192 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIAL! <li vista mo1·ale e come osservanza ddlo spirito del regime rappresentativo· non c' è dubbio alcuno tra coloro che non hanno ottusa la mente o ipotecata la coscienza. Riaprendosi alla fine la Camera il 5 Marzo, dunque, bisogna mostrarsi soddisfatti di questa tardiva resipiscenza del Ministero? No I Oggi più che mai si deve levare alta la voce, petchè la data dello avvenimento costituisce una mistificazione che sorpassa la misura di tante altre simili indegnità commesse in Italia. . Perchè si protestò contro la proroga? perché si voleva che la Camera, espressione legale della volontà del paese - e non importa indagare se più o meno la legalità corrisponda alla realtà - decidesse sulle quistioni vitali, che tengono preoccupata la pubblica attenzione; perchè essa sola, che ne ha il diriritto, dicesse se si dovéva andare in fondo nella folle impresa coloniale spendendo quelle centinaia di milioni, che l' Italia non ha e sacrificando la vita preziosa dei suoi figli per una causa iniqua. Orbene si convoca la Camera quando i milioni sono spesi, quando gli uomini sono partiti per l'Africa maledetta ! L'ironia potrebbe essere più sanguinosa? Che cosa potrà fare la Camera di fronte ai fatti compiuti? i:,uò far rientrare nelle casse del Tesoro i milioni sperperati? Se si potesse chi avrebbe tanto coraggio da farsi ritenere causa diretta di un possibile disastro, che potrebbe, d'altronde verificarsi anche continuando nella azione iniziàta dall'attuale paranoico Presidente del Consiglio ? Ecco perchè giudichiamo e riteniamo la convocazione del Parlamento pel 5 Ma1•zocome una irrisione maligna che da sola basterebbe in qualunque paese a scatenare tutte le ire sul capo del suo autore. Il serotino provvedimento non può sel'Vire ad altro che a procurare una sanatoria, una vernice di legalità sul male fatto ; fa comodo soltanto a chi del male è responsabile e pensiamo, pencio, che meglio sarebbe stato che le Camere avessero continuato a rimanere chiuse e che sull'on. Crispi fosse rimasta tutta intera la odiosità degli avvenimenti. .. * * « Tutto ciò pur troppo è vero; ma come c'entra, ci si può chiedere la responsabilità ddl Re? » È subito detto. Da un lato tutto ciò serve a dimostrare che non ha ragione di essere una istituzione impotente ad impedire le piil gravi sventure al popolo che la mantiene; serve a dimostrare che un Capo dello Stato ridotto alla parte umiliante di Re Travicello, di Re faineant, di cochon en graisse costa troppo caro all' Italia, che con venti milioni all'anno potrebbe fare molte cose huone, utili e indispensabili, che non si fanno per mancanza di somme anche minori. Vi ha dell'altro. Noi intenderemmo che no'n si ponesse in discussione il Capo dello Stato se esso si mostrasse rispettoso della Costituzione, eh' è un vero contratto bilate1•ale; se si ricordasse, - come voleva il Bonghi in quei due articoli sull'ufficio e sul diritto del principe in uno stato libero riassunti dalla nostra. Rivista (N. 9 del 15 Novembre 1895), - che esso ha l'altissimo compito di vigilare sulla moralità dei ministri di far sì che nè Camera, nè Senato, nè Ministero esorbitino dalla cerchia dei d,ritti rispettivi e trasandino i doveri che lo statuto accorda e prescrive loro. E comprenderemmo perfettamente, che non si chiamasse in causa il Re pel male prodotto dal governo dove (senza che la dottrinaria formula: il Re regna e non governa sia inscritta nella Costituzione) efft:ttivamente il ministero agisce di sua iniziativa ed è responsabile verso le Camere, che hanno piena ed inte1•a la libertà del sindacato ed il potere di licénziarlo e di vederlo sostituito da un altro, che risponde alle proprie indicazioni. Giova in proposito, a lumeggia.re certe differenze ed a formarsi un concetto concreto del nostro costituzionalismo ricordare alcune discussioni non remote avvenuté in Inghilterra. È noto che al di là della Manica fu in orrore tra i conservatori e nelle sfere della Corte ispirata dal principe Alberto, il così detto principe-sposo della regina Vittoria la dottrina dell' Imperialism. Disraeli nei suoi celebri romanzi politici le aveva preparato il terreno e nel Coningsb)J principalmente aveva sberteggiato la costituzione inglese, quale era uscita e si era andata sviluppando dalla rivoluzione del 1688 in poi, paragonandola alla Costituzione della repubblica veneta e considerando la parte del Re. Venne in seguito la pubblicazione della Vita del principe-sposo del Martin nella quale l'Imperialism, cioè l'aumento del potere regio, era esposto secondo l' intendeva il Barone von Stochmar, il Consigliere intimo ed ascoltato del principe Alberto. Nel campo liberale e radi(l!l.le allora ci fu una vera levata di scudi e il Dunckley chiamò l' opera del Martin un messaggio della corona alla nazione al disopra della testa dei ministri responsabili; il Dilwyn portò la cosa nella Camera dei Comuni e presentò una mozione, che riaffermava le prerogative del Parlamento. La Camera il 14 Maggio 1879 respinse la mozione principalmente perché attaccava la regina in modo diretto; ma le prerogative Parlamentari rimasero invulnerate in fatto e la Regina, come pel passato dovette contentarsi di continuare ad essere una semplice Dogaressa .... Il Parlamento restò il vero sovrano e il ministero il suo delegato, che la Regina subì spesso anche quando i suoi membri gli erano personalmente antipatici. (1) Chi avrebbe tanta sfacciataggine da asserire che in Italia i rapporti tra Camere, ministero' e Corona rassomiglino in qualche modo a quelli vigenti in Inghilterra? In Italia sotto Vittorio Emmanuele ci fu un vero Imperialism mascherato con poca premura e legittimato dal successo. Sotto Umberto 1° tutto il grotte- (!) Si sa che la Regina talora fece qualche volgare dispettuccio a Gladstone, col quale, senza vo- • lerlo sottolineò la propria impotenza. Nella formazione dell' ultimo ministero Gladstone essa riusci a fare eliminare il Labouchère non tanto perchè repubblicano, ma perchè l'aveva aspramente attaccata come persona.
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