352 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIEl\ZE SOCJAL1 Occorrerebbe anzitutto, e noi non ci stancheremo mai dal ripetere che qualunque disegno di riforma agraria fallirà se non poggia su questo caposaldo, trasformare, se anch& pian piano, la coltura; ma per farlo fa mestieri in primo luogo di capitali a ciò; denaro cioè per dissodare profondamente la terra, per concimarla, per guidarvi le acque, per fornire i fondi del bestiame, per fabbricarvi le dimore dei contadini e le stalle, per _acquistare infine degli stromenti adatti ad una coltivazione superiore. Nè ciò può bastare: bi'sugna ancora che siano fatte strade che mancano poichè in Basilicata vi sono ancora grossì paesi privi di strada rotabile, distanti pii1 che quindici e venti ore di cammino da un'ar· teria ferroviaria. E tutto ciò per tacere di quelle gl'andi opere pubbliche, quali le bonifiche dei terreni acquitrinosi, il rimboschimento, la sistemazione dei fiumi e dei terreni, l'esecuzione delle quali anzicbè all' iniziativa privata, fiacca in generale da noi, impotente nel mezzogiorno d'Italia, deve lasciarsi allo stato. J\Ia vi ha in Basilicata la possibilità di siffatta redenzione agricola ? Sia per lo stato delle cognizioni intorno all'agricoltura, sia per quella cieca forza di abitudine comune a tutti i popoli meno progrediti i proprietarii in generale sono colà alieni dal fare novità nella coltivazione; il loro risparmio preferiscono di chiuderlo in scrigni, nelle casse di risparmio o di investirio in rendita pubblica, anzichè di impiegarlo nella terra. Ma, se anche in scarsa misura, non mancherebbe il capitale in Basilicata a ciò : vi sono invero pii1che otto milioni di lire depositate nelle varie Casse di risparmio ed in Basilicata l'E1·ario paga ogni anno oltre a mezzo milione di lire cli rendita su titoli del Debito Pubblico (pii1 che 10 milioni di capitale): e non si tien conto del denaro custodito privatamente nè di quello impiegato in stabilimenti di credito, in società industriali ecc. Se vi ha dunque scarsezza non ci è assoluto difetto di capitale utilizzabile per l'industria agricola: tutto starebbe ad incitare ed invogliare i proprietarii ad usare dei loro risparmi per il miglioramento delle terre. E ad indurli a ciò nulla pii1 gioverebbe, oltre una buona legge agraria, della quale diremo apl)rcs,o, che lo stato gli aiutasse ed incoraggiasse, sia con l'esonerare dalle imposte, per lunghissimo spazio di tempo, i miglioramenti agricoli, sia con il temperare le attuali gravezze fiscali, che sono il più grave impedimento alla f01·mazione di quel risparmio che potrebbe utilmente andare a profitto della terra. Da uno studio da noi fatto crediamo di non andare errati affermando che il valore della intièra produzione, (in massima parte agricola a delle industrie armentizie), della Basilicata, non rag, giunge guari i quaranta milioni di !ire all'anno. Ora un quarto di essa, circa nove milioni e mezzo, è assorbita dalle imposte erariali e dalle tasse di vario genere a profitto dello Stato e circa un se, sto, quasi sette milioni, dalle sovrimposte e con, tribuzioni provinciali e comunali; così che in totale ben una te1•za parte dell' intiera produzione lorda è sottt·atta alla popolazione produttrice. Incomportabile gravezza esauriente davvero ogni fonte di risparmio e quindi di benessere! Ma di più in Basilicata sono ·un grande numero di piccoli, minuscoli proprietari, gente cui manca daVYero alcun capitale nè in grado, con l'attuale condizione ed organizzazione del credito in quelle contrade, di procurarselo. Vi ha inoltre tutta la terra ché è proprietà delle opere pie, degli istituti di carattere pubblico, dei comuni ecc., per le quali sarebbero egualmente necessai·ii i capitali pel' la trasformazione agricola. (✓ui non bastano i provvedimenti accennati innanzi e ci vogliono disposi, zioni speciali. . Ma la questione agraria in Basilicata è fit1al, mente complicata con quella dei demanii comunali; la cli cui quotizzazione ordinata in fa,'.ore dei po, veri ha invece profittato agli abbienti ed ha la, sciato i primi nelle stesse distrette, avendo avuto per sola conseguenza lo sperperamento, a clauno della povera gente, di centinaia di migliaia di ettari cli terl'eno. N è la convinzione ornai diventata generale dell'inefficacia, anzi del danno di siffatte quotizzazioni persuade il gornmo ad abbandonare l'esiziale sistema col quale pa1·e forse ad esso di accattarsi il momentaneo favore popolare: politica veramente insana poichè ha l'occhio al vantaggio dei govemanti del momento anzichè a quello reale del paese. Sciollà la feudalità, circa novant'anni fa, fu ordinata la divisione dei demanii fra i poveri e doveYa eseguirsi eniro un anno ! Oggi quasi la metà resta ancora da spartit·si; l'altra è andat!i, insieme con i campicelli venduti dagli emigranti nelle Americhe, ad arrotondare le grosse prop1·ietà, sia mediante le frequenti, sfacciate usurpazioni esercitate dai ricchi, sia per l'acquisto che ne hanno fatto dal povero quotista. In molti paesi questa questione dei demanii tiene tuttora accese le i1'e cittadiue e non è infrequente il caso di sommosse e di tumulti per la partizione di essi. Per la Basilicata adunque oltre al diminuito rigore delle imposte ed alle altre necessa1·ie ageYolezze del fi5co, occo1·rerebbe sopratutto una buona legge agraria, inspirata al duplice concetto di migliorare radicalmente le condizi0ni dei suoi poveri
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==