RIVISTA. POPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIALI 333 Il folle di ieri è il savio di oggi. Lui era il veggente vero, il solo veggente ! esclamava ieri a Montecitorio un armigero di Crispi, lui solo! Dicono tutti così oggi, tutti ! E come lo tradirono appunto, nei tempi difficili, con disinvoltura, perchè prevedeva, perchè presentiva tutto l'avvenire dell'Italia e dell'Europa ! Sul suo tavolo erano corrispondenze con t~deschi, con francesi, con polacchi : questi era nichilista, quegli socialista: non chiedeva ad alcuno la razza, la nazionalità o la fede. Una nota di un appello alla concordia ho qui scritta di suo pugno dice : (facciam opportune riserve d'indipendenza quanto ali' elaborazione delle soluzioni speciali, ecc.); ma chiama tutti alla battaglia contro la forza brutale dell'Europa dispotica. E tale <lessa è tutta. Insieme ai capi della democrazia europea (oh ! perchè non ne rannodiamo di nuovo le file?) gridava : Venite a noi ! sacrificate al grande scopo i vostri dissentimenti secondari ! La tattica era una sola, come dovrebbe essere ora per tutti noi, di fronte ai nemici dell'Oriente e di fronte a quelli di Occidente, cioè specialmente a quelli di casa. La tattica allora era una sola. Le anime grandi sanno superare col volo poderoso dell'affetto montagne ed abissi, e atterrano qualsiasi ostacolo pur di avvicinarsi alla gran meta e pigliar pei capelli la vittoria. A. FRATTI. A POSALUNGA 11 >. I. Un dì, m'affida alto pensier, coloro Che questo tempo chiameranno antico, A lui, canteran l'inno in maggior coro Che di patria e di pace andò mendico. E dalla tomba, ov'ebbe alfin ristoro Di sue veglie, trarranno al colle aprico, Dov' ei prima sognò querce ed alloro Giovin pensoso e delle Muse amico. Sacro è il loco: quassù, rinata al sole Di primavera, gli arridea le carte Natura, e arcane gli volgea parole. « Com' io risorgo ogni anno e torno in festa. Che non risorge Italia ond' io son parte? Sorgi tu, sofft·i e pugna, e la ridesta ». 11. Udì la voce; i giovanili inganni Sdegnando, s'avviò di sè sol fo1·te, E cavalier d'Italia, a' suoi tiranni, Gittato il guanto, disfidò la sorte. (I) Vi'la cli Gius•·ppe ~lazzini, nella valle dello Sturla. a levante di Genova e poco discosta dal Camposanto di Sta 0 1ieno o,··e;:;li è sepolto. L' ire a lui volse e maturò gli affanni, Desta in mal punto, la servil coorte, Mentre, tarda alle palme e pronta ai danni, Temi sorgeva e lo punia di morte. Buon giudizio! e miglior, quando venuto Altro tempo per l' itale fortune, Onde i biechi oppressori ebbero il crollo. Della libera Temi il fido aiuto Venne egli chiese il prezzo della fune Che invan sperato avea stringergli il collo. III. Francata ornai da' sommi gioghi al mare Iuvidi:ar la patria al suo profeta: A lui vietata insiem col patrio lare Fu del materno avel la santa meta. Sentìa la morte; e ricercò le care Zolle per via non torta e non segreta: Ma lui destre ad ormar le genti avare Chiudean, peggior nemico, entro Gaeta. Poi la tregua d'un giorno (ahimè, derisa Libertà di pii't miti reggimenti!) Al Ligure Mosè diedero in Pisa; D'onde vedesse almen colle morenti Pupille Italia sua non più divisa.... E pianti, dopo morto, e monumenti! IV. Laudi e marmi vincenti il turpe obblio A te che fanno, o pensator gigante, Cui viver solo fu miglior desio Sì come solo in suo pensiero è Dante? Ben più godresti se fedele al pio Sentir dei primi dì la turba amante Conoscesse tuttor Popolo e Dio Termini ~-aldialla dottrina errante. Vana speranza! a strani idoli corse Il popol già; taccion dispersi i fidi, Al moderno sinedrio Iddio non piace: Chiuso all'amor, dell'ira erta la face, Novo maestro i fulmini omicidi Tempra alle plebi; e novi ceppi, forse. V, Te, gran vecchio a seguir m'ebbi ritegno Quando fremeva a te densa la scuola; Or m'avvicino, confidente ingegno, Che il libro giace e la tua tomba è sola. Altri verranno un dì ? Sperarlo è degno E ben pei torvi sogni il tempo vola. Verran pentiti; e al funeral tuo $egno Chiederan la fatidica parola..
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