RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DBPUTATO AL PARLAMENTO ITALIA: anno lire li; semestre lire li - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato Oent. 20. Anno Il. - N. 15. Abbonamento podal, Roma 15Febbraio 1897 Sommarlo. LA R1v1STA- Un'apologia del colpo di Stato. OLINDO GuERRINI (L. Stecchetti) - La Verna. GASTONMocH - Revisione del trattato di Fraocofort. GIACINTOLI BERTI - La donna nella società borghese. A. HERZEN- L'uno val l'altro. Lo Zonco - Attorno al materialismo storico. ......,.C. ronaca Politica. Sperimentalismo Sociale - La pre·vmtio11edegli iuforltmi. Notizie Varie - Spirilis1110e spiritisli. Recensioni - Francesco Nitti : La nuovafase· dellae111igratio11e d' J/alia. - Guglidmo Godio: Africa e America. - Orazio Albi: L'nssicuratio11e e le quislio11oi peraie. - Professor.: Carlo SJl vadori : Sc1e11ta e Fede. Ancora una volta· torniamo a pregare vivamente tutti coloro che non abbiano pagato l'abbonamento, ' a volersi mettere in re 6 ola con l'Amministrazione. Un'apologia delcolpdoiStato. La politica interna italiana attraversa un periodo di calma, turbata alla superficie dalle agitazioni degli Studenti, che hanno il loro fondamento precipuo da un lato nelle condizioni morbose dell'alto insegnamento, preso nel suo insieme (l); e dall'altro nell'antipatia, che un uomo di non comune valore qual' è il Gianturco, ha saputo suscitarél coi suoi procedimenti reaziona1·1- caso Pantaleoni, caso Labriola - e colle sue dichiarazioni, che li sottolineano e danno loro l'impronta della esplicazione cosciente di un sistema. Faute de mieua; questa agitazione degli studenti ha avuto il merito di far giudicare per quella che è - cioè pessima - la polizia del beato regno d'Italia, anche dai giornali in voce di ufficiosi: ad esempio il Don Chisciotte. In questo momento di calma, almeno apparente, e riserbandoci di parlare in momento più opportuno della piattaforma per le prossime elezioni po- (I) ~lentre correggiamo Je bozze di stampa c1 capita sott'occhio il testo di teleg~nmma <li un tiucleo di studenti fiorentini a11'on. Crispi. Noi cred:amo che i firmatari non siano studenti rna a11ievi carabinieri. Se fossero vera-r.ente studenti, avremmo in ']Uel telegramma la prova della grande aberrazione politica e morale da cui é affetta una parte della nostra gio,·entù. litiche, ci fermiamo a chiacchierare su di un opuscolo, che non ha levato alcun rumore. Si tratta di uno scritto breve di mole e denso per contenuto del sig. E. Monnosi e che porta per titolo : Per la logica e per lo Stato. Monnosi !· Chi è Monnosi? Siamo sicuri ché questa domanda si faranno tutti i lettori della Rivista; e noi ci affrettiamo a dar loro queste notizie sulla persona che soddisferanno la loro discreta curiosità. Il Monnosi è un revisore della Camera dei Deputati colto, cupo, laborioso, osservatore, profondamente malcontento, e che col suo opuscolo ci si rivela schietto e sincero ; e perciò degno di lode. Nessuna di queste qualità, per quanto la sincerità sia merce rara, sarebbe valevole a far richiamare l'attenzione sull'uomo; nè lo scritto ha pregi eccezionali. Ciò spiega, in parte, l'accoglienza fredda che gli è stata fatta. Parrebbe, adunque, che il nostro proposito d'intrattenercene e di consacrarvi un articolo non sia che l'effetto di un capriccio. E così non è. P(;r la logica e per lo Stato s' impone a chi delle pubblicazioni contemporanee ricerca la 01·igine nella psicologia collettiva, perchè i consigli, i giudizi, gli allarmi contenuti nel _libretto si sentono ripetere qua e là nei giornali, nei discorsi dei caffè, delle farmacie, dei clubs e dai rappresentanti di tutte le classi sociali; sono, per così dire, nell'aria e l'autore ha avuto il merito di raccoglierli, condensarli e presentarli al pubblico con singolare chiarezza e con sincerità rarissima. Per la logica e per lo Stato, perciò costituisce un sintomo del momento, che attraversiamo e che dev'essere preso in seria considerazione da chi non vuole essere colto alla sprovveduta dagli avvenimenti. Molte delle osservazioni del Monnosi sono divise da noi, sebbene sia diverso il punto di partenza e quello di arrivo. Prima di riassumere queste osservazioni raccogliamo una preliminare dichiarazione del Monnosi - monarchico caudato, com'egli stesso si chiama - che contiene la sua infinita ammirazione per la
RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI bontà squisita dell'animo e per l'amore per il popolo di Luigi XVI e pei sensi alti e nobili di Umberto I. Non siamo tanto impertinenti da mettere menomamente in dubbio la realtà dei pregi attribuiti ai due monarchi; ci limitiamo invece a manifestare il nostro rammarico pel riavvicinamento che ci sembra imprudente, tra i due re. Pensando che Luigi XVI lasciò la testa sul patibolo non ostante la squisita bontà dell'animo suo e l'amore per il suo popolo, Umberto I se crede alla · jettatura avrà preso le sue brave precauzioni non sentendosi abbastanza garantito dal possesso dei sensi alti e nobz'.li. E veniamo alle parti dell'opuscolo sulle quali siamo perfettamente di accordo. Ha ragione il Monnosi nel deplorare che si sia modificato il testo del 1 ° Statuto largito da Carlo Alberto -· sotto la minaccia di una generale insurrezione .. nel senso di averci ficcato la volontà della nazione; perchè la sovranità nazionale è inconciliabile coll'essenza vera della monarchia. Così scrive a pagina 28 il nostro autore ; e citiamo la pagina per avvertire il Procuratore del Re che 1a eretica affermazione non è nostra. 11 Monnosi avra saviamente pensato che ammesso il diritto plebiscitario - di cui si chiacchiera spesso a Montecitorio con una leggerezza fenomenale - si riconqsce implicitamente ed esplicitamente che il popolo il quale ha creato la monarchia conserva il diritto di disfarla. E logicamente il Monnosi osserva che affermando: stare nel- popolo la base della monarchia si afferma teorica pericolosa, ingiusta e incoerente (p. 55). Da queste premesse cardinali si può facilmente immaginare che il nostro autore abbia buon giuoco nel demolire alcune frasi fatte, che si ripetono da ministri, deputati e giornalisti e che dimostra sciocche, contraddittorie, inconcludenti - buone soltanto a minchi0nare i gonzi ; tra le tante queste: democratizzare la monarchia ; libertà del pensiero saci·a ed intangibile ; francamente liberali e sinceramente conservatori; la legge é uguale per tutti ecc. ecc. Questo è del verismo buono, a cui noi sottoscriviamo di gran cuore. E sottoscriviamo, pure, al quadro che il Monnosi fa delle condizioni presenti dell'Italia; quadro che per sottrarlo all'accusa di esagerazione o di partigianeria egli fa disegnare dai ministri e dagli estensori di alcuni documenti ufficiali. E qui riproduciamo integralmente, perchè ne vale la pena e perchè si persuadano i nostri lettori, che noi quando ci siamo mostrati pessimisti, ci siamo sempre tenuti al di sotto del vero. 11 Monnosi, rivolgendosi agli statisti italiani, scrive: « Che cose sia questo Stato, e quali beneficii i cittadini ne abbiano avuto e ne abbiano, udiamolo dalla bocca di voi stessi, uomini dello Stato, di voi uomini d'ordine e devoti alle istituzioni. Non mi son preso la briga di lunghe e pazienti ricerche. Ho sfogliato a caso qualche documento ufficiale, e a caso ho copiato qualche linea, fra le prime che mi caddero sotto lo sguardo. - « ....... una politica generale che da un lato aumenta il malcontento delle masse di~seccando a mano a mano tutte le fonti della ricchezza e del lavoro; e dall'altro insegna essa stessa a violare lo Statuto, a deprimere il prestigio delle istituzioni parlamentari, a diffidare di quella 1,siustizia che nelle moderne nazioni è il sentimento solo e le - gittimo della sovranità; a disprezzare quell'aureola purissima senza la quale nessun governo può essere nè solido, nè rispettato ». - - « Bisogna dare al paese un governo che ci sottragga alle ambascie, alle umiliazioni, anche, sotto le quali siamo da parecchi anni». - - « Voi1 onorevoli miuistri, avete avviato un sistema politico che metterà il paese in balia del primo venuto, apostolo o speculatore, uomo di stato od avventuriero che sia portato a quel banco dalle vicende, dai capricci di questo sistema parlamentare che voi fiaccate e demoralizzate più ancora che non sia». - - « Il Governo d'Italia avrebbe dovuto, per debito di onore, faro opera di riparazione; dar pace e giu~tizia, sopratutto giustizia alle nostre popolazioni: ed esso, invece, è stato il primo a dar l'esempio di quelle tante partigianerie, di quelle tante soverchierie che sono state e sono la causa vera della rovina delle nostre amministrazioni locali». - « ..... ne viene questa conseguenza: che il complesso del nostro sistema tributario rappresenta un sistema progressirn a rovescio: cossicchè le. ultime classi sociali pagano una percentuale progressiva d'imposta maggiore di quella che paghino le grandi fortune ». - - « Noi ci studiamo di mettere un argine a questo sperpero di denaro dello Stato; ma non posso nascondere che colle migliori intenzioni di questo mondo, difficilmente si arriva ad arrestare il male divenuto cancrena». - - « Uguali disordini si· sono verificati nella CO· struzione delle .strade provinciali, che hanno dato sorprese anche maggiori -delle ferrovie». - - « Le nostre scuole elementari dànno generalmente scarsissimi frutti d'istruzione e nessuno di educazione ». - - « Tutto il nostro ordinamento universitario è una triste anarchia » . - - « Le condizioni universitarie in Italia non
RIVISTA POPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZESOCIALI 283 possono essere peggiori di quelle che sono». - - « .... percbè quando si parla d'istruzione pubblica in Italia, siamo sempre fuori de11alegge». - - « Che la magistratura sia decaduta da quell'alto grado di rispettabilità e di decoro che la circondava, nessuno potrebbe revocarlo in dubbio».- - « Sono rimaste ferme parecchie sentenze ingiuste, e furono espiate condanne ingiustissime». - - « Però, siccome tale condanna è nella coscienza di tutti una enormità, veda se non sia tempo di proporre nelle forme legali la cessazione di una pena che si fonda forse sopra ragioni non confessabili >. - - « All' istruzione del processo è mancato il soffio vitale d"un intento calmo, sereno, scevro da ogni preoccupazione che non fosse quella del proprio dovere ». - E un guardasigilli, confermando tali parole, e dopo avere aggiu11toche il Procuratore generale ha agito in modo poco corretto, ma che deve essere mantenuto in servizio per non danneggiarlo nella pensione, conclude: - « Quando rambiente sia inquinato; quando l'azione della giustizia sia dall'alto o dal basso insidiata, non è detto che questi magistrati, nell'ora del cimento, sispondano alla loro alta missione, e non è detto che gli errori oggi lamentati non abbiano à rinnovarsi. » « Mi fu imputato di non aver detto nulla sulla giustizia. Parmi che, ricordando alla Camera la necessità di confortare l'impero della legge, io abbia detto abbastanza perchè chi ha orecchie possa comprendermi >>. « La lista delle citazioni è già lunga: e diverrebbe lunghissima a voler ricordare qualche cosa di quello che è stato detto a proposito delle spese militari. Basterà per tutte la frase recisa di un capo di Governo il quale, dopo alcuni miliardi di spese imposti al paese, dichiarava in Parlamento che « noi non abbiamo nè esercito né armata». Date le condizioni su descritte da ministri e da documenti ufficiali, si capisce facilmente che il malcontento nel paese debba essere profondo e generale; ed è in tutte le classi, dice il Monnosi, perchè « alla plebe tutto si è promesso e nulla si è « dato; alla borghesia che aveva preso tutto ogni « giorno si toglie qualche cosa. A tutti si dette « un ordinamento politico che afferma ogni libertà « e impone ogni coercizione; un ordinamento eco- « nomico insufficiente ed ingiusto; un ordinamento « tributario, che rasenta la confisca. » (p. 57). La situazione diventa oggi particolarmente pericolosa perchè mancano ai contemporanei i due ideali, che inducevano alla rassegnazione gli antichi: la fede ed il trono (p. 63) e perciò non ci si deve lasciare illuderere dall'attuale tranquillità, che rappresenta quella calma afosa, che prelude alle violenti tempeste. (p. 71). Dunque si sta male, anzi non si potrebbe stare peggio. Come sottrarci all' incubo di un cataclisma politico sociale ? Il Monnosi in questa parte non è meno chiaro ed esplicito e comincia a sgombrare il terreno da certe illusioni, e dagli avvenimenti fa scaturire qualche insegnamento, qualche monito, direbbe Matteo Imbriani. « Fu illusione sperare di domi- « nare le masse attirando qualcuno di quelli, che « sembrava le dominassero ; si riusci a sciupare « un uomo non a conquistare un partito. ~ (p. 37). Benone! Chi non vede qui l'allusione alla pesca inutile del pesce grosso Fortis fatta dalla Monarchia? Ben altro ci vuole a salvare le istituzioni che la conversione alle medesime di un uomo politico, per quanto eminente ~ per quanto fatta con tutte le migliori intenzioni del mondo ! Di più gioverebbe l'efficace concorso della religione intesa non nel senso elevato del Kidd, che ne fa un elemento essenziale della evoluzione sociale, ma in quello praticato dai politicanti più di manica larga che in Dio scorgono soltanto un surrogato del gendarme. Perciò il Monnosi vorre_bbe sapere religiosi gl' italiani : poco importa se maomettani o cattolici. Peccato che le istituzioni vigenti, non volendo rinunziare a Roma, non possano contare sulla protezione del Sommo gerarca dei cattolici ! « Ciò che ci vuole anzitutto e sopratutto per salvare la grande baracca è che lo Stato sia inesorabilmente logico ; che lo stato - repubblicano o monarchico - stritoli tutto e tutti sotto il suo carro ; che lo stato abbia il suo pensiero intorno alle idee che circolano : adottarle se le crede buone, combatterle e sopprimerle se le crede cattive. Ed è lo Stato che deve provocare un risveglio vigoroso della opinione pubblica contro l' irriverente indipendenza da ogni potere costituito ; esso mostrandosi logico ed energico vedrà stringersi attorno tutti coloro, che hanno qualche cosa àa•perdere. » « Lo Stato se vuole riuscire deve sapere ciò che vuole e deve saper volere colla massima decisione. I deboli - lo insegna Macchiavelli - hanno rari e malfidi amici ; e le attuali incertezze dei governanti italiani hanno sinanco paralizzato quello, che dovrebbe essere il suo organo più ubbidiente ed efficace : la burocrazia. Lo Stato cosciente dei suoi fini e che li persegue energicamente trionfa ; lo Stat:, fiacco, indeciso, irresoluto fallisce. Trionfò Napoleone 3° ; fallì Carlo X. » In questi due esempi si riassume la morale dello scritto del Monnosi, che consiglia e spera nel colpo
RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI di Stato fatto senza scrupoli e senza sentimentalità. Alle nostre classi dirigenti, che hanno nelle mani lo Stato ricorda che quelle francesi nel secolo scorso « rappresentanti di un regime di governo « avevano interesse, modo, forza di sopprimere « quelli che volevano instaurare un regime nuovo : « vollero essere sentimentali; furono soppresse. « Tanto peggio per loro. » (p. 17). E queste nostre classi dirigenti dovrebbero sapere che fra dieci anni o domani saranno costrette a rassegnarsi o a combattere. (p. 75), Questo è parlar chiaro !, e la chiarezza lodiamo senza invocare provvedimenti contro chi si fa apertamente propugnatore di violenze e della soppressione dello Statuto e delle leggi ; osserviamo solo che se un repubblicano o un socialista avesse detto sotto forma velata la metà. di quello che ha scritto il Monnosi ~arebbe stato mandato a domicilio coatto. Noi riproviamo questi mezzi troppo spicciativi e crediamo che diversi devono essere i metodi per rendere innocue le proposte reazionarie e illegali; proposte che se si vivesse in tempi normali•· dovrebbero essere giudicate come prodotti di mente inferma, ma che al giorno d'oggi trovano ascolto o vengono accettate come salutari da molti - da un numero di persone assai maggiore di quello, che si crede. Il nostro scrittore lo sa e la giustificazione di un colpo di Stato la cerca e la trova nella solita giaculatoria di tutti i partigiani dell'assolutismo. « Il popolo, egli conclude, no.lllasua grande mag- « gioranza non vuole ·formule vane di liberalismo « dottrinario, ma giustiiia, lavoro, benessere, , • tranquillità. » Che cosa voglia il no3tro popolo noi non sapremmo . affermarlo ; ma che la giustizia, il lavo1·0,il benessere, la t1·anquillità siano cose altamente drsiderabili ammettiamo volentieri. I popoli intelligenti, che hanno tratto ammaestramenti dalla storia sanno che l' ancien règime, i Bonaparte, i Borboni, lo czarismo, che rappresentano la più schietta incarnazione dell' ordine di cose vagheggiato dai_y.ostri minuscoli consigliatori di colpi di Stato - non poterono mai assicurare durevolmente tanto bene di Dio e che, di tutti quanti, potè dirsi e si può ancora dire : respice finem ! I popoli coscienti dei loro diritti e dei loro dnveri sanno che i regimi assoluti poterono soltanto dare quella penosa tranquillitd, che pu6 essere data dal gendarme e dal boja e la cui pit1 chiara immagine si ha nella tormentosa ed orrida Siberia ; e sanno del pari, che la libertà si apprezza precisamente in ragione dei benefìzì duraturi che procura e che essa sola rappresenta il mezzo adeguato per assicurare giustizia lavoro e benessere; o almeno ad assicurarne quel tanto che tra le società umane equivale al minor male ed al maggior bene possibile. Il popolo di Francia, quantunque non privo d'intelligenza, ubbriacato e pervertito da una propaganda volgarmente materialista lasciando uccidere la libertà credette di avere ottenuto giustizia, lavoro e benessere; ma l'ora dell'e~piazione arrivò e fu tremenda. L' année terrible costò alla Francia cento battaglie perdute, circa duecento mila soldati uccisi, Parigi bombardata, il suolo della patria calpestato dall'odiato straniero, cinque miliardi pagati al vincitore, più di altri cinque miliardi spesi in diversi modi, due provincie cadute, forse per sempre, in mano del nemico. L'Italia ha avuto il suo momento di aberrazione e di codardia e lo pagò caro abbastanza col disastro di Abba Carima. Il primo saggio delle conse guenze della soppressione del regime di libertà certamente non dovrebbe incoraggiare gli apostoli dei colpi di Stato; e noi proprio all'indomani di Abba Carima lo abbiamo ricordato. 1'Ia gli apostoli della reazione continuano nella loro propaganda e noi ci crediamo nel dovere di continuare a dare il grido di allarme; ed oggi piu che mai sentiamo questo dovere perchè il memorandum presentato dai generali al Re ci avverte che. i propositi reazionarii non si possono considerare come semplici ed innocue divagazioni di ùn modesto revisore della Camera dei Deputati o di un Presidente del Consiglio in fieri, ma accennano a prendere la forma concreta e mifiacciosa di un pronunciamento. LA RIVISTA LA VERNA. Victor Hugo (e spero di non citare il primo che capita) quando l'editore Daelli pubblicò la traduzione italiana dei Miserabili, scrisse una lettera che meriterebbe d'esser ristampata e riletta, poichè, scritta trentacinque anni sono, sembra cosa d'oggi. Ivi il grande poeta faceva un confronto . lugubre tra la Francia e l' Italia, dal quale spigolo alcune frasi. « La vostra Italia non è esente dal male come la nostra Francia ... Voi, come noi, avete pregiudizi, superstizioni, tirannie fanatismi, leggi cieche in aiuto di costumi ignoranti. La quistione sociale è la stessa per voi, come per noi. Da voi si muore forse un po' meno di fame e un po' più di febbre; la vostra igiene sociale non è migliore della nostra ... Non avete forse indigenti? Guardate in basso. Non aYete parassiti ? Guardate in alto. Questa orribile bilancia i cui piatti, pauperismo e parassitismo, si equilibrano dolorosamente, non oscilla forse in faccia voi, come in faccia a noi ? » E chiedeva finalmente - « E poi, vediamo la vostra ragion di Stato. Avete voi un governo che .
• RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 285 intenda la identità della morale colla politica? ... No. Non avete voi, come noi, due dannazioni; la dannazione religiosa inflitta dal prete e la dannazione _ sociale inflitta dal giudice ? O gran popolo d'Italia, tu sei simile al gran popolo di Francia. Ahimè, fratelli nostri, voi siete, come noi, Miserabili! » - Sembrano parole scritte ieri, scritte oggi! Ma non voglio insistere perchè è un'altra frase che, rileggendo la lettera, mi colpiva; questa, « Poche nazioni sono rose più profondamente dell'Italia da quell'ulcera dei conventi eh' io cercai di studiare~. Era vero nel 1862 ed è vero, purtroppo, anche nel 1897, dopo tante discussioni, tanti decreti e tante leggi ! I conventi sono più floridi e numerosi di prima e siamo a questo che, per rifarne uno si trovano subito i quattrini a centinaia di migliaia, ma per aprire una scuola non si trova la metà di un centesimo. Il denaro è conservatore, anzi volentieri retrogrado e se un progresso qualunque, di fatto o di pensiero, batte alle porte, eccolo gridare aiuto ed invocare le guardie gentilmente concesse o i giudici compiacenti interpreti di leggi spesso eccezionali. Di tanto che siamo progrediti, rinciviliti e migliorati in sette faticosi e lacrimosi lustri! Qui, a Bologna, l'Università muore dianemia e nessuno la soccorre, ma son tornati i Gesuiti che dal primo regno d'Italia in qua non vi avevano aperto più casa. I Gesuiti, non so, ma forse dei quattrini ne troveranno; certo l'Università non ne trova e questo è il bel progresso che abbiamo fatto. E rileggendo l' amara lettera del poeta e fa. cendo queste malinconiche riflessioni, ritornai col mem0re pensiero all'ultimo giorno di luglio del '91, giorno sereno, lieto, pieno di sole e di gaudio, in cui con mio figlio, allora quasi bambino, salivamo a piedi e cantando la dura strada che conduce al convento della Verna. Avevamo percorsa, così pedestri, la Romagna toscana risalendo la valle del Montone e visitando i luoghi che Dante ricorda; indi, calati a San Godenzo, avevamo valicato la Falterona bevendo alla fonte del!'Arno, per calar poi in quel delizioso Casentino che da Stia a Bibbiena è tutto un paradiso di verde, di fresco e di festiva urbanità. Ma anche qui, quanti frati! A Camaldoli, bianchi, silenziosi ed oziosi i Camaldolesi. A Strada, appiattati in una valle poco nota, i Gesuiti con un collegio magnifico. A Pratovecchio due conventi di monache. A S. Maria del Sasso i Domenicani. Da per tutto, se non il frate, il suo ricordo, a Vallombrosa, a S. M. delle Grazie, a Poppi, a Strumi, a Fronzola, a Certomondo a Badia Prataglia, a Talla. I luoghi piu belli, o più ricchi, o più sicuri erano dei conventi. Ed ora salivamo per raggiungere il crudo sasso intra 1'evere ed Arno che è come il Calvario dell'ordine francescano. La via è erta, sassosa ed arida. Oltrepassata S. M. del Sasso e attraversato il Corsalone, c' è un po' di adulazione nel chiamarla strada. Qualche quercia frondeggia solitaria, malinconico ricordo delle selve distrutte, e il paesaggio ha un aspetto triste e desolato che contra5ta con la ridente ubertosità del Casentino. Alla Beccia, poco sotto al monastero, si trova una osteria che, per la sua modestia ricorda le consorelle dei monti della Sabina e dove vedemmo la cagna più magra che abbia vissuto mai, credo, in Europa; fenomeno di osteologia animata, prova meravigliosa della resistenza della vita nei quadrupedi addomesticati. E di lì salimmo al convento. La Verna è come un' amba, cioè un monte tagliato a picco in ogni parte fuorchè in un esiguo istmo dal quale si accede al piano che è come la faccia superiore di questo immenso dado di macigno. Presso all'istmo è il convento che, da lontano, pare attaccato, incollato alla rupe, ed il piano dell'amba, inclinato e boscoso, non si vede se non entrandoci. La parte rocciosa è orrida, la selvosa amenissima e tutto l'insieme ha un non so che di strano, di violento, di imponente che costringe al1' ammirazione. Ma i frati guastano un poco. Dice la pia leggenda che S. Francesco, giunto qua sù, fu accolto dagli uccelli accorsi a salutarlo col loro canto e che egli li ringraziò e benedisse. lo non c' ero e non posso dirne nulla, ma pure la leggenda ha quella certa poesia delicata che alita spesso nelle origini francesi. I frati hanno eretto una piccola cappella sul presunto luogo del miracolo, a pochi passi prima dell'ingresso e da una finestrella dell'uscio ci fanno vedere un S. Francesco, non so se di gesso -o di legno, ma tutto lustrato e verniciato, in atto di benedire pochi passeri e balestrucci impagliati, quasi spennati e pendenti con un filo dal soffitto. Adelio poesia della leggenda! Però c'è la cassetta per le elemosine e il visibile spettacolo è destinato, a quanto pare, a promoverle numerose ed abbondanti. E non solo qui, sull'uscio, i frati hanno sciupato la leggenda poetica e buona. Da per tutto hanno voluto ficcare il ricordo, anzi la prova apparente del miracolo, come Sasso e cc.,me in quella incavatura della rupe, la quale, quasi cera molle si sarebbe aperta pel santo minacciato dal demonio e ne conserYerebbe l'impronta; e l'inevitabile cassetta apre la larga bocca che sembra ridere ad ogni soldone che ingoia. Il convento offre l'ospitalità per tre giorni gratuitamente. S'intende che ciascun ospitato sente l'obbligo di galantuomo e si sdebita con elemosine; ma spesso volere non è pote1·e e lasst1 capita anche gente che non può. Sono perciò due le fore-
286 RIVISTA POPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI• sterie ; una di sopra pei ricchi ed una abbasso pei poveri. Cristo e San Francesco avrebbero forse fatto il contrario e dato il posto migliore ai poveri, ma dopo tutto ognuno è padrone di pensare e di agire come crede. Così noi che dopo un paio di settimane di peregrinazioni pedestri pei monti non avevamo l'aspetto elegante e le vesti di una promettente lindura, fummo condotti alla foresteria dà basso; quella dei poveri. Chiedemmo di visitare il convento ed il bosco, ma il torzone ci disse che tutti i frati erano in chiesa, anche quello che aveva l'ufficio di dimostratore; che attendessimo il primo tocco della campana; ed intanto ci offrì certi fagiuoli che fumavano ·in un ampio catino ed un vinello leggero, ma limpido e sano; indi ci chiuse a chiave nella foresteria, come due prigionieri. Avevamo mangiato alla Beccia e non toccammo i fagiuoli. Bevemmo un dito di vinello che in quel caldo ci ristorò e al primo tocco di campana fummo liberati. Uscivano i frati processionalmente dalla chiesa, taciti, raccolti, compunti i novizi; lieti, ridanciani i più vecchi, il contegno dei quali ci ·sorprese alquanto. IL frate dimostratore ci credette anche lui contadini o quasi e adattò le sue parole aila nostra povera intelligenza, ma qualche parola sfuggitami o qualche riflessione sulle opere meravigliose del dellà Robbia, che avevo visto altre volte, tradì il nostro involontario incognito. Capì · che il frate della foresteria aveva preso un granchio e diventò subito uu cicerone più affabile e premuroso. Non è qui luogo per ripetere quel che sanno tutti e le Guide ripetono, intorno al convento della Verna. Voglio ricordar solo l'orrore e lo stomaco che provammo nei luoghi dove abitano i frati. Quella fila doppia di piccole celle, contigue sotto un rozzo tetto comune, è uno spavento pel tanfo caprino di chiuso, per l'afa pestilente ed oleosa di calde esalazioni maschili, pel fetore ammoniacale di latrine immonde, per il lezzo di loia fermentante che stringe la gola come un capestro. Non si lavano mai, dormono vestiti in quelle loro tane grasse e putono d' irco che ammorbano. La peste bubbonica non c' è per nulla ed è meraviglioso che creature umane vivano senza ammalare in quello sterquilinio fetente d'ogni lordura. Oh, come uscimll}Ofuori volentieri e ci mettemmo soli nel bosco che stormiva, nel bosco che Ja frateria non ha potuto ancora insudiciare! Non è dato a parola umana descrivere la bellezza solenne, la magnificenza miracolosa, magica, di quella selva antica e vigorosa che finisce al culmine della Penna (1269 m.) sotto al quale si spalanca a picco una YOragine profonda quasi trecento metri; e la gioia del ritorno sotto l'ombra fresca delle querce e degli abeti, sull'erba soffice, fiorita di ciclamini. Nè ci commosse altrettanto l'essere poi condotti alla foresteria dei signori, dove fummo cortesemente accolti e ristorati e di dove uscimmo pagando volentieri lo scotto sotto forma di elemosina. Uscimmo ammirati, contenti di aver visto tanta bellezza e scendendo giù a Bibbiena nei tepori rosei di un tramonto meraviglioso, ci volgevamo spesso indietro a guardare ancora l'amba incantata, come per salutarla. E dicevamo : ((peccato che i frati la guastino ! ,, OLINDO GUERRINI. (L. Stecchetti). RevisidoenlterattadtoiFranocrotf. (La pace per mezzo della giustizia). Sarebbe ozioso estendersi sui risultati immediati e futuri dello stato di pace al'mata che gra,·ita da. un quarto di secolo in Europa. Ogni giorno si nita penosamente una guerre\ di sterminio, ohe può scoppiare da un momento all'altro sotto il più futile pretesto. Frattanto, le spese militari si accrescono senza inte1•ruzione, ogni iniziati va feconda è paralizzata dal timore della catastrofe, e gli stessi resultati disastrosi son pol'tati più lentamente, ma non meno sicuramente; la morto violenta è scongiurata - o solamente ritardata -, ma il paziente ha contratto una malattia di !\Onsunzione che non perdona .. Così la race armata, prolungandosi, metterà capo unicamente alla guerra europea, alla banc,xrotta ge• nerale, o alla guerra sociale, se non a tutte e tre insieme queste calamità. V' ha fortunatamente una. quarta maniera d'uscire dalla situazione presente: ed è l'abolizione df!llapace armata, rimpiazzandola colla pace, colla sola e vera pace. Quest'ultima, quella cioé che sa mantenersi senza rovinare i popoli col militari~mo come farebbe la guerra stessa, è la pace liberamente acconsentita, risultante: 1.0 Dalla leale osservanza dei trattati equi, stivulati da pari a pari, e modificab1!t di comune accordo quando ne sia riconosciuto il bisogno. 2.0 Dal ricorso all'arbitrato o ad un tribunale permanente, in caso di contestazione. Quest'ultimo punto, base dello st,1.lo giuridico internazionale, ohe dev'essere sostituito all'anarchia. attuale, è stato sufficientemente chiarito, pel momento, dalla Conferenza interparlamentare del 1895 (1). ll presente velocissimo studio, ha per oggetto di ricercare i mezzi di transizione che permetterebbero di ripardre ai pericoli immediati e di metterci sicuramente nella via della salute. I. - Principiigenera1i. 1. - L'idea che un disarmo, totale o pal'ziale, possa essere realizzato immediatamente, dopo una {I) Vedere:• Autour de la Confèrence interpadementaire», par Gaston ~'101:h (Paris, Colin, 180.:;Je, la • l\lèmoire aux puissanccs », del cav. ncscamps, presidente della Conferenza del 189;, (13ruxeBes, librairie de l'Office centrai, 1896):
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 287 , com:enzione fra le potenze europee, è, come s' è già detto molto giustamente, « assurda in sè »- Ancora più pericolosa é quella di un concerto analogo in vista d'una sospensione momentanea, o tregua di armamenti. La pace armata ha di fatti per causa la diflìdanza. reciproca delle i:,otenze. Dapertutto, il militarismo è considerato come una deplorabile, ma in· dispensab:le misu1•a della legittima difesa. E siccome la preservazione dell'esistenza. nazionale é la primordiale funzione d'ogni governo, è logico che tutti gli Stati, credendosi minacciati, provvedono alla loro sicurezza con tutti quei mezzi che sono in loro potere; per conseguenza., è legalmente inammissibile limitare l'ese1•cizio di questa funzione. Ciò è d'altronde ugualmente impraticabile nel fatto. Perchè le differenze esistenti fra le potenze (popolazione, ricchezza, vie di comqnicazione, frontiere naturali, colonie a cui attendere, organizzazione attuale dell'armata) impediscono ogni confronto, e per conseguenza ogni modificazione correlativa, del loro stato militare. Quanto a una tregua a scadenza determinata, essa equivarrebbe, sotto l'aspetto militare, al disarmo completo, perché ogni interruzione nella preparazione alla guerra annulla in realtà questa preparazione. Essa solleverebbe dunque le medesime obbiezioni che solleva lo steiso disarmo. E, d'altra parte, essa ammetterebbe il disagio generale poichè fisserebbe su una data determinata tutti i timori, che coi procedimenti attuali, hanno almeno il vantaggio d'essere vaghi e indefinitamente procrastinabili. Sarebbe l'organizzazione d'un terrore che crescerebbe giornalmente. 2. - Poiché gli armamenti risultano direttamente da questo stato di sospetto reciproco che regna in Europa, dureranno quanto esso, e tenderanno anche continuament•1_ ad accrescere. Per arrestarli per ridurli poi, e per abolirli infine, bisogna dunque cominciare dal dissipare le diffidenze accumulate dalle guerre passate. Già, mo'.ti riconoscono che tutti i popoli, senza eccezione, banno sete di pace, e che i govtrni, di buona voglia o no, sono sinceri nelle dichiarazioni pac,fiche che accumulano a gara. Quando questa mozione si sarà g,rneralizzata, il disarmo sarà un fenomeno così logico, così fatale, come sono oggi gli armamenti a oltranza : esso si attuerà fra tutti i popoli, progressivamente e spontaneamente. In altre parole, il disarmo non è un mezzo che si deve impiegare, ma un risultato che si deve conseguire : il risultato d'un progr, sso morale che devono realizzare le nazioni europee. 3. - Questo progresso consisterà solamente nel ;iconoscimento generale e senza mire della morale politica di Kaat, 1•fassunto di quella dei filosofi ft·.ancesi del secolo xvm, e che il Congresso della Pace del 1891 ha sviluppato, un secolo dopo la dichiarazione dei diritti dell'uomo, in una vera Dichiarazione clel diritto dei popoli, di cui ecco il tfSto : « Il principio dei diritti e della morale dei popoli è quello stesso dei diritti e della morale degl' individui. « Nessuno avendo il diritto di farsi giustizia da sè. nes• suno Stato può dichiarare guerra ad un altro. « Ogni contesa fra i popoli deve e~sere regolata giuridicamente. « I popoli sono solidali gli uni cogli altri. « I popoli hanno, come gli individui il diritto di legit• tima difesa. « Non esiste il diritto di conquista. « I popoli hanno il diritto inalienabile e imprescrittibile di disporre liberamente di se stessi. « L'autonomia di ogni nazione è inviolabile-,. 4. - L'obbligo di risolvere giuridica.mente ogni conflitto internazionale dev'essere inteso nel senso più stretto, L'idea dell'arbitrato internazionale ha fatto da. qualche anno, dei progressi considerevoli, senza interruzione accelera.ti. Ma avviene ancora giornalmente che, anche dichiarando di ammettere come principio questo sistema, si pretende sottrargli una porzione determinata, od anche l'insieme di tale li- .tigio, dato che, si dice allora, « non costituisce materia. di arbitrato». Una simile pretesa. è inammissibile. Le nazioni sono come gl' individui : perciò appena una d'esse si dichiara lesa da un'altra, essa inizia una questione, alla cui di~cussione la seconda non saprebbe sottrarsi se essa fosse sinceramente pacifica. In simile circostanza, la procedura da seguirsi è evidente. Si deve cominciare dal costituire un primo collegio arbitrale che, senza dare una vera sentenza, dichiarerà se v' è o no materia d'arbitrato, cioè se si p•1ò accogliere ed esaminare la querela formulata da.Ha nazione che inizia la questione. E, nell'affermativa, un secondo arbitrato delibererà sulla questione. O ancora, nell'ipotesC dell'istituzione di una Corte permanente, analoga a quella che è stata proposta alle potenze dalla Conferenza interparlamentare del 1695, la Corte costituir.à successivamente dei tribunali, destinati l'uno ad esaminare, l'altro a giudicare realmente. 5. - L'obbiezione sovente fatta, che simili disposizioni sarebbero contrarie alla sovranità delle potenze, è speciosa, ma senza fondamento. Sarebbe come dire che un cittadino d'un paese libero, come la Svizzera, non è libero, perchè si sottomette ai tribunali del suo paese, e si lascia applicare delle leggi che egli ha contribuito a fare, piuttosto che farsi giustizia da se stesso. Del resto, la sovranità d'uno Stato, non è veramente oggi meno attaccata, quando questo Stato subisce, dopo una disfatta, la volontà di chi è più forte di lui. N ell' ipotesi di un tribunale o di un arbitrato, lo Stato si troverà almeno in condizione di far trionfare il suo diritto, se questo diritto esiste ; mentre che la sovranità, spinta fino al diritto di dichiara re la guerra, é in realtà solamente il mezzo d' imporre ai deboli delle pretensioni contrarie al diritto. Il. - Principii relativi alle questioni di nazionalità. 6. - Il fermento pii1 energico delle querele internazionali consiste attualmente nelle questioni delle na.zionalità, stabilite in Europa dopo la scossa generale della credenza al diritto divino dei sovrani.
288 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 7. - Queste questioni, generalmente mal definite e che alcuni conquistatori hanno sfruttato sfigurandole, si possono definire come segue : Esiste una questione di nazionalità, quando la po• polazione di un paese che si trova attualmente sottomesso a un certo Stato sovrano, reclama, o l'autonomia del suo paese nel seno di questo Stato, o la sua costituzione a Stato indipendente, o il suo congiungimento con un altro Stato. Un simile movimento, che procede dagli impulsi più rispettabili della coscienza e della libertà. individuale, n·on può essere legittimamen!e ed efficacemente combattuto altl'imenti che colla persuasione. Se non ha potuto essere arrestato così, rimane solo incominciare trattative colla popolazione interessata, per darle soddisfazione con un accomodamento amichevole. Perchè questa situazione, anche ammettendo che si sfugga alla guerra civile o con un altro popolo, che può scoppiare a ogni momento, è una. causa permanente di spossamento per la nazione dominante come per la minoranza oppressa. 8. - Que~t• ultima constatazione distrugge l'obbiezione secondo la quale le nostre teorie tenderebbero a imporre alla maggioranza il -,;otodella minoranza, cosa evidentemcnt,e assurda ed ingiusta. Perchè èugualmente ingiusto che la maggioranza. opprima la minoranza. E, per quelli cui non b1sta a illuminare la nozione della ingiustizia, bisogna aggiunge1·e che assurda. sopra. tutto è la situazione che la maggioranza perpetua, per questa oppressione, e che ad essa . medesima è dannosa. Ciò che noi voglìa.mo, è conciliare equamente, pel meglio degl' interessi di cia.scuno, i diritti della m 1ggioranza e quelli della. minoranza. 9. - Le questioni che abbiamo ora definito s~no le prime che i pr.igiudizi attuali fanno dichiarare impossibili a risolvere pacificamente: si pretende che esse non si prestano nè ad un giudizio, nè ad un arbitrato, e nemmeno ad una discussione amichevole, col pretesto che esse sono d' ordine puramente interno. Questa. tesi è solamente sostenibile nel pr:mo caso (rivendicazione dell'autonomia). Negli altri casi, cioé quando lo Stato dominatore impedisce la nascita di . uno Stato indipendente che ha volontà di vivere, o quando fgli trattiene sotto la sua legge una. popola: zione che desidera di aggregarsi a un altro Stato, la. questione è evidentemente d'ordine internazionale. Essa dipende dalla giurisdizione internazionale da crearsi (collegio arbitrale o tribunale), come ha sempre dipeso dalla sola. giurisdizione riconosciuta fino ad oggi, cioè dalla. guerra. Anche quando si tratta unicamente d' una rivendicazione d'autonomia, lo scopo dei violatori dei popoli è d'altronde contestabile. In pratica, le potenze sono intervenute sempre negli affari di questo genere, sotto il pretesto d'umanità, quando esse credevano d' a,. vervi interesse e d'essere le più forti : la Turchia ne sa qualche co$a. Ed è fuori di dubbio che verrà. un tempo, in cui una Corte suprema ascolterà. le querele d'una povolazione molestata dallo Stato da cui dipendd, un tempo in cui un pubblico ministero pronuncierà la sua. requisitoria contro questo Stato. Ma attualmente, sarebbe troppo domand ,re di voler fare internazionali le questioni dibattute per uno Stato ed una popolazione che non reclama altro che un trattamento equo nel seno di questo Sta~o. 10. - Le idee esposte ai § ·7 ed 8 sono fatti d' esperienza, non declamazioni sentimentali. Io l'ho riassunte altrove dicendo : « La na.zionalità. non risulta nè dal luogo, nè dalla lingua, nè dalla. fo1•za, nè da ogni altra condiziono fisica ..... « La nazionalità è una forma dell'associazione volontaria. ; è definita da.lla volontà degl' intel'l soati, sieno questi isolati, o costituiti allo stato di povolazione. » E, dai principi di diritto dei popoli enunciati più sopra (§ 3), specialmente da quello che stabilisce l'imprescrizione di questi diritti, io deduceva la con• elusione seguente : «. È giusto, possibile e neces,ario di ritornare, per mezzo di eque transazioni, su quelle conquiste passate alle quali le popolazioni conquistate rifiutarono manifestamente e con persistenza il loro consenso. » lii. - Principirelativialla questionedell'A I sazia-Lorena 11. - La prima condizione di ogni tenta.tivo di pacificazione dell'Europa dev'essere la riconciliazione della Francia e della Germania. 12. - Questa riconcilia.zione, desiderata da tutti gli spiriti illumina ti e pensosi dell'avvenire della civiltà., è facilitata da questo fatto, che i due paesi, lungi dall'esser nemici na.tura.li ( vi sono d'altra parte nemici naturali?), sono veramente complementari l'uno dell'altro col loro spirito, colla loro civiltà, colle loro produzioni di ogni natm•a e i loro interessi generali in Europa e oltremare : essi sono indispensabili l'uno all'altro. 13 - La riconciliazione fra i due popoli è impedita da. una causa politica; la questione dell'Alsazia.- Lorena. 14. - Questa questione è dunque la prima, che dobbiamo con ogni sfogo riso] ve1·e in Europa, se si vuole avanzare d'un passo nella via della pa.cificazione morale, cioè della sola pacifica.zione effettiva . 15. - La questione dell'Alsazia-Lorena è, per l'imtdoan za delle parti presenti, come per l'influenza difetto.sa eh' essa esercita sui destini dell'Europa, l' episodio decisivo della lotta impegnata fra il diritto dei popoli e il diritto di conquista. E per ciò, riposa sopra un malinteso che bisogne dunque togliere. I cittadinì della Germania si considerano come i possessori legittimi, i proprieta.ri dell'Alsazia-Lorena, da loro fondata come una terra, come un dominio feudale, i cui abitanti sono un accessorio passivo. Questa nozione del diritto internazionale essendo la sola che la. maggior parte d'essi possiedono fino ad ora, è , aturale eh' essi I a prestino ai francesi. Essi credono dunque sinceramente, e hanno fatto prender la loro opinione a molti stranieri, che i F ran·
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALl 289 cesi pretendono pure al possesso di questo paese. Al contrario, i francesi, fatto _poche eccezioni, non ricono;cono la legittimità di nessuna possessione di questo genere. Qui non yedono in un paese altro che la sua popolazione, e non il suolo, che ne é l'accessorio. Se fosse loro provato che gli alsaziani lorenesi vogliono restare tedescM, n-m ci sarebbe affatto per loro una questione dell'Alsazia-Lorena. 10. - Oro, i francesi sono convinti, a torto o a ragione, che gli Alsaziani-Lorenesi non vogliono esser l>oggetti alla G~rmania. Essi chiedono dunque, non una guerra, che nessuno vuole, e che in luogo di risolvere la questione la sostituirebbe con un'allr.1 ma una revisione amichevole del t,·aitato di Franc(ort, avente per assunto: 1. Di consultare gli Alsaziani-Lorenesi sui loro destini futuri, e di cedere a.I loro voto liberamente dato, qualunque esso sia; 2. Nel caso in cui l'Alsazia-Lorena cessasse di appartenere all'Impero Germanico, d'allCOrdare a quest' ultimo un giusto compenso. 17. - Alcuni cittadini dell'Impero riconoscono bene che la popolazione annessa é restata inconciliabile, ma dichiarano non vo·er ten~rnessun conto di questo fatto, per ragion di Stato. Codesti si metton fuori di ogni morale. L'opinione universale, e particolarmente l'opinione di numerosi paesi che, un tempo oppres~i, hanno riconquistato la loro indipendenza, deve sforzarsi di condurli a un livello superiore di civiltà. Il miglior argomento da rifarsi con essi é d'al1ronde precisamente quello della ragione di Stato. Là come altrove, utile e ciò che è. giusto. E basta a vere la più piccola vista generale sulla storia e l' economia politica, per comprendere che l' amico più affezionato non saprebbe augurare alla Germania una felicità più grande, d'essc"e liberata dalla palla ch'essa tira presso di sé, e di guadagnare, per soprappiù, l'amicizia della Francia. 18. - Altri della Germania oppongono un analogo rifiuto, dicendo che non e' é niente affatto una questione dell'Alsazia-Lorena dal punto di vista internazionale, perché la sorte di quesh. provincia d stata regolata da un trattato. A questi, si risponderà che quasto trattato non potrebbe essere più intangibile di tutti quelli ch'esso ba annullato; che i Ft•ancesi l'hanno mantenuto fe lelmente, e eh' essi non chiedono di lacerarlo, né di _ingannare in modo nocivo la Germania, ma di modifi,-:arlo di un comune accordo e nell'interesse di tutti; che, infine, fra due nazioni di cui una innalza pacificamente e in buona fede una cfoma.nda di questo genere, e che l'altra dichiara questa domanda indegna di accoglienza, v' é luogo di ricorrere ali' arbitrato preliminare di cui s' é parlato al § 4. 19. - Infine, altri cittadini Jella Germania ancora, fra quelli che accettano come principio la nostra idea del diritto, dichiarano ogni discussione inutile su questa que,tione, sostenendo con grande sincerità cho la pronunciazione degli Alsaziani-L1renesi é com• piuh, almeno in ciò che si riferiscél alla loro maggioranza. Sono ben poco numerosi quelli che hanno quest.l confidenza, così contraria all'evidenza? Ma, qualunque cosa avvenga, gli Alsaziani-Lo1·enesi soli possono far fissare l'Europa su questo punto, vitale pc1· o-sa, poiché esso preparerebbe in breve tempo la rinunzia dei francesi. 20. - i;;· inutile parlarél di certi tedeschi che si dicono devoti ai principi del diritto dei popoli, marifiutano di farne l'applicazione nel caso presente, allegando la difficoltà che ci sar~bbc per farli accettare dai loro compatrioti. Si ha il diritto di sospetta1•e della sincerità di persone che, pretendendo trornrsi al possesso d'una verità superiore, abbandonano la lotta e si lasciano trascin ire da pregi udili volgari, alla cui distinzione avrebbero il dovere di la vora1·c. 21. - In somma gli uomini di cuore e di ùuon senso, in tutti. i paesi, debbono sforzarsi per dare una spinta all'opinione in favore della rr.visione pacifica, amichevole o per via d'arbitrato, del trattato di Francoforte. E lo scopo immediato di questo movimento dev'essere di far comprendere alla nazione alemanna che, per avere il diritto di dirsi pacifica, non basta non dichiarare la guerra in paesi vicini, ma bisogna, anche acconsentire ad ascoltare ed a discute1·e i loro reclami sinceri; che il non possumus è un atto ostile come un altro; che, applicato allo statu quo territoriale non si distingue dalla concessione napoleonica o bismarckiana della pace, così riassunta: « Prendere colla violenza e mantenere colla forza »; che a questo titolo, esso costituisce per tutti i popoli una minaccia permanente, capace di suscitare . un giorno una coalizione formidabile ; infine, e sopra tutto, che, invece di nuocere alla Germa.nia, la revisione di questo malaugurato trattato giova nella maniera più grande al suo inte1·esseben compreso, come alla sua gloria. Nota complementare. - Il diri'tto di conquista, abolito in diritto e in fatto da.Ila Rivoluzione francese, e malauguratamente rimesso in pratica nell'impulso della lotta contro l' Europa intiera, é stato nuova.- mente abolito di fatto dal 1815 al 1864 ; pe1·ché le modificazioni territoriali sopravvenute in questo intervallo (Grecia, Belgio, Stati danubiani, Francia, Italia) furono tutte conformi al voto delle popola.;-ioni e compiute nell' interesse di queste. La Prussia rimise in vista il diritto di conquista nel 1864, 1866 e 187 l. Essa é stata imitata dopo. Ma essa sola, in ragione del timore che inspira, é sfuuita a tutte le osservaiioni delle potenze. Le altre conquiste violente avvenute dopo il 1871 sono state rivedute ; quelle della Russia dal trattato di Berlino, quelle del Giappone sotto la pressione di tr·e grandi potenze ..... e la Germania ha preso parte a queste tre manifestazioni I Si può ancora ricordare la revisione delle clausole del trattato di Parigi fatta dalla Conferenza di Londra. Non v; é dunque niente d' insolito né di strano se si domanda una revisione amichevole del trattato di Francoforte. Bisogna d' altronde notare che questo trattato, imposto senza possibile discussione da una sola potenza ad un'altra., la.cerava. i trattati di Yestfalia, di Nimega, di Rysmick, di Uteckt e di Vienna, firma.ti da tutta l'Europa ; questa ha dunque da dire
290 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI la sua parola davanti alla rottura violenta degli accordi coi quali essa aveva creduto assicurare il suo riposo. Inoltre il trattato è stato alterato dalla Germania nella questione dell'opzione degli abitanti, e violato formalmente in quella dei pa%aporti, e, pe queste ragioni, la Francia avrabbe fondamento per dichiararlo caduco. (continua). GAsroN MocH. Ex capitano di artiglieria. Ladonnnaellsaociebtàorghese. < 1 > La donna al pari dell'operaio è una vittima, e forse la più perseguitata del regime borghese. Comuni nella sventura, quella vien lasciata allo ai-bitrio del suo persecutore senza scrupoli, senza convenienze, senza piet:ì. di sorta e non trova alcuna protezione, niuna garanzia, perchè congiuranti contro di essa le tradizioni, le leggi, la Chiesa. Il problema di parificare giuridicamente la donna all'uomo, renderla economicamente libera e da lui indipendente, e per quanto è possibile a lui uguale nella educazione intellettuale, di equilibrare in essa la som_ma dei diritti e dei doveri, degli obblighi e dt1lle pretensioni: ecco una delle più sante rivendicazioni del nuovo vangelo socialista. Se si rifiette poi che la metà della popolazione è costituita dal sesso femminino, che da esso dipende in gran parte l'avvenire dell'umanità e che vi riponiamo i nostsi più intimi affetti, si giudicherà che non è opera vana, non mostra di mal larvato interessamento, non amore di retoriche disquisizioni ci di vane accademie, ma pensiero umano, ma sfogo spontaneo e sentito, ma necessità pressante, ma convinzione sincera che induce e forza la mente e più il cuore ad esprimere una parola di difesa ad innalzare un grido di protesta, a reclamare anche per esso un po' di giustizia. Nel Congresso femminile tenuto nello scorso autunno a Berlino la signora Augusta Fickert così à conchiuso: « Come la lotta delle classi oppresse non è cagionata soltanto dal desiderio di materiali godimenti, ma altresì da una aspirazione ideale a una forma di vita più elevata, così il movimento femminista à un significato assai più alto che non sia la lotta per i diritti e per il potere. Nel periodo della precedente civiltà l'ordine sociale fu dapprincipio mantenuto dal potere del più forte, dal punto di vista fisico; sul più debole, poi dalla autorità dell'intelligenza sviluppata sopra un solo punto: l'astuzia,, la furberia, la prudenza. Il fal'e scomparire queste forze brutali è compito della civiltà. Solo la fusione della intelligenza con la morale può offrire una base sicura per stabilire un nuovo ordine sociale e a questo scopo è necessario che anche le facoltà intellettuali della donna siano liberate da qualsiasi oppressione. Fino ad ora la donna à dovuto mentire e fingere per poter raggi ungere i suoi fini come per assicurare la propria c0nservazione, il movimento femminista tende a sollevarla da questo avvilimento ». Così in uno degli ultimi numeri ~ella Revue Encyclopédique Larousse. {I) L'Ascrive dalla Sicilia. (n. d· r.). Il diritto materno che sentì i pri~i vagiti della umanità nei tempi p1·eistorici significò comunismo, il diritto poscia impostosi valse origine e predominio della proprietà privata e ad ·un tempo oppressione della donna la quale fu il primo essere che cadde in schiavitù, anzi fu schiava pria che la ferocia umana lo schiavo creasse. D'allora, cioè dal momento che cominciò a valere la discendenza Jal padre l'uomo impose alla donna una rigorosa astinenza, la confinò nelle pal'eti domestiche distraendola dalla v,ta civile e politica dello stato, le comandò di ubbidil'lo ciec,tmente, e l' etére nella Grecia che .fccellevano per ingegno e per bellezza, ribellandosi, erano quelle che preferì vano la vita Lbera e il libero amore alla schiavitù del matrimonio. Il Cristianesimo, rn to in un tempo che non riconosceva alcun diritto alla donna, concorse a quella triste opera di demolizione predicandone il dispreizo colle sue inumane dottrine sull'astinenza e sulla mortificazione della. carne. La donna pur nondimeno come tutti i miseri sperando nella sua redenzione lo abbracciò con fervore e coricorse a determinarne il trionfo. Le idee e le dottrine espresse dai famosi padri e filosofi della chiesa sul riguardo si rassomigliano confermando il soprav vento dell'uomo, combattendo il matrimonio colla esaltazione del celibato e si giunse a tale aberrazione che si dubitò un tempo della esistenza dell'anima .... nella donna: della quale questione trattò con spudorata serietà il Conc:lio di Macon nel VI secolo. Attravesso i tempi si perpetual'ono quei concetti sulla condizione della donna, si proclamò legittima la sua soggezione all'uomo che doveva esserle guida, signore, padrone, e dopo averne fatta la generatrice di eredi e uno strumento di piaceri, oggi per le mu. tate condizioni sociali la speculazione borghese l' à ridotta anche una forza lavoratrice ed apprezzabile. Infatti l'ammissione della donna in tutte le occupazioni industriali oggidì è in vigore dappertutto. La società borghese che dà la caccia al profitto col guadagno à riconosciuto da gran tempo quale eccellente oggetto da sfruttare sieno le operaie, le quali si contentano più facilmente degli uomini senza averne le pretese; la diffusione e il miglioramento della meccanica, la semplificazione dei processi di lavoro dipendente da una sempre maggiore divisione dello stesso, la crescente concorrenza che si fanno i capitalisti nei paesi industriali favoriscono questo crescente impiego del lavoro femminile. Onde è che mentre alla donna la natura à attribuito la più nobile missione e il pitì duro sacrificio: quello della maternità, e la società le à imposto quasi tutti gli obblighi e i doveri, spesso superiori e non confacE1nti alla di lei natura, non le si accorda in corrispettivo neanche la terza parte di quei diritti, di quelle facoltà di cui gode l'uomo nella funzione civile, eco - nomica, politica della vita sociale. La donna da nubile rimane sempre sotto il mundio paterno, e le stupide convenienze, le false superstizioni, i pregiudizii la condannano ad una vita di martirio, di sofferenze, di privazioni contro natura, racchiusa fra le mura del gineceo, lontana dal mondo, dalla lotta, senza soddisfazione dei sensi, in una continua im- .,--"
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