RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 183 · sviluppo eh é destinato a prendere l'Impero etiopico precisamente a causa della guerra ingiusta mossagli da noi e terminata col nostro danno. Perciò affermai, che il semplice possesso di Massaua rappresenterebbe una velleità coloniale poco costosa e poco pericolosa. * * * La pace di Adis Abeba ha destato in Italia gioie sincere e dolori ineffabili. Esultano le donne d'Italia per la prossima liberazione dei loro diletti dopo tante trepidazioni : esse non furono mai rappresentate da certe famigerate sgualdrine e dai sconsigliati guerrafondai. Ciò che esse pensavano della guerra nell'Eritrea lo fecero intendere colle dimostrazioni di Pavia - di quella Pavia, che dette alla patria Adelaide Cairoli. Alla gioia delle madri, delle mogli e delle sorelle dei prigionieri fa riscontro il dolore e l' indignazione dei guerrafondai. Ci sono tra loro pochi idealisti monarchici e megalomani che disinteressatamente propugnano ancora la 1·evanche; ma la massa è di marundeurs che la guerra a fondo predicano per riafferrare il potere, pe1·vendere muletti, elmetti e scarpe e provvigioni di ogni sorta, per far fare rapida e brillante carriera ai traineurs de sabre, per giuocare colla certezza di vincere in borsa quando si perdeva sul campo di battaglia. Questi tali sono inconsolabili ; e ne hanno ragione. Cercano conforti e li trovano - magri assai! - nelle critiche di cui tempestano l'odiato ministero che ha concluso la pace; tra le quali critiche una -ce n' è, che ha le apparenze della giustizia. I guerrafondai rimproverano all'on. Di Rudinì di non avere conchiuso la pace all'indomani di Adua e di essersi rimangiata la fierezza ostentata otto mesi or sono nelle istruzioni date al maggiore Salsa. Il rimprovero è in parte meritato dall'atuale Presidente del Consiglio, che appena arrivato al potere non ebbe il coraggio di prendere il toro per le corna e di concludere la pace subito. Ma l'on. Di Rudinì potrebbe rispondere che allora illudevasi di potere ottenere migliori condizioni e che non è colpa sua se non riuscì. Meglio ancora: può invocare l'opportunità politica. Se in Marzo avesse accettato le condizioni accettate oggi, quando era vigorosissima la campagna sleale e irragionevole della così detta pace con onore è. sicuro che sarebbe stato battuto in Parlamento e il Re non gli avrebbe accordato la facoltà di sciogliere la Camera. Il tempo trascorso da marzo ad oggi ha rischiarato le menti ed ha portato giudizio; tanto che ciò che allora avrebbe determinato la caduta del ministero oggi lo consolida e gli assicura anche i voti cli alcuni deputati che gli furono avversi sino a jeri. Del ritardo, adunque, veri responsabili sarnbbero quelli stessi, che lo deplorano; ne sono responsabili quei fieri custodi della dignità della patria, che pur di rendere impossibile la pace all'ultima ora hanno inventato l'odiosissimo supremo oltraggio, tentando disonorare i poveri pri • gionieri e additarli al ludibrio delle genti come tanti collegiali usciti da un istituto diretto da Padre Cerasa.... Sciagurati ! * * * Le altre critiche valgono quanto coloro che le accampano, e confermano che il trattato di Adis Abeba rappresenta il meglio che si poteva ottenere nella disgraziata condizione in cui posero l'Italia i passati governanti. Si deplora la rinunzia al trattato di Uccialli. Ma vi si poteva insistere quando da noi era stato falsificato nella parte essenziale ? Potevasi legalmente domandare il rispetto, quando una delle parti a tempo debito lo aveva denunziato adesso eh' era scaduto da due anni ? Il diritto ci stava contro ; e la forza ci mancava per sostituirla al diritto. La quistione dei confini indelimitati è una vera quistione di lana caprina. Lasciamo da parte i precedenti diplomatici nelle trattative tra Stati euro- . pei; e' è di meglio. Il diritto non ci autorizzava ad insistere sul colfine Mareb-Belesa-Muna perchè - lo ha dimostrato all'evidenza la Corrispondenza Verde in una serie di buoni articoli basati sui documenti ufficiali; e la dimostrazione ha ripetuto alla Camera l' on.DalVerme - Re Menelik prima dell'ultima guerra non ce l'aveva mai voluto riconoscere. Eppure egli vittorioso a noi vinti oggi ce lo ha lasciato e dovrebbero essere contenti coloro che col Franchetti s'illudono sul valore delle terre rimaste in nostro possesso. Nè la concessione nasconde con insidia: se Re Menelik dalla delimitazione volesse trarre argomento per una nuova guerra si darebbe a conoscere per un senza cervello, riserbandosi di provocarci dopo che si sarebbe privato del pegno prezioso dei. prigionieri e ci avrebbe dato il tempo per la preparazione. Ora il Negus Neghesti si è mostrato - e dovremmo saperlo - politico abile ed avveduto quant' altri mai. Che dire dell'indignazione - alla quale nessuno crede - di cui fanno mostra i guerrafondai per il milione di piì1 o di meno da pagare a Re Menelik pel mantenimento dei prigionieri ? Se altro non vi fosse, questo dato basterebbe per illustrare la mala fede dei critici. Rimpiangono la maggiore, ed anco ingiusta spesa, di uno o due milioni coloro che ne buttarono parecchie centinaia e che sarebbero disposti a far soffrire la fame ai nostri lavoratori, pur cli spendere un'altro mezzo miliardo in Africa!. ..
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