Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 11 - 15 dicembre 1896

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZESOCI.ALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARLAMENTO Il ALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7 j semestre lire 4. AnnoIl. - N. li. Abbonamentopo,ta/e Roma15Oecembr1e896 Sommarlo. LA RIVISTA- La nuova reazione. Dr. N. CoLAJANN-I La vit:. politica italiaDa (s11pposizio11i e realtd). GUGLIELMOFERRERO- La missioDCsociale della Germania. EuoEMONE- Il clericalismo in Piemonte. VINCENZO01 SALVO- Per la crisi in Sicilia (1111 tentativo borbonico). IL SocIALISTOIDE- li caso di Cremona. GIUSEPPINASTEFANI-BERTACC-HIPane e educazione. GEORGESRENARD- li " Lorenzaccio ,, del De Musset. Sperimentalismo Sociale - Su gli infortuui sul lavoro. . Notizie Varie - La miseria in Turc/iia - I raggi X e i ciec/ii - Il rimboschimentodel Sahara. Recensioni e Note - Ettore Strinati : L'Intima voce - A Hamon: Le socialismeet le Co11grèdse Lo,ulres. - Alfio Beliusi: Uomo - Giuseppe Roselli: Nel usto ce11tmario di S. Pietro Ce/1.stino - Guido Tomasselli: Socialismo co11tempora11eo LA NUOVA REAZIONE. Se nella Rivista dovessimo intrattenerci di tutti gli avvenimenti degni di particolare attenzione e che suggeriscono osservazioni opportune, noi in questo numero avremmo tanti da ricordarne che non ci basterebbero tutte le sue venti pagine. Epperò codtretti dalla solita inesorabile esigenza dello spazio, ne menzioneremo alcuni e ci fermeremo sulle manifestazioni della tendenza politica, che costituisce quella che denominiamo reazione nuova per la forma, non già pel contenuto. Usi a non sacrificare al successo cominciamo col mandare commossi e riverenti il nostro saluto agli insorti di Cuba, che hanno subito grave perdite, che fanno quasi disperare oggi delle loro sorti, proprio nel momento in cui il nostro B. Salemi inneggiava alla loro vittoria, che mentre lui seri· veva sembrava sicura ed imminente. La spagna adesso potrà avere ragione della perla delle Antille; ma la riscossa coll'aiuto palese e dissimulato degli Stati Uniti non potrà tardare. Il doloroso episodio di Mogadiscio é venuto a creare nuovi lutti in Italia ed a renderci sempre più invisa la politica coloniale, checchè ne dicano o ne scrivano i guerrafondai, che indarno tentarono connetterlo colla pace di Adis Abeba per eccitare gl'ltaliani contro la viltà del governo presieduto dall'on. Di Rudinì. Questi se ha una colpa è quella di non saper prendere la sua brava decisione sul problema africano; ma non deve tacersi, a suo discarico, che non spetta interamente a lui il prenderla. C'è chi primo promosse la politica coloniale, che ancora non sa distaccarsene non ostante i frutti amari ch'essa ci ha dato. É certo poi che prima assai della disfatta di Adua - che deve dirsi gloriosa perchè provocata da Crispi - e della pace di Adis Abeba - che deve giudicarsi vergognosa perchè conclusa da Di Rudinì - altri massacri identici avvennero in Africa: sono questi gl'incerti melanconici delle avventure coloniali, cui sono andati incontro coloro che vogliono costringere a parlar la sfinge nera e che toccano un pò a tutti : chi non rammenta le stragi delle spedizioni Flatters, Monteil ecc. ecc. ch'ebbe a deplorare la Francia? E passiamo sopra di gran corsa sulle sozzure - la parola giusta è di Cavallotti - rivelate e documentate dalle inchieste sui fondi per le vittime del terremoto e della Consulta Araldica. Oramai pochi sono in Italia che non credono la banda crispina capace delle piìt laide imprese; ma le giustificazioni tentate dai sozi di Chauvet - rimasto fedele all'ex Presidenie del Consiglio per motivi facilmente comprensibili - danno la misura dell'assoluta loro mancanza di senso morale. Che miseria! essi esclamano. Si fa tanto rum or.eper poche migliaia di lire regalate ai faccendoni elettorali o sottratte da misteriosi personaggi... E allora perchè si mandano in galera tanti disgraziati che prendono un pane per attutire gli strazi della fame? La nota lieta o meno triste nella quindicina venne d'onde meno si aspettava: dall'esposizione finanziaria dell'on. Luzzatti. L'esperienza ci costringe a rimanere scettici dinnanzi all'annunzio del pareggio raggiunto ed anche degli .sperati avanzi. Troppe volte il pareggio fu dato sicuro e sono troppo misera cosa gli avanzi sperati di uno o due milioni, che possono • sparire per ogni lieve

202 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI perturbamento politico o economico, perché ci sia da rallegrarsi del verbo Luzzattiano. Del resto lo stesso ministro del tesoro ha detto che il pareggio ha bisogno di essere consolidato con altre imposte, sempre modeste per quanto blande, e che il pareggio aritimetico nel bilancio dello Stato dev'essere messo in armonia col pareggio economico nel bilancio della nazione. Qui giace nocco! Comunque, constatiamo da onesti cronisti, che il suc- ~esso parlamentare e per così dire tecnico dell'on. Luzzatti, fu completo ed ottenuto senza i lenocini della sua ordinaria arte oratoria; fu tanto completo, che gli avversari non osano negarlo del tut• to e si limitano ad accettarlo con riserva. Caso raro. Col Senato si entra nell'argomento della reazione nuova, che viceversa poi è antica e quale perdura dalla Costituzione del regno d'Italia - eccettuato forse, il breve periodo del ministero Cairoli-Zanardelli. Il Senato, aclunque ha voluto mostrar.si, come al solito, reazionario feroce, rimandando alle fa0 mose calende greche il disegno di legge sugli irr fortuni del lavoro .. Comprendiamo benissimo che la missione di una seconda Camera dev'essere temperatrice e moderatrice; e può anche essere missione utile, che preserva un organismo politico dai colpi di testa delle riforme intempestive ed affrettate di una Camera giacobina eletta dal suffragio universale. Ma l' origine e la compo3izione dell'assemblea, che siede a Montecitorio, escludono questo timore ; la natura del disegno di legge respinto a Palazzo Madama esclude del pari, che si possa trattare di una riforma immatura -· i principali Stati cli Europa, che, nominalmente, figurano tra quelli meno libérali dello Stato italiano, l'hanno già attuata da parechi anni; e infine l'essere stata difesa da conservatori genuini e milionari quali il Gucciardini e il Di Rudinì avrebbe dovuto eliminare il sospetto che entro gli articoli della legge sugli in(ortunii clel lavo1·0 si nascondesse lo spettro del socialismo. Ma il Senato, ripetiamo, non tenne conto di tutto ciò e volle mostrar.si ciecamente e balordamente reazionario, e rinviando sine clie la discussione del disegno di legge si tenne fedele alle proprie tradizioni. Se la Camera dei Deputati avesse fegato e sentisse qual'è il proprio dovere dovrebbe costringere il Ministero a 1·ipo1·tado innanzi a sè per rimandarlo poi al consesso i cui membri Yengono eletti dal Re: dovrebbe proYocare un conflitto che t1'a i lavoratori le ridarebbe, quantunque per poco, il prestigio, che ha del tutto perduto. La reazione nuova nella forma è quella che si annida nelle dichiarazioni dell' on. Rudinì sulla politica interna. Certamente per quanto numerosi e deplorevoli gli arbitri e gli attentati commessi contro le leggi e sopratutto contro lo spirito dei tempi nuovi sotto l'attuale ministro dell'interno, essi per numero ed importanza non raggiungono quelli perpetrati sotto i passati ministeri e talora, con rara impudenza, in nome della democrazia! Ciò che caratterizza la reazione odierna è la franchezza sfacciata colla quale venne annunziata nello scorso luglio e adesso, e posta sotto l'egida delle leggi e delle istituzioni. La lettera della legge potrebbe invocarsi a difesa di siffatte interpretazioni delle istituzioni? Siamo convinti che neppure gli articoli dell'antiquato Statuto octroyè da Carlo Alberto autorizzino le dichiarazioni dell'on. Di Rudinì fatte prima e dopo le violenze veramente crispine commesse dai suoi prefetti. Ad ogni modo, l'on. Di Rudinì non dovrebbe dimenticare che di contro alla immutabilità o alla lentissima trasformazione degli Statuti e dei Codici sta il rapido movimento delle idee, che quotidianamente minano gli uni e gli altri, e che agiscono come marea terribilmente devastatrice quando si vuole arrestarne o ritardarne la evoluzione perseguitandone gli apostoli, ostacolandone le pacifiche manifestazioni. All'on. Di Rudini, nulla· insegna la storia d'Inghilterra sopratutto in questo secolo ? Saprebbe egli additarci il caso di una riunione· impedita, di una associazione disciolta al di là della manica perchè avente spiccato carattere repubblicano o socialista o anarchico ? Eppure la Carta o i Codici in Inghilterra farisaicamente interpretati potrebbero autorizzare ostacoli, scioglimenti e repressioni. Invece là si lascia scrivere e parlare e riunirsi e associarsi colla massima libertà, e la monarchia vive, e dura e continuerà a vivere ed a durare. forse quando in Italia sarà scomparsa da un pezzo. E l'on. Di Rudinì dimentica pure che la violazione del diritto di riunione e di associazione fece scomparire per be_n due volte la Monarchia in Francia? L'on. Di Rudini certamente fa a fidanza coll'apatia o colla poltroneria, che rasenta la codardia, del popolo italiano; ma anche Guizot e gli Orleans credevano che il popolo francese fosse tanto incarognito che li avrebbe lasciati tranquillamente inveire contro gl'ideologi, che domandavano riforme politiche, e furono severamente castigati. In esilio, meditarono mestamente sulla propria impreYeggenza. A.clogni modo repubblicani e socialisti sanno che la loro propaganda è stata dichiarata fuori la legge. Speriamo che es5i ne traggano argomento per serrare le loro file e continuarla imperterriti. Alla Camera si ha un bel gridare contro il diritto cli1·esistenza ad alta voce proclamato dai nostri a-

RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI 203 miei Taroni e Zavattari : arriva sempre un giorno, un bel giorno, in cui trionfa quello che l'Hallam chiamava diritto sopracostituzionale; e allora ad esso tutti s'inchinano riverenti - anche gli avversari e i derisori della vigilia, LA R1v1s·rA LA VITA POLITICA ITALIAr A. (Supposizioni e realtà). L'amico Merlino col !:UO articolo sulla Democ1·azia e il socialismo mi somministra propizia l'occasione di riprendere la discussione sulla vita politica del nostro paese e dei nostri partiti. Non se ne annoino i lettori della Rivista, perchè la discussione è utile, è benefica assai più di quello che taluni possano credere ed immaginare, facendo proprio quel disprezzo che Alfredo De Musset e alcuni socialisti apocrifi professarono o professano ancora per la politica. Invero se la politica è per pochi santa passione ed anche nobile ambizione, che li investe e li assorbe ; se per altri - e tra noi sono i molti - è mezzo losco per arricchire, per esercitare prepotenze, per soddisfare la vanità, collettivamente considerata è indice delle modalità dell'attività sociale, segna la salute o la !llalattia di un organismo; e la conoscenza esatta dell'una e dell'altra somministra le indicazioni opportune per perseverare in un indirizzo sperimentato buono o per consacrare tutti gli sforzi a mutarlo in meglio. Riprendendo questa polemica, che può essere talora vivace nella forma ma che non dev' essere mai interpretata come mancanza di stima e di affetto verso i contradditori, mi preme esporre due osservazioni preliminari. ·Anzitutto, tutto ciò che ho detto e dirò si riferisce principalmente al mezzogiorno, delle cui condizioni ho conoscenza piena, diretta, immediata; alle altre contrade d'Italia, quindi, va applicato con le dovute riserve - proprio cum g1·ano salis. In secondo luogo penso che si deve tenere per fermo che delle origini, della composizione e dell'~zione di un partito politico si deve sempre giudicare non con criteri assoluti, ma tenendo conto dell'ambiente generale in cui vive e si svolge il partito suddetto e mettendolo in rapporto colla condizione e coll'azione degli altri partiti accanto o contro i quali agisce. Tra gli uomini e tra i gruppi c' è una solidarietà da cui non ci si può liberare, anche quando tutta la energia venga spesa nei tentativi per romperla; nella nostra azione ci risentiamo del bene o del male eh' è in coloro coi quali ci teniamo in contatto; ciò che si spiega col contagio psichico e che fa riprodurre in altro campo i fenomeni della biologia. Forse che i ricchi, i quali pongono ogni cura nell'allontanare le cause d'infezione, nel seguire scrupolosamente le prescrizioni dell'igiene individuale vanno immuni dalle malattie infettive e contagiose che si sviluppano nelle altre classi sociali per abitudini e per condizioni fatalmente anti-igienicbe ? . Epperò il male, ch·e si può constatare e rimproverare alla democrazia parlamentare, che per confessione degli stessi suoi avversari, moralmente e intellettualmente rappresenta la parte migliore. della Camera, lascia intendere quello, che possono · essere e- sono gli altri partiti. * * * F. S. Me1·lino, costrettovi dalle persecuzioni italiche, è vissuto per qualche tempo in Inghilterra e di là è tornato con una ammirazioné per· i costumi politici del Regno Unito, che lodo e ammiro, ma che ci vorrà del tempo prima di vederli ritornati fiorenti in Italia, donde esularono per la servitù durata parecchi secoli. Egli ricorda che i cittadini inglesi oppongono una resistenza tenace ora attiva ora passiva, contro i violatol'i delle leggi e che difendono con meravigliosa energia i propri diritti. Lo spettacolo, che ci offrono è magnifico e suona rimpPovero aspro pel paese nostro, che ne offre uno tanto dissimile. Rammentiamoci, però, della profonda differenza dei due ambienti, se vogliamo Pettamente apprezzare l'azione di un partito politico; valutiamola alla stregua del possibile e non del desidel'abile. 11 possibile nel bene, pur troppo tra noi, è misera cosa, e così penso da parecchi anni senza preoccupazione di trovare difese o attenuanti al gruppo parlamentare di cui faccio parte dal 18PO in poi. L'osservazione quotidiana dei fatti mi rese pessimista da molto tempo; ma non mi tolse la speranza di veder volgere al meglio le cose e mi rinvigorì nella convinzione che bisogna muovePsi ed agitarsi e non attendere inerti buddisticamente la salute da forze arcane. Il Merlino rinfresca un antica accusa e rimprovera all'Est1·ema sinistra « di cil'coscrivere la sua azione nella sfera parlamentare - schivando il contatto delle moltitudini, rimanendo inerte davanti alle grandi convulsioni popolari di questi ultimi tempi ». In verita non saprei trovare dove quando e quali furono le g1·andi convulsioni popolari alle quali • rimase estrane~ o indiffePente la democrazia parlamentare ; la quale, se la memoria non mi tradisce, anzi, non poche volte cercò promuovere delle agitazioni, miseramente tePminate per colpa non propria ma dell'organismo flaccido, che non prestavasi neppure alla galvanizzazione. Certo è che i suoi membri promossero sempre, e se non segui-- rono altre iniziative ciò avvenne perchè le iniziative mancarono; accorsero dovunque furono chia-

204 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI mati, anche quando previste cattive le accoglienze e spesso provocarono essi stessi gl' inviti. Il rimprovero ingiusto pel passato, lo è ancora di più. oggi. Oggi, a parte l'efficace e straordinaria attività del gruppo socialista, hanno percorsa da un capo all'altro la penisola i rappresentanti prettamente repubblicani - Venctemini, Taroni, Zavattari ; lmbriani in poco tempo è passato da Belluno a Cotrone, da Corato a Portici ; Cavallotti ha percorsa buona parte della Sicilia e tutta quanta la Sardegna ; ne ha studiato con amore le condizioni, ha promesso, ha incorato ha scosso la fibra torpida di molti. Che cosa potevano fare e non fecero questi rappresentanti della Democrazia? Ciò c~e fecero è tanto più meritorio in quanto essi nella. grandissima maggioranza, non .sono ricchi ; molti anzi sono condannati al lavoro quotidiano ini.probo per ~antènere onestamente e modestamente loro stessi e le famiglie. Essi non pescano sotto veruna forma nei bassi fondi del bilancio dello Stato. * * * Il giudizio ingiusto sull'azione spiegata dalla 'él.emocrazia parlamentare diventa errore madornale quando si viene alla genesi della medesima. Si scrive che « i più dei deputati radicali vengono mandati al Parlamento meno in grazia delle loro idee politiche, che per il temperamento rivoluzionario che loro si attribuisce ... » Se il movente della scelta fosse quello additato e fosse il solo non sarebbe lodevole; ma in generale esso è insussistente. Nella scelta di ordinario non entrano - o in proporzioni omeopatiche - il temperamento o le idee del candidato; il temperamento o le idee quasi semp1e sarebbero motivi di esclusione. I più, - non ostante i principi professati - vanno alla Camera per le loro qualità personali, per le simpatie di cui sono circondati: a seconda dei casi se ne1 ammira l' ingegno e la coltura, o il carattere e la moralità, o il patriottismo e la ricchezza; e i ricchi non sono i pii1 attivi. Purtroppo! Altri son · ~ venuti alla Camera per gelosia di contendenti, per antagonismi municipali : sicuro anche per questo ! Ben so che in Lombardia, nell'Emilia e un po' anche nell' Umbria e nelle Marche le cose vanno meglio e che prevalgono maggiormente ·i sani criteri politici; ma anche il caro Prampolini confessavami a-ltra volta che nella sua prima elezione contribuirono pur molto i criteri personali. Se le ragioni, che determinano la vittoria di un radicale nelle elezioni sono ben diverse da quelle che dovrebbero essere, divengono addirittura deplorevoli, quelle che lo consolidano nella posizione conquistata. L'azione parlamentare logica e corretta i servizi resi alla causa generale del paese. alla libertà ed alla moralità valgono ben poco. Meno male se ha ottenuto una straduncola, un sussidio per la chiesa o per la scuola, una diminuzione della quota del dazio consumo in una o più grosse frazioni del collegio ! Ma se davvero egli vuole rendersi invincibile bisogna che renda .dei servizi ai grandi elettori, magari calpestando la giustizia, magari con danno evidente della collettività. Di che è convinto lo stesso Merlino, che il proprio convincimento manifesta indirettamente ricordando che· in Inghilterra i deputati non vengono eletti per sbrigare le faccende private dei loro elettori... La verità dolorosa è questa : la condizione dei deputati italiani in generale, di quelli meridionali in particolare - non esclusi i repubblicani e i socialisti - é davvero umiliante ; e i rapporti · tra elettori ed eletti son tali che costringono gli ultimi a stabilirne altri coi ministri e coi vari funzionari dello Stato, che riescono ad un infiacchimento inevitabile della fibra morale, ad una insensibile degenerazione del carattere. Troverò conforto nel fatto che tre anni or sono un deputato, Cousset, svolse una interpellanza nella Camera francese, dalla quale si poteva argomentare che lo stesso malanno infierisce nella vicina repubblica? Mah! ... Data questa struttura e questo funzionamento del nostro organismo politico si capisce che, a parte ogni divergenza teorica, la questione del mandato imperativo dev'essere scartata attualmente come intempestiva. * * * Il sin qui detto dà la ragione di uno dei fenomeni più brutti del parlamentarismo italiano, cioè della facilità delle evoluzioni e del ministerialismo cronico di molti deputati. Tra i deputati italiani ci sono un centinaio circa di Trimme1·s, di girasoli che votarono con Depretis, con Crispi, con Giolitti con Di Rudini ; che voterebbero domani con Cavallotti, con Imbriani, con Prampolini ; anche con Ravachol se rivivesse e divenisse Presidente del Consiglio dei Ministri. Questo è il meno peggio, perchè tale cronica ministerialità si riferisce a quei deputati che l'on. Crispi una volta chiamò sdegnosamente la folla. Il fatto diviene doloroso e pernicioso quando ri_ guarda le individualità spiccate, per vario titolo eminenti. Or bene a loro è consentito entrare alla Camera con un programma e mutarlo dopo poco tempo, de toto. Quale potrebbe essere la punizione per questa spregevole condotta? Una sola ed è quella che potrebbero comminare gli elettori togliendo loro il mandato alla prima occasione; ed il caso in Italia o non si è dato mai o ben di raro e per individualità poco note. Gli elettori rieleggono monarchico chi elessero la prima volta repubblicano. Nel 1868-69 conobbi Giovanni Nicotera

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 205 repubblicano ardente, che veniva a visitarmi e ad incoraggiarmi nelle prigioni di San Francesco in Napoli insieme al buon Asproni. Lo seppi monarchico nel 1870 e seppi ch'era stato rieletto deputato dagli stessi elettori e collo stesso entusiasmo. Il caso suo è quello di parecchi altri ; è quello di Fortis, per citarne uno solo tra i viventi, entrato a Montecitorio come Mazziniano, divenuto Crispino e poscia Giolittiano e rieletto sempre dagli stessi elettori di Forlì eh' è uno dei migliori collegi di Romagna per tradizioni politiche. La vita politica in Italia, perr.iò, manca dell'unica sanzione, che ci può essere per fatti che non sono di pertinenza del Codice penale, ma che non dovrebbero rimanere impuniti. Si può aggiungere che spesso sono gli elettori che incoraggiano gli eletti a mutare casacca ; e non tutti hanno la fibra forte per resistere alle quotidiane seduzioni da un lato ed agli incitamenti dall'altro. Sicchè mentre in un sano organismo sociale e per una sana e vigorosa vita politica sarebbe indispensabile che la massa popolare rappresentasse una sorgente nella quale l'eletto dovrebbe attingere forza e conforto, da noi invece essa spesso è una fonte, da cui se non ci si allontana o non ci si premunisce al primo sorso che si beve del liquido che ne scorre, si rimane avvelenati ; dovrebbe essere una vis a tergo, che lo dovrebbe spingere sulla buona via ed è spesso una vis a tergo che trascina al precipizio. E tutto questo basta per mostrare quanto siano ingiusti e precipitosi i giudizi',che si danno sull'azione della democrazia parlamentare. Mi rimarrebbe a parlare dell'azione della medesima di fronte al sorgere dell'astro socialista. Maquesto è argomento troppo importante per parlarne incidentalmente; mi riserbo di occuparmene altra volta. Intanto concludo eccitando i buoni e gli energici a non lasciarsi scorare dalla tristizia del presente; la propaganda attiva e intelligente ho fede che preparerà un avvenire migliore. Dl', NAPOLEONE COLAJANNI, P. S. - Questa polemica col Merlino mi dà agio di dire due parole agli amici dell'Italia del Popolo a proposito d' Imbriani. Essi mi rimproverano quasi di aver gabellato per repubblicano l' Imbriani che non lo è o che almeno non vuole dichial'arsi tale. Una versione inesatta del discorso di Corato pareva che desse loro ragione. A me preme, per quanto possa sembrare uggiosa una discussione sulle persone, dichiarare che la mia aff1:1rmazione fu cagionata da ripetute ed esplicite sue dichiarazioni ; e della sua parola non mi permetto dubitare, nè se lo permettono quanti lo conoscono da vicino. A chi ricorda il discorso di Corato, forse malamente interiiretato rispondo citando il suo discorso posteriore di Portici, Ivi, commemorando Zuppetta, esclamò: - l;i, mia fede è quella di mio zio Alessandro Poerio morto a Venezia gridando : Viva la repubblica ! è quella di mio fratello Giorgio morto a Digione gridando : Viva la repubblica!» Non ce n'è abbastanza per giustificarmi? N. C. LamissiosnoeciadlellGa ermania. (I) All'iniziativa futura della Germania nel campo politico e sociale io non credo. La Germania, paese di cosi scarse attitudini politiche che ha compiuto ultimo in Europa e solo a mezzo la . rivoluzione politica, non può prendere ad un tratto .. l'iniziativa della riforma sociale. Lo sviluppo del partito socialista, come l'era bismarckiana, dimostrano insieme - nuovo punto di contatto di questi due fenomeni - che il popolo tedesco, grazie alla sua pazienza, alla sua tenacia, alla sua capacità organizzatrice, al suo profondo SElntimento del dovere, è capace tanto di trasformarsi ad un tratto in un popolo conquistatore, egli, il più pacifico di tutti, quanto d'organizzare burocraticamente e a perfezione il sogno apocalittico di una redenzione sociale; di invadere nel tempo stesso vittoriosamente, sotto la guida di un buon generale e di un abile diplomatico, le terre degli altri e di incaminarsi in pellegrinaggio sotto la guida d'un gran profeta, verso le montagne mitiche dell'ideale. Il bismarckismo - chiamando così la politica di conquista - e il socialismo, sv_iluppatisi con tanta fortuna nel tempo stesso, nel s3no del popolo medesimo, dimostrano come sia meravigliosamente plastica la tempra di questo popolo che è stato capace, sotto la suggestione e la guida di una colossale personalità barbarica di compiere una missione guerresca straniera al suo genio e alle sue tradizioni e sotto la suggestione dello spirito rivoluzionario semita, d'organizzare, come non si era mai visto sin qui nella storia, un movimento sentimentale ed ideale del proletariato. Ma sarebbe vano credere che la missione futura della Germania sia di combattere altre guerre o di guidare i popoli civili sulla via della riforma sociale. La Germania, se non ha deposto ancora la pesante armatura di cui la vestì Bismarck, ha per lo meno rinfonderata con gran piacere la spada del 1870 e non la sguainerà se non costretta da inevitabili eventi. D'altra parte la sua inesperienza politica è ancora troppo grande, perchè essa possa insegnare al mondo il gran segreto che guarirà i mali della società moderna. La v~ra missione in- (I) Da un libro di prossim: pubblicazione : L' Ew·opa giovane, viaggi e studi tra i popoli del Nord (~lilaro-Treves) - Il libro conterri 6 studi - J· Bismarckismo e Socialismo in Germania. - 2· La morale sessuale dei popoli germanici. - 3· Londra. - 4. 1-.tosca. - s· Il terzo sesso. - 6· La lotta d, due ideali e di due razze (Ebrei e Tedeschi).

206 RIVISTA POPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI Yece dei tedeschi è missione di coloni e pionieri. Ci sono tre forme di colonizzazione; quella dell'inglese che è plasmativa, quella del chinese dell' italiano e dell' irlandese che è adesiva, quella del tedesco che è diffusiva. L' inglese emigra in generale in grandi masse, invade in maggioranza una regione nuova, a cui dà la propria lingua, i propri costumi, plasmandovi una civiltà di tipo anglosassone: i chinesi, gl' irlandesi, gl' italiani emigrano in tutte le colonie, qualunque nazionalità abbiano già, inglesi, portoghesi o spagnuoli ; ma là si ritrovano, si raggruppano, YiYOnotra loro con i patrii costumi e con la lingua propria, formando come un isolotto di nazionalità divesa nella società che li ospita: i tedeschi emigrano anch' essi in tutte le colonie fondate da altri popoli, ma si diffondono e si compenetrano facilmente nella massa della razza dominante, di cui adottano lingua, costumi, sentimenti ed idee, perdendo alla seconda o alla terza generazione ogni cara~tere nazionale. Nella Polonia russa, nelle città del Baltico, nella Russia, nell'America del :\'ord, nell'Italia settentrionale i tedeschi emigrano in frotte ogni giorno pii\ numerose, ma non por aumentare le file ~iserabili del proletariato, ma per rinforzare i ranghi della borghesia industriale e commerciale, per formare o accrescere quella classe media a cui spetta la direzione dell' immenso lavoro moderno. Specialmente là dove la borghesia industriale e commerciale stenta a formarsi, come in Polonia, in Russia, in Italia, i contingenti dell'emigrazione tedesca arrivano subito ; ma queste popolazioni tedesche, che qualche volta sono vere immigrazioni di popolo, se sviluppano il lavoro delle regioni invase non ne modificano la nazionalità, dalla quale il tedesco si lascia rapidamente assimilare. Egli si adatta rapidamente. impara la nuova lingua, i nuovi costumi, dimentica la patria e si stabilisce nella nuova regione a son aise come in casa sua; i suoi figli saranno poi definitivamente acquistati alla nuova nazionalità; polacchi in Polonia, italiani in Italia, americani in Amel'ica. Egli sembra aver adottato il motto romano che la patria è là, dove si sta bene ; egli va dappertutto, sapendosi adattare con una plasticità meraYigliosa alle condizioJi meteorologiche, climatiche, politiche, etniche e sociali più differenti, come una pianta capace di Yivere in tutti i climi e sotto tutte le latitudini. La missione civile della Germania è insomma di formare la borghesia industiale e commerciale nei paesi restati addietro, per vizio di organizzazione sociale o per difetto degli uomini, nella gara del la\·oro moderno ; di eguagliare, in tutto il mondo ciYile, le condizioni sociali dei differenti popoli, introducendovi il regime borghese in tuLto, sia nella società agricola rudimentale della California, che nell'impero militare, teocratico e burocratico della Russia. La Germania, posta così in mezzo all'Europa, è destinata a diventare il grande formicaio centrale del mondo, da cui lunghe processioni di formiche partiranno per tutte le direzioni della terra; di formiche laboriose e non guerriere ; pazienti e non feroci; capaci non di distruggere ma di accumulare. La Germania, questa madre antica di popoli, compirà in avvenire, se lo sviluppo del mondo non si arresta, e in proporzioni infinitamente più vaste, quello che è stato sempre la sua funzione storica: di fornire il cemento molle e resistente ad un tempo, del suo elemento etnico a tutte le grandi formazioni umane. Il tedesco, in tutte le combinazioni più diverse di popoli e razze che il sole dei secoli futuri vedra sulla faccia della terra, sarà un elemento prezioso, che sparendo in una compiuta fusione entro la massa totale, le comunicherà, pur senza lasciar traccia visibile di sè, la miracolosa virtù coesiva. Dovunque si dovrà colonizzare un continente deserto. nella Siberia orientale, nelle due Americhe, nell'Affrica meridionale o centrale, dietro la traccia del pioniere che avrà aperto la via tra la foresta, verranno subilo le lunghe processioni delle pazienti formiche tedesche; la Germania fornirà lo splendido cemento umano della sua razza, che come ogni cemfmto restera invisibile nella mole costruita, ma che varrà a tenerne insieme solidamente le parti. li tedesco sparirà nella massa d'altra razze, perdendo in quelli della maggioranza i propri caratteri nazionali, ma disperdendosi dentro le comunicherà una solidità nuova, trasfondendo in essa la propria capacità organizzatrice, la serietà volitiva e morale, l'energia del lavoro. Certi popoli selvaggi credono che il sangue umano abbia virtì1 di solidificare gli edifici; e però impastano di sangue umano la terra, con cui costruire le fondamenta e le mura, come di un cemento vitale. Ciò che nella fantasia feroce dei primitivi è il sangue- umano, sarà nell'edificio della futura civilta cosmopolita il tedesco: il cemento vitale e invisibile che renderà solide le fondamenta della granitica costruzione. Il tedesco è il vero colletti\-ista; collettivista non tanto di idee, quanto di carattere e di natura. La sua forza individuale è scarsa; egli non è capace di lavorare se non in grandi masse. Salvo le creazioni di pochissimi geni smisurati come Humboldt e Goethe, tutte le glorie storiche della Germania sono imprese e gesta non d'individui ma della massa, dalle antiche invasioni barbariche, alla Riforma, al socialismo, alla nuova colossale emigrazione verso tutti i paesi del mondo. In un popolo come questo in cui l'individualità è così debole, il predominio di una grande personalità può essere a momenti

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 207 più smisurato e più funesto che altrove; ciò che ci spiega la favolosa fortuna del Bismarck e i terribili effetti che e3sa ebbe per la nazione. Ma in fondo, salvo queste eccezioni passeggere, è sempre la massa, il popolo che domina; e l'opera sua è alla fine dei secoli più grandiosa che quella di tutti i geni. Che cosa è Bismarck, questo gigante che lavora trent'anni a fondare la parvenza di uno Stato, innanzi al popolo tedesco, così pletorico di vita che fornisce dalle sue vene il sangue rigeneratore a tutti i popoli deboli nella fanciullezza dello sviluppo o nella vecchiaia della de.cadenza ? Un filo d'erba in confronto di una quercia; un'onda che passa in confronto al mare che resta e che si agita nei secoli. GUGLIELMO FERRERO. Il clericalinsmPoiemonte. Forse di qui ad un secolo, quando si scriverà la storia d' Italia dal!' 80 al...?, lo storico imparziale studierà le cause di questo subitaneo oscuramento del pensiero umano per cui la reazione Ya a mano a mano estendendosi e gittando le sue funeste propaggini in tutta Europa. E troYerà che la causa principale di questo nuovo atteggiamento del pensiero, di questo soffio di spirito nuovo che tenta sfondare il grande albero della scienza positiva, è dovuto in gran parte al crescere minaccioso del socialismo. Perchè questo fenomeno non e proprio cli una regione ma si può cli l'0 di tutta l'Europa; l'Inghilterra soltanto vigorosa e forte della sua libertà, non cede alla corrente e continua ad essere alla testa dei paesi civili. l profughi politici delle altre terre ospita cortese nel suo suolo siano essi cacciati dal dispotismo politico come Gabriele Rossetti o Giuseppe Mazzini, siano messi al bando dal capriccio di un Tiberio in sess<elntaquattresimo, come Pietro Gori. Ma questo rifiorire di misticismo reazionario assume forme e caratteri speciali nelle varie regioni e si può dire che, in certa misura, ciascun paese dà a questo clericalismo invadente un aspetto speciale. Diamo uno sguardo al Piemonte. Si suol dire e ripetere nei post pranclium laboriosi in onore di qualche deputato, che il Piemonte è la culla del liberalismo, che la popolazione è schiettamente anticlericale ecc. ecc. Nulla purtroppo di men vero oggidì. Il Piemonte marcia alla testa delle altre regioni cl'Italia pel signoreggiare del clericalismo. Ci vuol altro che citare i nomi di patrioti• che da Santorre Santarosa a Massimo d'Azeglio a Camillo Cavour nei campi di battaglia, o nei libri affermarono altamente e coraggiosamente il diritto d'Italia a Roma laica; le popolazioni massime dei piccoli centi'i sono in gran parte foggiate da preti. La storia non si cancella da un giorno all'altro. Il Piemonte fu governato per secoli da una dinastia bellicosa e prode ma religiosa ed intollerante. Lo Stato dei Savoia fu il meno decadente ma altresì il meno riformatore. Il governo regio militare non sentì il soffio liberale che nella seconda metà del secolo scorso vivificava tutta l'Europa. Mentre Carlo III Borbone sfrattava i gesuiti, toglieva ai preti le immunità del foro, mentre Leopoldo di Toscana, con senno veramente italiano precorreva i tempi nuovi, concedendo ampia libertà agli studi ed al commercio nulla curando i fulmini di Roma, Carlo Emanuele III faceva morire in carcere Pietro Giannone il campione di diritti laici contro le pre tese pontificie. Alfieri, Lagrangia, Bedoni Borthol let andavano cercando libertà in volontario esilio Il prete ed il gesuita furono signori incontra• stati ed arbitri de' comuni fino alla rivoluzione francese; ond' è che sbolliti gli entusiami delle lotte per l' indipendenza italiana, le tradizioni antiche furono facilmente rinsaldate da un clero scaltro, attivo ed inframmettente. Carlo Alberto aveva intuito che la rivoluzione italiana l'avrebbe trascinato pilì in là di quello che le tradizioni religiose della sua casa consentissero: cli qui i suoi dubbi, le sue esitanze che gli procurarono da Mazzini la denominazione cli italo .\.mleto. Il cospiratore del ventuno ed il reazionario del 33 lottavano in lui, anche Yittorio Emanuele benchè più risoluto e franco del padre suo 'li sentì sbigottito dalla marcia fatale della rivoluzione ; il grido di Roma o morte del partito d'azione dovette far sussultare il suo cuore di re e di cattolico fervente ; le sue lettere al Papa sono documento storico e psicologico ad un tempo e segnano la religiosità della casa a cui egli apparteneva e del popolo per tanti anni ligio al clero. L'avere spezzate queste tradizioni non è la più piccola gloria del primo re Italiano. Per queste favorevoli condizioni dovute al passato, le tendenze clericali ricompaiono e s'affermano con grande vigore. Aggiungansi cause di carattere piu generale come la corruzione politica dilagante, i fasti cli questi nuovi Verri concussionari e falsari, il malgoverno che seppe con mirabile accorgimento creare una generazione cli scettici in quel paese stesso che aveva Yisto i miracoli del 48 e l'epopea del GO, e comprenderete che la bandiera nera abbia molti seguaci. All'ultima inaugurazione di una società operaia di Cavaglià parteciparono dalle sole provincie di Torino e di Novara oltre a quaranta società operaie cattoliche. Le casse rurali oramai si diffon-

208 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI dono in tutti i comuni. Perchè il clero callidissimo sfruttatore di tutte le idee nuove per poterle maturare e trasformare a suo vantaggio, non è indifferente di fronte alla marcia ascendente delle nuove idee. Sempre, la chiesa per la sua forza di adattamento pieghevole, si è impadronita delle questioni del giorno per servirsene pei suoi fini speciali. , Che importa se tra il socialismo e il clericalismo scorre un Rubicone che nessun Cesare può valicare? .I preti si pompeggiano di questo socialismo cattolico, e mentre le classi dirigenti si ubbriacano di frasi fatte e van blaterando di diritti al lavoro, di armonie tra capitalista ed operaio e di altri fondacci dell'economia classica, essi provvedono ai bisogni urgenti de' piccoli centri e si rendono necessari. Ci vuole molta dose d'ingenuità come dimostrano d'averla certi giornali anticlericali per fare la voce grossa perchè le casse rurali non servono che ai veri cattolici che vanno a messa alla benedizione e che votano per la lista imposta dal curato! Se l'argomento non iscottasse e non insudicias~e le mani quanti esempi di sconti, di imprestiti di appalti concessi a deputati perchè votavano imperterriti e costanti col governo. Ahimè ! aveva ragione il buon Giusti: Siete tutti d'un pelo e d'una lana ! A Torino l'azione del segretariato del popolo sorto sui primi del 1895, per opera di alcuni veri amanti del popolo si estende. Nel suo programma sta scritto che esso si propone di soccorrere gli operai di qualsiasi opinione ; ma guardate combinazione! Dopo·che qualcuno di questi accattolici ha ricorso per aiuto al segretariato è sempre tocco dalla grazia di Dio e diventa lettore assiduo della buona e santa stampa! La quale cresce in audacia e condita di quella mala fede per la quale, secondo la frase del Bonghi nella lettera al papa, ha un lodevole primato e s·insinua in tutte le famiglie. Oramai non v'ha comunello di qualche importanza ove non sia sbocciato o stia per germinare un giornale clericale. Chiesi città di forse 8 mila abitanti ne ha due ; Mondovì con meno di 18,000 ne ha tre di cui uno smania di diventare quotidiano. L'Italia 1··eale risponde con insolenze alle carezze pausose di certa stampa nè carne nè pesce, e con ispavalda sicurezza della sua forza fa bandire dal pulpito che non è vero cattolico chi legge altri giornali oltre a quelli benedetti dal papa. La Gazzetta del popolo conta nel suo attivo le polemiche vivaci e poderose del Bottero con D. Margotti dell'Unità Cattolica. Ma in questi ultimi tempi o per l'avanzata età del Direttore, o per· altre cause piu complesse, essa lotta con molta fiacchezza e çon troppi e stantii e rancidi luoghi comuni. Quasi tutti i giornaletti grandi e piccini dei piccoli paesi si fanno un dovere di non toccare mai certi tasti ; e se qualche vi>lta trascinati pei capelli da certe improntitudini, arrischiano con molte cautele e scuse e salamelecchi qualche appunto alle insolenze della stampa avversaria, fanno con tanta buona grazia da lasciar capire che non desiderano di meglio che di essere lasciati in pace. Quanti bei casi e caratteristici episodi mi proromperebbero dalla penna se lo spazio non me lo vie tasse! Ancora qualche anno con questo andazzo ed il Piemonte questa terra sacra alla libertà e sospirato asilo dei cospiratori e pensatori e guerrieri che ci hanno data una patria, sarà la terra di conquista dei clericali. Il lavorio sotterraneo sordo. continuo ed intenso produce i suoi frutti, secondo il vaticinio del Guerrazzi che ammoniva non essere il prete mai così vivo che come quando par morto. Badate bene che io parlo di clericali e non di cattolici; perchè, lo sanno anche gli ascari, i primi non equivalgono precisamente ai secondi. EU DEMONE. PER LA CRISI IN SICILIA. ( U,i tentativo borbonico). Vale bene la pena, almeno pei Siciliani, mentre il Governo studia le cosidette « riforme sociali » di leggere il seguente brano della Relazione che precede il testo del R. Dec1•eto l9 settembre 1826 : « Vedute generali di prosperità publica determina- « rono la saggezza del Vostro Augusto Genitore a « sanzionare il Decreto del 10 febbraio 1824. Non « essendo state dapprincipio concordi le opinionj sulla « utilità della legge convenne esaminarle e discuterla « nel suo vero ed ultimo scopo. Si fecero conoscere « i vantaggi che ne sarebbero risultati in tutti i rami « dell'Amministrazione dello Stato; la proprietà dif- « fusa; i fondi meglio coltivati; aumento di produ- « zione ; ricchezza maggiore e meglio distribuita ; i « patrimoni delle famiglie ridotti a verità; dissipate « le illusioni di una gran rendita, cagione di spese « eccedenti; affidata a ciascuno l'amministrazione di « ciò che gli appartiene ; agevole e meno gravosa la « percezione dei publici dazi ; rotta la massa delle « ipoteche genera li ; incoraggiato il commercio e le « reciproche contrattazioni; tolta la sorgente di que- « stioni infinite e di liti, appl'estati i mezzi di cau- « tela per lo adempimento delle stipulazioni ; data a « tutti la sicurezza dei loro titoli e delle loro pos- « sessioni .... » .. * * Così i governi I Parolai, magniloquenti, si destano la dimani di un tumulto, di un rivolgimento, e ancora sonnacchiosi vi condiscono un misero progetto di riforme con sesquipedali parole e con le solite frasi del benessere comune, della prosperità generale e chi piu ne ha più ne metta.

RIVISTA. POPOLARE DI POLIT!CA. LETTERE E SCIENZE 8OCIA.Ll 209 Passano gli anni e con essi gli uomini : i mali incrudeliscono, voci d'ognintorno si le vano, diritti si contestano, le teorie più avanzate appassionano le discussiol'li, gl'interessi pii1 vitali e più contrari cozzano cotidianamente nella lotta per la finalità. della vita e ne origina un fremito continuo nelle classi che quella lotta. stessa acuisce. E allora si ricorre al metodo friiheliano di dare la chicca ai bamhini per tenerli quieti. E qui studi, commissioni, relazioni - fiumi di parole e d'inchiostro - per tornare, dopo poco tempo, daccapo. Si è sicuri però di non errare affermando che i Siciliani han giudicato vacui ed inefficaci i tentativi fatti per risolvere la crisi che li tra vaglia, perché imbastiti, sempre alla stessa guisa, dietro l'avariata insegna del neminem laedere, circoscritti nell'angusta cerchia dei palliativi, basati so1·ra criteri di riforme puramente formali, veri passatempi per le persone colte che disdegnano i rebus e i logogrifi dei giornali. E a questa maggioranza di scettici hanno adel'ito coloro che edotti dallo studio del passato trovano che le promesse di oggi furon fatte anco ieri, anco un secolo fa. Quel disagio profondo della Sicilia che il Franchetti stesso dice « antico, insito nella condizione a· graria e sociale dell'isola, cagione prima dei suoi mali» è lo stesso disagio che turbò la mente del Borbone, con la sostanziale &ilferenza che il Borbone - con esempio notevole per l'energia a cui s' informava - vigente in fatto l'ordinamento feudale che la sola legge avea abolito - osò dare un colpo fortissimo alla proprietà. privata nella speranza di renderla strumento di produzione accessibile al credito e rimuneratore, mentre oggi il governo tenta invano con provvedimenti isolati e formali di mutare l'in-- dirizzo dell'intiera economia. Non è, purtroppo, con l'istituzione dei probiviri, con la ripristinazione dei monti frumentari , o con una legge sui contratti agrari che proibisca questi o quei patti, queste o quelle clausole - fermo restando il sacrosanto diritto di libertà. contrattuale del Codice civile ! - che si provvede seriamente ai mali odierni. Non è con un articolo di legge che ci s'avvia alla colonizzazione interna, quando l'isola intera manca di mezzi -di comunicazione, di strade, di case; c'è bisogno dei milioni d'Africa per simili progetti. Non è con semplice legge che si spezza il latifondo, che si cambia la coltura, che si arricchiscono le terre; ci vogliono milioni non articoli di legge come si vorrebbe dare ad intendere ai Siciliani quasi fossero una famiglia di rammolliti ! Quando nei primi di questo secolo si lavorava intorno al Codice pel Regno delle Due Sicilie non minori erano le cause del disagio economico dell'isola. Commissioni di giureconsulti chiarissimi, di economisti e di agricoltori disputavano sui mezzi idonei a risolvere la crisi, rinvigorire l'agricoltura, dissodare le terre, sminuzzare la proprietà fondiaria, per renderla strumento di produzione e di benessere. « Si fatica molto - così scriveva nel 1816 Fran- « cesco Carlo D'Amico - (1) e sono tutti i più savi « personaggi di questo Regno di Sicilia impegnati a « promuovere ed aumentare la coltura delle terN « dei fondi e dei rispettivi ter,·itori per ricavare mag- « giore produzione ed ac~rrscere il commercio con le « moltissime derrate che il fertilissimo Regno di Si- « cilia può somministrare, come negli antichi secoli « si era sperimentato. Il clementissimo Sovrano, nor.- « chè il rispettabile Parlamento si sono impegnati di « togliere gli abusi e dettare nuove leggi e costitu- « tuzioni per sostenere e fare in avvenire sperimen- « tare dei grossi int1·oiti sulla coltura e buon rego- « lamento delle terre. » Fino allora la proprietà. terriera era stata circonda.ta di provvedimenti diretti a conservarla unita e ad impedirne il frazionamento, perchè intendeva.osi la ricchezza e la prospel'ità. connesse al mantenimento delle grandi pl'oprietà. e al loro incremento. Questo fatto era stato causa prima di gravare la proprietà. tutta intera di infiniti oneri reali, dappoichè concentrandosi in poche mani il possesso territoriale, la proprietà. ne usciva obe1·ata da pesi ; canoni, censi, rendite, decime, condomini, cointeressenze, prestazioni, protette da una fitta rete d'ipoteche convenzionali, giudiziali e d' evizione , che mentre l'immobilizza vano da una parte, ne allontana vano dall'altra il credito e ne arrestavano il miglioramento. Il Codice del 1819 con l' art. 1784 venne a dare un gran colpo alla proprietà oberata, la quale in poco tempo dovette mettersi in vendita per non potere i proprietari estinguere le soggiogazioni di cui erano debitori. Grave, anzi g1•av1ss1mofu il colpo che disorientò i proprietari e sconcertò specialmente quelli oberati; tanto che essendo sorte infinite contestazioni per l'applicazione ut sic dell'articolo di legge , venne a' 30 di luglio 1823 dichiarata la sospensione transitoria di esso e con decreto IO febbraro 1824 venne rego. lato lo smobilizza.mento della proprietà. Il provvedimento - massime se si considera in rapporto ai tempi - fu rivoluzionario. Si avea voluto mettere un riparo al latifondo imponendone il frazionamento fra i creditori di soggiogazioni; si avea voluto una buona volta segnare la fine di quell'esercito di proprietari falliti o semi-falliti, costretti a vivere di espedienti giornalieri e di liti annose per mantenersi nel possesso di una proprietà che loro non appartiene e che sfruttano a danno altrui e col danno maggiore della publica economia. Fu provvedimento -virile e per ciò stesso lo ostacolarono sia davanti il giudice delegato per le assegnazioni, sia davanti i tribunali ordinari e feudali. L'ostacolarono altresi, come si legge nella relazione del Seg1·etario di Stato per la Grazia e Giustizia, « gli amici del disordine profittando dell'altrui debolezza, ignoranza o pervEirsità. » (1) Osservpzioui interno alla petca. = ~lessina, 1816, pag. 74

210 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI * * A parte i risultati che ne vennero all' economia siciliana - che certo non furono quelli dai Borboni sperati - non è dubbio che simile provvedimento per sua natura ostico agl'inti,ressi dei feudali, appal'ì rivoluzianario per il colpo terribile che l 'abutendi avea. ricevuto. E ci apprendono le croniche che i feudali diedero segni palesi di ribellione ed una rivoluzione avvenne nell'opinione publica e una cer ..a reazione si foce sentire nelle sentenze dei magistrati. Checchè di ciò egli è certo che il decreto 10 febbuio 1824, attaccando di fronte i proprietari debitori pose un freno a.l loro diritto di uso e di abuso e col mettere in un sol giorno sul mercato quasi l'intera. proprietà. fondiaria dell'isola, scrollò le basi del rigido principio quiritario e additò alla proprietà la via della mobilizzazione e dello sgi•avio dalle afficie.1,ze per funzionare quale strumento di produzione accessibile al credito e rimunel'atore. Questo provvedimento, dati i criteri cui s'informava allora l' economia fu veramente rivoluzionario. Diede scarsi frutti por la resi,;tenza accanitJl, dei signori feudali, ma passa alla storia cJme il più gran. de tentativo, o il più coraggioso, fatto da governanti per risolvere quella ~risi che in Sicilia da quasi un secolo può dirsi immanente. In tempi nei quali la prosperità si difende col solo Codice Civile per il pessimo modo come i p1·opriotari esplicano la loro funzione sociale - sono parole di un moderato: il sonatore Faina - é bene ricordare questo pl'Ìmo o più grande tentativo che per l'energia dei mezzi vinco di gran lunga tutti quelli pensati finora por risolvere 111. crisi economica siciliana. VrnoENzo Dr SALVO Il Caso di Cremona. Nel novembre scorso, appena lessi sull'Italia del popolo la lettera di Leonida Bissolati al Consiglio nazionale del Partito socialista italiano sul contegno che avrebbero tenuto i socialisti di Cremona decisi ad appoggiare i radicali nelle elezioni amministrativo non ostante il divieto del Concilio di Firenze, mandai alla Rivista un breve articolo per constatare come anche i socialisti ortodossi e col bollo dei Congressi se ne impipavano solennemente delle scomuniche o delle deliberazioni solenni quando credevano opportuno od utile di ridersi allegramente delle suddetto deliberazioni e delle suaccennate scomuniche. Così avevano fatto Costa o Ferri ed altri deputati socialisti nelle elezioni generali ; o cosi continueranno a fare per lo avvenire. E allora, chiedevo io, a che tanto rigore nel proclamare i dogmi socialistici? So dovono essere violati con tanta facilità, meglio sarebbe non formularli e non annunziarli alle turbe; perchè la sistematica, impunita, trasgressione da parte dei pozzi grossi del pa1•tito riesce una contraffazione del cattolicismo, nel cui seno i preti predicano una cosa e ne fanno un'altra, esigendo però, che la massa. dei minchioni agisca non secondo l'esempio dato, ma secondo le verbali raccomandazioni fatte. È vero che il Bissolati giustificava la premeditata trasgressione delle deliberazioni di Firenze, auiungendo che « sarebbe un rinunziare alla vita del « partito se, seguendo i rigidi criteri stabiliti al Con- « gresso, i socialisti di Cremona si dichiarassero in- « differe11ti ci1·ca il risultato delle elezioni per ciò « che riguarda il partito a cui andrà in mano il po- « tere; » ma questa ·giustificazione completa ed esauriente - perché nessun uoruo che ha la testa sulle spalle· può consigliare ad un partito politico una tattica che lo conduce alla morte - non serve che ad illustrare la balordaggine della intransigenza prevalsa a Firenze o nei procedenti CongrJssi. Il mio articolo per mancanza di spazio non potè essere pubblicato nel N. del 15 Novembre, ma ne fu annunziato il titolo, ch'era il seguente: Il <'asodi Cremona. Per una coincidenza non strana, dati i precedenti, contemporaneamente pubblicava uno scritto il Turati sullo stesso argomento; o le bue osservazioni non solo collimavano colle mie, ma c'incontrammo anche nel titolo sotto il quale le aveva pubblicate : Il caso tipico di Cremona. Confesso che le parole dell' on. dE>putato per Milano mi tols, ro la voglia d'incrudelire contro gl'intransig,mti del partito socialista italiano, che hanno dovuto sentirsi abbastanza feriti, se non puniti, dai giudizi severi di un loro autentico compagno - uno dei compagni, che paga la quota mensile - e che, anche protestando contro i fanatici si mantiene fedelmente nei ranghi degli ortodossi papeggianti. La ripetizione da parte mia dogli identici giudizi non sarebbe riuscita che ad irritare questi ultimi ed a procacciarmi un sacco d'i::isolenze; essi non potendo darmi dello Chauvet, - perché lo epiteto affibbiarono onestamente al buon Pasquale Guarino, che con sorprendente rassegnazione lo mandò giù - per lo meno mi a.vrebbero dato del Crispi. Pensai, adunque, di lacerare l'articolo precedentemente scritto e mi limito adesso a deplorare con Turati il sillabismo, il semplicismo dei Congressi del partito socialista italiano, che in quanto a dogmi dà dei punti al sommo gerarca dei Cattolici; e ad associarmi allo stesso Turati nel ritenere clJe se Marx rivivesse sconfesserebbe ce1·ti bestemmiatori, che si dichiara11,omarxisti puri. Per debito di coscienza e per non venir meno a quella sincerità r;he mi è sempre di guida in tutti i miei atti e in tutte le mie parole devo aggiungere che se i d~liberati dei Cong1·essi del partito socialista italiano peccano di sillabismo e di semplicismo si deve bollare con qualche parola assai più severa la condotta di coloro, che hanno due tattiche a disposizione: una da seguire per conto proprio e l'altra da inculcare ai gregari. La parola severa non l'adopero io, ma lascio che la trovino coloro, che devono sentirsi offesi ed umiliati dal caso in discorso. Prima di por termine a questi miei commenti rilevo che il Turati ha Yoluto prende1•.;;ila soddisfazione di constatare che il Bissolati ha finalmente rinunziato

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