Rivista di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 7 - 15 ottobre 1896

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 129 manuale appresta a mite pr,.zzo ogni comfort a tutti i cittadini. Alcuni, e tra questi il Bovio, hanno negato la scienza democratica, perchè codesta, essi dicono, sarebbe un non senso. Comprenderei questo concetto quando si volesse significare che la scienza non dovesse essere trattata superficialmente e senza lunghe preparazioni, lo che costituisce la sua aristocrazia; ma comprendo la necessità odierna che si informi categoricamente, semplicemente, popolarmente checchessia intorno alle ultime conseguem.e cui è arrivato lo scienzato dopo mature e profonde riflessioni il che costituisce la sua democrazia; tanto ciò è vero che il concetto della. democratizzazione della politica è simultaneo al concetto della democratizzazione della scienza e a quello della democratizzazione dell' industria, la quale rappresenta appunto l'applicazione delle leggi scientifiche al comfort umano. .. * * L'uomo non può più considerarsi come inrlividuo assoluto, nè può più considerarsi la società come ente assoluto senza individui ; ma integrando l'uno e l'altra o l'uno nell'altra, dico che la società è collettività di individui armonicamente legati da offici diversi. Tale è un corpo organico composto di parti, ciascuna distinta dalle altre e tutte concorrenti alla vita individuale e collettiva. Perciò lo Stato non dovrebbe essere assorbente, altrimenti da omnivoro diverrà autofago e finirà col dar ragione a quelli che si industriano di farlo scomparire affatto. Se non che costoro considerando l'uomo come individuo assol~to e sufficiente a sè stesso, condizione dalla quale siamo da secoli usciti, perchè lo Stato è il fastigio dell'uomo, animale eminentemente politico, concetto che il Vico adombrò nell'apoftegma che l'uomo ha origine nella capanna per assurgere alla città, passando per il villaggio, si ingannano. Esaminiamo bene il concetto biologico dell'organismo e· applichiamolo allo Stato, nel quale esso diventa concetto sociologico. Che cosa è una pianta? È un complesso di cellule, le quali evolvendosi e non sovrapponendosi, come avviene nel minerale, sono deputate a differenti funzioni, tendenti allo sviluppo e alla conservazione del1' individuo e della specie. Che cosa è un animale? È parimenti un complesso di cellule, nelle quali essendo maggiore la forza evolutiva, l'organismo che se ne produce è più elevato, e laddove quello indistinto dalla natura è solamente fornito di vita vegetativa, questo oltre alla vita vegetativa acquista la semovenza, che lo fa distinto dalla natura, e la vita di relazione, che eleva di un grado la sua lotta per l'esistenza individuale e della specie: l' individuo animale perciò sente. Che cosa è un uomo? È sempre un complesso di cellule, nelle quali siccome è ancora maggiore l'evoluzione, si produce un organismo, in cui alla vita di vegetazione e di relazione uniscesi la vita della coscienza, cui il De Sanctis, filosofo ed artista spiritualista di genio, ha chiamato « quel focolaio interno, dove coabitano e si raffinano condizionandosi a vicenda, tutte le potenze, che la natura in un lavorio lungo ha successivamente sp1·igionato dal suo seno »: l'individuo umano perciò sente e pensa. Come vedesi, il concetto della vita deriva da individui e da funzioni; e se gli individui stanno da sè stanno anche per sè e per gli altri. Nell'organismo quindi non v' ha ozio di individui o organi, i quali ultimi non sono che individui deputati a più alte funzioni; e se ozio v'ha in qualche organo, è soltanto in quelli destinati per manco di funzione a sparire e ancora esistenti per attestarne l'evoluzione : son questi gli organi rudimentali. E passo allo Stato, il quale è la maggiore evoluzione naturale, perchè in esso non solo si ha senso e ragione di organismi isolati, ma ancora si ha scienza e coscienza di tutti gli individui considerati come un solo ente. Esso, che e la più elabol'ata e complessa forma so<'iologica, appare nella storia dotato di movimenti oscillatorii chiedenti l'equilibrio, in guisa che lo si vede trasportarsi da un estl·emo all'altro, dallo individuo alla collettività e da questa a quello, la qual cosa ha fatto dire al Vico che le società umane procedessero per corsi e per ricorsi. Vero; ma questi ricorsi all'occhio di chi bene sa leggere nel libro che insegna la vita, altro non rappresentano che ritorni atavici, quali noi incontriamo nel regno animale. non tutto ciò la vita animale si esplica incessantemente, come incessantemente si esplica la storia, nella quale si hanno sempre degli aggreg<'ti inferiori, che non potendosi chiamare preistorici, stante la loro contemporaneità con gli aggregati superiori, vengono chiamati esostorici. Il periodo in cui lo Stato trova il suo equilibrio è quello che chiamasi periodo di civiltà, di benessere sociale, di oro, e rappresenta lo stato perfetto della società in relazione con sè stessa: ivi lo sviluppo sincrono di tutte le forme sociologiche, come la morale, il diritto, l'arte, la scienza, la lingua, dalla cui fusione vien fuori la forma più complessa, che è lo Stato. Questi periodi si possono paragonare alle specie organiche, le quali si evolvono dando continuamente forme superiori, ma facendo continuamente esistere in sè, massime nei tl'apassi, fo1•meinfel'iori, ora sotto aspetto di ritorni atavici, ora sotto aspetto di organi rudimentali. A codesta specie di trapassi o anelli di congiunzione, che sono le meno perfette e le meno estetiche, corrispondono i periodi di transizione o di barbarie, nei quali la dissoluzione del vecchio e la gestazione del nuovo si appalesano in quello stato di oscurità intellettuale che chiamiamo periodo di decadenza o di ferro. Nelle specie perfette o estetiche l'armonia degli organi è mirabile, tanto da far dire ai teleologisti che esse siano nate belle e fatte e che ciascun organo sia stato fatto per la sua funzione, invece di cl'edere che ogni specie sia il prodotto di altre meno perfette e che gli organi si siano nel tempo e nell'ambiente adattati a compiere quella funzione. In quell'armonia gli organi rudimentali si riducono al minimum e meno frequenti sono i ritorni atavici. Tali i periodi storici di civiltà e di barbarie, se non che in questi oltre alla natura esterna e ali' individuo incosciente come fattori di elezione, che per-

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