RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 207 più smisurato e più funesto che altrove; ciò che ci spiega la favolosa fortuna del Bismarck e i terribili effetti che e3sa ebbe per la nazione. Ma in fondo, salvo queste eccezioni passeggere, è sempre la massa, il popolo che domina; e l'opera sua è alla fine dei secoli più grandiosa che quella di tutti i geni. Che cosa è Bismarck, questo gigante che lavora trent'anni a fondare la parvenza di uno Stato, innanzi al popolo tedesco, così pletorico di vita che fornisce dalle sue vene il sangue rigeneratore a tutti i popoli deboli nella fanciullezza dello sviluppo o nella vecchiaia della de.cadenza ? Un filo d'erba in confronto di una quercia; un'onda che passa in confronto al mare che resta e che si agita nei secoli. GUGLIELMO FERRERO. Il clericalinsmPoiemonte. Forse di qui ad un secolo, quando si scriverà la storia d' Italia dal!' 80 al...?, lo storico imparziale studierà le cause di questo subitaneo oscuramento del pensiero umano per cui la reazione Ya a mano a mano estendendosi e gittando le sue funeste propaggini in tutta Europa. E troYerà che la causa principale di questo nuovo atteggiamento del pensiero, di questo soffio di spirito nuovo che tenta sfondare il grande albero della scienza positiva, è dovuto in gran parte al crescere minaccioso del socialismo. Perchè questo fenomeno non e proprio cli una regione ma si può cli l'0 di tutta l'Europa; l'Inghilterra soltanto vigorosa e forte della sua libertà, non cede alla corrente e continua ad essere alla testa dei paesi civili. l profughi politici delle altre terre ospita cortese nel suo suolo siano essi cacciati dal dispotismo politico come Gabriele Rossetti o Giuseppe Mazzini, siano messi al bando dal capriccio di un Tiberio in sess<elntaquattresimo, come Pietro Gori. Ma questo rifiorire di misticismo reazionario assume forme e caratteri speciali nelle varie regioni e si può dire che, in certa misura, ciascun paese dà a questo clericalismo invadente un aspetto speciale. Diamo uno sguardo al Piemonte. Si suol dire e ripetere nei post pranclium laboriosi in onore di qualche deputato, che il Piemonte è la culla del liberalismo, che la popolazione è schiettamente anticlericale ecc. ecc. Nulla purtroppo di men vero oggidì. Il Piemonte marcia alla testa delle altre regioni cl'Italia pel signoreggiare del clericalismo. Ci vuol altro che citare i nomi di patrioti• che da Santorre Santarosa a Massimo d'Azeglio a Camillo Cavour nei campi di battaglia, o nei libri affermarono altamente e coraggiosamente il diritto d'Italia a Roma laica; le popolazioni massime dei piccoli centi'i sono in gran parte foggiate da preti. La storia non si cancella da un giorno all'altro. Il Piemonte fu governato per secoli da una dinastia bellicosa e prode ma religiosa ed intollerante. Lo Stato dei Savoia fu il meno decadente ma altresì il meno riformatore. Il governo regio militare non sentì il soffio liberale che nella seconda metà del secolo scorso vivificava tutta l'Europa. Mentre Carlo III Borbone sfrattava i gesuiti, toglieva ai preti le immunità del foro, mentre Leopoldo di Toscana, con senno veramente italiano precorreva i tempi nuovi, concedendo ampia libertà agli studi ed al commercio nulla curando i fulmini di Roma, Carlo Emanuele III faceva morire in carcere Pietro Giannone il campione di diritti laici contro le pre tese pontificie. Alfieri, Lagrangia, Bedoni Borthol let andavano cercando libertà in volontario esilio Il prete ed il gesuita furono signori incontra• stati ed arbitri de' comuni fino alla rivoluzione francese; ond' è che sbolliti gli entusiami delle lotte per l' indipendenza italiana, le tradizioni antiche furono facilmente rinsaldate da un clero scaltro, attivo ed inframmettente. Carlo Alberto aveva intuito che la rivoluzione italiana l'avrebbe trascinato pilì in là di quello che le tradizioni religiose della sua casa consentissero: cli qui i suoi dubbi, le sue esitanze che gli procurarono da Mazzini la denominazione cli italo .\.mleto. Il cospiratore del ventuno ed il reazionario del 33 lottavano in lui, anche Yittorio Emanuele benchè più risoluto e franco del padre suo 'li sentì sbigottito dalla marcia fatale della rivoluzione ; il grido di Roma o morte del partito d'azione dovette far sussultare il suo cuore di re e di cattolico fervente ; le sue lettere al Papa sono documento storico e psicologico ad un tempo e segnano la religiosità della casa a cui egli apparteneva e del popolo per tanti anni ligio al clero. L'avere spezzate queste tradizioni non è la più piccola gloria del primo re Italiano. Per queste favorevoli condizioni dovute al passato, le tendenze clericali ricompaiono e s'affermano con grande vigore. Aggiungansi cause di carattere piu generale come la corruzione politica dilagante, i fasti cli questi nuovi Verri concussionari e falsari, il malgoverno che seppe con mirabile accorgimento creare una generazione cli scettici in quel paese stesso che aveva Yisto i miracoli del 48 e l'epopea del GO, e comprenderete che la bandiera nera abbia molti seguaci. All'ultima inaugurazione di una società operaia di Cavaglià parteciparono dalle sole provincie di Torino e di Novara oltre a quaranta società operaie cattoliche. Le casse rurali oramai si diffon-
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