46 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTE.RE E SCIENZE SOCIALI proprio partito. Lasciamo stare la legge sugli spiriti e l'Africa, due argomenti nei quali l'Estrema era tutt'altro che sola. Ma rimane - fuor d'ogni possibile acuta confutazione - questo mio pensiero: che un partito di governo può esser forte, soltanto a patto di essere omogeneo: che l'Est1·ema, v.ibrante di combattività all'opposizione, diverrà scarna e mogia mogia come sostenitrice d'un gabinetto, anche, in parte, suo. Come poi l'Est?·ema non possa arrivare al goYerno, decorosamente e pacificamente, se non come soluzione cli una situa::ione pai·lanientare netta, non è ben chiaro nel mio pensiero. forse, non è lucido, neppure nel tuo. _Converebbe rifare i vecchi partiti. Tanti di qua e tanti di là, coll'Estrema, quale avanguardia della maggioranza cli governo o della minoranza oppositrice. È questa la tua idea? Sai meglio di me che i partiti non si creano artificialmente col compasso, ma sgorgano spontanei dalla vita nazionale. Tu hai scritto che « tutti i suoi membl'i - « non esculsi forse gli irregolari - hanno in « in cuore la repubblica. Ebbene: coll'ingegno, acuto e profondo che hai, vorresti spingere l'ingenuità, fino a pretendere che si facesse, all'Esti·ema, la pulitum della str·ada, per arrivare alla repubblica? Questo, mai. Se l'Estrema fa l'occhio di triglia alla repubblica, peggio per lei. 1on arriverà a nessun risultato, neppure da qui a un secolo. It più facile intendersi coi socialisti, sopra un minimum possibile, che non coi repubblicani, persone stimabili, senza dubbio alcuno, ma irrigiditi in formule apriori tiche fervidi adoratori della par,·enza e non della sostanza delle cose. Ma l'itorniamo al punto essenziale del dibattito. Attraverso a qualche affermazione arrischiata, a parecchi pensieri nebbiosi, ad alcune condizioni impossibili, tu hai scritto che « l'assunzione al po- « tere dell'Estrema Sinistra non rappresenterebbe « un atto biasimevole » Hai soggiunto che « teoi·icamente » sei di questo avviso. Vedi, adunque, che i giornali di Milano non avernno alcun torto nella loro affermazione. L'on Cavallotti ha detto il 30 luglio, a Rapallo, che non è disposto a sacrificare tutta una vita di coerenza, per raggiungere il potere. Io pure lo credo. Quindi, si verificherebbe la seconda delle ipotesi, da me posta a,·anti: che, cioè, il capo del1' Estrema aspiri alla responsabilità ministeriale, pienamente d'accordo coi suoi amici politici. :Ila in questo caso, quanti ne perderà per istrada? Quanti - con rigidà lealtà - non avranno più in cuore la repubblica dei loro sogni giovanili? Lo chiedo a te, mio caro Colajanni. Come vedi, l'argomento è del pit1 grave interesse. Ficcavi nuovamente il viso al fondo, perchè la decisione può segnare una traccia indelebile nella vita politica italiana. Credimi sempre con alta stima e cordiale amicizia. Homa, 4 Agosto lS~G. AffmoCollega EUGENIO VALLI Deputato al Parlamento Nazionale. Socialismo e Cooperativismo. È noto come in Inghilterra il socialismo e il cooperati,·ismo siano stati lungamente fratelli, poi che avevano lo Rtesso padre: 0,Yen. E anche in Francia, per quasi mezzo secolo - dal ':W al' 75 -- restarono confusi. I grandi socialisti utopisti di quell'epoca, il Fou1'i&r, nel suo falansterio, il Cabet nella sua colonia d· !caria, il Leroux nella sua teoria della solidarietà, proseguivano un ideale non essenzialmente diYe1·sodall' idé'ale cooperativo; e ogni volta che de' lavoratori tentarono di realizzare qualche loro aspirazione socialista, non trovarono di meglio che creare associazioni cooperative di produzione. Si sa che la ri,·oluzione del 1848 non lasciò altra traccia del suo passaggio, dal punto di vista socialista, che due o trecento associazioni cooperatiYe di durata effimera. Anche dopo la Comune del 1870 il padito operaio in Francia conservò ancora lo stesso pl'Ogramina e l'affermò solennemente ne' suoi congressi: nel congresso del '7G a Parigi e in quello del '78 a Lione dichiarò infatti « che essendo il salariato uno stato transitorio, le camere sindacali dornvano f:::.r di tutto per istabilire delle società ·generali di consumo, di credito, di produzione, sorrette da un controllo serio, la cui mancanza fu causa degli insuccessi anteriori ». Ma al congresso di Marsiglia del!' '80 si compi la rottura tra il socialismo e il cooperativismo. Sotto l'influenza del partito marxista, rappresentato da Jules Guesde, il programma cooperativo fu scartato, e la socializzazione del suolo e degli istrumenti di produzione, ciò è dire il collettivismo, fu assegnato come unico fine del partito operaio. E di fatto, esso, da sedici anni, s' è orientato su questa via. L'associazione cooperativa di produzione che era l'ideale della generazione passata sembrava non solo abbandonato ma disprezzato: il piccolo numero di operai rimasti fedeli venivan denunciati come rinnegati, poi che - si diceva - essi non aspiravano che a trasformarsi in piccoli padroni. Le associazioni coop~ative di consumo eran riguardate con meno disfavore, o qualcuna era anche composta di socialisti; ma pure queste eran risguardate quali espedienti che permettessero agli operai un maggior consumo - poi che quasi tutte le società operaie di consumo ànno per norma, contrariamente al tipo di Rochdale, di vendere al minimo prezzo - e non si attribuiva loro nessuna
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==