Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 14 - 30 gennaio 1897

268 RIVISTA.POPOLA.REDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI limitati, dove la necessità del bosco risulta evidente, sono m generale rispettati. dalla popolazione. Invece colla coltura estensiva, quando nel giro di pochi anni si sottrae al pascolo la metà del territorio di un comune, troppo si offendono bisogni ineluttabili, interessi reali e diritti pastorizi incontrastabili, Je cui origini risalgono a tempi preistorici, forse, come suppongono alcuni, al Clan celtico. Si provoca una reazione così forte e a un tempo così metodica, che nessun governo può vincere. Io conosco zone montane sottoposte a divieto di pascolo, di strame, di legna, di tutto, nelle quali se Ella, sig. Ispettore, riesce a mettere insieme a fine d'inverno un quintale di strame in 10 pertiche io lo mangio. Perché ? Si volle porre il divieto contro la volontà della popolazione, sia pure talvolta consenziente il Consiglio comunale, cui la Prefettura, lusingando alcuni maggiorenti, riuscì a piegare. E la popolazione reagisce. Quel pattume, la cui raccolta si vietò di giorno, sparisce a poco a poco di notte e con esso molte gio,- vani piante, che di giorno sarebbero state rispettate. E prudente generale colui che comanda la ritirata, quando vede impossibile impedire la fuga; quel professore che dà la vacanza, quando capisce che gli scolari se la vogliono prendtre ; quell'ufficiale forestale, che assegna ciò che non può far custodire. Ma invece, per noi Italiani, il fare una legge e il modificarla a breve distanza, lo snaturarla con un regolamento, un decreto, una circolare, è cosa d'ogni dì; il violarla e da parte del governo e da parte del pcpolo pare una respirazione naturale. I boschi della :Svizzera e della Germania, che Ella, e a ragione, cita come modello, sono in quel rigoglio che sono, perchè la popolazione è educata al rispetto della legge; e la p0polazione è educata al rispetto della legge, perché la legge rispetta il bilancio economico delle famiglie povere. Da noi le miserie della popolazione o non si conoscono o non si curano a Itrimenti che con mezzi grossolanamente empirici e non se ne temono le conseguenze. Un Ministro conservatore illuminato come l'on. Gufociardini, ebbe quest'anno il coraggio di dire in piena Camera che di tutti i miseri e di tutti i deboli i contadini sono i più disgraziati; che nei comitati forestali gl' interessi dei contadini non sono sufficientemente rappresentati; che urge provvedere con una radicale e completa riforma dei tributi locali; che è vano illudersi, perché, quando meno si aspettano, possono avveni1•e scoppi improvvisi e terribili. Egli è una rondine, che non fa primavera. La classe dominante s'arricchisce, si diverte e non vuole tristi pensieri; se scoppi insani prorompono, giù pillole di piombo e tornerà la salute. La ricetta fu già sperimentata dalla monarchia francese prima del 1789, ma ebbe effetto non dul'aturo. La storia dell'imboschimento in Valtellina, non c'è bisogno di rammentarla a Lei, è li a dimostrare come senza la cooperazione del popolo non sia possibile promuovervi un imboschimento serio ed efficace. La legge del 4 luglio 1874 sui beni incolti non è che una ripetizione della Sovrana imperiale risoluzione 16 aprile 1839, scienti o inscienti i saggi legislatori, che la elucubrarono per poi parzialmente revocarla nel 188G. La sovrana risoluzione 16 aprile 1839 dice: « Tutti i terreni comunali incolti do- « vranno alienarsi.... L'alienazione può aver lu(lgo « contro il ~agamento del prezzo in danaro contante « ed a livello, e può farsi a chiunque... Può anche « aver luogo un riparto di tali beni tra i Comunisti « a testa ... ». N elio istruzioni annesse alla r:soluzione dell'Imperatore d'Austria si prescriveYa l'alienazione nella viajussoria e il pit1presto possibile e si escludeva per sempre l'adito al protcsfa.to motivo che i terreni di tale categoria potessero abbisognare agli usi focolari dei comunisti ed al pascolo del bestiame; poiché col riparto acconsentito dei beni fra i comunisti a testa, in vendita libe1•a od enfiteutica, , ra offerto a ciascun terriere un mezzo facile di procurarsi quel terreno, che gli poteva occorrere pei bisogni della sua economia domestica o pastorizia. Or bene, l'Austria, che era l'Austria non riuscì in Valtelllina ad eseguire la legge ; in alcuni comuni fa, popolazione si mostrò disposta a opporsi colla forza, piuttostochè rinunziare alle sue millenarie consuetudini. La severità amministrativa dell'Austria si franse ·contro la fermezza dei contadini valtellinesi. Intorno ai quali Stefano Jacini, che non fu mai nè radicale nè socialista, lasciò scritto : « Il sangue di quelle popolazioni aborigine, non mai o « assai poco mescolato con quello di altre stirpi, non « perdette l'antica fierezza sia nel medio evo, sia « nell'epoca più moderna, quando le attuali montagne « lombarde furono ripartite fra tre Stati, il Ducato « di Milano, la Republica Veneta e i Grigioni. Il tru- « ce fatto del sacro macello valtellinese provò quali « spiriti ardenti conservasse quella antica razza ener- « gioa nel male come nel bene ma giammai indolente « o servile ». Se la legge del 1874, dettata dal solito preconcetto dommatico di unitarismo amministrativo, impedì di tener conto dell'indole e ddla storia delle singole regioni italiane, almeno nell'applicarla si dovrebbero adottare i temperamenti necessàri, affinché la legge riesca un bene e non una vessazione per la maggioranza degli abitanti. Il Jacini, da vero uomo di stato ed eminente economista, avvertiva che in Valtellina una rigida esecuzione della legg.i sui beni incolti, che toglie al comunista povero gli oggetti di prima necessità, andava contro l'interesse sociale, creando una classe nuova di proletari. La quistione forEstale da noi è una quistione sociale di pritto ordine, una quistione di pane. Il malcontento di quei comuni, dove la legge si applicò con soverchio rigore e le molte deliberazioni dei Consigli comunali respinte dall'autorità superiore provano che il problema non è progredito verso una soluzione soddisfacente. Come risolverlo in modo stabile, cioè secondo giustizia? Io sono convinto che l'avvenire economico della nostra valle non sia il bosco, ma l'allevamento del bestiame, a cui potrà aggiungersi la coltivazione del 1abacco, se una legge illuminata e umana verrà a disciplinare questa materia. Le regioni, che traevano il loro reddito prindpale dal commercio del legname, in questi ultimi anni hanno perduto assai. Il ferro, r he si sostituisce ogni giorno più largamente al legno nelle costruzioni e nelle industrie; il gaz, che caccia il carbone dalla cucina; l'elettricità, che viene trasformando tutto il vivere sociale, ha prodotto e produrrà con velocità sempre più crescente il deprezzamento del legname. La Valtellina ha di legname una prc duzione superiore a' suoi bisogni e l'esportazione è resa difficile dalle stl'ade disagevoli e •dalle alte tariffe: è vero che il bosco non è ben distribuito, sì che trovi delle Alpi, dove la legna è abbrndonata ~lla putrefazione, e altre, dove es·sa è inferiore ai bisogni di consumo; ma per togliere questo squilibrio non è necessario andare all'estremo opposto e strozzare la pastorizia, che rappresenta un bene pnsente sicuro, per il bosco di qui a mezzo secolo, con valore commerciale incerto. Rim~oschendo intensivamente gli spazi necessari per guidare i corsi d'acqua e quelli franosi, quando però siano suscettibili di coltura boschiva, avremo assai più del necessario in ogni comune. Ma Ella potrebbe obiettarmi che questo principio è già seguito. Ed io potrei risponderle che questa è opinione Sua e dei Comitati forestali, i quali sono un'emanazione del Governo e dei Consigli provinciali perché il delegato forestale del comune, di solito un contadino solo soletto in mezzo a sei signori che non conosce, non riesce a difendere gl'interessi dei pastori e sta in quel consesso come un pesce sull'albe1•0, e così

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