Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 22 - 30 maggio 1897

428 RIVISTA POPOLARE DI POLITIOA.LETTERE E SCIENZE SOCIALI zionale e, cioè, patto fondamentale tra popolo e re - bisognava che fosse esplicitamente compreso ne' plebisciti, i quali attestarono la volontà del popolo italiano : documento storico e giuridico della sovranità nazionale. Cosi lo statuto non sarebbe stato più piemontese, ma italiano: non più costituzione ottriata, ma dogmatica o convenzionale, per usare la fraseologia del Brunialti, ed oggi, dopo 37 anni di vita costituzionale italiana, statuto storico. ,,_ * * Questa dimostrazione dovea: farsi e non è stata. fatta : qui sta il punctum saliens. E non è dimenticabile la genesi del risorgimento nostro nazionale. L'on. Villa sa bene che il gran dissidio del mezzogiorno d'Italia, nel U60, tra' repubblicani ed i cavourriani, fu non già se dovesse accettarsi o no la monarchia., che s' imponeva. al paese come una necessità. e il paese l'acclamava; ma, invece, se le province meridionali dovessero « sorgere inter- « preti e custodi del comune Diritto chiamando, « in nome della sua- sovranità, la nazione a COSTI- « TUIRE con liberi suffragi e maturi consigli il pro- « prio Governo, ed il monarca ad assumere la su- « prema magistratura dello Stato, non come patrono « di liberti, ma come ministro della Ragione e della ,_ « volontà del Paese ». - Così il Saffi. Quistione di educazione nazionale, diceva Mazzini. E, nel '60, Garibaldi, Cattaneo, Mario, Bertani, Mordini, Criilpi e altri parteggiavano per le assemblee, da cui era inscindibile il concetto di elaborare e votare la carta, un patto fondamentale nazionale. Questa è storia. I plebisciti, adunque, non indicarono quale fosse la costituzione, cui si riferivano : nè si può intendere che fosse la costituzione piemontese del 1848. Non si può: però che è, assolutamente, inconcepibile che la nazione, nell'esercitare il primo atto di sovranità, infliggesse a sè stessa una degradazione civica, votando lo statuto, che rispecchia l'autorità. esorbitante del re, con una legge, che dispoticamente dava lo sgambetto a circa sette milioni di cittadini, i quali erano appunto la maggiorità plebiscitaria. Sarebbe stato un suicidio politico, una vera confisca. della sovranità popolare. Del resto (come bene osservò quel forte ed elegante polemista, ch'era Alberto Mario, la çui morte è stata una grande sventura irreparabile per la Democrazia italiana) uno statuto - lo statuto del' 48 - che Gioberti, Rosmini, Sclopis, Cavour, Balbo, Revel, Des Amb1•ois, il Parlamento subalpino, CarloAlberto istesso riconobbero e apertamente dichiararono incompatibile con la monarchia nuova fondata su la sovi•anità popolare di alcune province, non poteva esser compatibile con l'unità politica proclamata del1' Italia, con la sovranità della nazione intera. E Terenzio Mamiani fu costretto a mettere in bocca a Niccolò Machiavelli queste testuali parole: - « Co- « me può ella una legge fondamentale largita ad una « angusta provincia quale era il Piemonte acconciarsi « bene ali' intera Italia che il contiene cinque volte « e risulta di parti tanto diverse ? ) * * La quistione ora risorge nel Parlamento, dove il gruppo repubblicano - proclamando che l'esame della Carta è oramai il primo e urgente bisogno del paese - si riannoda alla grande tradizione di Garibaldi, il quale - inspirato da Alberto Mario - dichiarò, nel 1870, che lo statuto è fuori il diritto pubblico italiano : non è plebiscitario. Il che è sfuggito all'esame di certi censori-immemori che la rivendicazione del diritto costituente fu l'ultima parola politica di Garibaldi. Onde la parte fondamentale di diritto pubblico del gruppo parlamentare repubblicano non è, confondibile con gli altri partiti, e dà a quel manipolo audace, nel paese e nell'assemblea legislativa, un&significazione ed una fl.sonomia propria. Le contra.ddizioni di ohi ravviva nello statuto il carattere plebiscitario mi paiono evidenti. Ecco. Il Brunialti dice che - « ottriato nell'origine, lo « statuto piemontese diventando, insieme alle con- « suetudini che lo svolsero e completarono, la ccsti- « tuzione italiana, assunse un prevalente carattere « convenzionale >. Fermiamoci qui. Che cosa significa carattere convenzionale? E che rono le costituzioni convenzionali o dogmatiche ? Risponde il Brunialti: « Sono quasi sempre il risultato di una rivoluzione: « il popolo avverte, ad un certo punto della sua vita « la mancanza di un elemento necessario al proprio « sviluppo e vergognoso di sè medesimo, come Ri- « naldo, vedendo riflesse nello scudo inc11.ntato le « sue vesti feminee, rivendica i proprii diritti. Allora « il suo Statuto non è il frutto di secoli, ma l'affer _ « mazione di un principio, di un dogma politico, e si « mette assieme per via di una Convenzione o Costi- « tuente nazionale, nella quale entrano gli eletti del « popolo ». Ora, se lo statuto e piemontese, non può essere il resultato della rivoluzione italiana - nè il nostro statuto fu messo assieme, come vuole l'on. Brunialti, per via di una convenzione o Costituente nazionale. Dunque? Dunque, mancano le condizioni precipue, essenziali - perchè allo statuto piemontese possa, secondo la parola del Brunialti, affibbiarsi il titolo di costituzione dommatica o convenzionale. - Ma è plebiscitario. - E noi chiediamo: che significa statuto plebi~citario? - Il Brunialti risponde : « Messe assieme di solito da speciali assemblee, « rado da sommi legislatori, le costituzioni dogma.ti- « che possono essere plebiscitarie, s~ alla validità « loro si domanda il voto popolare ~- - E cita i Cantoni Svizzeri e gli Stati Uniti d'America: oltre di che, più giù, ribadisce il concetto con queste altre testuali parole: « Si hanno per più decisamente ple- « biscitarie quelle Costituzioni, le quali, preparate dagli « eletti del popolo, vengono poi da esso approvate ». Ora, Dio buono! quale fu, · nel '60, intorno allo statuto il voto popolare? e qua,le, l'assemblea o convenzione o costituente ?

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