RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI 223 lotta furono gli errori e le colpe minori degli amministratori o pazzi o inetti o disonesti, tanto che l'on. Luzzatti rispondendo all'on. Sonnino intorno al Banco di Napoli potè dire: (( Là, nelle casse di quel Banco attingevano tutti: dai pubblicisti senza pubblicità, agli avventurieri di ogni genere, e il fido concesso a questi veni va sottratto agli onesti commercianti, agli agricoltori, ai proprietari; così avvenne il saccheggio ». E fu un vero saccheggio. Però, e' é dell'altro che non può essere dimenticato. Gli errori e le colpe dei preposti all'amministrazione delle Banche, e dei governanti imprevidenti o corruttori, che facevan pressioni sui primi non sono la causa unica del dissesto; al quale contribuì grandemente il dissesto del paese, che gli Istituti di emissione rispecchiano. Le sofferenze della economia nazionale si sono tradotte in sofferenze bancarie, di cui divennero un esponente ; mentre le sofferenze della Banca d'Italia nel 1895 furono di L. 1,354.000 sopra 1100 milioni di sconto cioè di 123 per 100,000 ; quelle della Banca di Francia non furono che di L. 400,000 circa sopra 8,600 milioni di sconto cioè appena 4,65 per 100,000, Per quanto forte sia stata l'inettitudine, la disonestà dei direttori delle nostre banche, si deve pur riconoscere che la differenza enorme dei risultati trovò la sua base essenziale nelle -condizioni economiche del paese. La qual cosa dev'esser bene tenuta presente da chi voglia cercare rimedi efficaci ai mali deplorati. * * * Intorno alla constatazione della pessima situazione degli Istituti di emissione non ci sono disaccordi. Ma che fare per ripararvi? Poteva, doveva intervenire attivamente lo Stato ? Non è il caso di discutere sulla - efficacia dei salvataggi: mi rimetto a ciò che il Prof. Pantaleoni scrisse - nel Giornale degli Economisti - a proposito della caduta del mobiliare. Ma, dati i precedenti - rimarrà sempre tipico, come risultato dell'imbroglio politico e dell'affarismo losco, quello della Tiberina - è chiaro che lo stato non può disinteressarsi degli imbarazzi degli Istituti di emissione. Se intervenne in favore delle Banche per azioni, con maggior ragione deve intervenire in prò di una banca eh' è proprietà pubblica come il Banco di Napoli. Il dovere dello Stato sorge preciso e inesorabile dalla precedente azione sua positiva e negativa. I liberisti fanatici - o semplicemente logici - possono consigliare che siano abbandonati al loro destino gl' Istituti in rovina; che si lascino morire gli organismi affetti da cancrena, e che lo Stato, si decida al più a seppellirne i putridi avanzi per misura di pubblica igiene. Ma non può consentire in ciò chi concepisce diversamente la funzione dello Stato: chi non lo vuole soltanto gendarme desidera il suo intervento in una quistione economica di sommo momento, quel' è quella della circolazione cartacea. Nel caso nostro e· è di più: lo Stato potrebbe lasciar morire gl' Istituti di emissione, ma seppellendone i cadaveri dovrebbe certo raccoglierne la gravosa eredità. Infatti lo Stato che ha proclamato ed imposto il corso forzoso non può dire ai privati: vi ho costn~tto a pr,mclere come buona moneta la carta straccia; ora non voglia più garantirla e rimborsarla. Sarebbe il peggiore dei fallimenti; sarebbe, anzi, la bancarotta fràudolenta. Meno male se questa bancarotta facesse le sue vittime tra i banchieri, tra i baroni dell'aggiotaggio, tra i vampiri che si sono ingrassati col sangue della nazione !Ma gli é che essa andrebbe invece a colpire tutti i cittadini e in misura maggiore la massa dei poveri e dei miseri i quali per isfamarsi non hanno che il biglietto da due o da cinque lire. Ecco perchè lo Stato intervenne a garanzia dei portatori dei biglietti della Banca Romana; e fece il suo dovere. Oggi lo compie per il Banco di Napoli, e domani dovrebbe farlo per la Banca d' Italia. Questa è la realtà che s'impone anche agli ortodossi dell'economia politica. Però, se molti. a causa del corso forzoso imposto dallo Stato, intendono l'intervento dello Stato a favore dell'Istituto di emissione, altri non trovano affatto giustificato che si debba fare il salvataggio del Credito fondiario annesso al Banco di Napoli: ma quando si rifletta che il Banco risponde del suo Credito fondiario, è evidente che per impedire il fallimento del primo doveva impedirsi quello del secondo. La connessione, la solidarietà tra i due Istituti è evidente. Ora quest'ultimo salvataggio sollevò le opposizioni maggiori, da parte di uomini che ispirarono la loro condotta a principi di indiscutibile rettitudine, quali gli on. Imbriani e Lojodice, perchè implicò la lesione dei diritti dei terzi e la violazione di alcuni articoli del Codice Civile. Lo Stato faccia pure, essi dissero, dei sacrifìzi: per conto suo; ma come può ridurre l'interesse dei portatori di cartelle? come può danneggiare i mutuatari che devono saldare i loro debiti col credito fondiario restituendo delle cartelle, alla pari e comprandole al prezzo di borsa, cioè nelle condizioni in cui le ricevettero dall' Istituto mutuante? A difesa del Ministro del Tesoro s'invocarono la riduzione della rendita fatta da Sonnino - e malamente larvata dal nome d' imposta e dal jus imperii -, e l'operazione del credito fondiario del Banco di Santo Spirito. Ma se i fatti precedenti sono disonesti, rimarranno pur tali le ripetizioni.
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