Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 16 - 28 febbraio 1897

314 lUVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI è da entrambe le parti, vogliamo metterci a la ricerca di essa sfrondando le ciarlatanesche esagerazioni? Poche parole su l'arte democratica. Se veramente qualcuno pensa che l'arte superiore e ideale sia quella fatta per essere sentita e compresa, gustata e appre;:zata da la folla o anche solo dal colto pubblico e da l' inclita guarnigione, quello evidentemente ha perduto il ben dello intelletto. Presa in questo senso arte democratica è una contraddizione in termini: a persuadersene basta pensare che l'arte fatta per la folla sono i romanzi d'appendice, le oleografie, le cromolitogra.fie, le statuette di gesso, i drammi da arena e le canzonette, e che quell'altro volgo che forma pur troppo il gran pubblico dell'arte abbandona il dramma lirico per l'operetta, il dramma per la pochade, il teatro per il café chantant: come dunriue si può considerare come arte ideale quella fatta per questi due volghi? E veramente io penso che i più che sono scesi in campo combattendo per l'arte democratica, parlando di questa, hanno forse inteso dire qualcosa di diverso da quello che, afferrando a volo certe frasi contro le quali è facile la vittoria lo~o attribuiscono gli avversari, e sopratutto hattn~ voluto protestare e reagire contro ciò che si dice oggi arte aristocratica: qual sia l'anima di verità contenuta nel loro pensiero vedremo poi: intanto volgiamo lo sguardo a quest'arte cosi detta aristocratica, a quest'arte degli esteti e, lasciando ogni esagerazione di amici e di avversarii, vediamo che cosa sia in teoria e in fatto. La teoria ha, dopo i due studi del Baudelaire sul Gautier e del Gautier sul Baudelaire scritti cinquant'anni fa, ricevuto un numero infinito di espressioni: qui non si tratta di qt;e,ta· o quella espressione, ma della forma tipica della dottrina, la quale è a l' incirca questa. La legge universale dell'evoluzione che lo Spencer chiama passaggio da l'omogeneo a l'eterogeneo e che nella bio:ogia e nella sociologia si esprime con la di l'isione del lavoro per cui avviene un progressivo dillerenziamento di funzioni e di organi, vale anche per l'arte: dapprima essa è un organo non ben distinto da altri religiosi o civili e la sua funzione è confusa con altre funzioni sociali, ma a poco a poco essa si difTerenzia e finisce con l'assumere uno specifico carattere, la bellezza, una speci(i,ca funzione, il diletto €stdico, e col diventare sempre più di collettiva individuale. Poichè questo difTerenziamento non è carattere che delle più alte forme di vita, esso non è solo evoluzione ma progresso: donde la con - elusione che, poichà il difTerenziamento è progresso, tanto sarà questo maggiore quanto quello è più avanzato, che cioè, poichè arte non differenziata è quella che conta altri caratteri e ufficii oltre la bellezza e il diletto estetico e ha natura sociale, l'ideale, l'al'te assolutamente differenziata è quella che abbia pa solo cd.rattere il bello e per solo ufficio il diletto ~stetico, quella in cui, raggiunto il sommo della individuazione, sia rotto ogni rappllrto di dori vazione o di final:t:\, con la società in cui fiorisce. Questa la teoria nella sua forma più speciosamente scientifica e logica: non lasciamoci imporre e analizziamola. Naturalmente non e' è bisogno di dire che, finchè si afferma che è progresso questo differenziamento, per cui l'a1·te diventa. individuale e assume come specifico, distintivo, differenziale carattere e ufficio la bellezza e il diletto estetico, tutti siamo di accordo, e come non essel"lo? La questione è se sia vera la proporzione che si stabilisce fra il crescere del differenziamento e il crescere del valore dell'arte. E qui se io credessi che le elucubra·doni analogiche, per cui si deducono comodamente da leggi uni versali poste a priori, o quasi, le leggi degli ordini particolari dei fenomeni invece di indurle faticosamente da l'osservazione di questi, valgano qualcosa, potrei dilungarmi a dimostrare la falsità di quella proporzione nel campo b.iologico e sociologico. Mi contento in vece, poichè anche la moda di queste analogie è per fortuna passata, di rimandare a la lezione XII della storia della creazione dell'Haeckel chi voglia convincersi che, sono sue parole, non ogni progresso è differenziamento e, questo c' importa, non ogni differenziamento è progresso, che, ammesso anche che in generale sia vera l'uguaglianza che si mette tra progres30 e diffdrenziamento non è vero che quanto questo è maggiore sia più perfetto l'organo e anzi il sove1•ch:o differenziamento può condurre a l'atrofi-i a la perdita di questo. E del resto a convincersi di ciò v' è proprio bisogno di ricorrere a tutto l'universo, mentre abbiamo sott'occhi e lamentiamo ogni momento i danni dell'esti-ema specializzazione della industria e della scienza? Ma lasciamo gli argomenti analogici e le parole difficili e con criteri puramente estetici o parole piane analizziamo le conclusioni degli esteti. Esse sono le due forme con le quali si esprime il concetto che, poichè il differenziamento è progresso il massimo progresso è nel massimo differenziamento: con l'una, posto che carattere e ufficio specifico dell'arte è il bello e il diletto estetico, si passa ad affermare che solo unico carattere e ufficio deve essere quello : con l'altra, ammesso che l'arte è progredita diventando di collettiva indi viduale, si afferma che l'arte ideale è quella in cui ogni carattere sociale ogni rapporto di derivazione e finalità sociale sia spezzato. Basta credo tradurre tutto ciò in parole comuni per risparmiarsi: ogni confutazione ulteriore. Quanto a la prima conclusione quella sostituzione di solo a specifico significa che, poichè l'arte non differenziata è quella che oltre il diletto estetico, sua funzione specifica, ha altri effetti intellettuali, morali, religiosi, politici, sociali, l'arte ideale è quelh che non ne ha punto e poichè ciò risulta da elementi intellettuali, morali, religiosi, politici, sociali, che entrano nell'arte, l'ideale di questa è quella che tutti li esclude : che cioè in altre parole l'arte ideale è la pulch, ior forma quae cerebrum non habet o, poichè questo supremo vertice è inaccessibile, avendo sempre l'arte una materia ur.a. substantia, ES3a è tanto

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