Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 23 - 15 giugno 1897

·454 RIVISTA.POPOLA.REDI POLITICA.LETTEREE SCIENZES~CIA.LI Noi at.biamo sostenuto, già da qualche anno, che -la nuova piccola prop1·ietà e le nuove comunanze agrarie debbano costituìrsi sui demani dello Stato e dei Comuni, sugli avanzi dell'Asse Ecclesiastico, sulle terre incolte o mal coltivate delle opere pie e sui latifondi, a chiunque essi appartengano. A questo proposito, è bene intendersi sulla estensione e sui limiti del diritto di proprietà. Secondo noi la proprietà, più che semplice diritto individuale è altissima funzione sociale. La società non può e non deve permettere che una porzione di suolo nazionale rimanga incolta o poco produttiva, privando così la società stessa e lo Stato del reddito che essi hanno diritto di pretenderne. E quindi se ci sono dei proprietari che lasciano i loro possessi nella condizione di latifondi, secondo noi, lo Stato ha il diritto d'intervenire e provvedere perchè essi siano meglio usufruiti, dandoli a coltivare a chi è sprovvisto di terra e nulla di meglio desidera, che profondere su essa le sue fatiche, i suoi sudori. Mi sia permesso aggiungere un ricordo storico. Per quel che ne so io, i Papi non sono mai stati socialisti. Eppure abbiamo delle Costituzioni di Sisto IV (1471-84), Giulio II (1503-13) Clemente VII (1523-34) le quali danno facoltà a chiunque di mettersi in possesso e lavorare la terza parte delle tenute dell' Agr; romano, che fossero lasciate incolte, a pascolo, dai proprietari, corrispondendo a questi la quinta o settima parte del prodotto ; e vi è un motu-proprio di Pio VI del 25 gennajo 1789, il quale, richiamando in vigore le precedenti costituzioni, concede la medesima facoltà di maggesare e seminare le terre che i proprietari avrebbero dovuto coltivare, senza pagamento alcuno di imposta nè in grano, né in danaro e con l'obbligo, da parte del proprietario, di prestar g,·atis il pascolare sufficiente per la cultura di esso terreno, comodi di granari e casali. Noi non chiediamo tan.to. 1 proprietari dei latifondi dovrebbero percepire un canone, proporzionato al reddito che ora ne traggono, ga1·antito ad essi dai Comuni a cui vantaggio l'occupazione avrebbe luogo; i quali poi, a loro volta, se ne rivarrebbero sui coloni coltivatori di quelle terre. ( Continua). ALBERTO CENCELLI. IL PENSIERO LETTERARIO DI GlUSEPPE MAZZINI. « I grandi uomini come le grandi scene della natura VO· gliono essere ved,,ti dall'alto». II. G. MAzz1N1. Op. vol. IV, pag.176. Delle lette1•ature straniere aveva cognizione più che superficiale, e, di qualcuna di esse, profonda, come lo attestano quelle pagine del suo scritto D'una letteratura europea - appartiene all'anno 1829 e ne faremo parola più avanti - in cui passa in rassegna le varie colture letterarie antiche e mode1·ne, e tocca di scrittori tedeschi, francesi inglesi, spagnuoli, polacchi e russi (II, 192 segg.); la parte del Dramma storico dedicata al parallelo tra l'Alfieri e lo Schiller (Il. 254, segg.), nonchè alcune dissertazioni e recen• sioni, come: Genio e tendenze di Tommaso Carlyle; Articolo premesso alla versione italiana del Chatterton di A. di Vigny; Storia della letteratura antica e moderna dello Schlegel; Sopra alcune tendenze della letteratura europea nel secolo XIX; Condizioni presenti della letteratura in Francia; Della fatalità considerata come elemento drammatico ; Rome souterraine par Ch. Didier. Del Goethe « l'intelletto sovra.no dell'epoca:> (II, 192), ammirava altamente il Faust, pur deplorandone il carattere e la significazione per eccellenza di in dividualità; lo Schiller poneva. al di sopra dell' Alfieri, e la lettura del Don Carlos lo commoveva fino alle lagrfme (II, 265); venerava la memoria del poeta soldato Teodoro Korner, « nome caro a tutti i popoli che combattono per difendere o per riconquistare una patria», come aveva detto il Manzoni, iscrivendo alla memoria di lui una delle sue odi (I, 199, 270, 289, 310, ecc.). Poco conto faceva invece della letteratura fràncese. « L'intelletto francese - egli osserva - crea poco, assimila m_olto,. (VIII, 185); nè questa è certo buona condizione per una letteratura forte e originale. Inoltre « la terra sulla quale sc1•isse1•0 Lamartine e G. Sand » (ivi), è pur quella. in cui più che altrove vigoreggiava la mala pianta del materialismo, che già vedemmo come egli ritenesse « peste d'ogni dottrina letteraria ». E appunto discorrendo delle Condizioni presenti della letteratura in Francia, egli paragona certi scrittori di quel paese, avidi di illuminare di luce sinistra quanto v' ha di più sconcio e ributtante nell'umanità, ai becchini di Napoli, i quali, quando 11 colera vi infie.riva, percorrevano le vie gettando quel lugubre grido: se avete morti in casa, mettete il lume alla finestra (IV. 168). Di V. Hugo riconosceva l'ingegno poderoso, ma, col Manzoni, deplorava. che fosse pure un ingegno traviato. Col rapimento d'un amante appassionato egli adora il simbolo come un idolatra, e scorda, innamorato della forma, l'idea (IL 357). (1) Nelle, scritto Dell' Unghèria, sebben d'argomento strettamente politico, non lascia d'accennare alla let• teratura e alla poesia nazionale di quel paese, e menziona il manuale di Giovanni Bowring (III. 159). Nelle Lettere Slave delinea brevemente i caratteri della poesia nazionale illirica e ricorda alcuni poeti polacchi (XI, 1 segg.; pp. 17-18). Altrove cita il Mickiéwicz (XV. 52), ch'egli reputa essere « forse il più alto poeta vivente :>(II. 363, anno 1835). E in due scritti di molto posteriori - appartengono al 1871 - cioè : Il Comune e l'Assemblea e Politica internazionale (t) Con vero rammarico leggiamo iJ?-questo ~emento le acri e ino-iusteparole che Ctlarle~ DeJob,presidente della società di studi italiani, ha dedicato al Mazzini ne' suoi recentissimi Etudes sur la tragédie (Paris 1897, p. 280 Bi). « Mazzini - egli dice - tout fèru de romantisme qu'il ét,it, prciférait Chattertçm a_ux_dr~me~d'Hugo ». In nota chiama senz'altro alcum articoli d1 lui« verbeux, nuageux et incohérents », e torna ad accusarlo d'essere infatuato deJJa « chimòre du romantisme ». E il D~job è pure nel suo paese tenuto per uno de' più autorevoli conoscitori delle lettere nostre !

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