Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 23 - 15 giugno 1897

456 iUVìSTA POPOLA.REDI POLITICAL. ETTERE E SCIENZESOCIA.LI Dei due fattori della musica, la melodia e l'armonia, la prima (che s'incarna nel Rossini, < il Napoleone delle musica»), egli fa corrispon<J.ere alla « individualità»; la seconda (più specialmente coltivata in Germania), al « pensiero sociale». Senonchè, egli aggiunge, la musica italiana isterilisce nel materialismo, la musica t~desca nel misticismo: si fondano insieme e ne uscirà la < musica sociale». Nè questa li vana utopia: la musica del Rossini era utopia ai tempi del Piccini, come lo era la poesia di Dante a quelli del rozzo Guittone: eppure essa compendia tutta un'epoca; un tempio compendia le credenze di diciotto secoli, perchè non potrà far lo stesso la musica? In Italia, la ter1•a classica del suono e del canto, deve sorgere la « musica europea :. (1). La vecchia e la nuova letteratura - per ciò che riguarda la loro di versa significazione civile e sociale - sono ben ritratte per via d'antitesi in quelle pagine originali che il Mazzini intitolò: Ai poeti del secolo XIX: Pensieri. Egli ricorda due date, quella della nascita e della morte del re di Roma, il figlio di Napoleone: 20 marzo 1811, 22 luglio 1832. La prima fu celebrata col più splendidv sfarzo, salutata dal canto di mille poeti, dal giubilo di tutto un popolo; la seconda passò affatto inosservata. Eppure,. erano due momenti di sublime poesia: la vita e la morte, Austerlitz e S. Elena; poicbè lo stesso pensiero li aveva formati: Napoleone II era lo stesso pensiero del I Napoleone. Ma quanti rivolgi menti erano avvenuti in qùei ventun anni ! Lo spirito di libertà aveva aleggiato sulla vecchia Europa: il mondo individuale era consumato, quello sociale incominciava. E la poesia, seguendo la stessa « fatalità di progresso » ("!), abbandonava le antiche vie e si metteva in traccia di nuove. Che cosa è dunque la letteratura nel concetto di Mazzini ? « Per letteratura - egli risponde - io intendo una grande idea, un'idea presaga dell' avve nire e comune a tutti, scrittori e letterati; in una parola l'idea dell'epoca. dacchè ogni epoca ba un'idaa che predomina su tutte le sue manifestazioni progressive; sentita, ridotta a formula ed enunziata da pochi uomini privilegiati di mente e di core, meditata, svolta, tradotta in ogni forma e modo d'arte possibile, dai molti scrittori di s,conda importanza; salutata di 1->lauso,d'ammirazione e d'amore dal più vasto numero dei lettori.,.: Un'armonia, una comunione attiva e continua tra il poeta e il pubblico, una ispirazione reciproca dalla moltitudine agli intelletti, dal popolo allo scrittore, dalle viscere al vertice della società > (IV, 155). (1) V. Filosofia della musica. E. Nencioni nel suo dis_corsosopra gll S'critti scelti del Clarke ;nella NttOVù Antol., 16 ag. 1888; riprodotto nei saggi critici di letteratura inglese di E. NENCION1, Firenze 1897, p. 386), dice in proposito: « In nessun altro scriuo jJ Mazzini s1 rivela così gmsto e profondo critico; in nessun altro ha così prevenuto i tempi, ed é stato veramente profeta come in quelle pagine. Tutti ì wagneriani dovrebbero saperle a memoria. li Mazzini mezzo secolo addietro, vide ed indie~ cio che, ripetuto ai giorni nostri, é parso novità temeraria ». (2) Saggio sopra alcune tendenze della lette,·at·ura italiana. Anche la letteratura deve pertanto mirare ad « una perenne armonia fra la mente e la morale, fra l'idea e l'applicazione > (V, 118): « missione speciale dell'arte è spronare gli uomini a tradurre il pensiei-o in azione » (Il, 13). È questa, com'è noto, una delle formule fondamentali della teoria mazziniana. Il vero per lui deve sempre incarnarsi nei fatti (IX, 306): « il pensiero m'è così sacro - scrive alla Stern (p. 36) - che mi trascinerei per le biblioteche, pei conventi, per gli archivi, onde trovare una riga sola d'un pensatore dimenticato: ma poi vorrei assolutamente metterla in azione ». Altrove confessa:" < L'armonia fra il pensiero e l'azione signoreggiava in me ogni concetto > (I, 83), e si compiace nell'osservare che « il genio italiano .... ebbe sempre, unico in Europa, capacità singola1•e di porre in perfetta armònia due cose quasi sempre disgiunte, la sintesi e l'analisi, la teorica e la pratica, il pensiero e l'a· zione » (IX, 159). La formula « l'arte per l'arte » è. formula atea, come la formula politica: « ciascuno per sè > ( rr, 16) ed esprime una « pessima dottrina > (VII, 92; cfr. II, 356; XVII, 2), la quale del resto è d'origine francese, non italiana (I, 18 seg.). Non è « arte di mero diporto» la poesia (II, 233); « ogni uomo è poeta, percbè ogni uomo sente la· coscienza del moto e della prop1•ia forza; e la poesia in oggi è l'azione » (1). Tendenza non meno funesta alla letteratura, come ad ogni altra disciplina, e che mira a sminuirne la importanza, e l'efficacia come elemento di civile progresso, è quella che astrae dalla libertà individuale, ed anzi implicitamente la coarta o senz'altro la nega. Anche contro di questa scende in campo il Mazzini, il quale, pur riconoscendo il· nobile ingegno del pensatore ed amico suo, nelle pagine Genio e tendenze di Tommaso Carlyle, impugna la dottrina di lui, per la quale la. storia vien ridotta ad una serie di biografie, il risultato dell'adoper,1rsi di pochi uomini e di pochi voleri. Per il filosofo inglese, la storia d'Italia si compendia in due nomi: Dante e Colombo; e in due pure quella della Germania: Lutero e Goethe. Nelle vicende dell'umanità è così tolta ogni parte attiva all'umanità stessa, la quale si riposerebbe nel più sconsolato e ignavo fatalismo, quando fosse persuasa che i suoi destini non dipendono già da lei stessa, ma da pochi intelletti privilegiati. Per la stessa ragione combattè il Mazzini la tragedia fatalistica o Schicksalstragodie, come fu chiamata in Germania, dove più che altrove era in voga nella prima parte del secolo, col Miiller, il Werner ed altri. « La libertà umana è immolata nelle loro pagine all'influenza irresistibile d'una condanna scritta in cielo, che veglia sull'uomo, ne determina gli atti, lo strascina fra la· colpa e il rimorso in un abisso di perdizione ». Anche nel teatro shakesperiano il fato è spesso elemento precipuo dell'azione: ma è un fato ben diverso da questo, il quale s'ad<'mpie « allo s~occar d'un oriuolo, al tocco d'una campana, a un'ora determinata.» Presso (1) lii. 61: Intorno all'enciclica di Gregorio XVI. Nel Manifesto della Giovine Italia (I, 128) scriveva: « Noi (nel nostro giornale) non rifiuteremo gli argomenti filosofici e letterari: l'umtà é prima legge dell'intelletto. -,

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