Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 4 - 30 agosto 1896

RCVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALJ 65 forze, lusingato dalle recenti vittorie, si getterà .animoso per altre vie, tenterà più difficili erte, affronterà enigmi piì1 terribili, sfonderà più gelosi misteri ; riposerà novamente per qualche tempo, e ricomincerà poco dopo il suo tempestoso pellegrinaggio. 11 quale se dovesse un giorno aver termine in una quiete e beatitudine universale, io non intenderei più l'evoluzione, nè la scienza, nè la vita. L'idea di questo perpetuo travaglio del genere umano può non essere, anzi non è davvero consolante, se si considera il nostro bene supremo come un che di stabile e d'assoluto, impossibile ad essere raggiunto e posseduto tutto in una volta da tutto il genere umano. Deve perciò l'uomo querelarsi femminilmente delle illusioni perdute, maledire la natura, proclamare la nullita di tutte le cose, profondarsi e cristallizzarsi nella stolta rinunzia di tutto ciò che il mondo può dare a nostra consolazione ed a nostra salute? La differenza del mio pessimismo da quello di tanti altri sta per l'appunto qui. li male e il dolore ci attraversano le vie della vita; la morte dissolve il laborioso tessuto della nostra coscienza individuale, disperde in atomi impercettibili un organismo che ospitò il pensiero, che si credette e fu veramante lo specchio della Natura, il prisma della storia, il tabernacolo delr Ideale. E che perciò ? « Finchè ruggendo pugni, giovin leone il dritto Oscuro al volgo e da' monarchi irriso, E tra le fiamme e il sangue del prometèo conflitto, Vergine Libertà, splenda un tuo riso ; Finché tra' naufragosi vortici del mistero V' è una Sfinge che tacita seduce, Fra' granitici erro1·i una gemma del Vero, Negli anfratti del core un fil di luce; Finché una fede in petto, al Ver le ciglia fisse, Bella è la morte e nobile il cimento, O Vita, eterna Circe cui solo doma Ulisse, Al tuo magico regno ecco io m'avvento I» (Poesie rtligiose. Ballata). Si, perchè la necessità della vita e' impone l'obbligo di combattere le forze malefiche, ond' è infestata la selva della terra; di adoperare l' ingegno. l'industria, le armi che la natura ci ha date per diradare e vincere gli ostacoli che si frappongono al nostro benessere, per aver la prevalenza nella lotta cotidiana, per ascendere l'erta del!' Ideale, per proseguire questo crescente fantasma fin dentro agli orti incantati dell'Utopia e incarnare a poco a poco nella realtà gl' iridescenti miraggi, ond' ei si rivela agli eletti. Così, a modo mio di vedere, la conoscenza profonda dell'essere, ancor che fonte inesauribile di tristezza, non ci prostra in un abbandono codardo, non annienta in noi !'energie della vita: ci stimola anzi a valerci armonicamente delle nostre facoltà; ad esercitare nel limite prescritto ciò che diciamo la volontA per aggiogare al nostro carro le forze ribelli della nat~ra e governarle e dirigerle al nostro meglio; ci apre il cuore al compatimento e all'Amore dei nostri simili non solo, ma di tutti gli esseri destinati a vivere e travagliarsi nell' infinito; ci rende veramente uomini, eh' è quanto dire essere morali, consapevoli di sè e delle circostanze, atti a con- . qui<;tarsi un posto al banchetto dei forti, a conseguire quel surnrnU?n bonum, onde può essere abile una coscienza destinata a dissolversi in poco e sparire nella universale fluttuazione dell'essere. Questo dicono in sostanza le "Poesie religiose,,; e questa, se non erro, è la parola ultima della scienza moderna. Dopo tante negazioni o distruzioni è 1empo ormai d'affermare e d'edificare qualche cosa. La baracca delle religioni storiche si sfascia, ma l'edificio morale, la religione vera ed universale, s'innalza splendida su basi positive ed umane. La pace, che mal si chiede alla pompa di lussureggianti dotlrine, non si può altrimenti ottenere che per la conoscenza d,:il proprio dovere e per la coscienza d'averlo compiuto: d'avere, cioè, adoperato, secondo le leggi universali della vita e nella misura richiesta, tutte le nostre forze, in ordine al miglioramento fisico e morale dell'esser nostro e dei nostri simili. A formare in noi questa coscienza deve anzi tutto concorrere la scienza dell'educazione. Non essendo da porre in dubbio che motivo d'ogni nostro movimento e fine d'ogni nostra azione è il vantaggio, tutto si riduce a educare in noi il concetto dell' utile, a modificarlo cioè mano mano che i bisogni si moltiplicano, i sensi s'ingentiliscono, il capitale morale si accresce, l'orizzonte morale si slarga. Ogni sentimento umano a me par simile a un raggio, che tanto più si dilata e diffonde, quanto più s'allontani dal centro di projezione. L'amor di sè, che si manifesta così gagliardo nell'uomo primitivo, da non fargl( neppur sospettare, che la vita d'un· suo simile valga qualcosa di più della . ua più gro. ·olana sodisfazione, i viene a traverso la storia dilatando e purificando a segno da giungere al concetto altamente mo1·ale che il nostro vantaggio non può assolutamente scompagnarsi dal vantaggio di t11ttigli altri esseri, e che il sommo bene del!' individuo consiste av punto nella relativa felicità del genere umano. Onde la carità o l'altruismo, come dicono, non è in sostanza altro che l'amor di sè nel più alto ~ sublime grado della sua espansione. « O Carità, per te sconfitta cade L' ira che sul confin torbido eretta Incaìna le genti, e d'empia clade Le messi infetta. Disserransi al tuo piè gl' in vidi chiostri, Che alle genti, alle specie un dio prescrive; Ecco, scevra di vincoli e di mostri Iside vive.

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