l. RIVISTA POPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI 433 di questo ben comprese ii Mazzini, il quale nota ciò che troppo spesso si mostra d'ignorare al di là delle Alpi, che il Conciliatore, stampato in Milano nel 1818, < predicò il sistema di libertà nelle lettere prima che la giovine scuola avesse organi periodici i11Francia» (I, 137).. Il Manzoni - egli osserva - « seri veva e si palesava romantico, quando il romanticismo, per• cosso dall'anatema che condanna ogni nuova cosa, si stava quasi in lui tutto, e la letteratura tentennava tra la codardia. e l'inerzia » (II, 246). Dichiara che « la questione delle unità aristoteliche .... s'è consumata colla lettera del Manzoni al Chauvet » (II,201 ). A proposito delle tragedie, nei cori delle quali « l 'ingegno sommo > e l'amor patrio di lui, nonché i pensieri dell'arte nuova » tralucono divinamente » (I, 19), egli rileva come « contro il tentativo di Manzoni sta vano i letterati, le accademie, i giornali, i pregiudizi fatti potenti dall'uso, le paure legittimate dalle circostanze, le brighe, le superbie e le invidie» (II, 207). E appunto discorrendo delle inconsulte accuse che si movevano ai primi romantici - il Botta ebbe persino a chiamarli < traditori della patria », e se ne ebbe una fiera risposta dal Mazzini (1) - aggiunge: « l'apparizione del Manzoni sull'orizzonte letterario confutava un milione di quelle accuse » (II, 142). Dopo avere più d'una volta accoppiato il nome di lui con quelli dello Shakespeare, del Goethe, del Byron, dell'Hugo (II, 226, 234, ecc.), esclama: « Manzoni è un affetto per noi; e il suo nome si confonde con quanto di bello e di grande santifica in Italia la giovane scuola; e se la parola del giovine ignoto e impotente a tradurre le idee che talvolta gli fremono dentro, potesse aggiungere dramma al trihuto che tutta una generazione gli paga, quel!to giovane volerebbe incontro all'autore dei Cori, e deponendo sulla sua fronte il bacio dell'entusiasmo, gli mormorerebbe: Manzoni, tu sei grande e amato » (II, 244). Bella questa così schietta e vivace ammirazione per il pio e mite poeta lombardo da parte del cospiratore genovese: bella, e onorevole per l'uno e per l'altro, ma non tale da dest,ar me1•aviglia. Questi due uomini, così diversamente grandi e singolari, s'incontravano pure in un'idea, e fu quella appunto che informò tutta l'opera loro e rifulse come stella polare sopra tutta la Ìoro lunga carriera. Il Manzoni - diciamo cosa notoria, ma che troppo spesso, ripetiamo anche qui, si mostra d'ignorare, se non da quelli che ne traggono argomento per insultare a quel nome glorioso - il Manzoni non fu meno fervente e pertinace unitario di quello che fosse il Mazzini, e non malamente fu affermato che questo, di vent'anni minore di lui, attinse i primi conforti, all' idea italiana dal pensiero patriottico manzoniano (2). Anche in alcuni giudizi particolari in fatto di letteratura, i due mirabilmente s'accordano. Il Mazzini pur esso, per quanto riconosca l' importanza ci vile (i) Carlo Botta e i Romantici (lru!,icatore Genovese, i828. (Sta nel voi. II delle Opere). (2) STEFANO STM!PA. A. Manzoni; la sua (ami,qlia; i suoi amici,' Mila110, tS,86,-90, vçil, ll, .p, 367, della sua poesia, trova molto da riprendere nel1' Alfieri, che sprezzò le moltitudini, non s'attenne che a pochi tipi convenzionali, « rigenerò, tormentandola, la ti•agedia » e « fu lampo che solca il buio, non luce d'aurora nascente promettittrice d'un dì sereno> (II, 203 e segg.). Non è l'Eden dell'u.omo libero che l'Astigiano dipinge, bensì l'inferno, dello schiavo: egli scrisse la parola « libertà » in fronte alle sue tragedie, come i Genovesi la scrivevano sulle loro prigioni (II, 204-5), e di tal modo che ricorda troppo quella che V. Hugo lesse sui portoni di Notre Dame: a:~<X'(X'll (II, 264). Ond'è che da quasi tutti i suoi drammi « sgorga tormentoso un senso di sdegno energico e violento, che tocca i confini dello sconforto, e veste l'animo a nero > (II, 263). Tenne anche in grande estimazione, pur facendo alcune riserve, il Guerrazzi, che egli conobbe di persona e di cui magistralmemte desçrive la peculiare natura in questi termini: « Erano in lui due esseri combattenti, vincenti e soggiacenti alternativamente: mancava il nesso comune, mancava quell'armonia chi, non discende s.e non da una forte credenza religiosa, o dagl'impulsi prepotenti del core». (I,29-30). Le pagine eh' egli dedica all'esame della maggiore opera di lui sono fra le più elette ch'egli abbia dettate in materia letteraria. (1) (Continua). Dr. PAOLO BELLEZZA. Commedia modernissima. La commedia s' intitola : Degenerati; ne è autore il signor i'l'IichelProvins e fu rappresentata quindici giorni fa, al teatro della Bodiniére di Parigi. Ne rende conto uno dei più sottili critici francesi, Emilio Faguet, co&ì: Il nostro mondo contemporaneo è pieno di canaglie, sopratutto è pieno di gente presso cui il senso morale è così debole che lungi dall'essere una forza creatrice e esso stesso una passione, non è nemmeno una forza di 1·epressione, di resistenza, un piccolo freno. Ma esso esiste allo stato di ricordo ed esso ha per conseguenza la sua parte se non nelle azioni, almeno nelle parole e negli atteggiamenti. Il nostro mondo è anche pieno di esseri che non hanno la forza di avere delle passioni, esseri presso i quali le passioni si sono come smussate rammollite e liquefatte. Ma esse esistono, tuttavia, allo di ricordo o di traccie fisiologiche, e per conseguenza si 1·itrovano se non negli atti, almeno nelle parole nelle apparenze, e come alla superficie dei personaggi. E per ciò i personaggi moderni sono curiosi, forse per nient'altro che per questo. Benissimo. Tuttociò è da uomo molto acuto, direi da moralista stendhaliano. Ed è da uomo che giuoca colle difficoltà; imperocchè egli sarà costretto a da.re a' suoi personaggi, non un caratte1•e çhe è la vecchia maniera, ma ... due caratteri : prima di tutto il loro e poi quello che per ipocrisia più _omeno invo- (i) Sull'Assedio di Firenze, di F. D. Guerrazzi (Opere voi. li, p. 373 e segg.)
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