RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 215 consumando l' attentato, e il terzo perseguitato, stretto, da quel popolo che aveva sognato d'emancipare, fu preso, condannato a essere attenagliato vivo e fatto in pezzi. Tutta via, più felice di Lorenzaccio, conservò fino all'ultimo la convinzione d'aver bene agito e d'essersi conquistato un nome immortale. Ma la ricostituzione dell'ambiente non è per il De Musset che l'accessorio: il quadro, dove si stacca in piena luce la figura del suo eroe. L'essenziale è l'azione d'un'anima profonda e complessa: il carattere del personaggio originale. Per formare questo cal'attere, sembra che l'autore si sia ispirato alla storia e al Fiesco e allo Schiller e sopratutto a se stesso, alla sua propria natui•a. Lo presenta da principio torbido, inquietante, oscuro, ma nella scena III del Ili atto l'enigma si dichiara, Lo1•enzo si svela e si spiega. Egli é stato da prima un entusiasta, un sognatore, un patriota esaltato, un:> scolaro nutrito di Plutarco. Durante questo periodo di febbre civica una notte, ch'egli errava tra le rovine del Colosseo, giura a sè stesso di uccidere un tiranno. Ha fatto questo giuramento mezzo per. amo1"e dell'umanità, mezzo per un impeto di orgoglio personale: egli sognò tanto a liberare l' Italia quanto a farsi un nome imperituro. Egli aveva pensato di uccidere il papa Clemente VII, ma, bandito da Roma, rivolse i suoi progetti sul tiranno di Firenze, suo cugino Alessandro. Per introdursi nella sua intimità si fece, imitandolo, scioperato, vile, odicso; partecipò allo sue orgie a' suoi delilti, sedusse delle fanciulle per conto del padrone, tradì dei congiurati che l'avevano preso a confidente; mostrò di non avere nè onore nè coraggio; giunse fino a mostrar di venire meno alla vista d'una spada sguainata, e svolse così con pazienza infaticabile la su·a parte di Brutus Ma - e qui la creazione del poeta diventa veramente nuova e interessante - durante questa commedia sinistra, truce, Lorenzo s'è avvisto di due cose ugualmente terribili. ... * * La prima che a furia di fingere la corruzione egli si corrompeva fino al midollo: il vizio, novella camicia di Nesso, si incollava sulla sua pelle, s' incorporava nella sua anima: la maschera non si poteva più staccare e distinguel'e dal viso. Constatò che pietà, pudo1·e, fede nella virti1, compassione per la sofferenza umana, egli tutto aveva perduto, a furia di schernirlo negli altri e di soffocarlo in sè stesso. Un giorno egli si sentì tanto degradato quanto suo cugino e caduto così basso da essere incapace di rialzarsi. Non sorprende sè stesso a fare il serpente tentatore intorno alla sua giovane zia?, una donna ch'egli ama e rispetta, a vantarle le doti di Alessandro, a parlarle come se volesse darla per amante al duca, e tutto ciò per abitudine, passa tempo, per corruzione divenuta incosciente? Ed è spaventato dal male contagioso che ormai a nel sangue. Qualcuno gli dice: - 'l'utte le malattie si guariscono e il vizio e anch'esso una malattia. Ed egli risponde tristamente : - É troppo tardi. Io mi son (atto al mio mestiere. Il vizio è ~tato pe1· me un involucro ; e ora mi s' è attaccato alla carne. io sono i·eramente un ruffiano, e quando io scherzo su i miei simili io mi sento serio come la morte in mezzo alla mia gaiezza. Brutus si finse pazzo per uccide1·e 'l'arquinio, e quello che mi sorprende in lui é eh•egli non abbia perduto la ragione. In questo c'è un'idea famigliare al Musset; un'idea cJ\e egli à espresso migliaia di volte, per suo proprio conto, con una cupa energia. La seconda cosa della quale Lorenzaccio s' é avvisto, nella sua funebre mascherata, è più grave più triste, più scoraggiante ancora. Cioè, gli uomini per i quali egli s' é imposto un compito così gravoso, sono incapaci cli profittare del suo sacrificio. Egli à volut9 conoscere sin dove arriva la viltà dei borghesi e dei nobili fiorentini, e li ha scherniti, insultati, maltrattat;, ed é rimasto smarrito, spaventato da i risultati della sua esperienza: tutto s'è chinato paurosamente innanzi a lui. Ed egli volle scrutare i migliori, quelli che si dicevano amanti della libertà: questi, un pittore, si racchiude nella sua arte come in un chiostro d'onde si sconosca il mondo; quello, un onesto vecchio repubblicano, esprime nobili sentimenti, pronunzia nelle frasi e non sa agire: egli è abbattuto, atterrito, quando il tiranno lo colpisce nei figli suoi, e si contenta di fuggire dalla patria; altri quistionano o pensano di chiamar lo straniero: di porre una schiavitù al posto di un'altra schiavitù. D ivunque bassezze ed ignavia ... Nessun cuore virile. Nessuna virtù energica. Allora Lorenzaccio si chiede perchè e per chi lavora; ed è costretto a confessare a se stesso ch'egli è diventato vizioso e sta per diventare assa~sino, per ni,,nte. Egli s'è consacrato a un' idea alla quale non crede più. Somiglia a un prete ateo, condannato a celebrare i riti cruenti di un culto ch!I la sua coscienza à respinto. Sentite adesso questo grido disperato della sua anima (1). « Io ò conosciuto gli uomini tali quali sono e mi son detto: per chi dunque io lavoro? Quando ò traversato la vie di Firenze col mio fantasma d'intorno, io ò guardato in giro cercando dei visi che m' incorassero, e mi domandavo: - quando io avrò fatto il colpo costui ne profitterà? - Io ò visto i repubblicani nei loro gabinetti, io sono entrato nelle botteghe; io ò ascoltato ed ò mendicato. Io ò raccolto i discorsi dei popolani, io ò visto gli effetti che apporta in essi la tirannia ; io ò bevuto nei banchetti patriottici il vino che genera la metafora e la prosopopea; io ò inghiottito tra due baci le lagrime più vit·tuose, io ò atteso che l'umanità mi facesse vedere sulla sua faccia qualcosa di onesto .... » Forse Lorenzaccio rinunzia al divisamento? Egli non può. L'assassinio ohe medita e prepara è l'unico mezzo perch' egli possa riabilitarsi, l'unico modo di dare un significato alla sua vita, di far rientrare in gola le ingiurie che l' ànno schiacciato, di lavare (I) Alto lii - Scena lii.
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