Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 13 - 15 gennaio 1897

RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 249 Ecco la vera differenza fra la nostra condizione e quella degli stati Europei più prograditi, anche nella condizione dei partiti, nel cammino da percorrere per giungere a quella livellazione, che dovrà necessariamente precedere la società basata sulla produzione comunistica. . * * L'Italia che Leroy Beaulieu per la condizione finanziaria paragonò alla Spagna, e il Luzzatti, per la condizione economica, all'impero Ottomano, si trova dunque nelle medesime condizioni di questi paesi arretrati anche dal lato sociale. Le crisi di sovraproduzione che turba.no altre nazioni, non v_erranno tanto· presto a sconvolgere la nostra economia; ne è prova potente il fatto che quando si tentò la colonizzazione in Africa invece che portarvi i commerci ed infiltrare con essi la nostra influenza, vi mandammo le armi ; ne è pure prova la straordinaria emigrazione che salpa dai nostri porti non perché resa inoperosa. dall'invadere delle macchine o della cultura intensiva, ma sibbene dalla mancanza di qualsiasi movimento economico in ogni campo. Avremo ancora a subire quel processo di sviluppo borghese (nel senso tecnico della parola) che molte colonie Inglesi hanno già conosciuto, al quale degli stati più giovani rispetto alla applicazione dei mezzi tecnici, come il Giappone, sono avviati; dovremo cioè dapprima produrre per noi quanto occorre ai bisogni interni, non di questa o di quella tal altra cosa, ma di ricchezza in genere, poi avviarci al mercato monndiale, finchè non sia saturo della esuberante produzione nostra od altrui Ma per giungere a questo, conviene rientrare nel regolare funzionamento dell'Economia, onde l'Italia è uscita dopo la morte di Cavour, favorire cioè lo sviluppo industriale, agricolo, commerciale, poichè è per esso che lo stato moderno vive. Rinnovare a.dunque tutto, eliminando quelle barriere che creano artificiali condizioni momentanee di sollievo a determinate correnti di interessi, ma impediscono alla concorrenza straniera di dare impulso ad iniziative più idonee abba.ttendo quelle che non hanno ragione di esistere; alleggerendo i ca.richi tributari, per modo che la l roduzione non sia in mille forme colpita e sacrificata alle esigenze della politica ; rinnuovando in tutte le sue branche il diritto positivo; ristabilendo insomma l'arplicazione del principio liberale in ogni manifestazione della vita politica. Purti·oppo siamo assai lontani da tale avviamento perchè gli uomini di stato che si alternano al governo della nazione son quelli che meno comprendono i problemi politici, e non possono di conseguenza interpetrarli nella loro azione; perchè da noi impererà sempre l'incoscienza che fa nutrire all'economista(?) Luzzatti le più lusinghiere speranze sull'avvenire dell'Economia e della Finanza italiana, e fa apparire agli occhi spaventati di Rudinì, il preteso uomo di stato, lo spauracchio socialista. CESARE CASTELLI. La Rivista Popolare di Politica Lettere e Scienz~ sociali esce il 15 e il 30 d'ogni mese, in fascicoli di 20 pagine in 4' grande. Perlalibertàd'insegnamento. « La libertà d'insegnamento io non la violerò come nessuno l'ha mai violata. Ma quando la scienza diviene passione, diviene propaganda, clericale oradicale che sia, allora credo mio dovel'e di porvi riparo e di vietal'e la propaganda colpevole >. Queste parole di color oscuro, che il ministro per la pubblica istruzione ebbe a pronunciare fra gli applausi fragorosi, croscianti della maggioranza, in fatto di libertà ferocemente reaziona1•ia, suscitarono fra i professori più stimati per ingegno e per dignità di carattere un moto di ribellione di protesta contro questa palese minaccia di imbavagliare la libertà di pensiero e d' insfgnamento. Tutto però disgraziatamente finì qui; nessuno più si curò di vedere se il Ministero, squarciando il velo delle frasi equivoche ìn cui si era per gli orbi ammantato, non facesse anche ammanettare quella larva di libertà che ancora vige nelle nostre scuole. Nessuno più pose mente a ciò che il signor ministro, sempre fra un uragano d'avplausi, ha detto in Senato sulla infeconda e nociva propaganda dell'incredulità . nelle scuole medie e a ciò che l'illustre Lampertico ingenuamente disvelando e spiegando il senso recondito delle parole dell'on. Gianturco, aggiunse, quando esortò il potere esecutivo a porre un argine, non soltanto alle idee contrarie alla religione ma anche a quelle contrarie alla nazionalità. ed alla proprietà. Del resto non c' è punto da stupirsi di questo silenzio. Chi si occupa delle nostre scuole secondarie? Chi mai ha alzato una voce sola di protesta al tempo del terrore crispino, quando bastava esser sospettato di tendenze, diremo così, un poco eterodosse, per essere balestrati da un capo all'altro d' Italia, se per somma fortuna non si era addirittura colpiti dal domicilio coatto? Chi si è interessato e s'interessa della sorte dei nostri poveri maestri e maestre comunali, lasciati in piena balia della prepotenza di alcuni signorotti? Si capisce: fino a che si tratta della libertà del pensiero che esce dagli alti sacrarii della scienza, ove gl'interessati sono professori lautamente pagati (1) e politi,mmente influenti, nasce un po' di fermento, si fa un po' d'agitazione; ma quando da queste alte tribune si scende nelle umili sfere delle nostre scuole secondarie, dove un solo grido di protesta può costare il licenziamento e equivalere alla fame cronica di un' intera famiglict, allora tace ogni istinto ribelle e ogni violazione è sofferta senza strilli. E così, sotto l'incubo dell'insegnamento cui nessuna legge guarentisce, e tratti in inganno dal pregiudizio - alimentato da tanti anni di sgoverno - che la loro locazione d'opera involga anche la locazione d'animo questi miseri travetti governativi, se non altro col silenzio e col contegno passivo, incoraggiano ogni strazio delle più elementari libertà. E questa verità, che per nostra disgrazia non fu mai smentita da alcuna prova in contrario, è stata, (1) A questa frase: « lautamente pagati• ci permettiamo di ag• giungere un grosso punto interrogativo. (N. d. R.)

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