Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 19 - 15 aprile 1897

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIAl I 371 Fuori dtll puttanesimo, Giorgio IV era di una ava• rizia sorda. Avrebbe leticato sul settimanale di uno dei suoi guatteri. Nessuno dei ·suoi domestici si ebbe mai il regalo di un gilet sdruscito o di un paio di calzoni chiazzati di untume. I suoi abiti buoni o sfilacciati venivano consegnati al guardarobiere perchè li custodisse gelosamente nella guardaroba. Morto lui si trovarono tanti panciotti, tante giacche, tanti soprabiti, tante tube da far sganasciare dalle risa tutto il servidorame di Corte. Vennero venduti in blocco per 3i5 mila lire. . Green semb.ra abbia avuto vergogna di sciupare dell'inchiostro per questo maiale del trono: Egli si è limitato a dire due parole sul bill di divorzio e ad aggiungere che il dison:ore della famiglia reale e l'impopolarità del re aumentarono il malcontento della nazione. Il Torrian scrisse che la vita puttanesca di Giorgio IV era notoria e che il re non si curò mai di celarla. Passò all'altra vita disonorato e detestato. Sul suo nome vile scese rapidamente e silenziosamente l'oblio I ! Il Molesworth chiude un volume della sua storia , dicendo che, tutto sommato, Guglielmo lV < fu uno dei migliori e se non il più prudente, almeno uno c!'3ipiù utili monarchi che siano stati sul trono inglese ». Può darsi. Perché noi abbiamo veduto, con un riassunto telegrafico, che i Giorgi erano dei ma• landrini o dei hricconi sfuggiti alla servitù penale o alla esecuzione del carnefice solo perchè erano protetti dalla reggia o perché i discendenti di coloro che avevano compiuta la tragedia del 30 gennaio 1649, erano ancora storditi dell'audacia dei loro antenati o annegavano i loro dolori patrii con delle golate di whiskies e delle pinte di bitter e di stout. · Poi non dobbiamo dimenticarci che se la stampa, sotto i Giorgi, non esisteva che di nome, nel 1830 essa si faceva sentire in tutte le manifestazioni della vita. l quotidiani in allora si moltiplicavano, divenivano più intellettuali, si diffondevano con tirature sbalorditive, esercitavano un 'influenza indiscutibile sui problemi che agitavano il paese e sopravvivevano a quel macigno in forma di bolla, che il fisco si ostinava a mantenere loro in testa. Non è dunque che Guglielmo sia stato il migliore o il più utile dei Brunswick. E' che la stampa era spoppata. E' che il giornale si era già conquistato il diritto di critica. E' che il re e il Parlamento non potevano più infischitrsene dell'opinione pubblica. E' che la pubblicità che si dava agli avvenimenti impediva di essere impunemente ribaldi come prima. E' che il regno era già alle porte di un suffragio allargato - il che voleva dire, in quei giorni, una rivoluzione politica. Tanto è vero che Guglielmo dopo soli due anni di regno confessò il suo orrore per questa stampa che si occupa va di tutto, perfino delle cose di Corte !Egli se ne doleva col suo segretario privato dicendogli che la disprezzava e che la considerava il < veicolo di tutto ciò che è falso ed infame >. Anche la sanzione alle riforme del suo regno non fu mai così spontanea come taluni hanno tentato di far c1·edere. L'opposizione di Guglielmo IV non era certamente imperativa con1e quella di suo padre Giorgio terzo, il re che chiuse il ciclo della monarchia legislatrice. I,a sua era un'opposizione noiosa che rivelava l'intimo pensiero reale. Era un'opposizione da pusillo. Un'opposizione che protraeva, che faceva nascere dei dubbì, ohe voleva consultare e che non si ritraeva che invasa dalla paura di perdere il trono. Costretto ad accettare il verdetto della ~azione, prendeva la penna e diceva al primo ministro che lui non era come Guglielmo terzo che firmava ogni cosa che non approvava I Quel po' di popolarità che lo segui sul trono e che non lo abbandonò che qualche mese dopo l'incoronazione, era dovuta a cause indipendenti dal re o a delle inezie. Tra le prime signoreggiava la morte del fratello. Sno fratello era sceso nella tomba come un tronco di peste, inseguii o dalle esecrazioni di tutte 18 classi. Il popolo per non infuriare contro un cadavere, come ave~a fatto l' aristocrazia di Carlo II contro quello del Protettore, volle manifestare questi suoi sentimenti con degli applausi pel nuovo venuto. Peggio dell'altro, si dicevano i sudditi, non potrà essere. Tra le seconde primeggiava l'andazzo dei sovrani di non farsi mai vivi tra la gente che nelle grandi occasioni, quando andavano in processione nel tiro a sei, tramezzo a un nugolo di guardie reali. Guglielmo uscì dal binario della tradizione, andando attorno a piedi e in carrozza scoperta, di qualunque ora. I cittadini che lo guardavano tirandosi giù il cappello, le signore che lo salutavano con un cenno della testa o con un inchino e i ragazzi che di tanto in tanto si abbandonavano al viva il re I solleticavano il suo amor proprio. Gli spettatori dicevano: I like the new king - mi piace il nuovo re. È simpatico. Non ha paura di noialtri. Long li'ce tke king - viva il re I Una sera la moltitudine che assiste, anche d'inverno, alla sfilata dei signori che vanno a teatro, irruppe perfino nelle acclamazioni di viva il nostro re glorioso ! Ma non c'è che la Martineau che pcssa prendere questa'pow polarità volgare e piazzaiuola per dell'entusiasmo vero. Si, lo so. C' è stato un momento in cui riuscì a popolarizzarsi un pochino sul serio. Ma non fu anch'esso che un fuoco di paglia. li re incominciò, appena sul trono, a far sapere in pubblico che la pompa solenne dell'incoronazione era stata spinta, dai suoi predecessori, all'assurdo I I contribuenti lo appia udirono a due mani. Poi aggiunse che bisognava ridurne lo sfarzo e tagliarne le spese. E la nazione andò alle cancellate del Palazzo di Buck.ingham a gridare, come prima, viva il re! Guglielmo IV che aspirava al titolo di padre della patria, o di padre del popolo, rinunciò anche al banchetto spettacoloso che si sarebbe dovuto dare in W estminster. E il re non poteva più passare per le vie senza lavorare di cappello perché lo salutavano tutti con entusiasmo. Al pranzo reale che commemorava l'incoronazione - al quale erano stati invitati i ministri - disse parole che commossero il regno, non 11.bituato a gentilezze regali dai tempi di Elisabetta. Egli volle far credere che lui e il popolo erano una persona sola. Che era inutile il

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