RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 153 Ma il vino nuovo, ammoniva Gesù, non cape in otri vecchi. Che cosa è il socialismo di Stato? Come è nato? Dove si è sviluppato? A queste domande che corrono e si affollano sulle labbra di chi s' affaccia allo studio di questa forma spuria e retrograda di socialismo, tanto in voga nella dotta e idealistica Germania, brevi e chiare risposte. Preso nel suo significato più largo, il socialismo di Stato potrebbe definirsi un complesso d' iàee di riforma so~iale che tende a modificare forganiz:zazione dello Stato senza sconvolgere _e cambiare da cima a fondo le istituzioni politiche e legali dello statu quo. Data questa definizione che, al pari di tutte le definizioni d'indole sociologica, non può avere un carattere di precisione matematica, il socialismo di Stato potrebbe considerarsi, tanto nella sua origine storica quanto nella sua concezione ideale, come una transazione, un comp1·omesso diplomatico fra il socialismo puro e lo Stato, quale risulta dalla sua tradizione stodca. Secondo Adolfo Wagner, che a buon diritto generalmente viene considerato come il più eminente espositore scirntifico del socialismo di Stato in Germania, questa specie di socialismo potrebbe meglio qualificarsi come una direzione, un indirizzo di politica sociale anzi che come una scuola definitivamente costituita. Difatti il socialismo di Stato non rappresenta soltanto un dato particolare sviluppo del pensiero economico moderno, ma descrive anche il completo ed intero spirito a cui s'ispira la recente legislazione economico-sociale in Ge1•mania (Dawson: Il Soi:ialismo cli Stato e il Principe di Bismarck). · Il socialismo di Stato potrebbe con maggiore esattezza forse definirsi: intervenzionismo sociale; (per• doni il lettore il neologismo comodo) perchè i suoi seguaci pensano che, per compire una seria e duratura modificazione dell'attuale regime economico, sia necessario anzi tutto l'intervento del potere sociale dello Stato. Tale intervento dello Stato dovrebbe avere tre principali obbiettivi: 1. 0 Riscatto delle ferrovie e delle miniere ; 2.0 Impedimento all'eccessiva concentrazione delle ricchezze mediante leggi che colpiscono direttamente e progressivamente il capitale; 3.0 Intervento diretto ed efficace dello Stato in favore degli operai, mediante una serie di riforme e di l'egolamenti legislativi. Fra le due correnti del socialismo puro e del puro individualismo, che si contendono l'indirizzo della società moderna e che forse nessuno dei due potrà presiedere nell'avvenire ad una vera e propria trasformazione sociale, si adagia con forme eclettiche il socialismo di Stato. Esso, dalla scuola individuali sLa dell'economia sociale, accetta quanto crede necessario per lo sviluppo dell'individualità o respingo il concetto negativo dello Stato e delle ~ue limitutc funzioni; dalla scuola S.Qcialistica accetta quanto è necesserio per dare alla società un'equa opportunità di sviluppo e respinge la radicale trasformazione dello Stato e della organizzazione sociale. Esaminiamo quindi brevemente le principali differenze fra il socialismo di Stato e l'individualismo economico pm•o ; fra il socialismo di Stato e il socialismo radicale puro. I due principii fondamentali della economia politica - che teoricamente può considera1·si come l'opera dei Fisiocratici, di Smith, di Malthus, di Ri~ cardo; di Say ecc. ecc. - sono: 1.0 I fenomeni della vita economica dei popoli sono retti da leggi naturali, eterne, immutabili, universali e quindi indipendenti dalla volontà individuale o collettiva al pari delle leggi fisiche, perché si applicano a tutti i popoli, a tutti i tempi, a tutte le civiltà. La società può benissimo incaminarsi attraverso vie tortuose e false, violando quelle leggi, ma presto o tardi ne raccoglie in punizione il disordine e la disorganizzazione sociale· 2.0 È necessario abbandonare i fenomeni economici al loro corso senza il benchè menomo intervento. Così per i teorici dell'economia politica l'ordine sociale poggia esclusivamente sopra fondamenta immutabili perchè il principio morale(?) in ogni tempo e in ogni luogo è l'interesse personale; perchè la proprietà individuale è la forma deffinitiva e la migliore. Da questa concezione generale sociale la scuola del liberalismo economico o individualismo trae come logici postulati: il lasciar fare e il lasciar passare di Gournay e dei fisiocratici del secolo scorso; la concorrenza, considerata come una legge naturale della fenomenologia economica e come il propulsore unico del benesse1·e generale; la libertà e la divisione del lavoro; la limitazione delle funzioni dello Stato alla pura e semplice garenzia dei diritti degli individui. In tal modo di fronte allo Stato, considerato come fattore economico-sociale, la scuola del1' indi vidualismo puro assume un atteggiamento non solo diffidente ma energicamente contrario e repulsivo. . L' intervento dello Stato allo scopo di modificare a vantaggio delle classi lavoratrici i rapporti economico-sociali, mediante una migliore ripartizione della ricchezza è dannoso e nocivo peichè, secondo la scuola, turba l'armonia delle leggi naturali e poi perchè lo Stato amministra sempre mono bene dei privati. Sé lo Stato non è un ulcera sulle cnrni vivo della società, dev'essere puramente il gendarme posto a sentinella dei diritti individuali. Questo concetto fondamentale dello Stato della scuola individualista, e da cui scendono come logiche e naturali conseguenze i postulati economici sopra enumerati, concetto fondamentale propugnato in Francia dal l3astiat, dal Leroy-Beaulieu, dal De Molinari e da una pleiade di IJl'illanti pubblicisti; in Inghilterra dal i\Iacaulay, dallo Spcnccr, e dai piit ~·ec~nti ~criUori del Cobden•Cluù o della Lega per la.
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