30 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI sane ed intelligenti, le più adatte cioè ad importare nella cosa pubblica un ricco e sincero patrimonio di nobili sentimenti e di idee giuste ed elevate; in tale felice ipotesi, la causa del progresso è assicurata. Ma ove di confro lo stesso Governo incoscio della sua alta missione propria dell' epoca corrente, anzi che valersi dei migliori elementi li opprime coll'indifferenza e col disprezzo, giungendo persino a perseguitarli con pene e condanne immeritate, incoraggiando invece i tristi, perchè pronti a subordinarsi alle sue bieche mire, in tal caso non può che avvenire un rapido regresso. Colla decadenza morale, col non rispetto alla legalità e giustizia, che formano perciò i perni intorno a cui si aggirano le istituzioni, ogni altra specie d'abuso s'infiltra in tutte le compagini della società, ed allora : virtù, benessere, industria, istruzione, finanza, esercito e sopratutto lettere ed arti deperiscono. Il p1•ogresso reale, voluto sinceramente dalle classi dirigenti, perchè ormai intuito dal!' attendibile e necessaria incontentabilità delle masse lavoratrici, anelanti al benessare indispensabile alla loro educazione fisio-psichica, è un alto dovere per le prime, come è un sacro diritto per le ultime. E la riforma sociale, che in ogni caso avanzandosi da pertutto, si pre;enta del pari ovunque come urgente ed inevitabile, per la via duplice della cooperitzione politica ed amministrativa, pubblica e privata., effettuata in guisa saggia e prudente, non può che essere la salvezza per tutti. Altrimenti, come osserva con fino intelletto di filosofo e di pensatore il Manzoni : La persecuzione generando consiglio, avverrà che il malgoverno, non impedirà punto, a lungo andare, ma non tanto a lungo, che la coscienza popolare non s'imponga, con probabile ed irreparabile danno e 1·uina delle istituzioni che ci reggono. Pof. VALERIANO VALERIANI. I Iatoinf dei.leleggaigrarie. L' on. Crispi, per giustificare una sua umoristica affermazione: « darò io ai contadini di Sicilia - disse in Parlamento ! - le terre che furono loro promesse dagli anarchici», presentò nel luglio '94 un noto disegno di legge sui latifondi di Sicilia, il quale avea l'apparenza di un provvedimento i,iù radicale di quello che il Comitato 0entrale dei Fasci uvea domandato in quel suo incriminato manifesto del 3 gennaio '94. Chi esaminò quel disegno dì legge vide subito chiaro come non si trattasse che_ di un' indegna mistificazione. E il famoso disegno, che non allontanò dall'autore nessuno de' l·atifondisti di Sicilia fu ritirato, prudentemente. Ma alcuni lo presero sul serio sia nel combatterlo, sia nel sostenere il principio che lo informava, se non le modalità. · Fra i primi emerse !'on. Marchese Di Rudini che nel Giornale degli Economisti pubblicò la più serrata ed abile difesa che sinora sia stata fatta del latifondo siciliano. Fra i secondi occupa un buon posto il Professor Vito Passalacqua che rispose all'attuale Presidente del Consiglio con vigore e spesso vittoriosamente. ( l) 0 6 gi ogni proposta di trasformare e spezzare il latifondo sembra abbandonata nelle sfere politiche; ma è certo che il prohlema rimane intatto e che alla sua soluzione un giorno o l'altro si dovrà venire ; per questo mi sembra opportuno intrattenermi dello studio, in apparenza polemico, del Passala.equa. Questi nel combattere le vedute dell'on Di Rudinì prende !ti mosse dalla petizione dei latifondisti siciliani; i quali contro il progetto dell'on. Crispi osservarvno: l O 0he esso distruggeva il diritto di proprietà; 2° che il latifondo è un fatto storico di data remotissima, di cui si spiega la necessità colle immutabili condizioni geologiche e climatologiche della Sicilia. Il Passalacqua oppugna il principio e il fatto, che costituiscono il cardine della petizione dei latifondisti e se ne occupa in due parti distinte e separate. Nella pi·ima esamina il diritto di proprietà 1 rivata, che si diceva intaccato dal disegno di legge dell'onorevole Crispi e risponde che la storia mostra essere le disuguaglianze esistenti nel possesso della terra non una creazione della natura, ma l'abuso d( una classe privilegiata; e per convincere che la proprietà privata non è legittima e giustificata, con un po' di ap1·iorismo, p:1rte dal concetto di giustizia. (2) · Con Luoua tattica accetta il principio di giustizia quale lo ha formulato un grande avversario del socialismo, lo Spencer : ogni uomo e libero di fare quello che vuole purchè 0 non leda l'uguale libertà di nessun altro uomo (La Giustizia pag. 70). Ora affinchè il corpo sociale funzioni regolarmente e non trovi ostacoli il perfezionamento della specie, di cui le nazioni ci rappresentano le varietà, bisogna conseguire una distribuzione dei mezzi destinati alla conservazione d&gli individui che riesca proporlionale all'attività spiegata per la conservazione dell'aggregato sociale. Ciò che attualmente non si verifica. Colla definizione della giustizia data da Spencer la proprietà privata della te1•ra si può condannare dicendo che con la medesima si toglie all'uomo la libertà di possederla; e si può farlo colle stesse precise parole del!' illustre filosofo inglese. Riconoscendo con George che l'esercizio del lavoro nella produzione sia il titolo per giustificarne il possesso esclusivo se ne deve concludere che i latifondisti non hanno alcun diritto alla loro proprietà. Non c'è giustizia, quindi, e non e' è libertà dove al lavoratore non viene garantito il prodotto del suo lavoro; dove del prodotto neppure la parte necessaria alla sussistenza umana gli viene lasciata. Possono i latifondisti invocare la legge positiva a loro difesa? La legge non crea il diritto, dice il De Laveleyc; ma se lo creasse non verrebbe migliorata la condizione dei primi perchè esplicitamente si verrebbe a riconoscere, aggiungo io, che la legge la quale dette la terra al latifondista può ritoglierla. (I) / latifondi e le le,gi agrarie. Palermo 18%. R. Sandron Ed:• torc. P1·ezzo L. ~. (2)_Il _professore Minutilla, dcli' Università di Napoli, in una sua recent1ss1ma monografia, ha pi-ovato co1ne nella quistione dei la1ifonùi il diritto romano non può es$ere in\'oco.to afYMto in fa,·ore della intangibilità del diritto di µroprietà.
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