Rivista di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 7 - 15 ottobre 1896

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 133 finchè si levasse alta in parlamento una voce, non tanto contro le angariche liti, quanto avverso questo metodo di imporre ai magistrati la opinione, in base ad una memoria che non possano controllare senza leggere da capo a fondo più di trecento volumi alcuni dei quali mancano perfino nelle biblioteche, io 1irei col poeta venosino: « sublimi · feriam vertice sidera ». Non i borboni, che di rispetto ai magistrati dettero splendidi esempi, ma neanche gli ottentotti si condurrebbero in guisa siffatta! È questa la prima volta, che nel sacro ·tempio di Temi si osa penetral'e quasi furtivamente, armati non già di leggi, di fatti e di contratti, ma piuttosto di opinioni e di tradizioni, i-accolte da persone che miravano a tutt'altro scopo e che erano lungi le mille miglia dal pensare che le loro innocenti pagine, un giorno, in mano di un abile sofista, sarebbero diventate li strumenti di tol'tura di un popolo. Formalizza e rivolta questo novissimo modo di istruire e trattare le cause, cambiando il severo consenso dei prudenti magistrati in un'accolta di critici pettegoli e faccendieri, e la maestà del responso ponderato e ponderoso, nel lazzo del giullare e nella trovata dell'azzecca-garbugli ! ! C' è da inorridire leggendo le argomentazioni sulle quali si basa l'Avvocatura Erariale: « A dal'e la convenevole soluzione della questione, « fa d'uopo risalfre alla origine della prestazione sotto « l'autorevole guida di storici e di regi visitatori, « che transuntando i corrispondenti diplomi non fan « sentire la necessità di esibire in giudizio copia di « essi, il che riuscirebbe di grave dispendio alle « parti (1). » Carità pelosa che rammenta assai da vicino il virgiliano timeo danaos et dona ferentes, non. chè il celebre ipse dixit dei pitagorici! Tutto questo lavorio del fisco, tende a dimostrare che le pretese decime non sono sacramentali e, come tali, abolite; ma piuttosto prediali, o dominicali che dir si voglia. E cioé, per meglio spiegarmi in un giornale di cultura per il popolo, dovute non già pel semplice comandamento della chiesa ed in virtù del detto di S. Paolo: qui in sacrario operantur quae de sacrario simt edunt, et qui altai·i dese1·viunt, cum altari participant; ma piuttosto perché la Ohiesa proprietaria legittima delle te1·re, le concerne ai coloni, riservandosi, come corrispettivo, la decima parte del reddito lordo delle terre medesime. Lo che rappresenterebbe ali' incirca un contratto enfiteutico, coll'aggravante sempre, però, di un canone molto maggiore del valore d_ella nuda terra. Ho detto che la decima si eleva effettivamente ad una terza parte del prodotto a favore della Chiesa che nulla fa, nulla ha mai fatto perché la terra divenga feconda. Non voglio indugiare più a lungo a dimostrarlo. La decima non è una quantità certa e anticipatamente determinata, ma è parte di tutta l'intera annuale produzione e cresce o diminuisce secondo l'ab- (I) Memoria dell'Avvocatura - Pag. 128. Palermo 1892. Stampeperia militare. bondanza o la scarsezza del raccolto e delle migliorie che si sono fatte nel fondo. Dal che, tra parentesi, l'isulta quanto sia contraria all'incremento dell'agricoltura, essendo evidente che nessuno si induce a migliorare con tanta spesa, tanto sudore e tanto rischio, mentre poi sa che il neghittoso decimante gli carpirà un terzo dei prodotti a sì caro prezzo ottenuti. La Chiesa in vista del diritto canonico (1), ed oggi -il fisco, pretende la decima sul prodotto lordo. Questo rappresenta: 1.0 la rendita del primitivo valore del fondo; 2.0 la rendita del capitale fisso che vi ha impiegato il colono ; 3.0 tutte le spese di anticipazione e di coltivazione ; 4. 0 l'importare della fondiaria e del canone che, quasi sempre, é pure imposto su queste te1·re. Giacché l'on. Fagiuoli pa1·lò di perequare, non voglio tacere che la decima, oltre ai danni già accennati, ha questo di sperequante : che cioè chi possiede le terre meno fertili viene a pagarle di più di colui che le abbia fertilissime, poiché il primo, per ottenere l'uguale prodotto lordo su cui ugualmente si pl'eleva la decima, deve avere erogato il doppio di spesa rimasta tutta a suo carico. Tali conseguenze della decima, portano seco la necessità che i possessori delle terre assoggettatevi riducano al minimo le spese della coltivaiione, e quindi il prodotto, giacchè nessuno vuol faticare e rischiai· somme con danno I roprio e per utile di un poltrone che si sveglia solamente quando si tratta, non dico di raccogliere (sarebbe troppa fatica!) ma solo di afferrare! Ecco come si è minorata la ricchezza nazionale per il presente e si è impedito che vada migliorando per l'avvenire ! Vediamo un esempio pratico : Se da un fondo si ricavano cento ettolitri di frumento, il decimante ne prenderà dieci. Sui novanta che restano, bisognerà prelevare il grano impiegato per le sementi, le spese per lavorare, concimare e semina1·e il terreno, quelle per la raccolta, l'ammontare dell'imposta fondiaria, il canone e la percentuale della mortalità del bestiame e delle male annate, nelle quali il colono perde quasi tutto ciò che ha anticipato di lavoro e di capitale, mentre il fannullone decimante non fa che limitare il proprio provento. Supponiamo, infatti, che il prodotto del frumento di una terra qualunque sia di . . . . Ett. 12.00 le spese di cultura, sementi, racco!- l to etc. equivalgono a metà . , Ett. 6.00 imposta fondiaria . . . . . » 2.00 9.00 mortalità di animali, male annate etc.» 1.00 ------- Restano solamente al coltivatore Ett. 3.00 Decima sul prodotto lordo . . » 1.20 Rimanenza al coltivatore Ett. 1.80, considerando che la terra non più soggetta anche al canone, lo che, per contrario avviene spessissimo I Se dunque dai tre Ettolitri che effettivamente sono di netto, uno ettolitro e venti litri spettano al decimante che nulla vi ha speso, al povero colono ri- (ll Cap. Ili De decimis.

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