RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 211 all'antica intransigenza ed ha dato ragione a lui ; altri alla sua volta potrebbe ricordargli che anr.he lui non è che un convertito, sebbene di data più antica. Ed altre conversioni tra i socialisti di bt,ona fede e che hanno il coraggio di ridersi della buffa accusa di alto tradimento, vedremo, o amico 'ft1rat;, peNhè, come tu ben dici il tempo è un grande galantuomo! IL SOCIALISTOIDE. PA IE E EDUCAZIONE. Parlo di quelli che a stento l'iescono nella giornata a l'aggranellare tanto da non morire ; quelli a cui la vita non è che una lunga agonia. In questa classe, dove si muore di faine lenta, dove il patimento abbrutisce il cuore e spegne ogni vigor di pensiero, è molto se l'opera della famiglia è solo negativa e non addirittura corrompitrice. Non è giusto, ma è inevitabile per ora, che i fl51i di questi diseredati siano accolti nei pubblici asili e nelle scuole ; e sarebbe necessario che venisse dato loro generosamente vitto, vestiario e libri. Questo è un circolo vizioso: all'ingiustizia non vossiamo - per ora - opporre altro rimedio che la carità. (1) Finchè al mondo vi sar,rnno figli abbandonati, malati senza soccorso, vecchi respinti dalla stessa famiglia fino a quel giorno almeno anche la suora di carità sara un elemento necesSal'io. Quando si è nel falso, si cerca di scemare un male con un altro male. E infatti la società dice, a molte giovanette robuste, belle e intelligenti : Rinunci&.te alla vostra famiglia per essere figlie, sorelle, amiche e consolatrici di coloro che non trovarono un cuore affettuoso da amare. Ed aggiunge: Rinunziate al vostro io, all'amore, alla maternità per essere madri di quelli che non hanno madre. E a quest'invito, mÌl'abile a di1·.si! quelle giovinette l'isposero e rispondono. Noi fol'se non fal'emmo altrettanto, ma dobbiamo avere almeno la generosità di r;conoscere, di ammirare, di inchinarci I Se non che questa carità che da diciotto secoli tenta di sanare le piaghe sociali, vi riesce forse? O non è ella per la stessa natura sua sorgente di avvilimento e di ml struosi privilegi? Non è forse in nome di lei, che pullulano i signorotti , i quali, atteggiandosi a benefattori, conculcano i più sacri diritti? Non è forse in nome di lei, che si è venuto formando il monopolio delle buone azioni in certe classi; le quali, dando il vii pane della elemosina, fiaccano la fibra e prostituiscono lo spirito? No, la formola sociale non può essere la carità, ma la giustizia, intesa nel senso scientificamente umano. All'uomo inabile per il lavoro, al malato, al vecchio cadente, non il vergognoso pane dell'elemosina ma il santissimo diritto di esser sostentati è legittimamente dovuto. (I} La carità pu6 lenire qualche ingiustizia, ma all~ingiustizia non si può opporre che la coscienza delle sue cause d'onde un1< resistenza il!uminata ed attiva. (N.d.R.) E al bambino debole ed innocente, con quanta. maggior ragione non si deve il pane e l'educazione, riposando in lui la speranza, il progresso e l'avvenii·e ? La formula sociale non può esser che il rispetto delta persona uma.na; e cioè il diritto di vivere come uom? non come bntto; il dovere di lavorare non come maledizione, ma quale ragionevole esercizio delle attitudini proprie, intese alla conquista dell' ideale. La giustizia è più difficile della carità ; perocchè quest'ultima ha sempre un compenso o in noi o fuori di noi, e non manca quindi di una certa dose di ego:smo, sia pur santo, ma egoismo. La giustizia invece non ha compensi: é il bene di cui nessuno ci ringrazia, p·erchè vi siamo obbligati. Ma quanta forza di sacrificio non si richiede per attenerci oggi a queste assolute obbligazioni, per rinunziare a diritti che le leggi civili sanzionano, per mettere in pratica una mora.le scientifica, non ancora imposta, nè consacrata dai codici ? E verrà giorno, è indubitato, che la giustizia scientifica sarà abitudine e in parte anche attitudine ereditaria: oggi invece é sacrifizio grande, ma qualcuno deve incominciar.i, poichè la {unzione {et l'organo. La dolce, umile e poetica poesia che da 18 secoli canta la carità, nel senso sociale, si dilegua dinanzi alla critica stor;ca ed all'esame spassionato dei fatti odiel'ni; dai quali risulta essere la così detta carità sociale o politica, non 11010 insufficiente, ma spesso privilegio, violazione di sacri diritti, avvilimento e corruzione. Ma dunque, si dirà, volete voi che la divina parola charitas, non risuoni più nel cuore di chi patisce e chiede conforto? Non è certamente questo il nostro assunto. Perocchè anche quando la giustizia imperasse sovrana nelle leggi, e quel che val più nell'applicazione loro, non cesserebbe mai il bisogno d'amare, nè la malattia, la sv,mtura, la morte. E finchè vi saranno dolori, piaghe, sventure ; finchè una mad1·e agonizzerà accanto alla culla della sua creatura; lìnchè vi saranno inganni e tradimenti, finché si apriranno tombe per inghiottire quanto abbiamo avuto di più caro, lìnchè in una parola le stesse leggi governeranno questa povera creta, la ~arità individuale, domestica, umana, sarà il dolce legame dei cuori, l'aura mite di pace, di perdono, di abnegazione. Le leggi sociali per tanto siano fondate sulla giustizia; il cuorè umano s'inspiri alla più larga e generosa carità. Da questo stretto e armonioso connubio sorgerà la fratellanza vera, si spegnerà la guerra e l'odio di classe, cadrà dalla mano fratricida il pugnale del tradimento; nè le nostre orecchie saranno orribilmente rintronate dagli scoppii della dinamite, nè gli occhi inorriditi dalla vista di sfracellate, irriconoscibili membra umane. * * * Si è detto che nella classe del proletariato non si può di regola parlare di educazione e che è molto se l'opera della famiglia è negativa ; ma è invece pur troppo corrompitrice, come corrompitore è l'am-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==