Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 20 - 30 aprile 1897

RIVISTA.POPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI a93 trascinata la tesi di Santamaura il signor Corradini; costringendola in uno sforzo continuo di rimpicciolimento inideale, nell'atto stesso che la sforza nella distensione più arbitraria di un verboso patologiziante. Inoltre l' azione del dramma e 1\allungato cemento psicologico non solo - come gia avvertiisono volutamente artificiati da una elaborazione, fuor d'ogni reale efficienza, ansimante della più enfatica tetraggine, ma distolti anche violentemente da qnalsiasi velleità di sana ascensione ipersensuale, asserviti da uno stolto preconcetto letterario. Dico: stolto poiché (anche a non tener conto di questo, che fra i precipui segni patognomonici della maniera d'arte oggi di moda, sia pul'e - chi ben vi gua1·di addentro - una netta regressione fondamentalmente sensuale, o, se mai, uno speciale impul'o idealismo, affatto iniziale nella scala dei processi di cerebrazione) par mi che l'artefice, nella scelta degli argomenti da lavorare con la sua arte, dovrebbe limitarsi entro la cerchia del proprio vivaio, all'infuori del quale essi non hanno valore alcuno ideale, di pensiero; e fuggire tutti quegli altri argomenti provvisti di una propl'ia e solida spina dorsale - come questo di Santamaurache un'arte morbosa potrà forse far degenerare in rachitismo, in scoliosi, ma nessun' arte mai di vuotatura e di strozzamento di pensiero riuscirà a vuotare di quel midollo vitale che si annida nelle sue vertebl'e, o a strozzarlo del tutto. Entrambi gli Autori, dunque, non son riesciti a dominare la loro tesi. Questo risultato negativo è dovuto anche a quella ristretta ideazione, letterariamente convenzionale, che vorrebbe apparire il non plus ultra dell' << Arte per l'Al'te », ma che, in molti casi, si direbbe meglio, volgarmente, difetto di maturità mentale e di cultura, difetto, del resto, comune a quasi tutti gli artisti nostri, e a buona parte di romanzieri « più veri e più maggiori » direbbe un Maestro, che pure una pi(1 inculta critica si compiace di chiamar « psicologi ». Non mi fermo ora sul lib1•0 della Sig.a Ferruggia la quale, al di là dell'ambizione comune a ogni scrittore, non par che abbia e possa avere imponenti preteniioni; ma il Sig. Corradini dalle pagine del cui romanzo traspare tenace, profonda, maravigliosa la fede dell'alla comprensione del soggetto, come può egli giustificarla nell'opera sua, nella meschina elaborazione ideale di essa, dove anche le rare e tapine idee che se ne rimangono a galla acquistano suono e figura di così b,ssa e morbosa animalità; dove la sconfinata ideal lizza nella quale tu avresti immaginato di condurre a giostrare campioni ben altrimenti alti di simboleggiato dialettiche, tu la trovi ridotta a un si rachitico orticello, che puoi dire non solamente il tema risultarne falsato e corrotto, ma la stessa ma teria nervea, sanguigna della sua compagine ? Perchè mai l'A sia andato a pescare gli equivalenti plastici, personali alle ideali figurazioni in conflitto, negli elementi meno atti a tradurre l'idea! vita del tema - abbassandolo così ancora pili - io ve lo lascio indovinare. Non forse anche per una preconcetta logica di conclusione? Ma, per quanto l'opera di personificazione, nel suo romanzo, si traduca in esseri così abietti, poteva bene qualcuno fra questi personaggi metter fuori almeno quel minimum di idee atte a dibattere l'argomento capitale dominatore del libro, - quando l'A ce li ha voluto presentare per gente che ha fatto degli studt! O, se mai, anche la. soggettività voluta e non ascosa dell'A poteva lasciar adito, per entro le fibre dello stesso tessuto emozionale di Sa!llamaura, a un tal qua le sviluppo di quelle idee che l'argomento stesso racchiude in sè. Invece, il sig. Corradini se n'è rimasto così - avendo per le mani un tema alto " potente di suggestione ideale - in una visione di drammuccio volgare, che, spogliato di tutte le deliquescenze verbali della forma, si riduce a un capitolo nè realista nè idealista dell'eterno libro della vita animale umana. Povera fine, in vero, per così ricche p1·etenzioni ! Oserò io dire che la colpa di sì misera fìne sia dovuta· interamente alla prediletti va natura intellettuale dell'egregio scrittol'e? - No, certamente. Parmi di averlo notato: è sopratutto questione di scuola. Ma io credo - o m'inganno - sia bene, a questo punto, di esporvi brevemerite pur quella che io chiamerei la esprrssione anatomica, fenomenale di Santa 1vlaura: Romolo Pieri, a trent'anni intraprende la più efficace opera di pietà e di solidarietà che possa inalzare cuore d' uomo. Ei dedica là. sua vita e le sue ricchezze all' offrancamento dello sventurato popolo di Santa.maura. Questo misero paesello, gii>,covile di depravazione, si è trasformato in una cittadina industriosa e felice, - predil~zione e gloria dell'insigne benefattore e, insieme, fonte unica della sventura sua. Poichè colà stesso dove Romolo avrebbe dovuto aver più amorosi collaboratori al realizzamento della sua missione generosa, egli non trova che nemici, i cui occhi pregni di fiele gli rivolgono insistenti l'orribile accusa : - « Perchè ci hai derubati? >> - Prima fra questi è la moglie Teodula Santa « nata dalla più esigente stirpe signorile » che la depravazione ridusse in povertà - un puro frutto di razza, ricco della più copulata basicità di acido che sia mai colato nell'estrema discendenza di una razza imperiosa. Son due anime straniere l'una all'altra: l'una spazia alta fra le cime dell' altruismo, l'altra se ne rimane impuntata in un egoismo bruto e volont:i.rio di signora nata all'orgoglio della ricchezza e ribelle all'umiliazione della .... agiatezza. L'illustre megera, corrosa dall' odio, muore, trasfondendo - suprema vendetto di odio --: il suo fiele nel sangue della fi. gliuola Annunziata, creatura « fragile nobilissima come la madre. » Tutta l'opera di Romolo, dunque, tutta la sua vita era condannata; e la grande anima infranta scende poco a poco dalle luminose altezze della gloria interiorti e si degrada, tormentata insieme dal dubio atroce e dal più atroce rimorso. - Aveva egli fatto il bene o il male? - Sì, il male de' suoi e suo. La maledizione lo colpis()e nello stesso sangue del suo sangue che langue e si consuma ; lo sente perfino nell'afTettuoso rispetto de' suoi beneficati. Si raffigura egli nemico anche di tutti i suoi ascendenti, e se li vede tutti raunati di fronte a lui a maledirlo

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