Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 13 - 15 gennaio 1897

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARLAMENTO ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4; · Anno Il. - N. 13. A66onamentopostale RomaL6 Gennaio 1897 Sommarlo. LA RIVISTA- Torniamo alla verità. Dr. N. CoLAJANNI.:.__Contrasti economici regionali. B. SALEMI- In memoria del e 896. CESARI!CASTELLI- Il nostro paese. ALESSANDROGROPPALI- Per la libertà d' insegnamento. JuLEs DESTRÈE- L'Arte e il socialismo. C. - La Rus;ia economica e sociale. Cronaca Politica - Parole di pace e prrparativi di guerra - La siltlllzio11ein Orie11te - L'arrivo dei prigio11ieri - Il trattalo di pace e l' iudei111izzodei sacrifici di Menelik- - Twnulti - .Al Senato - Lo scioglimento della Camera di Lavoro e dei Circoli socialisti di 'l{_oma - Il Don Chiscioae e. la Tribuna. Sperimentalismo Sociale - Il minimo del salario al Parlamento Belga. . Notizie Varie - Peste e Carestia i11fodia - Il deputalo 111us11lma110 - Le bibliotechein Europa - La guarigione dei gobbi. Recensioni· - Giovanni Marchesini: Elemmli di morale seco11do le opere degli sce11ziatimoderni - Giovanni Lanzalone: Noti progralllmi ma uomini - Giuseppe Giuliani: L'idea religiosa attraverso la rivobt(ione ilalia~a. Note Bibliografiche - G. Grassi Bertazzi: Vita italia11a - Giovanni Lerda : Il socialisllloe la sua lattica - Prof. Luigi Bombini : Il tiroci11iosperimmlale ecc. ecc. TORNIAMO ALLA VERITÀ. La nuova reazione di cui ci siamo intrattenuti nel N. 11 della Rivista (15 Dicembre 1896) ha già i suoi fasti polizieschi, ph\ significanti delle dichiarazioni ministeriali, e dopo gli scioglimenti dei circoli socialisti della Liguria e della Camera del Lavoro di Livorno ci ha dato lo scioglimento della Camera del Lavoro di Roma e quello dei circoli socialisti della sua Provincia. La nuova reazione crede di mostrarsi accorta colorendo il proprio disegno in guisa da non suscitare grande allarme con una misura di carattere generale, estesa e messa in pratica contemporaneamente in tutta Italia; ma per quanto il nostro popolo sia avvezzo a bere grosso, a pochi sfugge· l' indole vera della fase politica che attraversiamo. Se qualcuno per ottimismo incorreggibile o per cortezza di mente non se ne accorgesse di primo acchito, alla realtà verrebbe richiamato da una proposta di legge presentata al Senato dal ministro dell'Interno, che intende creare una nuova pena, o meglio, richiamare in vita una pena antichissima - l'esilio - ed aggravare il pessimo tra gli istituti penali e polizieschi, che disonorano il nostro paese: il domicilio. coatto. In questa guisa la nuova reazione presenta un inseme armonico di dichiarazioni, di atti e di leggi. Nell'orbita delle attuali istituzioni c'è speranza di sfuggire alla nuova reazione? Neanco per sogno. Forse ci sara momento in' cui parrà dèsiderabile un secondo ministero Giolitti, per quanto a molti la cosa sembri un colmo; ma nè l'uno, nè l'altro hanno per ora alcuna probabilità di essere chiamati a Corte se una crisi ministeriale, comunque provocata, sovraggiungerà. Avverandosi questo caso assai probabile, l'E\reditàcadrebbe in altre mani e dalla reazione nuova si ricadrebbe nella reazione vecchia riveduta e peggiorata. Infatti tutto induce a ritenere che gli uomini ben visti al Quirinale siano gli on. Crispi e Sonnino. Le simpatie maggiori sarebbero pel primo, che le ha fatte più grosse ; ma per paura dei galli cisalpini, come lo stesso ex presidente del Consiglio chiama i lombardi, non sarebbe difficile che egli venisse scartato: l'uomo della situazione rimarrebbe l'ex ministro del Tesoro. L'on. Sonnino, intanto, il suo posto vuol guadagnarselo e non potendo dare affidamenti a fatti, scrive e fa promesse o proposte; promesse e proposte contenute nell'articolo - che gli viene attribuito - della Nuova Antologia del 1. Giugno, che porta il titolo: To1·niamo allo Statuto. Questo titolo è una canzonatura bélla e buona, perchè stuona maledettamente col contenuto. Questo contenuto è di ùna semplicità meravigliosa ed ha tutta la nostra approvazione, perchè propone la soppressione dello, Statuto. Si capisce perchè noi lo approviamo ed anche lo ammiriamo : perchè metterebbe in armonia i fatti colle leggi ed. eliminerebbe quel cartellino di cui briosamente parlò il Lassalle a proposito dell'essenza di una co stituzione: cartellino, che indicava che un fico producesse fragole. Forse l'albero e il frutto,di cui parlò il grande agitatore tedesco non erano quelli sopra segnati; ma il significafo del paragone non viene ad essere modificato. ·

242 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI Coloro che conoscono da vicino gli .on. Di Rudinì e l'on. Sonnino, dicono e sostengono che en.. trambi sono due veri galantuomini nella vita privata e che se essi si affidano alla reazione non lo fanno per raggiungere fini personali disonesti; essi si accomoderebbero ben volentieri ad una vita politica all'inglese, ma si sono lanciati nelle braccia della reazione l'uno per mantenersi al potere e l'altro per riafferrarlo, e da supremo duce. Si aggiunge che l'ui1. Di Rudinì memore della nomea di buon minchione affibbiatagli dai nipoti di Macchiavelli nel 1892, quando per eccesso di loyalism andò a farsi battere alla Camera per non iscoprire la Corona - allora e' erano ancora questi scrupoli ! - oggi voglia provare di non esserlo, e per neutralizzare - vano tentativo ! - alte antipatie alimentate dalle antiche sue peoposte di riduzione delle spese militari e dall' attuale sua politica africana e semi-francofila, fa il reazionario a tutta forza. Noi comprendiamo perfettamente l'on. Di l{udinì: non volendo pa,sare nelle file del partito repubblicano e non voÌendo del pari ritirarsi completamente dalla vita pubblica egli non ha altra via da seguire, per rimanere sulla scena, che tramutarsi da conservatore in reazionario, perchè sa che questo è il solo titolo che può se non fare 'cancellare la sua scenata almeno renderlo tollerabile in certi luoghi. L'attitudine dell'attuale Presidente del Consiglio spiega qualla dell'on. Sonnino. Se quest'ultimo si contentasse di tornare al Tesoro, si riprenderebbero certe antiche trattative fra i due e la pace sa,~ebbebella e fatt?; ma l'on. Sonnino vuol'essere lui a .comandare e perciò deve sorpassare l'on. Di Rudinì nelle proposte e nelle promesse reazionarie; perciò da uomo che sa prendere le sue risoluzioni con un coraggio e con una franchezza che l'onorano, vuole che i poteri veri vengano concentrati nelle mani del Re e che il Parlamento - come gli antichi Parlamenti di Francia, - sia ridotto al compito di votare le imposte. È naturale che questa funzione potrebbe anche essere sopp.res;a se i deputati si mostrassero restii alle domande di quattrini del goyerno ; non sarebbe certo l' on. Sonnino, che sentirebbe scrupoli nel ricorrere ai suoi prediletti Decreti-legge. Francamente, alla reazione nuova dell'on. Di Rudini, che si risente delle incertezze, che sono nel temp<:,ramento dell'uomo, preferiamo la reazione vecchia dell'on. Sonnino. La preferiamo perchè più sincera e radicale, la preferiamo perchè non darebbe luogo ad illusioni ed a mistificazioni:oggi il Parlamento e i ministri sono balocchi inutili o como~i strumenti di esecuzione. Non è bene che il diritto si metta all'unisono col fatto? La vecchia reazione, quale risulterebbe dall'edizione riveduta dall'on. Sonnino, se non altro sarebbe educativa perchè eliminerebbe dalla nostra vita pubblica la menzogna e l'ipocrisia. Noi non abbiamo da rimproverare all'on. Sonnino che una sola cosa: il titolo dell'articolo pubblicato nella Nuova An(ologia; lo consigliamo di far dell'articolo una tiratura a parte sostituendo al: Torniamo allo Statuto un: Torniamo alla verità. LA RIVISTA. _ Contrasti economici reg onali Il processo di aggregamento e .di fusione eh' è riuscito alla costituzione dei popoli e delle nazioni, con maggiore o minore unità etnica, linguistica e religiosa, non ha potuto eliminare i contrasti inter1·egionali per diversità d'interessi economici tra le varie parti di un organismo politico sociale. Questi contrasti hanno le loro cause nella storia e nella natura; derivano da diversità di cultura, di istruzione tecnica, di capitalismo etc., hanno una base forte e salda nella configurazione geografica, nelle condizioni telluriche delle diverse regioni. Più che altrove queste cause agiscono in Italia; dove a parte la differenza grande nel grado di coltura, di istruzione tecnica, di sviluppo capitalistico e di sue esplicazioni .nella vita economica abbiamo, secondo il savio giudizio del Senatore Jacini, tutte le varietà di coltivazioni che si possono riscontrare in Europa dall'Estremo Nord alle contrade della Spagna separate dall'Africa dallo stretto di Gibilterra. Gli statisti dalla lunga vista tennero sempre conto di queste diversità regionali, che negate e trascurate prendono la rivincita subdolamente, colla frode, inquinando tutta la Yita pubblica di un paese. Se ne tiene conto colla cosidetta politica sperimentale - eh' è politica di provvedimenti li mitati pel tempo e per lo spazio, - le cui migliori applicazioni si ebbero e si hanno nel colosso americano e nella microscopica Svizzera, nella libera Inghilterra e nella dispotica Russia e che costituiscono l'essenza del regime federale. Chi non guarda in faccia alle realtà crea gravi pericoli al proprio paese e i contrasti terminano talora in conflitti sanguinosi e in guerre civili. La grande guerra di secessione negli Stati Uniti ebbe la sua causa vera in uno di questi contrasti economici; e la quistione doganale e monetaria che ha costituito la piattaforma delle ultime elezioni presidemiali non rappresenta uno di questi contrasti economici regionali, che può dar luogo in un avvenire non remoto ad una seconda guerra di secessione ?

RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 243 Si sedarono i conflitti tra l'Austria e l'Ungheria, perchè leggi e costituzione nel 1867 tennero conto della realtà e - a parte il lato politico del problema - permisero che ciascuna delle due parti dell'Impero volgesse le proprie cure al rispettivo interesse ch'era prevalentemente industriale in Austria e agricolo in Ungheria. Le antipatie etniche e religiose tra l'Austria e la Boemia hanno il loro substi·atum economico e se non si verrà ad un accomodamento analogo a quello intervenuto tra l'Austria e l'Ungheria saranno possibili conflitti violenti. In Italia, giova ripeterlo, le differenze tra le regioni sono multiple e sono tali, che imporrebbero più che altrove una costituzione largamente federale; ma il patriottismo unitario, fanatico nella forma ed ora raramente sincero nel fondo, non consente che si possano fare proficue discussioni e . prendere opportuni provvedimenti sulla base della realtà. Chi la realtà invoca è scomunicato come nemico della patria; sicchè la politica seguita da trentasei anni in qua rappresenta la negazione delle condizioni reali e la violazione continua degli interessi economici regionali. Questi prevalsero talora; ma sempre senza essere esplicitamente confessati, prevalsero per vie tortuose, per intrighi, per reciproche concessioni, per disoneste transazioni a base di do ut des, quasi sempre a danno del!' interesse nazionale. L'assegnazione delle ferrovie non fu fatta con siffatti criteri ? Il dazio sui cereali non fu votato dai liguri a patto di veder votati i premi sulla marina mercantile? Intanto avviene questo: che i più furbi, coloro che meglio conoscono le condizioni vere delle regioni che .rappresentano, appartengono in generale alle regioni settentrionali d'Italia e lasciano che i meridionali si facciano i paladini dell'unità accentratrice; si associano alle loro sentimentali unitarie declamazioni fatte dai gregari o dai capi, da Crispi o da Di Rudinì anche con parole magniloquenti; ma tirano diritti per la loro strada e mentre a parole sollevano lo spettro del regionalismo quando una regione in un modo qualsiasi protesta contro uno stato di cose intollerabile, a fatti si rivelano i più convinti e fedeli regionalisti votando leggi e provvedimenti economici, non ispirati da altro criterio, che dalla soddisfazione degli interessi delle loro contrade. Così i Liguri subordinano tutto agli interessi marittimi e bancari e passano, da un giorno all'altro come tanti San Paoli sulla via di Damasco, dall'opposizione al ministerialismo. Saracco, estratto concentrato del piemontesismo - ch'ebbe la caratteristica Permanente - impone la sua storica ferrovia con relativa stazione, che costano molte decine di milioni. Altri si accalora prima per la linea \!ella Pontebba, poi pel Brennero, poi pel Gottardo, ora pel Sempione: il Ce nisio é già vecchio. Così pure Piemontesi, Lombardi, Veneti con le famose e non mai abbastanza deplorate tariffe generali doganali sacrificarono l'agricoltura del mezzogiorno agli interessi industriali del settentrione; e a chi c1·edesse che io esageri ricorderei le confessioni non sospette di Vittorio Ellena fatte prima nella Nuova Antologia e provocate da me e ripetute alla Camera nella discussione sui trattati di commercio coll'Austria-Ungheria e colla Germania. Il mezzogiorno si vede sempre trasc4rato e danneggiato nei suoi interessi economici, spesso col1' entusiastico assentimento dei suoi rappresentanti; tra i quali ricordo quale eccezione onorevole Giustino Fortunato, che molti bocconi amari inghiottì, pur di fare trionfare le ferrovie ofantine della sua benamata regione (1). Ci vollero i tumulti e le repressioni sanguinose del 1893-94 perchè l'attenzione del Parlamento e del Governo si volgesse con Herietà d'intenti alla Sicilia e fossero votati provvedimenti, che nella parte utile e d'indole generale non tarderanno ad essere estesi al resto d'Italia. Scrissi che 'i settentrionali regionisti, a fatti, a parole sono bigotti dell'unità accentratrice; ma mi corre l'obbligo di menzionare la grande maggioranza della deputazione lombarda, che va giustamente orgogliosa del suo Stato cli Milano, e che armonizzando i fatti colle parole non nasconde le sue simpatie per un decentramento, che in molti arriva sino al federalismo schietto. Questa sconfessione verbale della realtà ; questo trionfo subdolo dell'interesse regionale, - e perchè subdolo ottenuto quasi sempre a danno dell' interesse nazionale -; questa grande e continua e nefasta ipocrisia politica fanno sì che mentre alla Camera e nei giornali autorevoli venivano scomunicati solennemente il regionalismo e i regionalisti, nel paese invece cresceva il disprezzo contro i farisei della politica, diminuiva rapidamente il sentimento unitario e si bestemmiava la patria! * * * In Dicembre ultimo a Montecitorio si è rappresentato l'ultimo atto di una grande- commedia patriottico-unitaria, eh' è ad un tempo commedia nella quale fa da madre nobile la signora giustizia; quest'ultimo atto venne rappresentato dalla discussione e approvazione del disegno di legge che porta il seguente titolo: Modificazione alla legge i· Marzo 1886 pel riordinamento della imposta fondiaria. In sostanza la legge ultimamente votata (l) Su queste ferrovie ofantine e sui rispettivi contribuenti provinciali l'on Saracco disse in Senato che e: la provincia di Basilicata era ricca di uomini di Stato e di contribuenti arretrati». Ora in bocca di qualunque altro potevasi ammirare l' ironia contenuta in quella frase; ma non in bocca di Saracco le cui ferrovie ali' Italia costano assai di più che i contributi non pagati dalla Basilicata.

244 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI mira a ridare la verginità e la vita a quella stessa legge del l · Marzo 1886, che impose la formazione di un nuovo catasto. Con poca riverenza dissi che la legge approvata il 19 Dicembre 1896 dette occasione a recitare l'ultimo atto di una commedia patriottico unitaria-morale e ne esporrò le ragioni ; intanto voglio notare questo epi~odio armonico col resto: la legge figura come se fosse stata presentata dagli on. Boselli e Sonnino; ma quella approvata è assolutamente diversa. La discussione dette occasione a diversi pistolotti patriottico unitari e il relatore della legge, on. Di Broglio, raccolse gli applausi dell'assemblea quando dichiarò: « Io non ammetto che si venga qui « ogni giorno col conto corrente di dare ed avere « fra le diverse provincie, fra le varie regioni dello « Stato ! » E ciò dopo che nella relazione aveva scritto: La discussione sul chi paghi più e chi meno è 1·ipugnante ! Chi lesse od ascoltò le sdegnose parole dell'on. Di Broglio avrà pensato che egli alla Camera abbia spiegato la propria opera contro coloro che presantono il conto corrente del dare e dell'av.ere tra le provincie e tra le regioni ; invece per una delle audacie strane della vita politica italiana egli le scrisse e le pronunziò precisamente nell'occasione in cui domandava, che fosse saldato un credito che le provincie di una parte d'Italia vantano contro alcune altre. Pare impossibile, ma così è. Si direbbe che l'on. Di Broglio incautamente abbia voluto tirare, come suol dirsi, sassi nella propria piccionaia ; invece egli scrisse e parlò come colui che conosce la minchionaggine dei propri polli e sa che il pistolotto patriottico unitario da qualunque banco venga strappa l'applauso anche quando si trova ìn flagrante contraddizione colla verità. Ma in che cosa consiste questo credito di cui si vuole saldato il conto da chi proclama antipatriottico e sconveniente il parlare di conto di dare ed avere tra provincie e regioni ? Chiariamolo un poco. All'indomani dei plebisciti, che costituirono il regno d'Italia, alcune province - tutte del settentrione - cominciarono a protestare vivamente contro la sperequazione esistente tra le varie regioni nella imposta fondiaria; si diffuse e si radicò il pregiudizio che nel mezzogiorno e in Sicilia quasi quasi non si pagava alcuna imposta, talmente essa era lieve. I contribuenti italiani, ordinariamente docili, in questo caso mostrarono tanta ostinazione nella protesta che nel 1864 si fece un primo conguaglio regionale, che fu chiamato provvisorio perchè sin d'allora fu promessa solennemente la perequazione definitiva. Del conguaglio provvisorio non si dichiararono soddisfatti i protestanti e dopo vari tentativi falliti ottennero la legge del l · Marzo 1886 - una delle peggiori leggi che stanno sulla coscienza dei legislatori italiani - che ordinava la formazione di un nuovo catasto geometrico particellare. La legge fu preceduta da una discussione larga, elevata, vivace, nella quale teorie e fatti e precedenti, speranze e disinganni vennero esposti dagli oratori divisi nettamente in due campi: il settentrionale e il meridionale. La rettorica s'impadronì della quistione e la legge prima e dopo la sua votazione venne esaltata come opera di civiltà che - faute de mieux - doveva dare lustro ali' Italia. I fini che si proponeva la legge erano chiari e precisi e oltre che dai suoi articoli si appresero dalle dichiarazioni esplicite dei ministri, del Regio Commissario apposito, che la sosteneva, e dal Relatore; essi erano due: l · accertare la proprietà immobiliare per ottenere un catasto probatorio, quale lo ha la Germania; 2· perequare l'imposta fra regione e regione, fra provincia e provincia, fra i singoli contribuenti delle provincie. Si doveva raggiungere quindi un fine giuridico ed economico di grandissima importanza ed uno fiscale, ma nel senso esclusivo di distribuire l'imposta come l'equità e lo Statuto consigliano, cioè in proporzione degli averi. Per rassicurare i contribuenti, che in fatto di imposta non prestano fede alle melliflue assicurazioni dei ministri, esplicitamente venne stabilito che a catasto compiuto lo Stàto non dovesse ricavare oltre 100 milioni dall'imposta sulla proprietà immobiliare rurale sulla base dell'aliquota del 7 010, mentre allora ed ora non ne ricava che 96 oltre i decimi di guerra. La differenza era poca e non poteva allar~are i contribuenti. Trattandosi della formazione di un nuovo catasto geometrico e particellare l'esperienza delle varie regioni d'Italia e delle altre nazioni imponeva di pensare alla spesa e al tempo necessario per condurre a termiM l' impresa; e i nostri legislatori non esitarono a stabilire che bastavano 60 milioni e venti anni. Quale e quanta sapienza e preveggenza mostrassero i nostri legislatori nell'assegnare il tempo e la spesa occorrenti vedremo tra breve. Il tempo assegnato parve soverchio alle provincie che si credevano danneggiate dalla ripartizione attuale dell'imposta; o sospettarono esse che il calcolo dei legislatori fosse sbagliato e che per ciò dovessero attendere più lungamente l' opera riparatrice del nuovo catasto? Quale che sia stato il giudizio che si portasse su questo dato della legge, certo è che i loro rappresentanti si •

RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI 245 mostrarono davvero preveggenti ficcando nella legge il famoso articolo 47, mercè il quale alle provincie che avessero anticipato metà della spesa si prometteva un acceleramento nei lavori catastali e la riduzione dell'aliquota dell'imposta al 7 010 al loro termine, prima che fosse compiuto il catasto per tutta l'Italia e fatta la ripartizione generale dell'imposta. Di più si concedeva un acceleramento nell'acceleramento alle provincie che possedevano mappe servibili dei vecchi catasti geometrici. Fu questo l'articolo insidioso e che inquinò tutta la legge, ne snaturò l' indole e che riuscirà da un lato ad una colossale iniquità e dall'altro alla spesa inutile di parecchie centinaia di milioni. Dr N. COLAJANNI. IN MEMORIADEL 1896. Indice miserevole, quasi tutti i giornali che al primo di gennaio discorsero dell'anno allora allora terminato, lo fecero solo con quella tal fretta raffazzonatrice ch'è la caratteristica de' mestieranti di attualità e che à, per caratteristica, la sciocchezza. Tanto è, che un giornale di Bologna giunse fin ad attribuire al '9ft non so quali meriti, promettenti di gran bene a venire. Vogliamo adesso anche noi l'iandare il più recente passato. Il ripensare l'anno ora scorso non può essel'e privo di utili insegnamenti politici. Esso segna: - o mi sbaglio - il comincial'e del diritto cammino che, dalla lenta disgregazione, avvia a un pr.ecipitoso dissolvimento tutto ciò che i fraudolenti e i pappagalli soglion dire ordine ... Ricordare è necessario, tanto più quanto la nostra memoria è labile, e tanto più in quanto non si può intendere quel segno senza forza di ricordi senza soccorso di connessioni. E noi siamo così intellettualmente pigri che i fatti ( e ciò è la vita perché è l'esperienza, il fondamento del giudizio, la norma della condotta) ci si sbiadiscono nel pensiero disattento, svaniscono, e la mente resta poi inoapace quando alla spiegazione di un fatto nuovo sia necessa1·ia l'intelligenza dei vecchi. Sciagura non lieve, questa, per un popolo il quale abbia imprescindibile il bisogno (come noi l'abbiamo) di volgersi a intendimenti rinnovatori con intuiti chiari e con resistenti energie; di rammentare, insomma, e di comprendere per agire. ,. * * Molti del partito politicamente più giovane (e purtroppo ancora più giovanilmente politico), di fronte al continuo corrodersi delle nostre misere libertà statuite nell'attrito con gli interessi della classe al governo; di fronte allo sfacelo di tutta la nostra vita pubblica tra le turpitudini, molti dicono « è il perverUmento borghese », e senza acquetarsi al fatto pur s'appagano alla spiegazione incompleta. Sembra stiano aspettando vicino un 1000 della borghesia. Certo, pe1·vertimento borghese è senza dubbio, ma cresciuto di tutta l'ignavia del popolo infrollito che assiste come un mostruoso essere abulico a tutte le violazioni del suo diritto legale, a tutti gli arbitri contro le sue libertà politiche. Pa1·e che l'insufficienza delle libertà e la vacuità del diritto l'abbiano condotto a dimenticare che queste libertà e quel diritto tanto valgono e tanto sono la ma tric e di altri più efficaci, quanto il popolo sa farli rispettare, incutendo più di tutto la paura d'esser capace e pronto a qualsiasi ostinazione per difendere in essi la conquista di ciò che fu lo sforzo più considerevole compiuto ne' tempi moderni verso la libertà: voglio dire il limite all'azione del governo segnato dalle norme che costituiscono il diritto. Se l'Italia è in mano degli arruffoni che la em- .piono di disastri economici; e in mano de' megalomani che gonfiano la loro stupidità di rettorica falsa e di vane espressioni comuni ; e in mano de' traftlcanti di patriottismo e di onor nazionale; s'è in mano della emergente feccia. d'una bugiarda democrazia, non fol'ae in tutto ciò à la sua parte di colpa anche il popolo? E come potrebbe il popolo avere l'intelligenza d'una situazione e il proposito di agire (contrastandole o secondando) poi che non rammenta, e per non rammentare igùora il passato e non intende l'attuale? (1). Per tutto ciò, ricordiamo e impariamo, giacchè veramente la patria corre alla rovina. Nè il significato della parola soverchia per a.vventura l'espressione del fatto. Non può esser più luogo a illusioni di sorta quando la situazione del Tesoro, nel 1895, si ri,..piloga in un disavanzo di 555.953.822 lire. L'Italia dunque precipita al fallimento per uno sperpero ccsì antipatriottico quanto aumentato da tutti i patriotti più o meno veri e maggiori. L'Italia à una spesa ordinaria la quale non à riscontro nelle entrate, che vengono consunte dal debito pubblico: l'onere complessivo del dtibito perpetuo redimile variabile e vitalizio era nel 1885 di 581.000.000 di lire, e nel 1895 ascese a 754.000.000. Così, solo le spese del debito pubblico assorbono circa il 40 010 delle entrate. E questo dura da un pezzo I Come anche da un pezzo le complicazioni interne causate da una politica estera. avversa agli interessi e al sentimento nar.ionale, angustiano i nostri commerci, e ci dissanguano con delle insr,stenibili spese militari. Nel 1895 il nostro commercio internazionale segnava - rispetto al 1894 - una nuova depressione di 20.000.000 di lire. Le spese di guerra e marina, poi dal 1885 al 1895 ammontarono a 3 miliardi e 900.000.000 di lire; il che vuol dire - molto semplicemente - che assorbirono il 45 0r0 delle entrate del decennio. E da un pezzo anche fta noi il protezionismo, che à già fruttato più di mezzo miliardo, inverdisce le cupidigie borghesi e le tasche dei più miseri. La tassa (I) Analoghe considerazioni inclt1cono la Rivfrta a publ,licare la « Cronaca Politica .. eh~ i leUol'i trovct·anno da queslo numc1·0 in poi. (N. d. R.)

246 RIVISTA.POPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI sulla fame, dal 1886 al 1896 fruttò 400.000.000 di lire. Pensate un po' che cosa significa. un sa.lasso di. codesto genere a un popolo già smunto. Tanto smunto che da un pezzo siamo arrivati come al punto di saturazione tributaria. Per esempio, il dazio consumo s'è duplicato in 25 anni: da 71.000.000 di lire che si riscotevano nel 1871 si giunge a più di 150.000.000 nel 1895. Come mai potrebbe rendere ancora dell'altro dato l'immiserimento della nazione? Del resto,' per ogni imposta è stato un continuo inèalzar di gravezza. Ma, ormai, tempo perso! Il bilancio del '95-96 diede appena. un aumento di 26.000.000 sul corrispondente esercizio '92-93. E si noti che dal 1893 cominciano gl'inasprimenti tributari, e che 12 di quei 26 milioni rappresentano .... dazi sul grano. Arrestiamoci: in un articolo che dev'essere breve non si può illustrare la situazione economica d'Italia, e gl'indici esposti sono eloquenti per dichiararla. Siamo al 1896. " * * Naturalmente, il proseguire delle vecchie perfidie e menzogne e frodi inizia la vita politica del '96. Tanta è la menzogna che, riapertosi a' 26 di gennaio il Parlamento, il governo chiese e le Camere concessero 20.000.000 di lire per le spese d'Affrica quando il paese era ingolfato in una guerra che · lì per li ne costa va quasi 200. Tanta è la frode che in due uffici della Camera, i quali dovevano elegge1·e una commissione che riferisse sul caso Giolitti, si trovano due voti più dei votanti. Poi, vengono in luce gli imbrogli sulle forniture militari e le speculazioni sui muli.. .. Tanta è la per.fidia che a' 2 di marzo tutto il paese ancora ignorava la disfatta del giorno avanti in Affrica; ma intanto alcuni dell'entourage governativo del Crispi speculano, lo stesso giorno, in Borsa, e la rendita italiana discende a 89. 50 a 89. 35. Certo, la battaglia di Adua fu la più grande e più meritata sventura per la nuova ltalia. Ma è forse più doloroso della disfatta, il doversi persuadere che soltanto la vittoria di Menelik ci potè sbarazzare del Crispi ! Quanti altri rovesci, e più gravi di quello di Abba Carima, non ci darà una tale anestesia politica del popolo italiano? Il dissolvimento comincia appunto dalla caduta di F. Crispi. Si. Quando la senile follia di quel violento informava il governo d'Italia, era negli animi ancora. la. speranza e la .fiducia in altri uomini: Rudinì o Cavallotti, non importa. Era avvenuto questo: tra il disavanzo sempre più vivo e le tasse sempre più insopportabili; tra la depressione economica persistente e lo sperpe1·0; tra i furti delle banche e l'asservimento della magistratura; tra i ruba.menti degli uomini politici e l'impunità loro; tra una politica interna a base di arbitri e una politica estera ora imprudente ora sciocca, ma dannosa sempre, il popolo che non aveva nessuna coscienza delle cause intime di questa mostruosa trulTa di tutto che avviluppa l'Italia, s'arrestò a quello ch'era appa.rente. Non scorse che i motivi minori e occasiona.li della corruzione e delle violenze, cioè le cupidigie e l'arbitrio degli uJmini al potere. E si à il melanconico spettacolo di vedere i migliori uomini politici, per onestà e forza di lottatori, arrestarsi anch'essi aU-aspetto empirico delle cose. Avevano pure e lunga.mente sperimentato costo1·0 come lo scopo supremo della politica parlamentare sia avere la ma.ggioranza, e come non forza di principi ma ragioni d'interessi determinino i voti. Questa pratica realistica è stata vana perchè essi rimangono ancora angustiati tra la scienza politica del secolo XVIII, fatta di concezioni e di assiomi astratti, sviluppati da un ragionamento che resta al di fuori della critica e della storia. Per tutto ciò, senza lumi e senza animo, il paese si divise in crispini e anticrispini; e tale concezione misera incongrua parziale,· e tale cosa tanto buffa che darebbe a un sordo nato l'inspirazione di Offenbach, costituisce e rappresenta, o lettori, tutto l'intuito politico degli italiani, sul finil•e del secolo XIX I Crispi, quest'uomo veramente insignificante di per sè, il quale s'è d(l,to il tono di forte con la violenza che gli deriva dalla paura, e s'è costituita una personalità con le menzogne che ingannarono alcuni sommi, e abbagliarono i piccioletti; Crispi e i suoi, validi solo di tutta la nostra poltroneria, presero il posto delle cause effettuali e delle reali forze operanti. Il crispismo, questo Accidentale che dà soltanto la .fisonomia agli avvenimenti politici di quest'ultimo tempo in Italia, non vien dichiarato da nessuna conscienza de' fatti sottostanti che suscitano le passioni e determinano i propositi degli attori governativi. Il crispismo è tutto, di per sè: dietro il Crispi, dopo il Crispi sta va nelle menti dei vecchi primitivi della politica, quasi un regno di relativa giustizia e di libertà e di moralità ! Tutto stava nell'abbattere il Crispi: caduto lui si sarebbe tornati allo Statuto, e la moralità sarebbe stata restaurata, la magistratura risanata, l'ambiente epurato, l'economia nazionale risollevata, ecc. ecc.; chi più ne à di simili scemenze ne metta, perchè esse furono senza fine. È stata per alcuni un'allucinazione o un'incoscienza., ma per i più avveduti fu una menzogna, s'intende. La storia. è anche fatta di allucinazioni e di menzogne! L 'anticrispismo rappresenta il deviatore dell'attenzione, e il disperditore di una possibile azione politica efficace; fu, sopratutto, lo sgabello dal quale i maggiori reazionari afferrarono il potere. Ma pii1 misera.udo di questa istoria dell'Italia contemporanea è il pensiero degli italiani, il qua.le non si completa mai dell'esperienza perchè non ne à la percezione. * * * Il pervertimento del criterio influì, per contagio, anche sul giudizio dei più equilibrati. Se qualche cosa è il socialismo scienti.fico, esso è in politica chiarezza di vedute e capacità di intuiti. Eppure il Berenini, socialista tra i più colti e co-

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 247 scienti, battè le mani al marchese di Rudinì, nella Sala Rossa di Montecitorio. Se l' anti-crispismo in quella tal forma abberrante che ò cennato di sopra, non avesse bacato un tantinello anche lui, il Berenini - verosimilmente - agli applausi co' i quali le opposizioni riunite accolsero il Rudinì, si sarebbe piegato in due, inchinandosi. .. al fatto, così come i giunchi si piegano agli impeti d'una piena. · S' intende dunque, come il paese si sia potuto -acquetare a un semplice mutamento di ministero. Diamine l tutto quello che di peggio avevamo avuto era stata opera del Orispi e de' suoi. E Crispi era finito, e al ministero andava il fiore de' galantuomini: la costituzione, la moralità publica, l'economia nazionale stavano in buone mani. Voi, per avventura ridevate a codeste ingenue fantasie puerili? Vi dicevano (come niente fosse) crispino. Però, mai lezione di cose venne così dura e perspicua come dall'opera di cotesti galantuomini 1·estauratori e risanatori. Si vantano dell'amnistia, della pace in Affrica, del trattato di Tunisi. Ma l'Amnistia fu strappata dalle agitazioni del popolo, e fu data per ra.gioni che le nostre libertà impediscono di dil'e ; la pace la imponeva il paese e pel ministero rappresentava la facoltà di agire più liberamente all'interno. Il trattato di Tunisi - tranne a voler essere folli - non si poteva nella base farlo diverso. Ma si poteva bene e nella pace e nel trattato essere abili a trar vantaggio da contingenze favorevoli che l'incapacità del Ministero sconobbe. Sopratutto l'errore di non aver trattato la pace prima che Menelik si rimettesse dalle disperate condizioni in che l'avea lasciato la guerra, diventa a mio modo di vedere una colpa grave, però che l'indugio, causato da una miserevole tattica parlamentare, costò, anche, la vita a centinai_a di soldati. Quanto all'economia nazionale essa è stat~ difesa. e risollevata con aumenti di imposte, e il cinquantesimo anniversario del libero scambio in Inghilterra è commemorato fra noi con un catenaccio su i cereali inferiori. Non bastano 56,350.000 lire che si prevede verranno all'erario da i dazi sul grano nell'esercizio '96-'97; e poichè i più miseri, per l'alto prezzo del pane, s'era.no indotti a mangiare il gra.nturco, il dazio su questa derrata diventa a dirittura proibitivo: da 11.50 è portato a 75 lire la tonnellata. In Finanza, le illusioni del Sonnino vengono continuate da.I Colombo, e le menzogne dal Luzzatti. Si annuncia un miglioramento nell'entrata e i più competenti dimostrano com'esso sia dovuto solo alla ma.ggiore imposta sul debito e sul grano. L'avanzo del bilancio '96-'97 è illusorio, creato apposta per dare 7 milioni alla marina di guerra: esso appare dal movimento dai capitali e del differimento di spese inevitabili; e si prevede, con assai fondamento di fatti, che il bilancio del '97-'98 avrà circa 40.000.000 di maggiore spesa. La costituzione vien difesa come ognun sa I Il ministro dell'interno si disebria con un vomito di arbitri che annullano lo Statuto; nnovi balzelli sono applicati e riscossi senza approvazione del parlamento e con decreti reali che, in questa materia, annullano lo Statuto. La restaurazione morale è stata grande I Il ministero Rudinì, mentre il paese era tutto preoccupato dell'Affrica, intende solo a porre le basi della sua politica a venire: sgambetta, per scemare un'antipatia impacciante in alto, e conquista in basso una parte di ciò che costituì la maggioranza crispina. Non solo non si mette in istato d'accusa il Crispi, ma si impedisce la pubblicazione di una sentenza contro di lui; non solo non si mandano ai tribunali i ladri politici del denaro pubblico, ma si serba la Camera dei deplorati che dichiarò di non occuparsi della quistione morale. Luzzatti, quello stesso che per salvare i politicanti più disonesti - e non senza ragione - impedì in Senato all'Alvisi di parlare sulla Banca Romana, si dà .ora a nuovi salvataggi... Tutto insomma permane come prima. ,. * * Il paese che si è salassato di quattro miliardi per l'esercito, vede nell' 1896 che la prima battaglia è una sconfitta, e ali' indomani di questa sconfitta, sente un generale, ex capo dello Stato Maggiore, affermare al Senato che una gu~1•ra sarebbe il disastro delle armi italiane. Il paese che è andato avanti fidando nel mutare degli uomini al governo: dal Depretis al Crispi al Giolitti al Rudinì, vede che per mutare di uomini il sistema non migliora ... Si vede trascinato tra le illegalità dei ministri e l'immane oppressione del fisco. Vede annullata la responsabilità dei reati pii1 volgari solo ch'essi abbiano attinenza, con la politica. Vede raffermarsi di più l'iniquità di una politica interna che sommove co' suoi arbitri, o cogli arbitri soffoca. Vede la giustizia dei magistrati naufragare del tutto senza speranza, tra le vendette e le impunità scandalose. Vedo insomma perdurare o stabilirsi una politica malfattrice· ed equivoca. Vede l' Italia signoreggiata non dalle leggi, qualunque sieno, ma dall'arbitrio sfacciato della classe dominante. Per tutto questo, da un quarto di secolo poichè l' Italia s' è costituita in nazione, nessun anno - come il 1896 - segnò così manifesto l'intimo sconciarsi del nostro governo nell'arbitrario ed abusivo esercizio dei poteri. Perchè il governo parlamentare s' impernia sulla responsabilità dei ministri e sulla. ind!pendenza dei poteri; e ora in Italia per la continua aperta violazione, e per la crescente profonda corruzione di tutto_ ciò, la menzogna costituzionale vien dichiarando la insidia sua anche a' meno acuti a vedere. Il 1896 si può chiamare « anno primo di dissolvimento>>. E dalla dissoluiione ( come nuova vita dalla putredine) sorge, l'Avanti con indubitabili promesse di larga prosperità. L'Avanti attesta che germina la politica redentrice del proletariato. B. SALEMI. ~/'\. r-../'\./'\. ~/'\./'\./'\./'\./'\. /'\./'\. /'\. /'\. /"-./ Spedire Vaglia o Cartolina-Vaglia all'on. Dr.Napoleone Colajanni - Roma.

248 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI IL NOSTRO PAESE. Tre anni or sono il Leroy-Beaulieu a proposito della crisi monetaria, che in Europ.i. s'era manifestata quale conseguenza della Crisi dell'Argento alle Indie e agli Stati Uniti, scrisse che la. finanza Italiana. era da. considel'arsi alla stregua di quella della Spagna e del Portogallo. L'on. Luzzatti che allora rispose contraddicendolo con un lungo articolo sulla Nuova Antologia, è venuto non nella parte fantastica della sua recente esposizione finanziaria, ma in una sola frase, a confessarsi della sua opinione, quando cioé afferma ohe l' interesse del denaro, da noi si conserva ad un saggio che, per la. sua elevatezza. è non · europeo, ma asiatico. ' In questa constatazione, dalla. qua.le il mÌnistro tra.e argomento per manifesta.re le più rosee speranze sulla propria. opera di statista, è la sintesi della no- . stra situazione economica, l'indice del posto che ocoupia.mo nella. storia non tanto degli avvenimenti, quanto delle forme economiohé. * * * A centinaia si potrebbero enunciare i fatti che suffragano l'argomento, e annienta.no tutte le lusinghe del Ministro. L' interesse del danaro, il quale all'interno circola facilmente, quando ne sia facile l'acquisto npl mercato mondiale, non può che essere elevato allorchè le maggiori risorse agricole si esauriscono e quelle industriali e commerciali languono o restano stazional'ie. In Germania, in Francia, ib. Inghilterra, agli Stati Uniti lo sviluppo della produzione procede vertiginoso, e prende impulso da nuove scoperte, dal progredire della meccanica, dall'applicazione di tutte le forze disponibili, personali e pecuniarie. L'impiego del capitale è quindi più sicul'o, ma nello stesso tempo meno profittevole perchè, essendo più facile ad ottenersi, il ci·edito è assai meno richiesto. Da noi al contrario, uno stato di cose eminentemente critico, fa diventar malsicuro l'impiego, e più ricercato il capitale; ragione questa che ha la sua. riprova nello sfacelo del nostro sistema banca.rio. Non è dunque logico che il ca.pitale straniero sia ritroso ad impiegarsi in Italia, o chiegga un compenso maggiore quando vi si arrischia? E non è solo sotto la. forma di prestiti che la fiducia straniera fa sentire la sua influenza nella nostra economia ma anche nell'accogliei•e o rifiutare i valori di borsa italiani, e nel costringerci a rimpatrial'li diminuendone il valoi·e corrente. * * V' ha dunque per il nosti·o paese una condizione di inferiorità. rispetto a quegli altri che nel mondo moderno rappresentano una fol'za economica, e v' ha di conseguenza un ritardo nello sviluppo delle forme di produzione, che sono sempre in rapporto collo svolgimento della storia. I progressi che lo sviluppo della produzione, ha. fatto compiei·e a tante altre Nazioni, sono da noi un pio desiderio, ed è vano domandarli alla abilità dei governanti, lamentarsi se non si raggiungono. Altrove già si delineano netta.mente, non come partiti, ma come vere e proprie classi sociali, i lavoratori e i dirigenti. Qua è la grande industria che crea l'operaio e gli fa conoscere il suo grado di soggezione, le aspirazioni che può nutrire ; là è la cultura intensiva che elimina la piccola proprietà. e tutti i contratti co'.onici che avvincevano il contadino alla terra; altrove è la concorrenza che mette fuori di combattimento i più deboli nell'esercizio dei commerci, per dare il dominio del mercato ai più ricchi, e forse alle società per azioni, che raccogliendo maggior copia di capitali ed implicando minor responsabilità. nei consociati, possono meglio combattere. In Italia questo movimento, il solo consono ad una società. basata esclusivamente sulla produzione delle merci, è ancora sul nascere. Le piccole lotte di concorrenza che si combattono son'.> quelle che la prima macchina fa alla mauifattura cd all'artigianato; i dissesti parziali o generali, effetto di incauta amministrazione o del ristagno generale del credito ; le crisi agricole conseguenza di carestie o di sovrabbondanza di prodotto, poichè un ignorante sistema. protezionista ha chiuso il nostro mercato alla concorrenza delle derrate straniere, togliendo contemporaneamente gli sbocchi esteri alla sovra.produzione_ nostra. L'associazione di capitali è ancora al suo primo stadio e non si esplica se non per l'esercizio di servizi pubblici e semi-pubblici, per lo sfruttamento di alcune attività che di diritto o di fatto godono un qualsiasi privilegio. * * * Causa di questa condizione di cose, più che la natura degli italiani e la deficenza di capitali e la mancanza d' iniziative, di forze, è lo Stato. Esso, dall'epoca della unificazione d'Italia, si è costituito grande collettore delle poche risorse interne per distribuirne i benefici a chi più si attaccava alla amministrazione, a chi sosteneva i partiti di governo; si è occupato soltanto a proteggere meschini interessi nel ca>npo economico ; ad impiegare nella sua complicata macchina quella. borghesia, che in un'altro ambiente si sarebbe applicata alla produzione, ed ha. contemporaneamente sacrificato le attività. economiche nascenti ed il residuo di quelle esistenti a soddisfare interessi camorristici od elettorali, a dare inutili dimostrazioni di una forza militare, che nel tempo nostro è ambizione di popolo non civile e, quando non ha per sos1rato una potenzialità economica adeguata, é addirittura insania. E' mancato perciò ogni incanti vo allo sviluppo di tante forze che da noi, la naturale genialità, il buon mercato della mano d'opera, e la copiosa ricchezza economizzata in tanti secoli di floridezza, la ubicazione fortunata della Penisola, avrebbero reso possibile. · Non si sono visti quindi quello sviluppo industriale e quell'accentramento capitalistico delineatosi già negli altri paesi; non si sono cangiati i manifattori e i coloni in braccianti e operai.

RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 249 Ecco la vera differenza fra la nostra condizione e quella degli stati Europei più prograditi, anche nella condizione dei partiti, nel cammino da percorrere per giungere a quella livellazione, che dovrà necessariamente precedere la società basata sulla produzione comunistica. . * * L'Italia che Leroy Beaulieu per la condizione finanziaria paragonò alla Spagna, e il Luzzatti, per la condizione economica, all'impero Ottomano, si trova dunque nelle medesime condizioni di questi paesi arretrati anche dal lato sociale. Le crisi di sovraproduzione che turba.no altre nazioni, non v_erranno tanto· presto a sconvolgere la nostra economia; ne è prova potente il fatto che quando si tentò la colonizzazione in Africa invece che portarvi i commerci ed infiltrare con essi la nostra influenza, vi mandammo le armi ; ne è pure prova la straordinaria emigrazione che salpa dai nostri porti non perché resa inoperosa. dall'invadere delle macchine o della cultura intensiva, ma sibbene dalla mancanza di qualsiasi movimento economico in ogni campo. Avremo ancora a subire quel processo di sviluppo borghese (nel senso tecnico della parola) che molte colonie Inglesi hanno già conosciuto, al quale degli stati più giovani rispetto alla applicazione dei mezzi tecnici, come il Giappone, sono avviati; dovremo cioè dapprima produrre per noi quanto occorre ai bisogni interni, non di questa o di quella tal altra cosa, ma di ricchezza in genere, poi avviarci al mercato monndiale, finchè non sia saturo della esuberante produzione nostra od altrui Ma per giungere a questo, conviene rientrare nel regolare funzionamento dell'Economia, onde l'Italia è uscita dopo la morte di Cavour, favorire cioè lo sviluppo industriale, agricolo, commerciale, poichè è per esso che lo stato moderno vive. Rinnovare a.dunque tutto, eliminando quelle barriere che creano artificiali condizioni momentanee di sollievo a determinate correnti di interessi, ma impediscono alla concorrenza straniera di dare impulso ad iniziative più idonee abba.ttendo quelle che non hanno ragione di esistere; alleggerendo i ca.richi tributari, per modo che la l roduzione non sia in mille forme colpita e sacrificata alle esigenze della politica ; rinnuovando in tutte le sue branche il diritto positivo; ristabilendo insomma l'arplicazione del principio liberale in ogni manifestazione della vita politica. Purti·oppo siamo assai lontani da tale avviamento perchè gli uomini di stato che si alternano al governo della nazione son quelli che meno comprendono i problemi politici, e non possono di conseguenza interpetrarli nella loro azione; perchè da noi impererà sempre l'incoscienza che fa nutrire all'economista(?) Luzzatti le più lusinghiere speranze sull'avvenire dell'Economia e della Finanza italiana, e fa apparire agli occhi spaventati di Rudinì, il preteso uomo di stato, lo spauracchio socialista. CESARE CASTELLI. La Rivista Popolare di Politica Lettere e Scienz~ sociali esce il 15 e il 30 d'ogni mese, in fascicoli di 20 pagine in 4' grande. Perlalibertàd'insegnamento. « La libertà d'insegnamento io non la violerò come nessuno l'ha mai violata. Ma quando la scienza diviene passione, diviene propaganda, clericale oradicale che sia, allora credo mio dovel'e di porvi riparo e di vietal'e la propaganda colpevole >. Queste parole di color oscuro, che il ministro per la pubblica istruzione ebbe a pronunciare fra gli applausi fragorosi, croscianti della maggioranza, in fatto di libertà ferocemente reaziona1•ia, suscitarono fra i professori più stimati per ingegno e per dignità di carattere un moto di ribellione di protesta contro questa palese minaccia di imbavagliare la libertà di pensiero e d' insfgnamento. Tutto però disgraziatamente finì qui; nessuno più si curò di vedere se il Ministero, squarciando il velo delle frasi equivoche ìn cui si era per gli orbi ammantato, non facesse anche ammanettare quella larva di libertà che ancora vige nelle nostre scuole. Nessuno più pose mente a ciò che il signor ministro, sempre fra un uragano d'avplausi, ha detto in Senato sulla infeconda e nociva propaganda dell'incredulità . nelle scuole medie e a ciò che l'illustre Lampertico ingenuamente disvelando e spiegando il senso recondito delle parole dell'on. Gianturco, aggiunse, quando esortò il potere esecutivo a porre un argine, non soltanto alle idee contrarie alla religione ma anche a quelle contrarie alla nazionalità. ed alla proprietà. Del resto non c' è punto da stupirsi di questo silenzio. Chi si occupa delle nostre scuole secondarie? Chi mai ha alzato una voce sola di protesta al tempo del terrore crispino, quando bastava esser sospettato di tendenze, diremo così, un poco eterodosse, per essere balestrati da un capo all'altro d' Italia, se per somma fortuna non si era addirittura colpiti dal domicilio coatto? Chi si è interessato e s'interessa della sorte dei nostri poveri maestri e maestre comunali, lasciati in piena balia della prepotenza di alcuni signorotti? Si capisce: fino a che si tratta della libertà del pensiero che esce dagli alti sacrarii della scienza, ove gl'interessati sono professori lautamente pagati (1) e politi,mmente influenti, nasce un po' di fermento, si fa un po' d'agitazione; ma quando da queste alte tribune si scende nelle umili sfere delle nostre scuole secondarie, dove un solo grido di protesta può costare il licenziamento e equivalere alla fame cronica di un' intera famiglict, allora tace ogni istinto ribelle e ogni violazione è sofferta senza strilli. E così, sotto l'incubo dell'insegnamento cui nessuna legge guarentisce, e tratti in inganno dal pregiudizio - alimentato da tanti anni di sgoverno - che la loro locazione d'opera involga anche la locazione d'animo questi miseri travetti governativi, se non altro col silenzio e col contegno passivo, incoraggiano ogni strazio delle più elementari libertà. E questa verità, che per nostra disgrazia non fu mai smentita da alcuna prova in contrario, è stata, (1) A questa frase: « lautamente pagati• ci permettiamo di ag• giungere un grosso punto interrogativo. (N. d. R.)

250 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI ora è poco, vieppiù lumeggiata e confermata da un fatto che, se non aggiunge deco1•0 alla dignità dei nostri insegnanti, torna per certo a tutto disonore del ministero che l' ha promosso e compiuto. Certo che il fatto che stiamo per denunciare non ha per sè grande, sovrana importanza ; ma chi con occhio attento scruta e segue le manifestazioni politiche meno chiassose, ma le più in sè stesse significative, e connette e coordina i fenomeni che allo spettatore sembrano accidentali e isolati, si sarà certamente accorto come, corollario imprescindibile di lunga preparazione e confluenza di fatti, oggi navighiamo in piena reazione non solo politica, ma anche intellettuale e morale. Ciò che nemmeno sotto la dittatura crispina, che pareva a ciò la più indicata, si è osato fare, oggi si è compiuto sotto un ministero di sedicenti galantuomini e francamente liberali. Si è creato un ispettorato per i libri di testo e questo, facendo un vero duplicato, dell' Index librorum prohibitorum, ha proscritto gran parte dei compendii di filosofia positiva che correvano sui banchi dei nostri licei e un'altra parte solo per quest'anno, tanto per lasciar tempo al tempo, ha permesso, pardon ... volevo dire tollerati. chè tale è la parola che i regii ispettori hanno•esumato dall'a1•3enale della santa chiesa. E si ricordi; non si tratta di soppressione per insufficienza didattica, chè allora non tutti sarebbero stati proibiti, sibbene di allontana1•e dalle scuole le teorie e le dottrine che essi contengono. E infatti, perché le nostre parole non restino sguarnite d'ogni prova, nessuno di questi trattati fu lasciato passare ~ gli Appunti di Filosofia del Dandolo, gli Elementi di psicologia del Marchesini, gli Appunti di Filosofia elementare del Lucattelli furono solo per questanno tollerati, le Prenozionì di filosofia del Salvadori, l' Etica del Gazzano furono a dirittura proibiti e messi al bando. E le ragioni? e i pretesti? che diamine I non siamo mica al tempo dei Tenerelli del bello italo regno: ora siamo sotto un'illuminato e liberale Gian ...turco e, come di ragione, nel paese più oscurantista d'Europa, nella tenebrosa Turchia. Se ne vuol una prova? A un valoroso professore che osò, tranquillo nella sua coscienza di insegnante onegto, protestare contro l'arbitrio degli ispettori, che non gli avevano permesso di adoperare un suo testo; si rispose - scusa sciocca - che l'avevan proibito perchè ... mancava poco più di una settimana perché fosse finito di stampare. Oh ! dove sono andati i bei tempi del 'l'enerelli, quando all'Ardigò, che professava filosofia positiva nel Liceo di Mantova, si dava l'avviso di non molestare ne' suoi insegnamenti Dio, e di non offendere le credenze comuni! Quel Tenerelli, che sosteneva a viso aperto con una lettera ad Alberto Mario le sue opinioni, era la lealtà fatta persona di fronte a questi Gianturco, a questi regi ispettori, veri e proprii gesuiti sotto la truccatura del liberale. Ma a che andiamo a rammentare quel pove1•0Tenerelli? Ma lo stesso Borbone, che ingenuamente nominiamo sempre con terrore, lo stesso Francesco II d'Austria, era più leale, più sincero e coerente nel dare ai professori del Ginnasio di Lubiana e poi a quelli dell'Università di Pavia questi paterni ammonimenti: « Io non ho bisogno di sapienti, ma di sudditi fedeli; il vostro dovere sta nel renderli tali. Si deve imparare quello eh' io ordino, e colui cbe viene con idee nuove se ne vada, se non vuol essere mandato». Ci scordavamo: l'eccellenza del ministro della pubblica istruzione ha proclamato d'intervenire quando la scienza diviene passione. Che sia questo adunque un caso in cui si sieno varcati i limiti - fissati da chi? - fra la scienza e la passione ? Passione per chi e per che ? per la scienza indiscutibilmente, pe1•chènella psicologia, nella logica, nell'etica non c'entrano nè ci possono entrare le piccole passioni della guerriglia· politìca, che, se per caso, qualche professore troppo zelante della sua fede politica ha voluto fare della sua cattedra una tribuna di partito, si ~a tutte le ragioni per punirlo, nè noi nulla abbiamo da opporre, tutto da approvare. É cosa nota del resto che, quanto più un' insegnante sa di professare idee tal poco eterodosse, tanto più ci mette ogni impegno per disarmare le prevenzioni degli scolari e metter" nella loro giusta luce le opinioni degli avversari. Se non che, troppo palesemente assurdo è questo pretesto per offendere l'amor proprio, la dignità e il prestigio degli ·insegnanti col condannarli a impartire il contrario di ciò che essi hanno appreso con lunghi studi e con sudate veglie. Ed è appunto col proclamare l'esistenza di due scienze, l'una dannata ad esulare dalle scuole e l'altra fatta ad usum delphini, che si viene a soffocare la sacra fiamma della spontaneità e della coerenza e ad alimentare in sua vece l' incredulità. e lo scetticismo. Si è proprio col richiamare in uso l'antico aforisma del!' intus ut libet foris ut moris est, che si viene ad uccidere ogni schiettezza e integrità di carattere, e disgiungere il cittadino dal maestro, la scienza dalla vita, il pensiero dall'azione e a togliere ai professori ogni altro zelo, ogni altra p<1ssione, se si eccettua quella dello stipendio alla fine di mese. Oh! ma che importa mai alla nostra borghesia, ai nostri commendatori, la dignità del carattere, ad essi che darebbero un calcio a tutti pur di salvare il marsupio? I Non è forse risaputo che la borghesia sempre ha sventolato il vessillo della libertà finché si trattava del proprio tornaconto e che poi tosto l'ha rinfoderato non appena s'accorse che altri cominciavano a servirsene contro di essa? È per questo, soltanto per questo, che ora. si ritorna indietro a tutto vapore e si grida la croce addosso alla filosofia positiva; gli è per sostituirla colla Summa di Tommaso d'Aquino, onde addormentare col narcotico dei dogmi impenetrabili e inc1•etinire coll'oppio della fede il pensiero, la critica e la scienza, queste forze indomabili e maledette, che ogni dì

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