Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 22 - 30 maggio 1897

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCJA.LI 431 d'un romito soggiorno fra i monti della libera Elvezia, dove potesJe studia1•e in pace, non altro vedendo se non una pover.i. donna che beneficas3e, e un operaio che soocorre3se di consiglio, e uno stormo di vispi e chiassosi colombi. Egli che, nel 1870, ormai vecchio stanco, sfuggendo alle dimostrazioni che gli avevano apprestato i suoi concittadini, pellegrina.va alla tomba materna, e chiedeva ·au• ispettore del cimitero licenza -di adornarla con arbusti di sempre verde mortella ( 1). Noi possiam bene affermare che egli fu poeta nel più vero e più alto senso della parola: non tanto perchè ne' suoi primi anni egli offerse il suo tributo - e non dispregevole - alla musa (A. Saffi - 1x. p. xx - c'informa d'aver trovato alcuni frammenti di composizioni poetiche fra le carte di lui), quanto per le intime tendenze àelt'anima sua, per le aspirazioni che occuparono tutta la sua vita, per la genialità onde la sua natura era pervasa: ban potè chiedere il poeta inglese Maurice, invitato a deporre un fiore sulla sua tomba: What Ìl.eed of verse to sing the praise Of him who lived the poet-life? (« che bisogno c'è del verso per cantare le lodi di lui che visse la vita del poeta ? >) (2). Un_altro elemento geniale del Mazzini, uomo e scrittore, è una serenità che mai non lo abbandona neppure nelle prove più dolorose e nelle più gravi emergenze. Il Carducci lo disse l'uomo « che giammai non rise », e certo l'austeritii, del pensatore e dell 'apostolo non poteva trovare più efficace espressione sul labbro del poeta. Ma è appunto espressione po!ltica e come tale da non accettarsi alla lettera. Il fatto è <:be Giuseppe Mazzini ride qualche volta co' suoi amici; e lo attestano le lettere di lui, alcune delle · quali non mancano di festevole brio, e sono cosparse d'arguzie, di motti e di scherzi spesso felici. Così - per dar qualche esempio - alla notizia che il Gioberti aveva rinunciato alla cattedra, esclama: « Dio (i) V. le lettere dirette al Lamberti da Gaeta e la Vita di A. MARIO, il quale anche ci apprende come il Mazzini f'osse appassionato per la musica, e godesse di cantarellare a mezza voce quando nessuno fosse ad ascoltarlo, accompagnandosi sulla chitarra. (2) V. il volume : A G. Mazzini, e<'c. - li Maurice e lo Swinburne (del quale son noti i nobilissimi versi sul Mazzini),non sono i soli poeti che si ispirarono al grande agitatore genovese. Noi riportiamo qui, come poco conosciuta e degna d'esserlo di più, una breve poesia che il Dall'Ongaro scrisse nel 1851. Chi dice che Mazzini è in Alemagna, Chi lo dice tornato in Inghilterra, Chi lo pone a Ginevra e chi in lspagna, Chi lo vuol sugli altari e chi sotterra: Ditemi un pò, grulloni in cappa magna, Quanti Mazzini e' è sovra la terra i .Se volete saper dov' è Mazzini Domandatelo all'Alpi e agl'Appennini, Mazzini è in ogni loco ove si trema Che giunga al traditor l'ora suprema; Mazzini è in ogni loco, ove si spera Versar il sangue per l'Italia intera. ci salvi I scriveva tanto prima; che non scriverà. ora? » Consolando l'amico Lamberti, addoloratissimo e quasi tratto alla disperazione dalla perdita di persona cara, gli chiede: « Avresti voluto che quando Cristo mori, gli apostoli si suicidassero?». A chi gli propone d'ingannare il tempo della sua prigionia scrivendo uno studio sul By1•on, risponde che non ha con sè il volume delle poesie di questo, e che .... per fare una frittata coi funghi ci vogliono i funghi, per fare uno studio sul Byron, ci vogliono le opere del Byron. Al ricevere delle lettere minatorie, esclama: « Pagassero almeno la posta I» Chiede alla Stern ( ch'egli dice sua « sorella in Dante », perchè come lui entusiasta del Poeta e autrice anzi d'una dissertazione dantesca, che era stata la prima occasione della loro corrispondenza epistolare), in quale stella avranno soggiorno le loro anime dopo la morte, e aggiunge : Per mio conto già penso che sarò confinato nella costellazione del Gran Cane, perchè fo il mestiere d'abbaiare senz'essere ascoltato! Alla stessa quando il De Sanctis, ministro della pubblica istruzione, chiamò all'insegnamento universitario molti stranieri, sc1-i.veva: Il De Sanctis ha dato una cattedra a tutti quelli con cui ha pranzato insieme all'estero. Come trattare del Ma~zini letterato, senza dire, e per prima cosa, del suo culto per Dante, l' « adoratore de!l' ideale » (VI. 207), quello in cui si trasfuse « l'onnipotenza della natura e del genio » (II, 184), e si incarnò la formola pensiero e azione (IX, 160; X, 97), e nell'anima del quale era tanto amore « da infiam• marne due o tre delle nostre gene1·azioni pigmee » (V. 353) ? L' idea di Dante egli aveva appreso a venerare fin da' primi suoi anni (III, 196); e molto più tardi, nel 1865, in occasione delle feste fiorentine in onore del Poeta, egli scriveva alla Stern (Lettres, ecc. p. 28), che una statua colossale dovrebb'essere innalzata a lui sulla vetta del Pincio, sul punto più alto di quella Roma che fu il costante suo sogno. Lo spirito di Dante aleggia, per così dire, sopra tutta l'opera sua, anche là dov' essa è più remota da argomenti letterari. Senza dire de' moltissimi luoghi delle sue 1 scritture dove si fa cenno di lui-Dante è senza dubbio l'autore eh' egli più spesso cita e ricorda - in una delle splendide pagine dedicate ai Fratelli Bandiera, egli trova il destro di deplorare che « gli Italiani hanno smarrito il pensiero di Dante > (V. 359); altrove esorta il direttore d' un giornale a fare di questo « una pagina dantesca di storia contemporanea» (l); e nello scritto lJell' Ungheria, rievoca « la grande anima di Dante, che sì pochi intendono, e che pure di mezzo al cumulo d'inezie, di stoltezze e di pedanterie, onde i commentatori, gli accademici e gli eruditi l'hanno profanata, tramanda ancora tanta luce di patriottismo da far risorgere un popolo che v' affisasse lo sguardo » (2). (i) IX, iii: Al direttore dell'Italia del Popolo. (2) III, 154. Nello studio sulle OpereMinori di 'Dante 11tigmatizzaancora una volta la critica pedante che troppo spesso si esercita sull'opera dantesca, e rileva la grande importanza del trattato De Monarchia chiamato dal Balbo « un tessuto di sogni » e dal Cantù« abbiettissimo libro ».

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