324 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI uomm1 strappano un lembo della nuova bandiera, e lo collocano, facile a rimuoversi, su quella dell' Istituzione; usurpano una parola - quella che meno abbraccia ed esprime piuttosto il mezzo che fine - al programma del Futuro, e in nome di quello offrendo, perchè trionfi, la somma delle forze ordinate ch'essi posseggono, s'atteggiano a iniziatori. E allora s'apre un periodo di confusione indicibile, di fantasmi e d'equivoci, nel quale il vero assume faccia di menzogna, e la menzogna di vero; l'entusiasmo si svia dalle cose per correr dietro all'ombra ch'esse protendono, le più sante fiducie diventano sh'omento di inganni e i travolti s'affannano a congiungere in armonia d'unità gli elementi più inconciliabili, le idee che l'una coll'altra si negano. Se non che, come dissi, le Istituzioni, consunte una volta, non si ravvivano mai: la sentenza deve compirsi ; e i pochi che tengono attento l'orecchio, odono velato, non interrotto, da quel trambusto babelico, il rintocco insistente dell'agonia. Nei primi bollori del subito rivolgimento, i più acclamano agli uomini dell'lstituzione : gli uni illusi in buona fede sulle intenzioni e lieti di vedere che si possa, mercè potenti forze ordinate e con minor.e sacrificio d'oro e di sangue, raggiungere il difficile fine: altri per vecchia tattica di macc.hiavellismo a giovarsi di quelle forze, salvo a combatterle nuovamente dappoi: gli uui e gli altri poco avvezzi a sentire l'importanza dei principii, e dimentichi del grande, del solo problema vitale, l'educazione morale del popolo. E le moltitudini acclamano, accarezzate dal moto e dalla irriflessiva speranza che il moto non possa interrompersi se non raggiunto l' intento ; e i giovani acclamano perchè, buoni e intatti ancora da calcoli d'interesse o dominazioni, non sospettano in altri i vizi eh' essi non hanno. Il paese getta tutto sè stesso appiè dell'Istituzione, perchè si trasformi e s'immedesimi colle aspirazioni che additano l'avvenire. L'Istituzione nol può senza suicidio. Quelle aspirazioni sono di popolo, dell'elemento onnipotente, se acquista mai coscienza delle forze che ha in sè. L' Istituzione fondata sul privilegio dell'uno o dei-pochi non può farsi popolo, non può giovarsi d'esso, non chiamarlo in azione, senza dargli appunto quella coscienza di forza che solo gli manca ; e il giorno in cui il popolo l'avrà, sommergerà ogni potere non suo per origine, metodo, fine e responsabilità. Gli uomini del1' Istituzione lo sanno ; e quindi non possono, senza abdioazione, andar d' un passo oltre i seguenti termini: escludere il popolo dall'azione: apprestarsi alleati contr'esso: impadronirsi dei risultati inevitabili dell'attività degli avversi: aiutare fin dove non è impossibile l'impedire: dar quegli aiuti come arra di meglio e argomento cli meritata fiducia: sostare, promettendo, a ogni passo,finchèil popolo, smembrato dalle diserzioni, fatto scettico dagli inganni prolungati e stanco di prove inutilmente durate, ricada nell'antica apatia. E così fanno. Ma dimenticano gli uomini di principii, che tacquero senza abdicare e sono pronti a ricominciare l'opera loro, dimenticano che un raggio di luce è caduto fra il popolo e ha rivelato ad esso - nell'ostinazione non foss' altro spiegata in allontanarlo dall'arena - quella forza fa.tale che importava tenergli ignota. Illusa dal favore degli uomini che adorano 1'01·dine per interessi e paura, l'Istituzione crede intanto d'avere il paese con sà, e, al primo risorgere d' una opposizione s'irrita, obblia la necessità di prolungare l' inganno e inalbera apertamente una bandiera di resistenza. Quel giorno è solenne conferma della condanna, e tocchi dall'agonia escono più frequenti e vibrati. Un governo che assume a formola la resistenza, non è più governo, ma un campo ostile nel cuore della nazione, che lo ricinge e a poco la soffocherà. Il dualismo non può durare eterno: la vita è unità. Bisogna o spegnerla o lasciarla al suo libero cordo. Rotta la comunione d'origine tra il popolo e il governo i programmi intermedii spariscono. Il dito del Destino scrive DISPOTISMO o RIVOLUZIONE. Il Dispotismo è impossibile; la Rivoluzione è dunqne inevitabile, e i tentativi di resistenza, l'affrettano. I mezzi di resistenza s'incatenano fatalmente in una serie d'atti, ciascuno dei quali aggrava la situazione e ministra al malcontento del popolo. É necessario un Esercito numeroso, esercito pretoriano, separato dal popolo, presto a spegnere nel sangue le aspirazioni, sviato quindi dalla sua missione naturale: d,fesa dell'indipendenza e dell'onore nazionale contro ogni insulto straniero. Quell'esercito esige larghissima spesa, senza prò del paese, esosa quindi più ohe ogni altra ad esso. E <lacchè ogni somma, comunque vasta, è pur limitata e non basta a che tutti i componenti l'esercito abbiano compenso ragionevole alle fatiche e ai pericoli, è. ripartita in grossi stipendi ai Capi, che importa serbarsi a ogni patto devoti, e in misere insufficenti paghe ai soldati. Ma l'esercito non può che reprimere le aperte ribellioni; e a impedire le tacite, che sono fomento all'altra, a esercitare influenza sulle elezioni municipali, a mant.ggiar gli animi nelle provincie, è necessario un'altro esercito un esercito civile, un vasto numero di famiglie strette, per senso d'utile materiale, ali' Istituzione. E quésto esagerato esercito d'impiegati costa essc, pure carissimo; e dacchè non di meno anche le somme rapite, per quel ramo d' amministrazione, al paese non bastano ad appagar tutti, si versano, come pel primo esercito, in larghe retribuzioni ai Capi di ufficio e in povere agli inferio1•i ; per essi, credono, varrà la speranza. E un terzo esercito, esercito di gendarmi, di birri, di delatori e di spie, gente corrotta e che genera corruzione s'aggiunge a quei due: grave anch'esso all' erario, e tanto più quanto dovendosi quel denaro maneggiar nel segreto, è dato all'arbitrio di pochi individui, che possono a ogni tanto dichia1•arlo insufficiente all'intento. Per queste e molte altre ragioni, inseparabili dall'Istituzione e dalle condizioni di guerra nelle quali s'è posta, lo squilibrio entra nelle Finanze: squilibrio da non rimediarsi d' anno in anno, fuorchè con un continuo accrescimento di tasse che uccide il presente o con imprestiti che uccidono l'avvenire. E gli impre-
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