Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 12 - 30 dicembre 1896

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 227 precipua dei socialisti, altri se ne presentano non meno ardui e che pure bisogna superare. Essi erano preveduti, quindi non sorprendono; il superarli sarà difficile, ma non impossibile. Quando si sono superati ostacoli maggiori, quando, coscientemente ed incoscientemente, si ha anche l'ajuto non richiesto degli avversari stessi, si ha ben diritto a sperare nella vittoria. Una volta ammessa la questione sociale come la più grande e la più urgente dei tempi nostri, ogni partito, come ogni studioso, s' ingegna a conoscerne l'indole vera per adattarvi i rimedi più confacenti a risolverla. Ma i pregiudizi, e piu gli interessi individuali e di classe, assai spesso impediscono la giusta estimazione di essa. Perciò, avuto riguardo al punto di vista speciale di ognuno, è naturale che gli apprezzamenti siano discordi. 1oi però, da qualunque parte provengono e malgrado tutte le sfumature, possiamo raccoglierli in due gruppi, che rispecchiano le due correnti principali: quella della reazione e della religione da un lato, quella del progresso e del socialismo dell'altro. La borghesia cioè - e, che si sappia, nella borghesia comprendiamo pure il clero - la crede semplicemente una questione etico-religiosa, i socialisti invece una questione politico-economica. L'apprezzamento della borghesia, per quanto erroneo, non ci sorprende. L'avere ammessa la questione sociale, anche in tutta la sua importanza, non vuol dire averla conosciuta, anzi doveva sconoscerla di necessità, perchè essa viene a rivelare ed a colpire molte ingiustizie che, anche per non socialisti, sono un vero furto ed un vero assassinio. li nostro sc~po non è di dimostrare la fallacia dell'apprezzamento clerico-borghese; passiamo quindi a far notare che all'opposta diagnosi devono corrispondere rimedi opposti, cosa di gran momento questa, ove si pensi che nei rimedi, negli strumenti, nei mezzi nei metodi insomma sta riposto in massima parte il successo o 1-'insuccesso della soluzione di ogni problema. Ebbene : la borghesia, mettendo da parte il suo volterrianismo, e chiamando a soccorso il clero, propone la carità piì1 o meno cristiana, essa che nel cristianesimo più non crede, e di più la proclama rimedio unico ed infallibile, in opposizione al socialismo che fa appello alla giustizia. Da un lato dunque s' imoca il diritto, dall'altro l'elemosina. :-Sonci ferme1·emo neanco ad esaminare la virtualità socialistica o meno de' due rimedi; la storia è là ad ammaestrarci che il rimedio clerico-borghe e della carità, applicato in tutta la sua forza cd il suo spirito per tanti secoli, non ha potuto risolvere menomamente la que. Lione; essa, tutta al più, è come una specie di c1·ocerossa che raccoglie qualche affamato, qualche vecchio, qualche ferito nella lotta della Yita,ma non può togliere il carattere belluino a questa lotta. Il rimedio socialis1a della giustizia invece tende ad umanizzare questa lotta; esse è suffra15atodalle induzioni scientifiche di tutte le scoperte e le invenzioni antiche e moderne, che dimostrano le basi economiche delle istituzioni sociali, di cui sono effetto e non causa così la religione come la morale. Davvero che non sentiamo il bisogno di farne l'apoteosi; nostro scopo si è precisamente di lasciare tale incarico ai nostri avversari che, pur fidando nell'Evangelo che - secondo Leone XIII - « ha per sintesi la carità, -nè altro è da cercarvi», lo disimpegnano più o meno esplicitamente. Il partito clerico-borghese, dunque, alla questione sociale non trova altro rimedio che la carità - quod superest date pauperibus. - Siccome però non c'è, nè ci può essere una misura pel superflu.;, ed ognuno, pur essendo parecchie volte milionario, può stimare di avere lo stretto necessario, alla propria condizione sociale, così i bisognosi possono continuare a Yedersi spoliati ed a soffrire la fame come pel passato. Di' ciò pur troppo, pare che si rndano accorgendo tutti perfino i cattolici stessi - ed è tutto dire! - i quali, a costo di dar sulla voce al loro pontefice - peccato che oggi passa inosservato, ma di cui in altri tempi si rendeva conto al Santo Ufficio - confessano chiaro e tondo che: « Il buon volere non basta, la carità non basta nè può bastare, in un'organizzazione sociale fondata sulla concorrenza, sulla guerra e nella quale la carità è troppo facilmente ricompensata dalla bancarotta e non ha altro significato che un premio accordato alla. durezza. del cuore ». Cosi il canonico Hitze, che continua ancora: « Fare l'elemosina non è g1•an cosa se le rivendicazioni del quarto stato non sono punto soddisfatte. Questo reclama il suo diritto e non l'elemosina deve essere l'eccezione ». Ed altrove aggiunge sempre meglio : « Tutti gli empiastri del buon volere non possono guarire i mali sociali. La carità. e l'elemosina possono addolcire la miseria, ma nelle grandi questioni sociali hanno ben poca importanza» (1). Sul proposito ecco le idee del cattolico barone di Yogelsang: « I cattolici o almeno molti di essi s'illudono troppo sugli effetti della carità e ricorrono ai pietosi calmanti. Ora la carità. è insufficiente, e volerla sostituire alla giustizia è un'indegna interpretazione della dottrina cristiana, poichè si lascia in balì11,della ca.rità ciò che ogni uomo deve riconoscere come un dovere di giusti1.ia » (2). li Nitti così riassume sull'argomento le idee del (I) Cl'r· F. Nini : Il socialismo cattolico. 2 cd. pag 146-4ì. (2) ibid. pag. 212.

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