RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 175 in ogni grado i capitalisti dell'Est. Tutto il resto non rappresenta, - almeno per ora - che un contorno più o meno appetitoso per fare ingoiare l'ingrediente principale del manicaretto. Se anche l'ultima lotta rappresentasse un conflitto tra debitori e creditori, il fondo suo non potrebbe dirsi equivalente al dibattito tra socialisti e individualisti. Per incidente non voglio pronunziarmi sulla gra.e, complessa e tanto controversa quistione del monometallismo aureo e del bimetallismo; non esito, a riconoscere che data la presente organizzazione mondiale il trionfo del Bryan avrebbe arrecato grande discredito alla repubblica degli Stati Uniti; perciò mi rallegro della vittoria del Mac Kinley, per quanto essa contenga in sè il pericolo per l'Europa di un rincrudimento del protezionismo doganale. La giornata del 4 novembre, riassunto di mille episodi precedenti uno pii'.1vivace dell'altro, dev'essere ricordata ai lettori di questa Rivista per altro motivo. Essa insegna come un popolo libero per davvero possa partecipare colla massima attività immaginabile alla vita politica senza essere contenuto nelle SUE, manifestazioni da soldati carabinieri e questurini in divisa o in borghese; insegna come in una repubblica vera possano discutersi con vigore i supremi interessi del paese senza che vi siano da deplorare inconvenienti notevoli. I monarchici italiani, che hanno preso ul serio lo sciocco apoftegma crispino, hanno ripetuto alle turbe ignoranti ed ai timidi borghesi che nelle rei:,ubbliche la elezione del Presidente e la trasmissione del potere da un capo elettivo dello Stato ad un altro, contengano in sè il pericolo di una guerra civile con tutte le sue disastrose conseguenze. Orbene in cento anni nè negli Stati l1niti nè in Ivizzera l'elezione del Presidente ha genel'aio mai alcuna guerra civile; e se la guerra civile non si è avuta adesso nelle lotta tra repubblicani e democratici, tra Mackinley e Bryan, si può vivere sicuri che non si arra mai. Con ciò si esclude che un conflitto del genere di quello della tremenda guerra di Secessione cagionata dall'abolizione della schiaviti'.1non si possa avere di nuovo negli tati Uniti; ma la repubblica noH ci avrebbe che vedere : esso rcrrebbe determinato dal profondo antagonismo d'interessi ecomiei che c'è tra gli stati Stati del ~ord-Est e quelli del Sud Ovest o dall'antagonismo tra gli interessi delle varie classi sociali come nel ,·ecchio continente e sotto tutte le monarchie.- Anzi è certo che se alla secessione nel 1ord-America non si è ancora venuti ciò si deve esclusivamente alla vigente forma di governo _federale, che colla sua grande elasticita attenua gli urti; la guerra civile e la divisione sarebbero inevitabili e a breve scadenza con una monarchia unitaria come l'italiana. Vale la pena d'intrattenersi dei disordini, dei ferimenti, di' uno o due morti che ci furono nell'ultima lotta americana? A chi volesse stoltamente gonfiarli ricorderei che in tutte le elezioni inglesi per la Camera dei Comuni si verifica altrettanto; or ora quasi contemporaneamente, vi furono disordini più grari, repressi dalla truppa, ferimenti e morti pii1 numerose nelle elezioni per· la Camera dei Deputati della Monarchica Ungheria. Rimane, perciò, dimostrato ch'è perfettamente illusoria quella speciale superiorità, che consiste nel mantenimento· dell'ordine, che si attribuisce alla monarchia; ed essere falso che sia sinonimo di guerra civile il sistema elettiYO del Capo dello Stato. Ciò che i fatti dicono è ben diversa cosa; dicono che sotto la repubblica il popolo, come negli Stati Uniti esuberan1i di rita e di libertà, fa esso le elezioni e decide dei propri destini; sotto la monarchia, come nella scrofolosa e torpida monarchia italiana, le elezioni le fanno, in generale i prefetti e le guardie di questura ed al popolo non è lasciato che l'obbligo di pagarne le spese e di soffrire in silenzio, · Altri - i socialisti intrasingenti italiani in ispecie - obbietteranno che tutto sommato chi fa le elezioni sotto la monarchia e sotto la repubblica è il capitalismo; e si faranno forti, ciò asserendo di quanto il George ha scritto sugli Stati Uniti di America nei suoi Problemi Sociali; ma quale che sia la parte di vero contenuta in siffatta osservazione è evidente che essa esce dalla discussione sulla forma di governo preferibile e non intacca menomamente i vantaggi intrinseci politici del regime repubblicano. Lo ZOTICO. LaBancarotta dellaScienza. ( Continuazione ~ fine). Il signor Bourget, invece, ha fede molta al rinnovamento delle sparse macerie. Egli, infatti , parte dall'Europa dopo avervi osservato che la scienza vi demolisce - come abbiamo visto - la religione; che un secolo di democrazia vi ha distrutta ogni libertà individuale accentrando tutte nello stato le funzioni, i diritti, le energie del paese ; e che la lotta delle razze vi ha determinato una tensione per la quale « l'Europa del progresso non è più se « non una successione di campi trincerati, in cui « migliaia di uomini aspettano, dietro i cannoni ca- « richi, l'ora di un estel'minio quale la storia mai « non conobbe » E va in America, dove « queste « tre forze, tanto micidiali per il nostro vecchio mondo « sono state chiamate a plasmare da çima a fondo
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