti i nostri migliori, fu ardente e istancabile apostolo, egli int.,ndeva abbracciare anche le discipline letterarie, che del progresso sono appunto mezzi e coefficienti primari. Non potevan dunque trovare eJo presso di lui le sconfortanti profezie del Rénan, del Ruskin e di poohi altri (di cui nessuno, a onor nostro, italiano), i quali, come sbigottiti dall'invadente incalzare della scienza a' nostri giorni, predicavano la poesia e le arti tutte o giii, morte, o certo moribonde. « Una voce s'è elevata in Francia a questi ultimi tempi, per bandire al mondo che la poesia è spenta, che fantasia, immaginazione, entusiasmo, tutto è morto, che la prosa, il calcolo politico, le questioni d'indole materiale invadono tutte le cose.... No, la poesia non è mo1·ta.... la poesia è immortale come l'amore e come la libertà, come le sorgenti eterne alle quali aspira > (1,265,269). Non è vero che l'entusiasmo e la genialità mal si possano accordare col freddo raziocinio. (V, 332), nè che « le scienze e le industrie pro"'re~si ve vietino al secolo la poesia disseccandone le sorgenti, e sfondino, promovendo il calcolo, il grande albero che l'antichità men dotta di cause, popolava d' illusioni e di fantasmi » (If, 220). Nei portati della scienza la poesia troverà anzi nuovo ar 6omento e fresca materia di ispirazione e di canto. < La filosofia è la sintesi della scienza. La poesia, l'alta, la vera poesia, è più strettamente connessa colla filosofia ch'altri non pensa » (IV, 346). La letteratu,a diverrà « campo in cui la natura fisica e l' uomo esterno avranno luogo» (II, 196), mentre la poesia «: canterà le gioie del martirio, l'immortalità dei vinti, il pianto che espia, i patimen,i che purificano, i ricordi e le speranze, le tradizioni d'un mondo intrecciate intorno alla culla d'un'altro.- Essa mormorerà parole santamente consolatrici a quei figli del dolo1•e, nati anzi tempo, a quelle anime fatali e potenti che, come Byron, non hanno confidenti sulla terra» (V, 190). * * * Non sapremmo chiudere il presente .studio - per quanto mod_estoe incompleto - sopra Giuseppe Mazzini specialmente considerato dal punto di vista della lettera tul'a, siinz<1far parola dell'arte dello seri vere di lui. Un>1.peculiarità. per CC'SÌ dire, este, iore di essa, è li frequenza. e l'oppo tunità dt:llle citazioni. Per limitarci a quelle letterarie, aggiungeremo qui alle già re 0 istra.te le seguenti: VIfl. 130 (Omero); V, 93 (Tito Livio); m, 19~; X, 98 (Virgilio); I. 283; III, 52, 213; IX, 101 (Tacito); III, 186 (Tasso); I. 344 (Foscolo); I, 265; II, 299, VI, 80; VII, 98 (Shakespeare); V, 114, 180; XII, 254 (Lessing); V, 359; VII, 3l9 (Goethe); V, 205 (Schiller); I, 28tl (Béranger); VIT, 108 (G. Sand). Singolarmente felice e significativa è la scelta della proposizione euclidea : « la linea retta è la più brtve fra due punti dati» per motto delle pagine intitolate: Ai Giovani, Ricordi (VI, 3 11 segg.); ed efficace non meno che originale è la citazione che ricorre nello stesso scritto (VI, 356) della famosa ri- · sposta attribuita a un granduca di Toscana ; Talor, qualor, quinci, sovente e guarì, Rifate il ponte coi vostri denari, a proposito delle facili speranze ti-oppo spesso riposte dal popolo malaccorto nel suo sovrano. « Al popolo - conchiude il ì\'Iazzini - toccherà di rifare il ponte co' propri denari e col proprio sangue». (IV, 357), Lo stile del Mazzini fu ripreso e persino dileggiato da tali, da cui men si sarebbe potuto o dovuto aspettare la riprensione e il dileggio. Il Guerrazzi - se si vuol prestar fede al Bréval (1) che il nostro mette fra i < libellisti venduti " (III, -it) - rideva dello stile gonfio e superlativo di lui; e Carlo Cattaneo - qui l'autorità é invero troppo diretta, ed anzi pe1•sonale, per dar luogo a dubbio (2) - parlava ironicamente della lingua di lui, ignota alÌe plebi, ornata di dottrine filosofiche e di bello stile che egli ·attinse alla Bibbia, al Rousseau, al Foscolo (3). 11 fatto è che il modo di scrivere di Giuseppe Mazzini presenta _e la colpa non è nostra se la frase è diventata ormai un luogo comune per l' abuso che se n' è fatto - i difetti de' suoi pregi, i quali sono, per usar le sue stesse parole a proposito della poesia medioevale. « una tinta d'idealismo, uno stile immaginoso, fertile di comparazioni e di concetti » (II, 184). Talvolta, quando l'argomento lo richiede, tocca l'altezza solenne dell'epica. Basti, tra i mo!Li esempi che si potrebbero allegare, l'esordio dello scritto: Fratellanza dei popoli « Quando Dio cacciò Ja, terra nello spazio infinito, mandò una voce all'uomo che l'animava: va I tu sei chiamato ad alti destini ; io t'ho creato a mia imagine; ma tu non mi contemplerai faccia a faccia, se non quando potrai posarti davanti a me nella pienezza delle tue facoltà, nell'esercizio libero delle tue potenze ordinate ad un intento sublime. Val io t'ho (i) J. DeBréval, Mazzinijugé pa,· lui méme. Paris, 1853. (2) C. Cattaneo, Scritti politici ed epistolario pubblicati da G. Rosa e J. Mario, Firenze, 1894, voi. I, p. 250. (3) Nè questa è la più grave tra le cose « souverainement injustes » dettate dal Cattaneo rirca il Mazzini,come questo deplora in una lettera alla Stero (p. 23), dove però aggiunge che egli nutre tuttavia grande stima per il romito della Castagnola, e che va a visitarlo ogni qualvolta gli avviene di trovarsi nel Canton Ticino. Per tenerci all'opera or Ol'a citata, il cospiratore genovese vi è descritto come « fautore e propagatore del re.» (I, 407), e si afferma che tra mazzimanismo e cavourismo non corre altra differenza, se non che il primo non pensò a far quello a cui pensò poi il secondo: cioè a dare uu alleato a Carlo Alberto. (Il, 244. Cfr: I, 263; li, 26, 33, 38, 39, 62,. 165, 169 i 70, 186 .. 244) Il Mario stesso, amico e ammiratore grande dei due, e per fede politica più vicino al Cattaneo che al Mazzini, constata che quello non g:udicò questo con giustizia, nou avendone intesa l'indole, né il genio. Parole queste ultime che si porgerebbero a discussioni e ricerche importanti, quanto estranee al nostro argomento.

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