RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTER:b~ E SCIENZE SOCIALI I Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATù AL PARLAMENTO ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno Il. - N. 5. Abbonamento postale Roma15Settembre1896 Sommario. LA RIVISTA - La CJccia all'Italiano. Dr N. CoLAJANNI - Per una ipotesi inverificabile (l'Estrema Sinistra al governo ?) • A. FRATTI - Turchia e Spagna. G. CATINELLA - I precursori del1'89 e il socialismo. G. GxANFORMAGGIO- Fisiologia del vizio. G. STEFANI-BERTACCHI - Poveri Bimbi 1 Prof. V. V ALERIANI - Della forma in letteratura. Dr. P. Rossi - Il superuomo e l'uomo medio. P. GUARINO - Collettivismo musicale. Sperimentalismo Sociale - I ferrovieri americani - Co11trola disoccupazio11e. Notizie Varie - L'energia elettrica in Italia - L'elettricità in Amtrica - r30 ckilomelri all'ora - Statistica del divorzio - Peste e sieroterapia - Speculazione sulla pr~- pria pelle - :Mwica e circolazione del sangue - 'Disce11ditoraeutomatico. Recensioni _ Renè Worms : La science et l'art eJt economie polilique (F. Puglia) - A. ~hisleri: Le razze u11:a11ee il Diritto 11e/laquistioue colomale - Prof. B. Grassi: Metodi e fini della 11101/ologia. Si prega di inviare i libri di letteratura e d'arte de' quali si desideri la recensione nella Rivista, e i CAMO I di giornali letterari e artistici al Signor B. SALEMI - TipografiaTiberina, Via Giglid'Oro, 16, Roma. ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ LA CACCIA ALL'ITALIANO. I tristi avvenimenti del Brasile richiamano di nuovo l'attenzione pubblica sulle dolorose e pericolose condizioni degli italiani all'estero: sulle condizioni delle nostre colonie in America. Pei letto~i dell'antica Rivista Popolare nel periodo in cui fu diretta dall'on. A. Fratti, non sarebbe necessario ritornare sull'argomento, poichè essi ricorderanno certamente la serie di articoli sulla Quistione ardenfo, nei quali furono svolte con una certa ampiezza le cause precipue, che determinano la caccia all'Italiano. I fatti di Zurigo, degli Stati Uniti, di San Paolo ecc., hanno illustrato meglio ciò che fu scritto tre anni or sono all'indomani di Aigues-Mortes. Allora le parole profetiche. della Quistione ardente fruttarono al loro autore molte calunnie stupide e codarde; ora i giudizi in quello scritto contenuti vengono ripetuti nelle gazzette e nelle riviste pii'.1balordamente patriottiche, come verità irrefragabili; coloro che li ripetono se ne fanno un merito. Pei nuovi lettori della Rivista è necessario ritornare sulla Quistione ardente, che non va 1·isolta colle cannonate, ma con riforme e buon governo in Italia. E vi ritorneremo non appena sarà calmata l'effervescenza attuale. LA R.rv1STA. PER UNA JPOTE<:;I INVERIFICABILE (L'Estrema Sinistra al Governo?). Il mio articolo sull'Estrema Sinistra (1) diede ad alcuni l'occasione, e ad altri il pretesto, di fraintendermi, e provocò giudizi molti e molto disparati tra i monarchici, i repubblicani e nella stampa, dal grave Gio1"naledegli Economisti allo spigliato Futu1·0 Sociale. Sono contento di questo risultato perchè esso dimo~tra che la qu~stione è interes~an~e! e l'argomento vIYo nel pubblico. Ma vedete gmdm umani ! I bigotti della repubblica - che è di là da venire - travidero nel mio articolo come un consiglio all'Estrema per la sua conversione; dall'altra parte ai bigotti della monarchia parve quasi io incitassi a una cospirazione sleale alla quale. a data ora, non mancherebbe un Liborio Romano o un Ruiz Zorrilla. Fui spiacente agli uni e agli altri. I bigotti della repubblica, che, a parole, mangiano un principe ereditario a colazione· ed un re a pranzo, non sanno perdonarmi che io abbia esaminato una situazione reale, senza far l'apologia della repubblica, che non era in causa. Essi dimenticano che certe affermazioni di principi: bisogna riserb'l.rle alle ore quando sarebbe viltà o calcolo spregevole il non farle. Da canto mio mi dissi• sempre repubblicano quando occorreva : e in Parlamento e fuori; e l'amico Fratti non aveva bisogno della dichiarazione della Rivista del 31 Luglio per eliminare il sospetto sul conto mio, perchè quella dichiarazione fu fatta per coloro, che non mi conoscono e non fu necessaria per es. al Pareto, che pur mi conosce da poco tempo. E meno male se le manifestazioni rettoriche fossero innocue; non procurano più, è vero, l'aureola del martirio, ma esse fanno esercitare gli adunchi artigli del Fisco. Lo sanno gli amici del1' Italia del Popolo di Milano e lo sa la Rivista, chA fu due volte sequestrata per avere discusso della monarchia Sabauda con la serenità che suggerisce l'esame storico. Del sequestro il male minore é rappresentato dal danno materiale di chi lo subisce; il peggio si è che vien meno lo scopo di comunicare ai lettori ciò che si vorrebbe. « Ma se la ipotesi dell'Estrema al governo è una ipotesi irrealizzabile, - si obbietta, - perchè discuterla? Per fare della vana accademia? » Niente affatto. Pensano così coloro che, non vivendo della vita reale del paese, giudicano dalle opinioni belle (I) Vedere la Riuista del 15 Luglio '96.
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTER&: E SCIENZE SOCIALI e formate che hanno i membri di un partito. Credo invece che molti ritengono realizzabile l'ipotesi, i quali all'Estrema movono anche il rimprovero di non affrettare l'evento. Or a me pare che quando non si voglia predicare ai convertiti - una propaganda superflua! - sia opera utilissima eliminal'e illusioni. Nel caso nostro, poi, mostrai·e che le forze vive e buone non possono essere adoperate a vantaggio del paese, per gli ostacoli che misi in evidenza con calma e senza ira, fa più male alla monarchia che l'invettiva eloquente, la scomunica solenne, e la parola fiera. Tanto più che la parola fiera, così cara all'amico Fratti, quando non sia seguita da fatti corrispondenti, condanna al ridicolo. * * * Il bigottismo dei repubblicani è come neutraliz- . zato da quello dei monarchici ; e tra questi ultimi l'amico personale e collega E. Valli, si allarmò delle constatate tendenze repubblicane dell'Estrema; e poco curando, nè preoccupandosi degli interessi nazionali, (che potrebbero ricevere nocumento dal prolungamento della vita di una istituzione che non avrebbe più la sua ragione di essere, poichè rap· presenterebbe una escrescenza pericolo~a più che un caput m01·twum), nel suo entusiasmo monarchico afferma che non si farà all'E~trema la pulitura della strada per arrivare alla repupblica. Questo mai! egli esclama fieramente. Se questo fosse il modo di vedere di un singolo cittadino, per quanto esso autorevole. avrebbe un valore minimo; ma invece siffatto ragionamento è quello di tutti i monarchici italiani, anche di quelli - e non sono pochi - che a quattr'occhi dicono corna della monarchia e delle peesone sacre ed inviolabili. Il linguaggio dell'on. Valli non è una novità. Ad Alberto Mario, che con malizio,.:a ii•genuità, esaminò la ipotesi - un'altra ipotesi irrealizzabile - del capo dello Stato che prende spontaneamente il famoso vagone per Chiasso, in om11ggio al diritto plebiscitario dichiaratosi favorevole alla repubblica dopo esserlo stato alla monarchia, gli rispose irato Edoardo A1·bib, interprete del pensiero dei suoi correligionari: « che plebisci1i e che « volontà popolare di Egitto ! Non placidi• tm- « monti, ma cannonate ci saranno contro gl' Ita- « liani, che volessero dare il congedo alla monar- « chia. Il Re non commetterebbe mai la viltà di « abbandonare il trono senza sanguinose bat1aglie ». Questa corrente che prevale nelle file monarchiche dà la misura della giustezza di una osservazione dell'amico Prampolini - cui non voglio male per l'attribuitami ministeriabilita perchè conosco l'animo buono di lui e attribuisco il giudizio ad errore e non a maligni1à. Egli si rallPgra dell'avvento prossimo (?'.) dell'Estrema al gover110, e ci H1de un effetto benefico dell'azione politica del partito socialista che l'ha sospinta innanzi ed ha fatto sì che la bo1°ghesiaahbia superato l:t paura del repubblicanesimo dell'Est1·ema, in g, azia della maggior paura che gl' ispira il socialismo. ln tutto questo c'è un concetto politico che sarebbe acuto ,e non fosse sbagliato. Sb:iglia l'amico P1·ampolini attribuendo al partito sociali><ta italiano una vis a tergo. che ancora non r.a, ed attribuendo alla nostra borghesia una intelligenza alta, di cui non ha dato mai segno ; e sbaglia scambiando i propri desideri per la realtà, ciò che è con ciò che dovrebbe e potrebbe essere; e che non sarà. E la lettera dell' on. Valli, pubblicata in un altro numero della Rivista, a quest'ora avrà dovuto disingannarlo, anerteodolo che i monarchici non sono impauriti per la peesenza della pattuglia socialista nella Camera. li Valli, anzi, va più in là e afferma che ai monarchici « è pii\ facile inten- « dersi coi socialisti sopra un minimiim possibile, « che non coi repubblicani ». Qui il mio contraddittore per essere precisamente nel vero avrebbe dovuto dire che l' intesa dei monarchici è più facile con alcuni socialisti: con quelli bastardi, che disprezzano la forma e che sono una specialità morbosa del!' Italia. I socialisti delle altre parti di Europa, ed i migliori e più avveduti del paese nostro, stanno esplicitamente per la repubblica: informi il Congresso di Londra. L'onorevole Valli, intanto, dovrà riconoscere che l' intesa è stata iniziata dalla monarchia in modo strano: con le manette, col confino, col domicilio coatto, colla galera e con un po' di piombo nello stomaco dei socialisti. * * * Ancora, fra i tanti, a me si mosse un curioso rimprovero, relativo alla composizione dell'Estrema. Ma che colpa ci ho io se questa non corrisponde ai desideri dei miei critici? Anche io la vorrei diversa: tutta di un pezzo, tutta repubblicana socialista. E sono cinico perchè di quella composizione parlai obbiettivamente? Esposi qual' essa è o almeno quale mi sembra che sia e non mi pento di avere fatto della storia - per quanto modestissima - invece che del romanzo. All'Estrema (nei rnoi singoli membri e nell'azione <la loro spiegata in taluni casi) l'on. Fratti non lesina la lode, pur negando che Yi si siano rivelati uomini di Stato. Però, nell'Estrema come partitr1 politico, trova il vizio fondamentale della varietà delle tendenze, che ne sminuisce razione e lo paralizza. Allo :;:tessomodo pensano l'on. Valli e il Prof. Nitti, che giudicano l'Hstrema impotente al governo perch'essa non avendo un programma chiaro e preciso manca di unita di concetto e di unita cli ozione. Ora i miei contraddittori potranno ave1·eragione nel campo della ide<'logia; non sul terreno sperimentale, dei fatti. E i fatti, poichè sono dove sono, io li prendo dove li trovo più netti e più istruttivi ; epperò, anche a costo di ripetermi, devo citare quell'Inghilterra che dà J,m' tanto ai nervi dell'on. Valli. Del resto è comica l'agilità tattica dei nostri monarchici : quando loro fa comodo si fanno forti degli e.:;empi che ci vengono dall'Inghilterra per tentare d'imporre silenzio ai repubblicani; ma quando la storia padamentaee inglese loro nuoce, accampano la diversità <l~•llecondizioni ecc., ecc., che non consente <li trarre giovamento dagli insegnamenti che ci vengono d'Oli re Manica! Ben so che nello spiegare gli avvenimenti e la evoluzione di un popolo non si può ricorrere con fortuna dimostrativa agli avvenimenti ed alla evoluzione di un altro popolo. per la diversità delle condizioni politiche e sociali e degli antecedenti storici; questo è un canone del beninteso posi•
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 83 tivismo, al quale piit volte mi son riferito contro i socialisti che ritengono conveniente alla Sicilia la tattica che di buoni frutti a Berlino. Ciò non ostante dovrò continuare a riferirmi al1' Inghilterra; sia perchà non saprei dove pescare i buoni precedenti della vita pm-lamentare; sia perchè le differenze che si possono per via constatare tra la vita politica Inglese ed Italiana, seeYOno a corroborare le mie convinzioni e le mie deduzioni. Debbo cercare esempi nella Germania e nell'Austria, che non hanno regime parlamental'e vero? Nè ricorrendo ali' Inghilter1·a, è detto che io debba e voglia rinunziare agli esempi che possJ trovare altrove, e in casa nostra. I fatti, insegnano che un partito - pur e,sendo dissenzienti i suoi membri su molte quistioni economiche e politiche anche di capitale importanza - può arrivare al governo e spiegarvi energia di azione. Che gli ignoranti affermino la compattezza e la coesione del radicalismo inglese non fa meraviglia; mi addolora però, che tale errore sia diviso dal Nitti che conosce tanto bene la storia d' Inghilterra. Manco a farlo apposta, nel radicali~mo parlamentare inglese e' è stata, e e' è, tanta varietà di correnti, che al paragone di quello il radicalismo parlamentare italiano può sembrare trop,.o omogeneo. Nel radicalismo inglese c' erano e ci sono Bradlaugh, Labouchere, Cowen - l'amico intimo di Mazzini - e parecchi altri decisamente repubblicani; Forster che voleva l'abolizione della Camera dei lordi, pur volendo mantenuta la monarchia; Bright avversario irl'econciliabile della politica e,oloniale; Morley sostenitore dell'Home Rute irlandese; Bright e Morley feroci liberisti; Cham ber·lain altrettanto feroce intervenzionista; Roseberry addirittura federalista. E tutti .quanti più o meno dissenzienti tra loro su questi punti di capitaliss·ma importanza. Il dissenso profondo in qualche momento, quando fu in quistione il punto spceia le divenne acuto e determinò delle rotture, delle scissioni più o meno durature. Così Bright si distaccò bruscamente da Gladstone e si dimise da Ministro a causa del bombardamento di Alessandria; Chamberlain si distaccò dai radicali a causa dell'Home Rule irlandese. Non ostante tanta varietà il raclicalism,o, alleato agli antichi Whigs, ha potuto governare fortemente in Inghilterra e farvi trionfare grandi riforme come quella elettorale del 1866 e come il land act irlande~e del 1881. Restando sempre in Inghilterra, ricorderò di volo che quella varietà di opinioni si riscontra anche nel partito conservatore, (che per ragioni ovvie si suppone debba essere il più compatto e il più disciplinato) dove l' Imperialismus di lord Beaconsfield non era accetto a molti bminenti Tories; e tra mezzo i quali non poteva trovare una comoda nicchia Randolph Churchill. Non do una capatina· in Francia, perchè la vicina repubblica non fa te,to per i nostri monaechici. Non si può. però, negare il sommo valore degli insegnamenti che ci vengono dal Belgio, il paese di Europa che nel continente gode il più antico e corretto regime rappresentativo. E lascio da parte l'esame della composizione dei partiti anticlericali per fermarmi su quello attualmente al governo, che dovrebbe essere il più compatto ed omogeneo, perchè dominato dal dogmatismo cattolico. Ebbene: il ministero clericale si divise nella votazione del 188G sulla quistione del prot-ezionismo. I clericali sono divisi sulla vitale quistione militai·e: Bernaert si avvicina ai liberali e vuole il servizio personale; vVoeste vuole mantenuta la sostituzione; gli uni fanno propaganda antimilitarista confondendosi coi socialisti; gli altri sostengono la caserma; e in tanta incertezza e con tante contraddizioni in seno al partito eh' è al governo, il Belgio, dice il Lora11d, conserva i mercenari attuali - sufficienti per la repressione interna, mn. che lasciano il paese disarmato di fronte allo straniero (Revue politique et parlementaire .Agosto 1896). I clericali sono divisi sulla politica coloniale: il ministero attuale, secondando le ambizioni del re - l'amano tutti, là disonesta ed esiziale politica della conquista, i sovrani! - voleva addossare allo Stato le spese pel Congo, che la maggioranza, di accordo coi progressisti e coi socialisti ha negato. I clericali sono divisi sulla questione elettorale: Bernaert e Nyssens - ministro - stanno per la rappresentanza proporzionale; W oeste n' è nemico irreconciliabile. I clericali, infine, vi sono sono divisi non ostante l'ipse dixit di Leone XIII, sulla quistione sociale. E i cle1;icali senza costituire un partito compatto ed omogeneo hanno governato per tanti anni e governano fortemente il Belgio! Ed ora fermiamoci in casa nostra, che n' è tempo. Ai nostri monarchici, che cercano l'unità di concetto b di azione nell'Estrema, rispondo: Medice cui·a te ipsum. Cura te stesso. Vorrei sapere dall'onorevole E. Valli qual' era il programma dei due ministeri Giolitti e Crispi, che egli sostenne calorosamente; quale l'unità e l'omogeneità degli uomini, che li componevano. Il Nitti mi farebbe cosa grata se mi potesse assicurare sulla sua coscienza qual' è il programma netto e preciso dell'attuale ministero; se Di Rudinì e Luzzatti sono di accordo sul liberismo economico ; se Prinetti e Branca, Gianturco e Costa, Sineo e Visconti - Venosta, Guicciardini e Brin la pensino nello stesso modo su tutto il resto. Si dirà che, maliziosamente, ho citato i casi recenti, che non sono lodevoli perchè ultimi prodotti dell'esoso trasformismo? Ebbene, non trovo diffi. coltà a riportarmi ai tempi buoni dei nostri partiti politici; e al ora troviamo - per limitarmi ai casi tipici - che nella Destra e' èra un socialista di stato della forza di Silvio Spaventa, inconciliabile coi lucumoni che s' inspirano al vecchio liberismo della Toscana ; e nella famosa Sinistra storica - quella buona ed antica - potevano militare Zanardelli. quasi girondino con Crispi perfettamente giacobino. E Destra e Sinistra bene o male - più male che bene, ma sempre f01·temente - hanno governato l' Italia ! I dissensi non tolgono che gli uomini di un pal'- ti to' politico abbiano un programma comune, per quanto la cosa possa sembrare inconcepibile aprima vista. Ci6 che dissi nell'articolo discusso e incriminato. sui criteri che prevalgano nella scelta dei deputati, nella composizione di una maggioranza e di un ministero, s'impone nella compilazione di un programma comune a coloro che sieno discordi su molte cose. Pel programma si adatta ciò che
84 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI esposi sulla media che rappresentano i partiti e i governi nel regime rappresentativo. Il programma di un partito politico - come osservai parecchi anni fa alla T1·ibuna discutendo del Patto di Roma - non deve avei·e colonne d'Ercole, non è immutabile; il suo limite massimo e minimo é spostabile o variabile secondo le circostanze e le situazioni storiche. Il desiderio e la convenienza di far prevalere certe idee, di vedere trionfare certe riforme, che in un dato momento vengono ritenute d'importanza somma, induce i membri di un partito alle mutue concessioni ed alle transazioni, che permettono l'azione comune, efficace, simultanea in un dato momento e per raggiungere certe date finalità. Sin dove possono arrivare queste mutue concessioni lo indicò Glads1one, che pur di vedere approdare l'Home rule irlandese accettò la giornata di otto ore di lavoro tanto invisa ad uno dei suoi principali collaboratori, John Morley, e imposta da una dozzina di socialisti. Ci<)spiega come la varietà delle opinioni possa non impedire ai membri di un partito di collaborare a un programma che non le rispecchia integralmente; e ciò spiega anche come e pcrchè· altra volta abbiano potuto discutere e accettare, nello insieme, il Patto di Roma i repubblicani con 130vio, Veodemini, Imbriani, Armi rotti, Maffi, Eerrari Ettore, Zuccari ecc., i socialisti con Costa, Badaloni, Ferri, Agnini, Barbanti-Brodano ecc., accanto a tanti altri, che non erano nè decisamente repubblicani, nè socialisti. Accettarono il Patto. di Roma perchè i punti sui quali com-ennero rappresentavano un minimum, la cui realizzazione era utile e non pregiudicava l'avvenire e non ledern i pr-incipii propri a ciascun gruppo. I programmi minimi non sono una imenzione del socialismo moder-no: e in fatto il c1·ite1·io politico che li ispira ha presieduto alla cumposizionP di tutte le magg·ioranze parlamentari e alla costituzione di tutti i ministeri. Al Nitti che, meravigliato delle diverse tendenze dell'Estrema, consiglia eliminazioni - senza dirci se debbono essere eliminati i liberisti o gl' intervenzionisti - e addita come modello di un p1·0gramma a contorni netti e precisi the 1·adical programm pubblicato dai 1·adicali inglc~i nel 1885 raccomando una lettura pii'1 attenta del Patto di Roma in seguito alla quale mi auguro che non continuerà a giudicarlo un gar·buglio di cose contraddittorie. 11 Patto di Roma non ebbe a suo tempo tutta intera la mia ammirazione; esso presenta è Yero iacunc e contraddizioni; può essere certo pl'Oficuamente riveduto e migliorato; dev'essere messo in armonia cogli anrenimenti e colle esigenze dei tempi. Ma t.ale qual' è costi tui,ce pur sempre qualcosa imparagonabile al nulla - proprio nulla - dC>glialtri partiti politici che, ispi1·andosi al più ,·olgare oppoi·tuni,mo, gon•rnano giorno per gio,·no in nome dell'oraziano carpe clie,n, f::ceodo st,·azio della po,e,·a Italia. Gli amici Nitti e Valli doHanno 1·iconoscere che nel programma della ì\lontagoa, ri~guardo alla maggiore libertà politica, al decentramento, al suffragio universale, al reclutamento ed ordinamento territoriale dell'esercito, all'abolizione del dazio di consumo sui generi di prima necessità, alla condanna della politica coloniale e della triplice alleanza - condanna non certo diminuita dal voto che destò l'ira di Matteo Renato Imbriani - e risguardo a molte misure intervenzioniste. che rasentano il socialismo e rappresentano un programma netto e preciso nel quale convengono tutti i membri delrEst1·ema Sinistra - ad eccezione d' Imbriani pel decentramento e per l'ordinamento dell'esercito - c'è tanto di omogeneo da dare lavoro a parecchi ministeri e a parecchie legislature di media durala. L'Estnn a Sinistra, infine, al criterio principale, che costituisce tutto il programma degli altri partiti (i quali sinora fecero man bassa del1' Italia) e che si riassume nella formula: bene inseparabile del 1·e e del paese - spesso tradotto in pratica nel male del paese a benefizio della dinastia - può contrapporre vittoriosamente la formula del Bertani : bene inseparabile della liberta e della pat1·ia ! Al lume degli esempi, che forniscono i due paesi classici del regime parlamentare - l'Inghilterra e il Belgio - ho dimostrato che la mancanza della così detta omogeneità non costituisce un ostacolo all'avvento dell'Estrema, qual' è, al governo, e i precedenti parlamentari nostri non contraddicono l'insegnamento che ci viene dall'estero. Altrove va rice1·cato l'ostacolo; nel bigottismo della monarchia e dei monarchici, che non consente al radicalismo di divenire governo col bagaglio delle sue idee e delle sue tradizioni, per ora condensate nel Patto di Roma, sempre suscettibile d'esser riveduto e migliorato. Oggi constato il fatto sanza esaminare perchè la monarchia e i monarchici iu Italia sieno affetti da un vizio, di cui vanno immuni in lughillerra. Riserbo l'esame a uo'11ltra volta; e allorn l'iporterò dati numerosi ed istruttivi, che provano a luce meridiana l'antinazionale dinastica intolleranza dei nostri monarchici. Oggi è opportuno ricordare tra quei fatti uno solo, veramente caratteris1 ico e di innegabile attualità. Ali' indomani del discorso di Corteolona il Don Chisciotte (che se non è ufficioso nel senso brutto della parola, ha pero amichevoli relazioni col Presidente del Consiglio) scrisse che parecchi pregiudizi vivono nella nostra vita costituzionale e la governano; i quali pregiudi::i fan sì che oggi il migliore argome11to per rifiutare le elezioni ad un ministero è che siano chieste da un radicale. (~ 0,242). E evidente che il pregiudizio in questo caso non viene diviso dall'on. Di Rudinì, al quale sarebbe rifiutato lo scioglimento della Camera per il motivo dianzi cennato. Senza ricercare chi accampi il p1'egiudi::io - pel'chè il Fisco non lo consentir ebbe - sarà pur lecito domandare: qual giornale seJ"iOe qual ministro, in Inghilterra, riconoscenrlo indispen~abili le elezioni generali, per utilissime 1·agioni politiche e morali, oserebbe annunziare che e,se non si faranno solo perchè anche domandate da un radicale ... che appoggia il ministero? Da tutto ciò emerge chiaramente come nemmeno l'illusione è possibile dell'Est1·ema al Governo, ed io adesso come parecchi anni fa, quando ebbi
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 85 altra occasione di esaminare quest'ipotesi, conchiudo col dichiararla irrealizzabile. La monarchia e i monarchici non vogliono l'Estrema al governo colla fisonomia propria e col suo programma; ma vogliono la defezione e la conversione dei suoi; vogliono ripetere quella pesca di pesci g1·ossi e piccoli, che dette magri risultati prima con Fortis e poi con Ferrari. Convinto di ciò, ritengo che interpretano malamente il pensiero dell'amico Cavallotti, coloro che lo credono maturo e pronto per la defezione, e son sicuro che debbono prendersi alla lettera le parole da lui pronunziate a Rapallo : non essere, cioè, disposto a sacrificare tutta una vita di coe1·enza per raggiungere il potere. I commenti compromettemi del Don Chisciatte nell'articolo sul fatto di Corteolona, credo che rappresentino il desiderio del giornalista e non la intenzione dello splendido oratore della democrazia, attorno a cui si ripete quel lavorio di attrazione e di seduzione esercitato fruttuosamente per parecchi a,nni dagli organi di Francesco Crispi attorno all'on. Fortis. Questo nuovo lavorio, son sicuro, non riuscirà perchè Felice Cavallotti troverà nella propria coscienza e nei risultati dell'esperienza il dirieto a quel battesimo e a quella cresima, che non solamente Bo,·io ed io negheremmo, ma pur molti degli intervenuti a Corteolona negherebbero se la nascita del neo-ministro avvenisse in condizioni infelici. Ma se Cavallotti - quod Deus avertat l - commettesse l'errore, (e certamente lo commetterebbe con rettissime intenzioni) che cosa avverrebbe? Egli trascinerebbe seco dieci o Yenti membri dell'Estrema certo con fortuna maggiore di quella avuta da altri che gli aprirono la via di Damasco, però senza incontrare una sorte diversa di quella avuta dal Fortis; se non pure analoga a quella di Odilon Barrot e di Enrico Ollivier, i quali si perdettero nella catastrofe che inghiottì la monarchia degli Orleans, e l'Impero del 2 Dicembre! • • * Tuttavia, supponiamo adesso per un momento che l' ipotesi sia realizzabile: quale vantaggio avrebbe il paese dall'evento? Vilfredo Pareto, nell'ultima cronaca del Gio1·- nale degli Economisti, esaminato benevolmente il mio articolo sull'Est1·ema, chiede: « Sono più di trent'anni, che esiste il regno di « Italia; ebbene che utile ne ha avuto il popolo? » Di accordo nella risposta : nessuno ! Poi soggiunge: « Che cosa ci potrebbe dare la Estrema Sinistra al governo? \'ulla: non la nazione armata, non la libertà commerciale, non la riforma radicale della magistratura, non la revisione dello Statuto ... » Adagio. Tutto ciò gradatamente potrebbe e dovrebbe dare l'Estrema al governo; ma per potercelo dare essa dovrebbe pervenirvi con il suo programma immutato, come gruppo autonomo. Non sarebbe tutto quello che entrambi potremmo desiderare e dovrebbe essere da tutti desiderato; ma il poco ottenuto oggi preparerebbe il terreno per ottenere il resto domani. Lo stesso Pareto teoricamente tanto intransigente in quanto al liberismo economico e sociale, in vista de' benefici che producono gli attuali gm·erni dell'Inghilterra e della SYizzera, giustamente accorda tutte le sue simpa· tie a questi due Stati ; non ostante che nella repubblica elvetica, accanto alla massima libertà politica coesista il massimo intervenzionismo economico e che in Inghilterra al liberalismo doganale faccia contrappeso tutta la legislazione delle fabbriche in antitesi perfetta colle teorie dell' ecrnomia 01·todossa, di cui il Pareto è valentissimo sostenitore. Ciò prova che si può considerare come ottimo uno stato, un programma, un partito, anche quando non racchiudano e non q~ppresentino tutto ciò che si considera come eccellente e preferibile. Se la ]:-strema non potesse dare tutto ciò che piace all'amico Pareto, non dovrebbe egli augurare pur sempre il suo avvento al governo per la parte che potrebbe assicurarci ? Il metodo positivo consiglia questa contentabilità, tanto più che l'ottimo è nemico del bene e che una parte è sempre meglio di niente. Ma l'amico Fr·atti in nome del santo ideale repubblicano si ribella dinanzi al concetto della realizzabilità dell'ipotesi, e teme elfo democratizzando la monarchia si monarchizzerebbe invece la democrazia con grave scandalo del popolo, in mezzo al quale pullulerebbero quei sospetti dileguatisi nella reggia, dove si fregherebbero le mani per avere domato la vecchia ribelle. L' assurdità e il danno che verrebbe dalla realizzazione dell'ipotesi egli, infine, riassume, domandando: perchè non si fa I:ipotesi cli un ministero Liebknecht-Bebel-Singer in Germania? Nel rispondere, comincio cl'onde egli finisce. Le origini dell'Impero Germanico sono assai diverse dalle origini del regno d'Italia ; l' uno é il prodotto della violenza e della conquista ; l' altro venne dalla rivoluzione ed ebbe la sanzione dei plebisciti. L'impero Germanico sorse contro la democrazia ; il regno d'Italia ebbe con sè la democrazia. Dico meglio: i repubblicani più ardenti, più veri e piu grandi - da Mazzini, a Garibaldi, ad Alberto Mario - ; tutti i repubblicani - gli unitari e i federalisti - contribuirono in vario modo e misura a creare il regime che vige in Italia . L'intransigenza di Brusco Onnis, che sbarca a Talamone perché sulla bandiera dei Mille lesse : Italia e Vittorio Emmanaele venne scambiata uniYersalmente - sebbene a torto - per vigliaccheria. Giuseppe Mazzini, dopo sei anni di esperienza dolorosa, si distacca per un momento dal suo fido Maurizio Quadrio, che, sconsigliava ai repubblicani ogni partecipazione alla guerra da lui dichiarata regia; ma la nazione, ma i giovani , ma i repubblicani furono con Mazzini, e corsero a migliaia sotto la bandiera di Garibaldi, ch'era ancora quella dei 11fille. Non forse, ainico Fratti, eravamo insieme sulle balze del Tirolo a combattere contro gli austriaci ? E non sarebbe paradossale che i repubblicani, che hanno tanto contribuito a creare lo Stato, si mettessero fuori dello Stato ? Nessuna analogia, tra le origini dell'Impero Germanico e del Regno d'Italia ; moltissime, invece, - me lo permetta il Fratti - tra la situazione che scaturì in Inghilterra dall'atto di assestamento del 1868 e quella che trasse origine dai plebisciti in Italia. Pit1 alte ragioni m'inclurrebbero a veder bene in un avvenimento, che il Fratti vorrebbe condannare col bisticcio che fa sorgere tra democratizzazione della mona1·chia e monarchizzazione
86 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI della Democrazia. Volesse Iddio, che si arrivasse presto alla genuina democratizzazione - non quella more Crispi - della monarchia! avremmo l'inizio e le condizioni di una sana e rapida evoluzione. E qui sta forse il nodo. del dissenso : sono un convinto evoluzionista (senza essere un quietista) e intendendo l'evoluzione nel senso completo additato dalla storia e dalla scienza ; sono evoluzionista da gran tempo ed ebbi l' onore di sostenere le mie convinzioni nella buona compagnia, anzi sotto la direzione dell'amico e· maestro Alberto Mario, che a suo tempo flagellò a sangue i bramini del mazzinianismo. Non è il momento di spiegare perchè e come sono evoluzionista ; ma affermo che in quel fatto - se compiuto nelle condizioni da me indicate - mentre il Fratti vedrebbe una defezione, io scorgerei una evoluzione feconda di bene, che ci avvicinerebbe .ad una repubblica vera, sana e duratura assai pit'1 presto che non tutte le invettive e tutte le fier·e parnle dei bigotti della repubblica. E ciò comprendono bene i bigotti della monarchia, i quali all'Estrema non vogliono permettere la pulititra della st1·ada, secondo la frase espressiva del Valli. Nè è d'uopo adesso esporre perchè le parole fiere 1·esterebbero pa1°ole vuote senza utili accompagnamenti, e rimando chi ne abbia voglia alle considerazioni sapienti di Federico Engels, altravolta ricordate in questa Rivista , che sono la migliore difesa della evoluzione bene intesa e la condanna dei volgari metodi rivoluzionari. Mi parrebbe superfluo accennare che l'~tto evolutivo qual'è da me vagheggiato, non dovrebbe rappresentare una concessione della monarchia , ritirabile per semplice capriccio di principe ; ma giacchè tanto facilmente, e volentieri, mi si fraintende, soggiungo che quell'atto dovrebbe risultare dall'imposizione del Paese; dovrebbe scaturire da una situazione parlamentare, in cui un gruppo progressista non potrebbe ottenere la maggioranza senza il concorso condizionalo dell' Estrr:ma. Se ne scandalizzerebbe il popolo? Via! finiamola con la rettorica a base di menzogna ch'è la pit'1 disastrosa cosa di questo mondo. Cavallotti a Corteolona ripetè questa sentenza di Stefano Jacini : « l' Italia ha bisogno di una grande « lezione per uscire dallo stato morbo0 o in cui si « trova· e per ritrarsi dalla falsa via in cui si è « posta.» E se fu vera la sentenza ai tempi di Iacini , adesso lo è tre volte di pit'1. La Lotta di classe di Milano (N. 36) pe1· togliere merito a Cavallotti, e dimostrare la impotenza della democrazia - senza accorgersi dell'impotenza del suo socialismo - ccnferma la malattia del paese che per liberarsi da. un capo di briganti divenuto ministro - come scrisse Ferrero e ripetè Turati - ridendosi vergognosamente della quistione morale aspettò il concorso che Menelik gli dette ad Abba Carima. Questa è la triste verità, che non aspettai sino ad oggi per dirla: proclamai nella Camera dei Deputati che il paese doveva preoccuparci più di Crispi; che il paese in fondo era degno di ()rispi. Se ne scandalizzarono molti cari compagni di lotta dentro l'aula; mi dettero ragione nei corridoi ; ciò conformemente alla ipocrisia parlamentare, cui pochissimi si sottraggono nel paese di Montecitorio. Che io fossi nel vero, all'amico Fratti lo proverei con un sacco di lettere che mi vengono dalle parti più sane dell'Italia : ad esempio dalla fiera Romagna; e se fossi solito a divulgare ciò che mi si dice in un orecchio, glielo proverei colle parole di uno dei più simpatici ed autorevoli membri del gruppo repubblicano della Camera - carissimo a lui quanto a me. La verità dolo1osissima è questa: a borghesia è scettica, fiacca, corrotta; vivacchia come può schiava di un egoismo immenso ed esiziale , volgendo quel poco ingegno e quella poca energia che ha a sfruttare tutto e tutti ; ad annaspare dovunque e comunque qualche migliaio di lire da collocare nella Cassa di risparmio colla complicità della polizia, dei ladri, del Parlamento ed anche degli onesti. In quanto al popolo, nella sua maggioranza, è analfabeta, servile, incosciente. Non p1msa gid da tempo, secondo la frase alata cli Fratti , alle sue nozze con la libertd ; ma alla libertà preferisce gli spaghetti e la foglietta , che compra magari vendendo il suo voto nel momento delle elezioni. li massimo atto di energia, che compie , è quello di emigrare ; e anzichè pensare al miglioramento in casa propria va a dare spettacolo di sobrietà e di laboriosità all'uso dei Chinesi in casa altrui per farsi dare la caccia e farsi ammazzare ad Aigues Mortes come a Berna ed a Zurigo, a Ne,,·-Orleans come a San Paulo ... Mentirei se non constatassi che da un anno in qua c'è un certo risveglio, che fa sperare ; ma è ancora poc.a cosa, non è ancora l' alba dei tempi migliori. Ma di fronte alla realtà odierna, e senza la libertà della scelta nell'azione politica da esercitare, ci si deve domandare : quid agendum? Lo dissi chiaramente nell'articolo del 15 Luglio e lo ripeto: « l'Estrema deve continuare per la « via battuta sinora per ottenere tutto il bene che « può ottenere ed impedire tutto il male che può « impedire, lasciando che le istituzioni e gli uo- « mini si esauriscano e affrettino la loro fine. « Fata trahunt ! » Non parve esplicita questa mia conclusione, la completo e la chiarisco. Nel corso degli avvenimenti c'è _sempre un lato d'imprevisto, che pu6 smentire il pessimismo mio e la sicurezza ostentata dagli altri sulla durata di certe istituzioni. Questo imprP-visto non comente a chicchessia di prendere ipoteche, specialmente a lunga scadenza, sull'avvenire. Una n'ha presa il Valli - cui risponderò in altra occasione sulla distinzione tra forma e sostanza se mi ottiene una specie di salvacondotto dal Regio Fisco, mercè il quale possa esporre liberamente le mie ragioni - che profetizza che non avremo la repubblica in Italia neppure da qiti ad un secolo. Egli con troppa leggerezza dimentica l' imprevisto che smentì tanti jamais e tante profezie. Da parte nostra facciamo sì che l'on. Valli si riveli al più presto possibile e con la maggiore sicurezza desiderabile falso prefeta. Bisogna che gli avvenimenti non ci colgano impreparati : l' evangelico Estate parati! dev' essere il nostro motto d'ordine. Bisogna che i buoni, i coscienti si diano ali' opera di educazione e di preparazione e che ciascuno la fornisca come, dove, quando meglio può
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 87 e sa, secondo le circostanze e i temperamenti permettono. L'opera assidua ed amorevole di ed~cazione e di preparazione farà si che a ?ata ora il l?·ar:ionto se non assolutamente placulo, quale lo delu,cava bellamente Alberto Mario, lo avremo meno violento, meno sanguinoso - quale l'ebbero i Lor~na in Toscana e Don Pedro di Braganza nel Brasile, quale l'avranno i paesi ~can~inavi e l' lnghilter:a. Tale opera, quandochesia, c1 darà una repubblica non apocrifa, con una costituz!one eh~ non sarà scritta dai monarchici, come m Francia. Perciò oggi, come molti anni or sono, co1~c~iud~ coll'eccitare gli amici a tener fede al ~ons1glto d1 Agostino l3ertani : alere fiammam ! aln~entare la fiamma dell'ideale - l'ideale della repubblica - per attendere sereni gli avvenimenti. D1•. NAPOLEONE CoLAJANNI. TURCHIAESPAGNA. Le notizie che vengono dal!' Inghilterra ci narrano ohe a protesta. contro l'efferatezza turca l'agitazione si estende vieppiù ogni giorno in tutti i grandi centri del Regno Unito. Giorni fa. Gla.dstone gittò al mondo civile, sonnecchiante e inerte, la civile protesta del vecchio uomo di Stato che ebbe sempre una parola severamente sdegnosa contro tutte l~ tirannidi. Il vecchio statista rinnovò jeri la stessa protesta, condannando l'ingannatrice azione passiva del così detto concerto europeo, e definendola u1ia miser<1bil commedia : insistere nelle semplici rirnostrc1,nze, già provate vane, è stato mor.ilmente un delitto, politicame1,te uno sproposito. Alcuni governi hanno dato e danno il loro appoggio all'assassino scellerato; la presenza delle ambasciate a Costantinopoli è per sè medesima, nelle presenti condizioni, un vero favoreggiamento per i delitti del governo sanguinario. Queste che sembrano ingiurie di demagogo violento, sono le parole austere dt un uomo di governo dai capelli argentei, che la grande onestà e il sapere e la pratica del pubblico arringo, hanno reso celebre e tanto amato, non solo al di là della Manica. E il vecchio statista è uomo d'ordine. Appunte', io credo, perchè egli è uomo d'ordine appunto egli parla così. I peggi0ri nemici della pace europea e dell'ordine sono quelli, io credo, che parlano di pace tuttodì mentre tuttodì si sgozzano i popoli reclamanti il proprio diritto. Il popolo inglese risponde ali' invito di protesta, come un gentiluomo di antico stampo ad un a.tto di cavalleria delicato e generoso, come un antico crociato al Jusingbiern appello che già gli additava la 'l'erra Santa. Le differenze di p1rtito colà scompaiono: tutti unisconsi per eccitare il governo all'azione. I grandi dignitari della chiesa e gli umili operai dell'officina si dànno la mano. Si sentono uomini - prima di sentirsi conservatori o socialisti - prima di curvarsi, ado1·ando, al passato, o di affrettare il secolo venturo che deve portare un po' di giustizia al (I) N. Colajanni e Corruzione politica.• 2. Edizione. Catania 1888. mondo, se la profezia de' sommi poeti moderni e lo studio de' sommi scienziati non è ciarla di cabalisti. Noi, qui in Italia·, stentiamo a raccoglier poche lire per Candia o per Cuba. Siamo costretti a unirci in pochi dello stesso partito soltanto perchè questo partito ha con l'altro dei rancori, e quello teme il contatto dell'altro come di lebbroso, e questo ha sue invidie e gelosie ed egoismi speciali, e quello vuole pensarci sopra per sapere cosa ne pensi il gove1•no o pure la Massoneria, e questo fa questione di nome e quello di parole, e se nessuno ne parla, tutti, benchè muti, condannano qual viltà il silenzio, e se alcun parla, tutti ridono dell'audace che osa., se non l'azione, la protesta. verbale. Abbiamo nell'animo un immenso ingombro di sensi partigiani e abbiamo in bocca un fiume di parole pettegole. Critichiamo soventi e americani e inglesi, ma non conosciamo nemmeno in sogno le grandi reali proteste che quelli fanno per Cuba, questi per l'Armenia e per Candia. Nacquero, visse1•0 e morirono qui Mazzini e Garibaldi, ma poco dell'anima loro in eredità ci lasciarono. Il governo italiano provvede a che vi siano degli incrociatori a Rimini e in alt1•i porti dell'Adriatico a impedire imbarcazioni per Candia e !'on. Ministro della Marina parla delle nuove e grandi prove patriottiche che dà la nobile nazione spagnuola ammazzando con alto pensiero civile e commerciale i già liberati e tanto amati figli della. magnifica perla delle Antille. Abbiamo, nell' intelletto e nell'anima nuove teorie e nuovi sentimenti, dimenticate le belle tradizioni, le "'lorie domestiche che ci fecero tanto stimati nei o h" giorni dell'oppressione. Chi inneggia alla forza. c 1 fa consistere l'onore e la potenza di un popolo nelle conquiste non può sentire tutto che vi sia di giusto in una ribellione, e di santo nel sacrificio di popoli macerati e torturati fra le ca.tene. Siamo cristiani, così per modo di dire, e figli della rivoluzione tanto ... per procedere contro chi solo ne parla. Sia.mo gesuiti politici. Conosco un diplomatico che afferma essere arte di Stato accomodarsi con tutti i governi. E con i popoli no? gli fu chiesto. ~oi, egli rispose, non conosciamo che i governi. - E per questo che oggi si stringe la mano allo czar e domani al sultano con la stessa effusione. Chi ricorda le lunghe file di esuli per le nevose vie della Siberia, morenti e maledicenti, o chi fa la monotona statistica degli S"'ozzamenti armeni, non è uomo di spirito. Una bella o . idea : si potrebbe invitare qui in Roma anche 11 sultano insieme allo czar per le prossime feste: un mio amico che fu già alla. corte di Nikita I, mi dice che le relazioni del principe col sultano sono ottime. E non so, d'altronde, che sia stata smentita la. notizia delle congratulazioni inviate dallo czar al sultano. Certo è che da molti anni l'Europa assiste allo spettacolo di stl'agi inaudite. Il Papa, fra tante encicliche, non ne fa una sola che fulmini gli autori o l'autor massimo di sì orl'ende stragi. Si vuol sopprimere la stessa Armenia, come la si é cancellata dalle carte geografiche ; e l' Europa tace. L' Europa tace, o inganna. Il trattato di Berlino fu irrisorio. 11 Sul-
• 88 "RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCÌALI tano si burlò delle potenze europee : promise sempre e non mantenne mai. I massacri si ripeterono. La miseria regnò nel paese del dolore. 500.000 esuli fuggirono in Russia, in Francia, in Inghilter1•a. L'articolo 21 del Trattato di Berlino che prometteva riforme e ne garantiva l'esecuzione, che assicurava la tolleranza e l'ordine, fu una colossale menzogna. L' Europa guardò sempre a quello che si faceva a Costantinopoli, con la indifferenza onde una cortigiana guarda a uno spettacolo di coreografia. Il paesaggio da lontano è bello : veduto da vicino per le vie, il sangue è misto al fango : ma non importa nulla. tutto questo a chi si dondola, come in un'amaca, sulle navi che oziano nel Bosforo. Di quando in quando l' Europa, cioè alcune potenze (per esempio, nell'anno scorso l'Inghilterra, la Francia, la Russia) promettono ai gonzi dell' intero universo di regolare la questione armena ; e il Sultano approva. Approva tutto il Sultano, e 1•ide in faccia all'ipocrisia dei diplomatici europei. A Yildiz impera il cinismo politico sempre; quasi sempre la paura. Si sognano a Yildiz cospirazioni ovunque. L'Europa parli pure, faccia o minacci di fare: il Sultano dorme, fuma e ride. E non muta.. È più facile domani instaurare il comunismo./!. LondJ'a che un po' di civiltà a Costantinopoli. Il Sultano ben sa ch'egli, come già scriveva testé Clémenceau, n 'est qu'un jouet aux mains des puissances. Ho letto un recente articolo del Bonfadini (l) nel quale è una giusta critica della azione negativa, pusillanime, nulla, della diplomazia europea in questi ·ultimi anni. I on un'idea la guida, non un intento, non altro scopo che quello di non ottenere scopo alcuno. L' illustre scrittore parla di Candia, della bella isola sfortunata, ove di quando in quando si accende l'insurrezione, e non ispe1•a che in virtù del rec_ente firmano la povera isola possa avere libertà e pace. Il firmano (parla il Bonfadini stesso, non un ribelle) rimarrà come altra volta chiuso entro un cassetto; poi si ·rinnoveranno i tumulti, si riparlerà di revisione, i magistrati ristudieranno, i consoli riappoggeranno, le assemblee riprotesteranno, i soldati riammazzeranno, e si rifarà la storia di prima. E Bismarck, se ancora ,·ivo, ridirà cinicamente il giudizio di San Paolo intorno ai Cretesi. Imaginate voi che si possa ottenere la maggioranza in un'assemblea ove i turchi han quasi voti pari a quelli dei cristiani, e in cui bisogna che le leggi siano approvate con due terzi de' voti ; e imaginate che le riforme dei codici debbono es3ere consone ai principii regolatori della costituzione dell'impero ottomano? No, non possiamo credere che nella bella isola la pace, effimera pace, duri a lungo. I candiotti, cedendo, s'illudono. L'impero vorrà di nuovo spadroneggiare; l'odio musulmano non si estingue. E, d'altronde, i cristiani s' intend ,no sì brne fra di loro, ed è impossibile che l'istinto nazionale si soffochi. E,so sfiderà leggi ed armi. Gero Kostakos, l'eroe canjiotto, vedrà la soluzione del problema. Gli italiani che ora hanno soltanto sperato d'essere nel!' isola bellissima (1) V, Ni~ooa Antologia, 1 settembre 18%, e infelice, in armi, daranno in altro tempo la mano al popolo che eone loro soffrì le amarezze e i dolori, per sì lunghi anni, dell'oppressione stranjera. Lo stesso Bonfodini scrive, che verrà il dì in cui l'incendio dell'insurrezione popolal'e divorerà la monarchia ottomana. Quello ch'è sentimento di uno o di pochi, .di un partito o di molti partiti, dovrebbe essere sentimento comune. Una nazione dovrebbe pensare più ad altri che a sè, ben più alla co:nune civiltà che a' suoi particolari interessi. Non sarebbe male r;leggere le stupende pagine che Mazzini dettava intorno alla politica internazionale e alla questione d'Oriente, rileggerle ura ch'è il tempo dell'ozio o delle vane e garrule polemiche o del materialismo arido che ogni idealità tenta cancella.re dalla vita de' popoli. Per Candia si, ogni nostra simpatia per essa; per l'Armenia, per il Libano, per la Macedonia; ma per Cuba no: così alcuni dicono. O forse perchè Cuba inalza una bandiera di libertà pura nel suo splendore di gloria.? o perché si ribella ad un governo cattolico? o perché è lontana? o perché alcuna tradizione a noi non la lega come già Candia a Venezia? Oh perché allora si freme tanto solo alla lettura del martirio di J ohn Brown ? o perché allora si osa dii-e che se si guarda all'Africa è soltanto o specialmente per l'abolizione della schiavitù? Cuba ha rnfferto sotto il dominio dei governatori spagnuoli angherie, dolori, strazi, umiliazioni, oltraggi indescrivibi i. Leggete la storia delle lotte dei poveri schiavi, leggete il proclama di Camagney, emanato nel 1860. Leggete le sprezzanti risposte del vecchio tirannico onor castigliano fremente alla sola idea di una sola concessione per i ribelli I Non dovete credere a noi, ma agli storici ortodossi; leggete p. e. il bel libro del Leroy-Beaulieu (1). Il pubblicista sereno. dopo avere tessuta la storia delle colonie spagnuole dice che i giorni della dominazione della Spagna sono contati. « La fin du siècle ne se passera pas sans que Cuba ait conquis sa indé]Jenda.nce, et vraiment personne ne regrettera l'échec des Espagnols, ils auront eu le mérite de peupler près de la moitié du nouveau monde: mais ils n' auront pas su le conserver, parce qu' ils ont oublié qu' une colonie n' est pas fai te pour engraisser les fonctionnaires de la métropole et pour rester fermée au commerce étranger ». La madre-patria che sfrutta le colonie, che ne sopprime la libertà, che ne produce la miseria, che ne offende la dignità, che sputa in faccia ai creoH, non ha diritto a simpatie ed appoggi, non ha diritto a lodi ma a biasimo severo. Anche la causa di Cuba dovrebbe essere causa del!' umanità. Tutti, almeno con parole e sentimenti, per Candia, e nessuno per Cuba? Macco e i suoi sono forse bande di ladri? Ah quando un dì costituiranno la loro repubblica, allora i paurosi moderati d'oggi (ve n' ha ben molti fra crispini e fra rudiniani, e in tutti i partiti) elogieranno ribelli vincitori e cercheranno la loro alleanza e (I) De la coloni,ation che. les {'euples mode,·nes. - Pal'is, Ed· Guillaumin et C.ie 18i2.
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 89 parleranno in eterno, ad esempio, della loro gloria. La patria di Colombo dovrebbe dire qualche cosa ai giornalisti spagnoli che , engono a Roma, dirgliE-lo nel più bel modo possibile: se siamo nazioni civili dobbiamo combattere solo per la civiltà. E non più cotesta confusione delittuosa della forza col diritto. Ma al grande intento siamo inferiori perchè disuniti. V' è l' intesa internazionale per grandi riforme, anzi tutto di carattere sociale, ma è spezzata quella un di sì formidabile contro tutte le tirannie del mondo. È dovere riprendere l' intArrotta tradizione. Ci dobbiamo intendere qui, o a Parigi, nell' occasione del1' Esposizione, o prima, che sarebbe assai mi>glio. A Budapest si parlerà del problema complesso, ma con idee e propositi troppo pacifici: la politica al latt'-emiele non è oggi, nè sarà domani, la politica dei popoli liberi. Non ricordate i tempi in cui Mazzini con Herzen, e con tanti altri rivoluzionari cospirava, senz;t differc3nze di parte, tllndendo alla formazione degli Stati Uniti di Europa? Sembra che i popoli indietreggino nella via del dovere quanto più i governi si acquetano dinanzi allo spettacolo della barbarie sanguinosa, nella piena luce del secolo. Mai, la gran lega dei popoli, per la libertà sopra tutto dovrebbe suggellarsi, mai, come oggi. A. FRATTL I precursùoerli8l'9e il socialismo. Si può pal'la1·e di socialismo fra i precursori dcl1'8()? In quel gr·ande movimento d'idee sociali che condussero alla rivoluzione. qual parte ebbe il socialismo, in qual modo e sotto qual forma preoccupò gli spiriti, ed in che si differisce dal! 'attuale movimento socialista ? É questo ciò che io mi propongo: esaminare il socialismo del ~ecolo scorso nelle sue linee generali, non già nelle pa1°ticolari perchè si richiederebbe altro che un articolo, e perchè del resto un tale esame è stato fatto dal Lichtenberger in un grosso volume, pubblicato recentemente (Il socialismo nel secolo XV III), in cui espone le dottrine dei pubblicisti piu noteYoli e di molti altri scrittori poco noti del secolo passato, che manifestarono nelle loro 0pere idee di riforma sociale. * * * Il periodo che precedette l' 89, fu di critica demolit1·ice. Sotto il razionalismo metafisico dei filosofi del tempo si .·corge la critica della società e delle i~tituzioni esistenti, delle ineguaglianze sociali e talvolta anche della proprietà: ma d'altra parte la critica si estendeva alle idee nuove, ai ri- ,:;ultati più o meno buoni che esse potevano produrre·: d'onde la diversa maniera di pensare tra éoloro, ed ernno i più, che ritenevano doversi gua1'i1·ei mali sociali con mezzi politici, e gli alt1·i, i meno, che sostenevano la neces:ità di ri,-alir·e ad altre cause pii1 complesse, ad a1L1·isistemi, e a pitì radicali rimedi, alla diversa ripartizione della ricchezza, ad un mutamento nel!' intima costituzione della proprietà. A questi ultimi si è dato il nome di socialisti, ma io osservo che il termine è relativo. Certo, attese le loro idee, essi furono i socialisti del tempo e, più che socialisti, comunisti. Ma anzitutto essi non rappresentano una corrente determinata, non ci troviamo in presenza di una idea, che, posta, si svolge gradatamente, si modifica, si adatta alle condizioni dei tempi, da utopistica diviene reale, positiva, scientifica; ma in presenza d'idee sparse, di frammenti sconnessi, di altrettanti socialismi quanti erano gli scrittori. In secondo luogo mancavano le basi per la costituzione di un socialismo vero e proprio. L'umanità non procede a sbalzi; ed allora altre erano le quistioni sociali, le offese all'eguaglianza civile ,erano troppo vive perchè non dovessero preoccupare gli spiriti, i quali, risalendo alle cause prime, le rinvenivano nel sistema politico e religioso. Da ciò una lotta. contro la religione che produsse Voltaire e d'Holbach; contro il sistema politico che produsse Montesquieu e Rousseau. Come poteva esse,·e possibile il socialismo, quando ancora la massa delle forze produttive non si era trasformata da individuale in sociale, quando i mezzi di produzione stavano isolati, non concentrati, e lo scambio era ristretto, quando non vi era nè il vapore nè le macchine che apportarono la rivoluzione nelle industrie e l'incremento del capi tale, quando infine mancava una numerosa classe di proleta1·i soggetti alle crisi ed alle leggi del salario, che si può dire ti-asformò la questione sociale in quistione operaia? Alla speculazione scientifica mancava la ba e su cui si fonda il socialismo moderno: l'economia politica era in germe, e quando l'idea non è sorretta dalla scienza, ma da un sentimento anche umanitario, sarà una bella idea, una piacevole speculazione, ma niente di più. Nondimeno anche il secolo xvru ebbe il suo socialismo scientifico, e fu quello di Linguet e di Necker, i quali non s'ispirarono come i filosofi loro contemp01·anei a vuote idee di società morali e giuste, ad una rosea quanto fallace visione dell'antichità, m<J, alle misere condizioni di una classe di lavoratori liberi, quelli della terra, soggetti come i lavoratori d'oggi alla concorrenza dei prezzi. ;\fa essi constatavano i mali ma non risalivano alle cause, non li spiegavano, nè potevano farlo. Ed oltre di essi chi si occupò delle misere condizioni di quei lavoratori? Altre idee invasero il campo, e qualche altro che se ne occupò, non lo re·ce con sufficiente cognizione di causa, impet·occhè - come o:serva il Taine - attribuivano il lol'o disagio non al sistema
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