Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 5 - 15 settembre 1896

.RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 93 dei cagnolini, di cui si prendono tanta cura; e ·se non è delitto lasciarli in balia di persone impotenti per miseria ad allevai-li, ed incapaci di educarli per l'abbrutimento in cui sono caduti? Gli asili d'infanzia e le scuole come oggi sono co8tituite, non sono nemmeno capaci di riparare a tanto male. Occorre un rimedio radicale, e consiste nel togliere queste creature dall;ambiente male. fico in cui vivono ed educarie in un asilo scuola che le trattenga tutto il giorno, le nutra.; le scaldi, le ve• sta e in certi casi dia lorò anche il letto. E questo asìlo0scuola, diretto da persone illuminate e timana. mente buone, dovrebb'essere obbligatorio in ogni comune e in ogni villaggio. Ma la libertà, la sacra libertà delle famiglie non verrebbe violata? e i mezzi pel' si grave spesa dove trovarli sento gl'idare d1intorno. Riguardo )Ila libertà delle famiglie, è ammesso logicamente che non possa esistere diritto senza il corrispondente dovere. Verrà giorno forse in cui la famiglia sara. educatrice, e in quel giorno nessuno penserà certo a sottrarré, i fanciulli, come ora è ne· cessarlo, dalla sua azione. Ma oggi la maggioranza dei genitori, o per propria colpa o per circostanze contro cui non possono combattere, sono incapaci o indegni di occuparsi della più alta azione umana, l'allevamento e l'<ducazione dei figli ; e poichè non sanno o non possono compiere questo sacro dovere, ne perdono anch<J il diritto, e tocca. alla società a pensarci. E i mezzi? I mezzi si d.,bbono trovbfe, poichè non si tratta di cosa lieve e di parziale impor• tanza, ma della prima e più grave questione c3e si imponga alla mente· ed al cuore dell'uomo. Nè si può invero parlare di progresso e di civiltà quando si spendono somme enormi per feste, ricevimenti, esposizioni, congressi, premi, incoraggiamenti ad artisti, monumenti ed armi, e si fa economia solo quando si tratta della cura e dell'educazione deli' in· fan zia. Che direste di un padre di famiglia che comprasse tappeti, porcellane, vesti e gioielli, prima di aver pensato al pane, alla bianderia ed ai mobili più neéessari? Che di un architetto il quale volesse far costruire la cupola di una basilica, prima di averne gettato le fondamenta? Voi non esitereste a chiamarli pazzi. E non f\ altrettanto pazzo chi crede di migliorare le sorti sociali, curando il li;sso della vita intellettuale e le grandi questioni di ordine elevato, senza darsi pensie1·0 dei fanciulli, su cui appunto tali qui• stioni si appoggeranno nell'avvenird, o in cui trove• ranno più o meno lontanamente la genesi e lo svolgimento? * * Voi chiamate barbari, e bene a ragione, quelli che uccidevano i bambini nati scrofolosi, malaticci e de· formi ; come giustamente barbari vengono detti coloro che mangiano i propri simili. M:1.non é forse barbarie inaudita lasciar mol'ire tanti fanciulli per lunga inanizione e peggio ancora rendel' malati per causa della fame lenta coloro che erano nati sani? E non è barbarie pernlettorc cho ne\ !!eno doli~. città, dove i pochi godono ogni delizia, vi siano innumerevoli creature a cui la visione del lusso e della ricchezza non giunge che per render pii1 acerbo lo spettacolo della propria miseria? Per contentare una bimha capricciosa si paga 500 lire una bambola che sarà infranta dopo un'ora fra le sue mani; per divertire i figli dei ricchi si spendono migliaia e migliaia pei bals d'enfant3; e intanto i bimbi del povero tremano di freddo e languiscono di fa.me. E non si risparmia neppure l'ironia; no, le belle signore, levate a cielo dai giornali per il loro cuore generoso, fanno collette e preparano pe1· i poverelli l'Albero del Natale! Oh, la gran provvidenza, un dolce, una vel!lticciuola, un giuocattolo, in compenso di un anno di fame in una lurida stanza I * • Che cosa si pensi pel popolo in un avvenire più o meno remoto non so, poichè chiaramente non lo sanno neppure quelli che ne parlano. Venga pure, se è possibile, il fausto giorno in cui sian tutti buoni, tutti sani, tutti felici, io non ho che ad augurarlo con tutta l'anima; e in quel giorno certo le mie povere ossa dimenticate esulteranno di gioia; mi sia per~ messo però di dubitarne. Ho fede nel p•ogresso che malgrado di tutto e di tutti segue la sua via,. ma gli uomini non cesseranno mai di essere uomini. Tuttavia, pur sperando ed augurando un avvenire migliore, io sento il presente. Ecco perchi\ anzi che spinger lontano lo sgu~rdo e pascermi di sogni e di chimerr, io mi guardo intorno, odo il pianto di tanti innocenti che l' impreveggenza l'egoismo e l'ignavia sociale abbandonano in braccio alla miseria., all'abrutimento, forse al delitto, e dico ai potenti. - Non chiudete gli occhi, non chiudete gli orecchi, studiate, p1·ov,·edete, prevenite. - Dito di sognatori; scendete dalle nuvole, state ai fatti, dai quali, e non da fantastiche tec,rie, potrà sorgere un miglioramento. Ed allo madri ricche e avventurate dico. - Oltre quelle vezzose creature che attingon la vita dal· vostro seno, oltre quegli angioletti che fanno intorno a voi si vaga corona, e in cui vedete superbe rispecchiarsi la vostra bellezza e l'ardimento dell'uomo che amate, sappiate che vi ·sono cento, mille, centomila, milioni di creature, le quali non ebbero gli occhi che per piangere, ed il cuore se non per sentire l'angoscia. Sono i figli dPgli operai, costruiscono e adornano i ,;osh·i palazzi: sono i figli delle vittime del lavoro, cadute dall'alto di un ponte, stritolab nel!' ingranaggio di una macchina, schiacciate dalle frane, frantumate dalle mine, soffocate nei tunnel, nei pozzi di petrolio, nelle offidne malsane, nelle zolfatare, nelle miniere: sono i figli ·dei suicidi, dei pazzi, dei delinquenti, e sentono il peso fatale di sventure e di colpe non proprie. O madri, che inorridite se il vostl'ù bambino si è scottato o scorticato un dito, che spasimate di passione per un improvviso pallore, per una febbre, pensate che molte, molte, molte madri assistono da lunghi anni allo strazio delle loro creature all'agonia, alla morte, impotenti a soccorrerle I Il vostro doverd non è ristretto alla famiglia che vi siete fi;>rmata, alla società. a cui appartenete, alla

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