RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 5 V. Passo ad esaminare un ultimo punto, il piit importante e di vera attualità: quello della andata dell'Estrema sinistra al potere. Se na discorre da qualche tempo con vivacità e fa le spese della stampa l'ipotesi che Cavallotti divenga ministro. Felice pavallotti, fatto segno a grande amore, per le qualità sue eccezionali, molti vogliono vederlo al potere: alcuni colla speranza di demolirlo, altri e forse in numero maggiore pel bene del paese e della democrazia, che ne attendono. 11 problema è davvero importante e merita studio pacato; sul quale forse ritorner6 (1). Molti si ribellano al pensiero che l'Jùtrema sinist1·a possa divenire partito di governo; e dati i suoi precedenti e le sue tendenze repubblicane il suo avvento al potere sotto la monarchia lo considerano come una defezione vergognosa, come l'ultimo atto, il peggiore, del trasformismo che da alcuni anni inquina la Yita pubblica italiana. Teoricamente non sono di questo avviso e penso che dato il diritto pubblico italiano, - che dovrebhe dare alla monarchia una base plebiscitaria - e data la superiorità ciel meto<lo evolutivo, che oggi pochi negano, non rappresenterebbe un atto biasimevole quello che facesse assumere all'E.çtrenia sinistra la responsabilità del potere. A quanti credono che il fatto servirebbe a ridare sangue e Yita alle Yigenti istituzioni, ad allontanare il conseguimento dell' ideale che sta, per quanto vago e indeterminato, in cima dei pensieri di quasi tutti i radicali, osservo che vale molto meglio una repubblica che arriva dieci anni dopo, come prodotto maturo della coscienza pubblica, anzichè una repubblica che arrivi pii1 presto come prodotto di una catastrofe morale all'interno o di una catastrofe militare in una guerra disgraziata. Nell'uno e nell'altro caso si avrebbe una repubblica malaticcia, uguale se non peggiore della francese. Detto ciò, soggiungo che molte condizioni sono indispensabili perchè la parte ·radicale del Parlamento possa decorosamente e utilmente diYenire partito di governo. Non esamino il ca o di CaYallotti ministro, per sua esclusiva iniziatirn, senza int13sacoi suoi colleghi e con una specie di abiura. Questa sarebbe una pura e semplice defezione individuale, che non impegnerebbe l'Estrema sinistra e non la menomerebbe in alcun modo nella pubblica estimazione e nella sua azione, per quanto grande il valore dell'uomo che se ne distaccasse. Altra volta il Crispi attrasse nella sua orbita A. (I) Ai lettori malevoli - ogoi rivista ha i suoi - che potessero immaginare, che queMe idee mi sieno pululàte oggi nel cervello, de,·o ricordare che su per giù identiche le esposi sin dal 1884 in un art\• colo della Nu.ooa Etti di Palermo e più di recente in una serie di articoli pubblicati nell' !,ola di Palermo nel 1891-92 Fortis, ritenuto il pesce grosso, che doveva trascinare dietro di sè i pesci piccoli ed è noto che il tentativo finì miserevolmente lasciando mtatta e rinvigorita l'Estrema. Credo che calunniano Cavallotti coloro che susurrano che egli sia disposto ad imitare Fortis e Ferrari; non esito a dichiarare che nel 1892 sul suo conto, nel momento della efflorescenza morbosa del legalitarismo, m'ingannai anch'io e scrissi parole che amareggiarono l'amico carissimo e delle quali dopo, meglio informato, ebbi a pentirmi. Perchè l'avvento dell'Esl1·ema non rappresenti un episodio vergognoso del t?·asfo~·mismo, occorrerebbe che essa venisse presa qual'è, con tutte le sue tradizioni e con il bagaglio delle sue idee e delle sue tendenze, senza esigere alcuna ritrattazione. Se a Dilke per divenire ministro non si chiese che disdicesse il libro che attaccava la vita privata della regina Vittoria, non so perchè si clovrtibbe costringere Cavallotti a rinnegare le poesie dell' anticesm ·eo. L'Estrema sotto la monarchia non potrebbe arrivare al governo decorosamente e proficuamente se non come soluzione di una situazione parlamentare netta, dalla quale sorgerebbe evidente il bisogno del suo concorso, sulla base di un do ul cles confessabile, senza vincoli, senza limiti imposti dalle sfere extraparlamentari, che sinora prevalsero nella poli'lica italiana. Coli' Estnm,a al governo, infine, la politica italiana dovrebbe cessare di essere dinastica per divenire essenzialmente nazionale. È probabile che si verifichino in Italia h, condizioni su e poste, che rappresentano il sine qua non, senza di cui l' Esti·ema non può e non deYe lasci;wsi sedurre dai bagliori del potere? Francamente non lo credo; il mio ottimismo non mi illude sino a tal segno. L'ipotesi teo1·ica che ho esaminato sinora mi sembra che debba continuare ad essere brutalmente smentita dalla prntica e dalla realtà. E ciò perchè la monarchia si crede ancora tanto forte eia potere fare a meno àel concorso cli cooperatori, che essa giudica infidi; tanto forte da potere scansare le limitazioni alla sua influenza collo esercizio del suo potere, che fin oggi - checchè dicano gli a,·ticoli dello Statuto scritti sulla carta è stato illimitato. Se alla monarchia non sono stati strappati le zanne e gli ugnoni, come più Yolte ho scritto, ai monarchici del pari non è stata rischiarata la mente dalla concezione e percezione esatta del diritto pubblico italiano in armonia coi tempi nuovi. Essi sono ancora troppo bigotti per permettersi atti di coraggiosa indipendenza, benefici pel paese, ma che riu cirebbero sgraditi alla Corte.
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