166 RIVISTA.POPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI al popolo contro gli arbitrii e le violenze governa. tive. Questo è il concetto che io mi fo del depu· tato democratico: concetto un po' diverso da quello che si fanno del proprio ministerio (se non m' inganno) alcuni fra gli stessi deputati democratici, i quali si considerano come una specie di intermediarii, chiamati a frenare gl' impeti popolari e a mantenere sottomessi i cittadini, ottenendo dal Governo, e recando alle moltitudini, promesse men- .daci, e contribuendo così (forse involontariamente) ad ingannarle. E qui, a costo di fuorviare, devo esprimere la mia meraviglia perchè alcuni deputati democratici - tra cui il Direttore di questa Rivista e gli stessi deputati socialisti - ricalcitrino al mandato imperativo. Dicono che sarebbero posti in condizione d' inferiorità rimpetto ai deputati borghesi. Ma pare al contrario che sarebbe1o ben superiori agli altri, perchè essi soli potrebbero dirsi veri rappresenianti del popolo. Essi avrebbero dietro di sè una vera forza, la pubblica opinione : mentre gli altri non avrebbero e non hanno con sè che qualche camarilla di capi elettori cointeressati negli utili della deputazione. L'amico Arturo Labriola ha scritto testè nella Riforma Sociale (a proposito del Congresso di Firenze) che il mandato imperativo « è in contraddizione col sistema democratico della discussione aperta delle assemblee » - lo gli fo osservare che nelle Assemblee legislative di oggi ogni deputato porta la sua convinzione bell' e fatta, o obbedisce al motto d'ordine del capo partito e spesso viene alla chiamata telegrafica- unicamente per dare il voto; le discussioni (anche quando non si facciano, come spesso avviene, alle panche vuote) sono pura accademia. E nella società avvenire. la discussione, necessaria ad appurare quale sia la vera, od al. meno la migliore, tra parecchie opinioni in conflitto, si farà tra il pubblico, nella stampa, nelle adunanze degl' interessati, nelle Associazioni ; non tra pochi individui, fatti arbitri degl' interes~i collettivi, pei quali (individui) la politica è un gioco, e la posta del giuco sono le sostanze e le libertà della nazione. La questione sta tutta nel eoncetto che altri si fa della rappresentanza. Per me il rappresentante dev'essere un mandatario, non un arbitro. D'altronde, tralasciando le disquisizioni teoriche, e affrontando la questione dal lato pratico, mi sembra strano che, mentre si è creduto con lodi e con formalità rigorose limitare l'arbitrio dei giudici, l'arbitrio dei legislatori debba poi essere senza freno. L'esperienza dovrebbe averci insegnato dove questo sistema conduce - e dove andremmo a parare, se dimani, all'avvenimento, mettiamo, del socialismo, si eleggesse un'Assemblea costituita sullo stampo dei nostri Parlamenti, o dei nostri Consigli comunali e provinciali? Noi dobbiamo appunto, fa. cendo nostro pro dell'esperienza avuta, tracciare un nuovo sistema di relazioni politiche così come di relazioni economiche, per evitare di ricadere nel pantano, da cui con tanti travagli e pericoli ci sforziamo di uscire. Certo in una società socialista, non potendo i singoli occuparsi di tutti i loro interessi, sarà mestieri deputare alcuni individui per il disbrigo di date faccende. La rappresentanza è una necessità della convivenza sociale. Ma i delegati dovranno avere un mandato limitato, condizionato, e compierlo sotto la vigilanza e il sindacato degl' interessati ; sì che la base del sistema sociale sia non già come oggi, l'arbitrio dei cosidetti rappresentanti del paese, ma la volontà popolare stessa. Il maggior vantaggio appunto del mandato imperativo (non parlo, beninteso. di un mandato imperativo, unico pre·cedente all"elezione, e immutabile, ma di un mandato, direi, continuo) è questo, che mentre esso induce il deputato a mantenersi in continua corrispondenza cl' idee co' suoi elettori, fornisce a questi l'incentivo per tenersi uniti, organizzati, seguire l'andamento delle pubbliche faccende, far udire la loro voce e valere la lom volontà ..., che è quello appunto che ci vuole. Io adunque credo che sia ora che democratici e. socialisti promuovano insieme una buona agitazione per la riconquista delle pubbliche libertà e per la repressione delle violenze governative. Al quale proposito io apro un'altra parentesi. Si è parlato in questi giorni di una nuova annistia pei reati elettorali. Già si sa, in Italia i reati elettorali devono andare impuniti. O non si scoprono; o scoperti non si denunciano ; o denunciati non si processano ; o processati non si giudicano; o giudicati si assolvono ; o condannati, '>i graziano. Ora ciò importa che la volontà del paese è falsificata, adulterata, violentata e il potere è conquistato da' violenti e da' farabutti. Ohe ci può essere di peggio? Quale reato di alto tradimento può esser pili grave ed esiziale di questo? Quale assassinio o quale furto può paragonarsi in pravità e per danno a questo massimo delitto, che consiste nel fare man bassa della sonanità, degli interessi e della dignità d'una nazione? Rubare è reato; uccidere è reato, se il derubato, se l'ucciso è un privato. Ma se io e altri ci mettiamo d'accordo e con falsità e violenze riesciamo a mandare al Governo uomini che rubano e uccidono (o comandano di uccidere), il nostro non sarà un reato, o resterà impunito! :Ma allora si burla la gente si canzona il pubblico; le elezioni sono una lustra, la verità è.... lasciamola lì la verità: non vorrei procacciare un sequestrn alla Rirista.
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